Codice Civile art. 1755 - Provvigione.Provvigione. [I]. Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti [2950], se l'affare [1351] è concluso per effetto del suo intervento [1173]. [II]. La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità (1). (1) V. art. 6 l. 3 febbraio 1989, n. 39. InquadramentoIl fondamento del diritto al compenso in favore del mediatore è da ricercarsi nella circostanza che l'attività di mediazione — che si concreta nella messa in relazione delle parti — costituisce l'antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell'affare. Perché il mediatore abbia diritto alla provvigione rileva non solo che l'affare sia stato concluso anche grazie al suo intervento, ma anche la consapevolezza che ne abbia avuto la parte intermediata da cui la provvigione è pretesa: ne consegue che la prova di tale conoscenza incombe, ai sensi dell'art. 2697, sul mediatore che voglia far valere in giudizio il diritto alla provvigione (Cass. II, n. 11776/2019). In caso contrario si consentirebbe, difatti, il sorgere di un'obbligazione nel patrimonio della parte intermediata per effetto di una volontà altrui e non di un comportamento riconducibile all'obbligato, neppure in termini di mancato rifiuto di profittarne; prospettiva accolta dall'ordinamento, quando ne ricorrano i presupposti, nei diversi casi della gestione d'affari e dell'arricchimento senza causa (Cass. III, n. 8126/2009). Affinché sorga il diritto del mediatore alla provvigione è, dunque, necessario che l'attività di mediazione sia da questi svolta in modo palese, rendendo note ai soggetti intermediati la propria qualità e terzietà. Ove, per contro, il mediatore celi tale sua veste, presentandosi formalmente come mandatario di una delle parti (cosiddetta "mediazione occulta") egli non ha diritto alla provvigione (Cass. III, n. 4107/2019). Il rapporto di mediazione, inteso come interposizione neutrale tra due o più persone per agevolare la conclusione di un determinato affare, non postula necessariamente un preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore, ma è configurabile pure in relazione ad una materiale attività intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente, utilizzandone i risultati ai fini della stipula del contratto: sicché, ove il rapporto di mediazione sia sorto per incarico di una delle parti, ma abbia avuto poi l'acquiescenza dell'altra, quest'ultima resta del pari vincolata verso il mediatore (Cass. II, n. 7029/2021). La S.C. ha, inoltre, chiarito che il pagamento della provvigione, allorquando una delle parti contraenti sia costituita da più soggetti in ragione della comunione nel diritto alienato o acquistato, grava su tutti i contitolari, quand'anche taluno di essi non abbia conferito l'incarico né abbia preso parte alla fase delle trattative, avendo comunque utilizzato i risultati dell'attività del mediatore, ed ha natura solidale, in applicazione della regola generale che vale per tutte le obbligazioni assunte da più soggetti, riferendosi la regola della ripartizione pro quota di cui all'art. 1755 alla provvigione dovuta dalla parte acquirente e dalla parte alienante (Cass. II, n. 2389/2024). Nozione di affare conclusoPer «conclusione dell'affare», dalla quale a norma dell'art. 1755 sorge il diritto alla provvigione del mediatore, deve intendersi il compimento di un'operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti (Carraro, 258; Cataudella, 10), di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l'adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno . La giurisprudenza ritiene che per conclusione dell'affare debba intendersi il compimento di un'operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l'adempimento o, in difetto, per il risarcimento del danno (Cass. III, n. 923/2017; Cass. VI, n. 24399/2015). Di conseguenza, mentre un contratto preliminare di compravendita deve considerarsi atto conclusivo dell'affare, idoneo, per l'effetto, a far sorgere in capo al mediatore il diritto alla provvigione (Cass. II, n. 2359/2024; Cass. II, n. 24533/2022), non così avviene per la puntuazione (Cass. III, n. 11539/2013). La stipula del preliminare risulta, peraltro, idonea a determinare l'insorgenza del diritto alla provvigione per il mediatore anche quando ha ad oggetto un immobile privo della concessione edificatoria (Cass. II, n. 8363/2020). I giudici di legittimità in alcune pronunce hanno ritenuto che anche l'accordo preliminare di preliminare può considerarsi atto conclusivo dell'affare (Cass. III, n. 30083/2019; Cass. III, n. 923/2017), mentre in altre hanno escluso che il cd. preliminare di preliminare costituisca un affare idoneo a fondare il diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti medesime (Cass. II, n. 31431/2023). I giudici di legittimità hanno, inoltre, chiarito che l'identità dell'affare proposto con quello concluso non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione conclusiva, purché vi sia un legame, anche se non necessariamente di rappresentanza, tra la parte originaria - che resta debitrice nei confronti del mediatore, per avere costei avuto rapporti con lo stesso - e quella con cui è stato successivamente concluso, tale da giustificare, nell'ambito dei reciproci rapporti economici, lo spostamento della trattativa o la stessa conclusione dell'affare su un altro soggetto (Cass. II, n. 6552/2018). Nesso di causalitàIn tema di mediazione, il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività intermediatrice (Guidotti, 2005, 190; Marini, in Comm. S., 1992, 97; Rolfi, 89), senza che sia richiesto un nesso causale diretto ed esclusivo tra l'attività del mediatore e la conclusione dell'affare, essendo sufficiente, che il mediatore — anche se non intervenuto in tutte le fasi della trattativa — abbia messo in relazione le stesse, in modo tale da realizzare l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata (Cass. VI, n. 3134/2022; Cass. II, n. 3055/2020). La giurisprudenza ha evidenziato che non sussiste il diritto alla provvigione in capo al mediatore quando ad una prima fase delle trattative, avviate con il suo intervento e non pervenuta ad un risultato positivo, segua la ripresa delle stesse per effetto di iniziative nuove, assolutamente non ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l'utilità dell'originario intervento del mediatore ai fini della conclusione del contratto (Cass. VI, n. 22426/2020). Iscrizione all'alboA seguito dell'entrata in vigore della l. n. 39/1989, l'attività di mediazione può essere svolta solo in presenza dei requisiti prescritti dalla predetta legge e, pertanto, il mediatore consegue il diritto alla provvigione solo se iscritto nei registri da essa contemplati. Invero, a norma dell'art. 8, comma 1, l. n. 39/1989, chiunque eserciti l'attività di mediazione senza essere iscritto al ruolo è tenuto, oltre al pagamento della relativa sanzione amministrativa, anche alla restituzione alle parti contraenti delle provvigioni percepite (Cass. III, n. 10205/2011). Se l'attività di mediazione è esercitata in forma societaria, nel ruolo devono iscriversi, oltre alla società in proprio, anche il legale rappresentante, colui che dalla società è preposto a tale ramo di attività, gli ausiliari che svolgono attività per conto della società i quali devono possedere i requisiti per l'iscrizione. L'onere della prova dell'iscrizione nell'albo dei mediatori può essere assolto mediante la prova per testimoni o anche per presunzioni (Cass. III, n. 26292/2007): a tal fine, può valere il modulo di proposta di acquisto predisposto dal mediatore, dal quale risulti la suddetta iscrizione (Cass. III, n. 11539/2013). Determinazione della provvigioneLa quantificazione del compenso spettante al mediatore e la misura in cui esso va distribuito tra i contraenti deve avvenire sulla base di criteri espressamente fissati dalla legge. L'art. 1755, comma 2, prevede infatti che la misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti va individuata seguendo una gerarchia delle fonti che pone al primo posto la determinazione convenzionale, seguita dalla determinazione secondo le tariffe, gli usi o infine l'equità. Pertanto, la misura della provvigione deve essere determinata dal giudice secondo equità solo se le parti non ne abbiano stabilito la misura e se non è provata l'esistenza di tariffe professionali e di usi locali (Cass. III, n. 13656/2012). BibliografiaCarraro, La mediazione, Padova, 1960; Cataudella, Mediazione, in Enc. giur., XIX, Roma, 1990; Giordano, Struttura essenziale della mediazione, in Riv. dir. comm. 1957, I, 214; Guidotti, Ancora in tema di mediazione, in Giur. comm. 2005, 2, 176; Guidotti, La mediazione, in Contr. impr. 2004, 927; Minasi, Mediazione, in Enc. dir., XXVI, Milano, 1976; Rolfi, Il mediatore ed il diritto alla provvigione, in Giur. mer. 2011, 1, 85; Sesti, Responsabilità aquiliana del mediatore-mandatario nei confronti del soggetto promissario acquirente del bene, in Resp. civ. e prev. 2009, 11, 2286. |