Codice Civile art. 1809 - Restituzione.Restituzione. [I]. Il comodatario è obbligato a restituire la cosa [1246 n. 2] alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto [1810]. [II]. Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata. InquadramentoAltra fondamentale obbligazione del comodatario, imposta dalla natura temporanea del rapporto, è data dalla restituzione della cosa al comodante. Il caso normale è quello del termine del contratto: il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto e, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto (Luminoso, 4). Il comodatario è inoltre tenuto alla restituzione della res in caso di sopravvenienza di urgente ed impreveduto bisogno del comodante. Termine del contrattoL'ipotesi normale in cui sorge per il comodatario l'obbligo di restituzione della res è rappresentato dallo spirare del termine contrattualmente previsto. Discussa in dottrina è la possibilità per il comodatario di restituire la cosa anche prima dello spirare del termine (in senso favorevole v. Giampiccolo, in Tr. G. S.-P.,1972, 38; contra Tamburrino, 1004). Qualora in contratto preveda un termine per la restituzione in via indiretta attraverso l'indicazione di un uso, trascorso il termine ragionevolmente necessario secondo l'uso per l'utilizzo della cosa, questa potrà essere chiesta in restituzione. La giurisprudenza ha all'uopo evidenziato che la mancanza di un termine finale convenzionalmente determinato dalle parti non autorizza il comodante a richiedere «ad nutum» la restituzione della cosa, quando sia possibile ravvisare una indiretta determinazione di durata con riferimento all'uso consentito della cosa, desumibile dalla natura di essa, dalla professione del comodatario, dall'esame degli interessi e dalle utilità perseguite dai contraenti (Cass. III, n. 6101/2003). La messa in mora del comodatario per la restituzione della cosa può avvenire mediante notifica dell'atto di citazione, salve le conseguenze sull'onere delle spese del procedimento nel caso in cui il comodatario aderisca immediatamente alla domanda, consegnando o rilasciando la cosa (Cass. II, n. 5899/1987). Proroga È pacificamente ammessa la facoltà delle parti di prorogare il termine finale del contratto originariamente pattuito. La giurisprudenza ha, in particolare, ritenuto ammissibile la previsione con apposita clausola della automatica estensibilità della durata del comodato per periodi successivi predeterminati, ove non intervenga un determinato atto o fatto impeditivo. In siffatta ipotesi, prorogatasi la durata originariamente fissata, il comodatario non è tenuto a restituire la cosa a semplice richiesta del comodante, dovendo la restituzione avvenire secondo i tempi e le modalità convenuti (Cass. III, n. 3497/1983). Comodato di un immobile per tutta la vita del comodatario Ci si è interrogati in ordine alla ammissibilità di un comodato di un immobile per tutta la vita del comodatario La giurisprudenza ha qualificato detta fattispecie come un contratto a termine, di cui è certo l' «an» ed incerto il «quando», posto che, con l'inserimento di un elemento accidentale per l'individuazione della precisa durata (nella specie, la massima possibile, ossia per tutta la durata della vita del beneficiario), il comodante ha limitato la possibilità di recuperare, quando voglia, la disponibilità materiale dell'immobile, rafforzando, al contempo, la posizione del comodatario, a cui viene garantito il godimento per tutto il tempo individuato. In siffatta tipologia di contratto il comodante o i suoi eredi possono sciogliersi dal vincolo negoziale soltanto nelle ipotesi di cui agli artt. 1804, comma 3, 1809 e 1811 e non liberamente come avviene nel comodato precario (Cass. III, n. 6203/2014). È stato, inoltre, escluso che tale ipotesi integri la costituzione di un diritto di abitazione con conseguente necessità della forma scritta ad substantiam (Cass. III, n. 8548/2008). Comodato immobiliare con restituzione qualora «il comodante ne abbia necessità» Altra figura negoziale sottoposta all'esame dei giudici di legittimità è quella del comodato immobiliare con il quale le parti abbiano previsto che la restituzione del bene da parte del comodatario debba avvenire nel «caso che il comodante ne abbia necessità». Trattasi di una figura atipica, in quanto non riconducibile né al modello legale del comodato a termine (art. 1809), né a quello del comodato senza limitazione di tempo (art. 1810), In tale ipotesi il comodato deve intendersi convenuto senza determinazione di tempo (salvo quello che ex lege può discendere dall'applicazione dell'art. 1811 e che un termine derivi in relazione all'uso pattuito), ma, ai sensi dell'art. 1322, con il patto che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell'immobile — nel senso di un bisogno di riavere la cosa per goderne in uno dei modi consentiti dal proprio titolo — che risulti incompatibile con il protrarsi del godimento del comodatario e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, da questi dimostrata (Cass. III, n. 6678/2008). La S.C. ha, inoltre, osservato che la specialità del cd.comodato di terzo genere, che può subordinare la risoluzione del rapporto al verificarsi di un evento incerto dal punto di vista temporale, non sta nell'individuare un particolare statuto giuridico quanto al profilo temporale, bensì nel rendere negoziabile il potere di restituzione sottraendolo alla regola dell'esercizio discrezionale e facendo sì che il comodante possa farne uso solo al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti (Cass. I, n. 8571/2018). Recesso per urgente ed impreveduto bisogno del comodanteIl comma 2 dell'art. 1809 riconosce al comodante il diritto di chiedere la restituzione immediata della cosa nell'ipotesi in cui sopravvenga un urgente e impreveduto bisogno, e ciò anche se ancora non è scaduto il termine convenuto o se il comodatario non ha cessato di servirsi della cosa locata. Trattasi di una ipotesi di recesso legale del comodante che trova la sua giustificazione nell'essenziale gratuità del contratto (Giampiccolo, in Tr. G. S.-P.,1972, 36; Tamburrino, 1005). Per tale motivo la dottrina ritiene che non sia necessario che il bisogno sia grave, né in re ipsa né considerato comparativamente all'interesse del comodatario, precisandosi che il dato rilevante è che si tratti di un bisogno serio e non maliziosamente prodotto o capriccioso (Carresi, in Tr. Vas., 1957, 72; Fragali, Del Comodato, in Comm. S. B., 1966, 329). La giurisprudenza ha dal suo canto chiarito che il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto — e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato — ed urgente. Pertanto, non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire d'un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione, consente di porre fine al comodato (Cass. S.U., n. 20448/2014). Tale valutazione va, peraltro, condotta con rigore, quando il comodatario di un bene immobile abbia assunto a suo carico considerevoli oneri, per spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, in vista della lunga durata del godimento concessogli (Cass. VI, n. 25893/2021). Sulla scorta di tali principi la S.C. ha ritenuto giustificata la richiesta di restituzione della casa, concessa in comodato dalla società al socio, una volta venuto meno il vincolo sociale, sussistendo un apprezzabile interesse della società a destinare il bene immobile all'esercizio dell'attività di impresa (Cass. III, n. 20892/2016). Sopravvenuta incapacitàUna parte della dottrina ritiene ammissibile la richiesta di anticipata restituzione della cosa da parte del comodante in caso di sopravvenuta incapacità del comodatario, nel caso in cui non possa più confidare nell'adempimento delle obbligazioni che dal comodato derivano a carico di quest'ultimo, o in quanto l'incapacità impedisca l'uso della cosa (Carresi, 73). Altri autori, invece, ritengono che neppure la sopravvenuta incapacità legale del comodatario (e del comodante) siano tali da sciogliere il rapporto se questo possa ancora ricevere regolare attuazione (Fragali, 1966, 331; Luminoso, ult. cit.). Natura dell'azione di restituzione: legittimazione passiva ed attiva ed onere della provaChiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederla in comodato ed è, in conseguenza, legittimato a richiederne la restituzione, allorché il rapporto venga a cessare (Cass. III, n. 13975/2014). Poiché, dunque, l'azione promossa dal comodante nei confronti del comodatario e diretta ad ottenere la restituzione della cosa concessa in comodato è di natura personale e prescinde dalla prova del diritto di proprietà, l'attore ha l'onere di provare soltanto l'esistenza del contratto di comodato, anche se il convenuto abbia sollevato un'eccezione di usucapione in proprio favore, tale pretesa non essendo idonea a trasformare in reale l'azione personale esercitata. (Cass. III, n. 8590/2013). La S.C. ha inoltre statuito che il comodante può immediatamente agire in giudizio per l'accertamento della cessazione del rapporto ad una data certa e la condanna del comodatario al rilascio, senza dovere previamente attendere, ai fini della proponibilità della domanda, la scadenza prevista nel contratto (Cass. III, n. 1934/2003). PrescrizioneNel comodato a tempo indeterminato, il termine di prescrizione del diritto del comodante alla restituzione della cosa inizia a decorrere da quando resta inadempiuta la richiesta di restituzione (Cass. II, n. 31434/2023). Usucapione del bene concesso in comodatoLa presunzione di possesso utile «ad usucapionem», di cui all'art. 1141, non opera quando la relazione con il bene derivi non da un atto materiale di apprensione della «res», ma da un atto o da un fatto del proprietario a beneficio del detentore, poiché in tal caso l'attività del soggetto che dispone della cosa non corrisponde all'esercizio di un diritto reale, non essendo svolta in opposizione al proprietario. Poiché detta ultima ipotesi ricorre nel caso del contratto di comodato, la giurisprudenza ha ritenuto che la detenzione di un bene immobile a titolo di comodato precario può mutare in possesso solamente all'esito di un atto d'interversione idoneo a provare, con il compimento di idonee attività materiali, il possesso utile «ad usucapionem» in opposizione al proprietario concedente (Cass. III, n. 21690/2014). BibliografiaCarresi, Comodato, in Nss D.I., Torino, III, 1959; Luminoso, voce Comodato, Enc. giur., Roma, 1988; Pellegrini, Contratto di comodato a termine e morte del comodante, in Riv. dir. civ. 2000, II, 477; Quadri, Comodato e “casa familiare”: l'intervento delle Sezioni Unite, in Corr. giur. 2004, 1440; Quadri, Il nuovo intervento delle Sezioni Unite in tema di comodato e assegnazione della «casa familiare», in Corr. giur. 2015, 19; Tamburrino, voce Comodato, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Teti, Comodato, in Dig. civ., 1988. |