Codice Civile art. 1833 - Recesso dal contratto.Recesso dal contratto. [I]. Se il contratto è a tempo indeterminato [1823 2], ciascuna delle parti può recedere dal contratto a ogni chiusura del conto, dandone preavviso almeno dieci giorni prima. [II]. In caso d'interdizione [414 ss.], d'inabilitazione [415 ss.], d'insolvenza o di morte di una delle parti, ciascuna di queste o gli eredi hanno diritto di recedere dal contratto (1). [III]. Lo scioglimento del contratto impedisce l'inclusione nel conto di nuove partite, ma il pagamento del saldo non può richiedersi che alla scadenza del periodo stabilito dall'articolo 1831. InquadramentoOltre che per la scadenza del termine e per mutuo dissenso, previsti dalle norme generali sui contratti, il conto-corrente si scioglie per recesso unilaterale di ciascuna delle parti nei seguenti casi: a) se il contratto è a tempo indeterminato a ogni chiusura del conto, con l'onere di un preavviso di almeno dieci giorni; b) nel caso di morte, interdizione, inabilitazione di una delle parti, in qualsiasi momento; c) in caso di insolvenza di una delle parti. A seguito dell'esercizio del recesso si determina lo scioglimento del contratto: non possono più essere incluse ulteriori partite ma il saldo resta esigibile alla scadenza risultante ex art. 1831 (Fiorentino, in Comm. S. B., 1972, 30). Ipotesi di recessoLa morte, l'interdizione o l'inabilitazione di una dei contraenti non determinano automaticamente l'estinzione del contratto: in tale ipotesi, infatti, ove il recesso non venga esercitato, il rapporto di conto corrente continua rispettivamente col tutore dell'interdetto, con l'inabilitato (se e in quanto assistito dal curatore), con l'insolvente o col suo rappresentante o con gli eredi del de cuius. In siffatte ipotesi il fondamento del recesso viene ravvisato nel venir meno dell'elemento fiduciario che sta alla base del rapporto (Cavalli, 1). L'insolvenza di una delle parti si considera distinta dalla dichiarazione di fallimento, che invece dà luogo allo scioglimento di diritto, e si ritiene applicabile anche ai non imprenditori, ricorrendo egualmente la ratio rappresentata dalla natura fiduciaria del contratto (Cavalli, 6; Fiorentino, in Comm. S. B., 1972, 31; Martorano, 1961, 667). Nonostante il disposto del comma 3 dell'art. 1833, alcuni autori hanno affermato che nel caso di insolvenza di uno dei due correntisti trovi applicazione la regola di cui all'art. 1186 con conseguente decadenza dal beneficio del termine e immediata esigibilità del saldo (Cavalli, ult. cit.). L'opinione maggioritaria reputa non applicabile la regola generale ex art. 1186 ed evidenzia che la ratio della previsione di cui all'ultimo comma dell'art. 1833 risiede nelle reciprocità dei debiti e dei crediti nel contratto di conto corrente con vicendevole attribuzione di fiducia tra le parti e conseguente inesigibilità sino alla scadenza dei crediti di entrambe (Scozzafava e Grisi, in Tr. Res., 1985, 796). Viene parificata alle ipotesi normativamente previste la fusione di società, sussistendo le stesse ragioni che giustificano il recesso in caso di morte di una delle parti (Martorano, ult. cit.; Fiorentino, ult. cit.; Scozzafava e Grisi, 7). BibliografiaCaltabiano, Il conto corrente bancario, Padova, 1967; Cavalli, Conto corrente, in Enc. giur., VIII, Roma, 1988; Martorano, Il conto corrente bancario, Napoli, 1955; Martorano, voce Conto Corrente (contratto di), Enc. Dir., IX, Milano, 1961; Scozzafava e Grisi, voce “Conto corrente ordinario”, in Dig. Comm., IV, Torino, 1989; Sotgia, Del conto corrente, in Commentario al codice civile a cura di D'Amelio e Finzi, Firenze, 1949. |