Codice Civile art. 1857 - Norme applicabili.

Caterina Costabile

Norme applicabili.

[I]. Alle operazioni regolate in conto corrente si applicano le norme degli articoli 1826, 1829 e 1832.

Inquadramento

L'art. 1857 individua le norme dettate per il conto corrente ordinario applicabili anche al conto corrente bancario.

La dottrina evidenzia che si tratta di un richiamo selettivo che rafforza i connotati di tipicità del contratto e che, dunque, deve ritenersi tassativo, non suscettibile di alcun ampliamento (Santoro, in Comm. S., 1992, 183)

Anche la giurisprudenza conferma la tassatività del richiamo dell'art. 1857 evidenziando che ai rapporti bancari regolati in conto corrente non sono applicabili gli art. 1823, comma 2, 1825 e 1831 in quanto non richiamati da detta norma (Cass. I, n. 10127/2005; Cass. I, n. 15135/2014).

Spese e commissioni

La prima norma richiamata è l'art. 1826 che disciplina il regime delle spese e delle commissioni che costituiscono crediti accessori rispetto alle operazioni regolate in conto corrente di cui seguono il regime.

I crediti per rimborso spese e compensi vengono, pertanto, annotati nel conto come le operazione in relazione alle quali sono maturati.

Occorre inoltre rimarcare che l'art. 116 d.lgs. n. 385/1993 (T.U. bancario) ha imposto alle banche ed agli intermediari finanziari di rendere noti in modo chiaro ai clienti i tassi di interesse, i prezzi e le altre condizioni economiche relative alle operazioni e ai servizi offerti, ivi compresi gli interessi di mora e le valute applicate per l'imputazione degli interessi.

Conseguentemente, le spese e le commissioni andranno valutate non soltanto nella loro afferenza alle partite che devono essere annotate in conto, ma dovranno essere anche necessariamente confrontate con quelle pubblicizzate al momento del contratto.

Crediti verso terzi

Alle operazioni bancarie in conto corrente si applica il principio contenuto nell'art. 1829, secondo cui l'accreditamento, sul conto corrente del cliente dell'importo di un credito verso un terzo si presume fatto con la clausola “salvo incasso”.

Detta previsione trova applicazione nella prassi soprattutto con riferimento agli assegni trasferiti alla banca per l'incasso che deve ritenersi sempre effettuato «salvo incasso» (o «salvo buon fine», o «con riserva di verifica»).

Ciò comporta che, se il credito portato dall'assegno non venga soddisfatto dal terzo obbligato, la banca può eliminare la partita dal conto reintegrando il correntista nelle sue ragioni con la restituzione del titolo (Cass. I, n. 11395/2019).

La banca girataria per l'incasso di un assegno bancario è inoltre tenuta sia a far levare il protesto (art. 45 r.d. n. 1736/1933 cd. legge assegni), al fine di conservare integre le ragioni del proprio girante nei confronti degli obbligati di regresso, sia a restituire ex art. 1829 il titolo al correntista girante per l'incasso (Cass. I, n. 11852/2004).

La predetta presunzione di clausola «salvo incasso» non opera soltanto allorquando risulti una contraria volontà delle parti che, ove l'inclusione nel conto corrente bancario avvenga mediante girata di un titolo di credito, può essere desunta non solo dal fatto che la girata medesima sia piena e non già per l'incasso, ma anche da altre circostanze di fatto, quale un inequivoco comportamento della banca (Cass. I, n. 18118/2003).

La S.C. ha inoltre chiarito che la clausola «salvo incasso», con cui ha luogo l'accreditamento degli assegni rimessi dal correntista, fa gravare su quest'ultimo il rischio dell'insolvenza del debitore, ma non quello dello smarrimento del titolo, che grava sulla banca, ai sensi dell'art. 1718, comma 4.

L'istituto di credito, quale detentore del titolo in funzione dell'adempimento del mandato all'incasso conferitole dal correntista, è quindi tenuto alla custodia anche se non abbia specificamente accettato l'incarico, essendo un operatore professionale (Cass. I, n. 7737/2010).

L'approvazione del conto

Risultano applicabili al conto corrente bancario, in forza dell'espresso richiamo contenuto nell'art. 1857, le disposizioni dettate dall'art. 1832 in tema di approvazione periodica del conto: pertanto, la mancata contestazione dell'estratto conto da parte del correntista nel termine pattuito, ne comporta l'approvazione.

Va in primo luogo rimarcato che sono qualificabili come "estratti-conto di chiusura” le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto, inviate dalla banca non solo allo scioglimento del rapporto, ma anche alle scadenze periodiche contrattualmente previste, quando non si limitino a contenere l'indicazione del saldo, con il calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento alle partite di dare ed avere che hanno condotto a quel risultato.

A fini indicati è sufficiente, affinché decorra il termine semestrale di decadenza di cui all'art. 1832, che l'estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura dia al correntista la comunicazione del saldo definitivo riflettente il periodo considerato, comprensivo delle spese e degli interessi, non essendo invece necessaria la riproduzione di tutte le partite contabili quando l'estratto conto finale faccia seguito e richiami espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con l'indicazione di tutte le operazioni afferenti il relativo periodo (Cass. I, n. 817/2016; Cass. I, n. 2802/2009).

La presunzione legale contenuta nel comma 1 dell'art. 1832 dell'approvazione del conto in caso di mancata contestazione dello stesso da parte del correntista presuppone che la banca abbia trasmesso l'estratto del conto al cliente e che questi l'abbia ricevuto. Non è tuttavia richiesto ai fini della prova della trasmissione per raccomandata il necessario deposito della ricevuta di ritorno della raccomandata stessa, potendo tale dimostrazione essere data anche altrimenti, con ogni mezzo ammesso dalla legge e, quindi, pure a mezzo di presunzioni (Cass. I, n. 178/1988).

La giurisprudenza ritiene inoltre che la produzione in giudizio degli estratti conto costituisce «trasmissione», ai sensi dell'art. 1832, onerando il correntista delle necessarie specifiche contestazioni al fine di impedire che lo stesso possa intendersi approvato (Cass. I, n. 17242/2006).

L'approvazione tacita del conto produce effetti anche nei confronti del fideiussore, non potendo quest'ultimo, chiamato in giudizio dalla banca per il pagamento della somma dovuta, sollevare contestazioni in ordine alla definitività di quegli estratti non tempestivamente contestati dal debitore principale (Cass. I, n. 23807/2008).

Costituisce principio pacifico in giurisprudenza che la contestazione degli estratti conto deve essere specifica, non potendo riferirsi genericamente all'insieme della movimentazione del conto corrente (Cass. III, n. 8944/2016).

Limiti agli effetti dell'approvazione tacita del conto

L'approvazione tacita del conto non preclude ad entrambe le parti di impugnare l'estratto conto, nel termine di decadenza di sei mesi dalla data di ricezione, per errore di scritturazione o di calcolo, omissioni o duplicazioni.

Inoltre, ad avviso della dottrina risulta applicabile al conto corrente bancario anche il disposto dell'art. 1827 che introduce una delimitazione all'efficacia dell'approvazione tacita dell'estratto conto: secondo la predetta disposizione, infatti, l'inclusione nel conto non preclude mai l'esercizio delle azioni e delle eccezioni relative all'atto da cui essa deriva, con la conseguenza che in tutte le ipotesi di nullità, annullamento, rescissione o risoluzione del medesimo la relativa annotazione dovrà essere eliminata (Cavalli e Callegari, 71).

Anche la giurisprudenza ritiene applicabile al conto corrente bancario l'art. 1827, evidenziando che l'incontestabilità delle risultanze del conto, conseguente all'approvazione tacita dell'estratto, a norma dell'art. 1832, si riferisce agli accrediti e agli addebiti nella loro realtà fenomenica, ma non impedisce la contestazione della validità e dell'efficacia dei rapporti obbligatori dai quali essi derivano.

Pertanto l'approvazione o la mancata impugnazione del conto non comportano l'incontestabilità del debito fondato su un negozio nullo, annullabile, inefficace o, comunque, su situazione illecita (Cass. I, n. 22945/2010; Cass. I, n. 7662/2005).

Onere della prova

I giudici di legittimità hanno chiarito che, nel contratto di conto corrente bancario, la banca che assuma di essere creditrice del cliente ha l'onere di produrre in giudizio i relativi estratti conto a partire dalla data della sua apertura, non potendo pretendere l'azzeramento delle eventuali risultanze del primo degli estratti utilizzabili, in quanto ciò comporterebbe l'alterazione sostanziale del medesimo rapporto, che vede nella banca l'esecutrice degli ordini impartiti dal cliente, i quali si concretizzano in operazioni di prelievo e di versamento ma non integrano distinti e autonomi rapporti di debito e credito tra cliente e banca,rispetto ai quali quest'ultima possa rinunciare azzerando il primo saldo (Cass. I, n 9365/2018; Cass. VI, n. 13258/2017). La banca che intende far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente, deve dunque provare l'andamento dello stesso per l'intera durata del suo svolgimento, dall'inizio del rapporto e senza interruzioni (Cass. VI, n. 23856/2021).

Qualora sia il correntista ad agire in giudizio per la ripetizione dell'indebito, questi è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida “causa debendi”, sicchè il medesimo ha l'onere di documentare l'andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute (Cass. I, n. 10025/2023, con la conseguenza che, qualora gli estratti siano prodotti a far data da un certo momento del rapporto, in cui vi siano appostazioni negative, in mancanza di diversa prova, occorre prendere a riferimento, ai fini dell'effettuazione della Ctu, proprio quel saldo (Cass. I, n. 9752/2024).

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Bibliografia

Cavalli, Conto corrente, II, Conto corrente bancario, in Enc. giur., VIII, Roma, 1988; Cavalli, Considerazioni sulla revocatoria delle rimesse in conto corrente bancario dopo la riforma dell'art. 67 legge fallimentare, in Banca borsa tit. cred. 2006, I, 1; Cavalli e Callegari, Lezioni sui contratti bancari, Bologna, 2008; Ferri, voce Conto corrente di corrispondenza, in Enc. dir., IX, Milano, 1961; Molle, Conto corrente bancario, in Nss. D.I. IV, Torino 1959, 414; Morelli, Materiali per una configurazione del conto corrente bancario come contratto legalmente tipico, in Giust. civ. 4, 1998, 139; Salnitro, Conto corrente bancario, in Dig. Comm., Torino, 1989.

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