Codice Civile art. 1892 - Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave.

Caterina Costabile

Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave.

[I]. Le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento [1441 ss.] del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave [1893, 1894].

[II]. L'assicuratore decade [2964 ss.] dal diritto d'impugnare il contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al contraente di volere esercitare l'impugnazione.

[III]. L'assicuratore ha diritto ai premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui ha domandato l'annullamento e, in ogni caso, al premio convenuto per il primo anno. Se il sinistro si verifica prima che sia decorso il termine indicato dal comma precedente, egli non è tenuto a pagare la somma assicurata.

[IV]. Se l'assicurazione riguarda più persone o più cose, il contratto è valido per quelle persone o per quelle cose alle quali non si riferisce la dichiarazione inesatta o la reticenza [1932].

Inquadramento

Il rischio è elemento essenziale del contratto di assicurazione sotto vari profili, non solo perché la sua esistenza o la sua cessazione incidono sulla vicenda contrattuale, ma perché la sua conoscenza da parte dell'assicuratore costituisce momento imprescindibile del procedimento assicurativo: serve cioè a decidere se concludere o meno il contratto di assicurazione e a determinare l'ammontare del premio.

La ratio delle previsioni degli artt. 1892 e 1893 viene pertanto ravvisata dalla dottrina nella esigenza di porre l'assicuratore nella condizione di valutare esattamente il rischio e, quindi, di calcolare correttamente il premio (Buttaro, 1958, 483; La Torre, 84; Salandra, in Comm. S.B., 1966, 236; Scalfi, 355).

Anche la giurisprudenza ha all'uopo rimarcato che lo scopo attribuito dalla legge alle dichiarazioni dell'assicurato sugli elementi di fatto determinanti il consenso dell'assicuratore è quello di portare a conoscenza di quest'ultimo, prima della stipulazione della polizza, tutte le circostanze che possano influire sul rischio, in modo da rendere possibile l'esatta individuazione del rischio medesimo (Cass. III, n. 29894/2008).

L'operatività della norma presuppone il verificarsi di tre condizioni: la dichiarazione inesatta o reticente, il dolo o la colpa grave da parte dell'assicurato e il fatto che la detta reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso da parte dell'assicuratore (Cass. III, n. 11905/2020); e, l'onere probatorio in ordine alla sussistenza di tali condizioni – che costituiscono il presupposto di fatto e di diritto dell'inoperatività della garanzia assicurativa – è a carico dell'assicuratore (Cass. III, n. 25457/2022).

La qualificazione giuridica della posizione dell'assicurato: obbligo o onere

La posizione giuridica dell'assicurato rispetto alle dichiarazioni sugli elementi di fatto rilevanti ai fini della corretta rappresentazione del rischio è stata qualificata dalla dottrina meno recente come “onere” (Buttaro, Assicurazione (contratto di), 1958, 485; Salandra, in Comm. S.B. 1966, 241).

Secondo una diversa impostazione, invece, la posizione del contraente andrebbe qualificata come un obbligo di fonte legale immanente nella fase delle trattative e quindi di natura precontrattuale (Rossetti, 2013, 867).

Anche giurisprudenza risultano presenti dette due ricostruzioni: invero, in alcune sentenze la posizione giuridica dell'assicurato viene qualificata come onere (Cass. III, n. 3163/1982), mentre in altre si parla di un vero e proprio obbligo di quest'ultimo nei confronti dell'assicuratore (Cass. III, n. 29894/2008; Cass. III, n. 3163/2003).

La dichiarazione relativa al rischio: natura forma e contenuto

La dichiarazione relativa al rischio non costituisce un negozio giuridico ma un mero atto (dichiarazione di scienza): essa è pertanto non è annullabile per vizi del consenso (La Torre, 86; Rossetti, 2013, 870).

Ciò nondimeno la giurisprudenza ha ammesso che, ferma restando l'annullabilità del contratto ex art. 1892, il contraente possa ottenere il risarcimento del danno da parte dell'intermediario che lo abbia dolosamente indotto a sottacere una circostanza incidente sul rischio. In questo caso l'agente o il procacciatore risponde per responsabilità precontrattuale, e cioè per la dolosa induzione alla stipula di un contratto invalido (Trib. Roma 2 ottobre 1997).

La dichiarazione relativa al rischio non è soggetta ad alcun onere di forma, anche se nella prassi viene normalmente resa a mezzo la compilazione di questionari predisposti dall'assicuratore.

Si ha dichiarazione inesatta qualora il contraente riferisca all'assicuratore una circostanza inesistente.

La dichiarazione risulta invece reticente quando il contraente omette di riferire all'assicuratore circostanze rilevanti di cui è a conoscenza.

La dichiarazione reticente o inesatta ex art. 1892 deve, inoltre, avere ad oggetto circostanze rilevanti ai fini della formazione del consenso dell'assicuratore (Cass. III, n. 416/2017).

Questionario predisposto dall'assicuratore

Per conoscere il rischio cui si riferisce la domanda di copertura assicurativa l'assicuratore ricorre all'utilizzo di questionari in cui vengono incanalate le informazioni che lo stesso ritiene necessarie, prassi questa ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza (Cass. III, n. 23504/2004).

Ad avviso della giurisprudenza la circostanza che l'assicuratore inserisca una domanda nel questionario sottoposto all'assicurando prima della stipula del contratto è, pertanto, un indice del fatto che la conoscenza di quella circostanza è particolarmente importante per l'assicuratore per la formulazione del suo consenso alla stipula del contratto (Cass. III, n. 24907/2021; Cass. III, n. 12831/2014).

Conseguentemente, la mancata inclusione, fra i quesiti così formulati, di determinati profili di fatto evidenzia un atteggiamento di indifferenza dell'assicuratore medesimo, nel senso di estraneità dei profili stessi all'ambito del proprio interesse di conoscenza, valutabile al fine dell'esclusione a carico dell'assicurato che li abbia taciuti di un comportamento reticente (Cass. III, n. 8895/2020; Cass. III, n. 17840/2003).

Tali conclusioni sono state contestate da una parte della dottrina che ritiene preferibile valutare nel caso concreto l'influenza che l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza dell'assicurato hanno avuto nella formazione del consenso dell'assicuratore tenendo conto, tra l'altro, ma non esclusivamente, di quanto indicato nel questionario (Donati e Volpe Putzolu, 128).

Il dolo e la colpa del contraente nelle dichiarazioni inesatte o nelle reticenze

Costituisce dato pacifico in giurisprudenza che, in tema di dichiarazioni reticenti o inesatte ex art. 1892, non è necessario, al fine di integrare l'elemento soggettivo del dolo, che l'assicurato ponga in essere artifici o altri mezzi fraudolenti, essendo sufficiente la sua coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente; quanto alla colpa grave, occorre invece che la dichiarazione inesatta o reticente sia frutto di una grave negligenza che presupponga la coscienza dell'inesattezza della dichiarazione o della reticenza in uno con la consapevolezza dell'importanza dell'informazione, inesatta o mancata, rispetto alla conclusione del contratto ed alle sue condizioni (Cass. III, n. 12086/2015; Cass. III, n. 29894/2008).

I giudici di legittimità hanno ritenuto che il contratto di assicurazione è annullabile per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 c.c. quando l'assicurato abbia con coscienza e volontà omesso di riferire all'assicuratore, nonostante gli sia stata rivolta apposita domanda, circostanze suscettibili di esercitare una effettiva influenza sul rischio assicurato, non essendo necessaria anche la consapevolezza di essere affetto dalla specifica malattia che abbia poi dato luogo al sinistro (Cass. III, n. 13399/2018; Cass. III, n. 19520/2017).

La conoscenza dell'assicuratore delle circostanze del rischio

Le dichiarazioni inesatte e le reticenze dell'assicurato non costituiscono causa di annullamento del contratto, ai sensi dell'art. 1892,se risulti che l'assicuratore era ugualmente a conoscenza della reale situazione di fatto. Tale conoscenza può essere dimostrata con ogni mezzo di prova, compresa quella per testi in quanto ha per oggetto una circostanza di fatto e non un patto del contratto di assicurazione e, pertanto, non è soggetta ai limiti di prova di cui agli art. 2721 ss. (Cass. III, n. 8352/1987).

La S.C. ha altresì evidenziato che la conoscenza delle concrete circostanze del rischio, da parte di agenti, incaricati o dipendenti della società assicuratrice, comporta la conoscenza legale delle suddette circostanze anche da parte della società, a condizione che i soggetti suddetti siano forniti del potere di rappresentanza dell'ente. Ciò nondimeno, anche in assenza del potere di rappresentanza non può escludersi che l'incaricato della compagnia di assicurazioni abbia trasferito alla propria mandante le conoscenze acquisite in relazione al rischio assicurato, ma è necessario che tale effettiva trasmissione di conoscenza sia concretamente provata dall'assicurato, anche attraverso presunzioni (Cass. III, n. 3962/1999).

Le facoltà dell'assicuratore: l'annullamento del contratto e rifiuto di pagare l'indennizzo

In seguito alla violazione dell'obbligo di rendere dichiarazioni esatte e non reticenti sulle circostanze del rischio, l'ordinamento riconosce all'assicuratore una duplice facoltà a tutela della propria posizione giuridica: 1) chiedere l'annullamento del contratto se accerta la reale circostanza di rischio prima che si verifichi il sinistro; 2) rifiutarsi di pagare l'indennizzo se tale accertamento è successivo.

Per ottenere l'annullamento del contratto, l'assicuratore deve proporre apposita domanda in difetto della quale alla violazione dell'art. 1892 non può ricollegarsi l'effetto — non previsto dalla norma — della inoperatività del contratto assicurativo (Cass. III, n. 8139/2001).

Devono inoltre sussistere tre condizioni: a) che la dichiarazione sia inesatta o reticente; b) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave; c) che l'inesattezza o la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell'assicuratore (Cass. III, n. 25457/2022).

In ordine alla facoltà di rifiutare il pagamento dell'indennizzo, nel caso in cui la reale circostanza di rischio sia stata accertata dopo il verificarsi del sinistro, una parte della dottrina distingue a seconda che le dichiarazioni inesatte o reticenti siano state rese o meno con dolo e colpa grave, reputando che solo nella prima ipotesi l'assicuratore possa in ogni caso rifiutarsi di pagare l'indennizzo che, di contro, non potrebbe essere rifiutato in assenza di dolo o colpa qualora il sinistro sia stato causato da circostanza diversa da quella inesatta o taciuta (Buttaro, Assicurazione (contratto di), 1958, 487; Salandra, in Comm. S.B. 1966, 246).

Altri autori (Rossetti, 2013, 874) e la giurisprudenza non seguono tale impostazione evidenziando che risulta superfluo che la circostanza inesatta o taciuta sia stata causa o concausa dell'evento dannoso, in quanto il solo nesso preso in considerazione dalla norma è quello intercorrente tra le dichiarazioni dell'assicuratore ed il consenso dell'assicuratore (Cass. III, n. 5516/1985).

Qualora l'assicuratore venga a conoscenza del reale stato delle cose dopo il pagamento dell'indennizzo, poiché il pagamento effettuato non è sorretto da una valida causa giustificatrice, egli potrà promuovere nei confronti dell'assicurato l'azione di indebito ai sensi dell'art. 2033.

Decadenza

Il comma 2 dell'art. 1892 prevede che l'assicuratore decade dal diritto d'impugnare il contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al contraente di volere esercitare l'impugnazione (Donati, 315). La decadenza è dunque impedita da una dichiarazione recettizia diretta all'assicurato (Rossetti, 2013, 886).

La giurisprudenza distingue a seconda che il contratto di assicurazione abbia ad oggetto un rischio continuato o meno ritenendo che unicamente nel caso in cui l'assicurazione abbia ad oggetto un rischio continuato, l'assicuratore, venuto a conoscenza della colpevole reticenza dell'assicurato, ha l'onere di rendere noto, nel termine di tre mesi, se intenda impugnare o meno il contratto, e ciò allo scopo di evitare il pagamento dell'indennità per i rischi futuri (Cass. III, n. 11/2010).

La decadenza dell'assicuratore dal diritto di impugnare il contratto non può essere rilevata di ufficio (art. 2969) e va dunque eccepita dall'assicurato.

L'onere imposto dall'art. 1892 all'assicuratore di manifestare, allo scopo di evitare la decadenza, la propria volontà di esercitare l'azione di annullamento del contratto, per le dichiarazioni inesatte o reticenti dell'assicurato, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto la causa dell'annullamento, non sussiste quando il sinistro si verifichi prima che sia decorso il termine suddetto ed ancora più quando il sinistro si verifichi prima che l'assicuratore sia venuto a conoscenza dell'inesattezza o reticenza della dichiarazione. In siffatte ipotesi per sottrarsi al pagamento dell'indennizzo è sufficiente che l'assicuratore stesso invochi, anche mediante eccezione, la violazione dolosa o colposa dell'obbligo posto a carico dell'assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio (Cass. III, n. 1166/2020; Cass. III, n. 16406/2010).

Onere della prova

L'onere probatorio in ordine alla sussistenza delle tre condizioni necessarie alla pronuncia costitutiva di annullamento del contratto di assicurazione (dichiarazione inesatta o reticente, resa con dolo o colpa grave e determinante ai fini della formazione del consenso), che costituiscono il presupposto di fatto e di diritto dell'inoperatività della garanzia assicurativa, è a carico dell'assicuratore (Cass. III, n. 25457/2022Cass. III, n. 11905/2020; ).

Questa prova non attiene al contenuto del contratto di assicurazione e pertanto si sottrae ai limiti dell'art. 1888 potendo essere fornita con qualunque mezzo ed anche attraverso testimoni.

Di contro è a carico dell'assicurato la prova che l'assicuratore, pur in presenza di sue dichiarazioni inesatte e reticenti, conoscesse la reale situazione del bene assicurato, l'effettiva entità del rischio cui esso era esposto (Cass. III, n. 15939/2000).

Clausole di incontestabilità

La disciplina dell'art. 1892 può essere derogata solo in senso più favorevole all'assicurato ex art. 1932. La deroga più rilevante a questo riguardo si ha con le cd. “clausole di incontestabilità” frequenti nell'assicurazione sulla vita e contro gli infortuni. Trattasi di clausole con cui l'assicuratore rinuncia all'azione di annullamento e di recesso per dichiarazioni inesatte o reticenti decorso un determinato termine dalla conclusione del contratto, fatto salvo il caso in cui l'assicurato abbia agito con dolo (Buttaro, 1958, 908; Salandra, in Comm. S.B. 1966, 252).

Assicurazione fideiussoria e assicurazione del credito

L'assicurazione fideiussoria ha come causa esclusivamente la garanzia dell'adempimento del debitore e non la copertura di un rischio: pertanto, nelle ipotesi di dichiarazioni inesatte o reticenti del contraente-debitore in ordine alla formazione del rapporto principale, non trova applicazione la disciplina codicistica, sia dell'art. 1892 che dell'art. 1893, relativa al contratto di assicurazione tipico, ma la validità del contratto deve essere valutata ex art. 1427 alla stregua delle regole dell'annullabilità per «errore» e per «dolo» (Cass. III, n. 6757/2001).

Diversamente, soggiace alla disciplina di cui agli artt. 1892 e 1893 l'assicurazione del credito, ovvero il contratto che viene concluso dall'assicuratore con il creditore, cioè proprio col soggetto che sopporta il rischio del sinistro ravvisabile nel fatto futuro e incerto di un terzo (inadempimento del debitore) e che mira a coprirne il danno conseguente (Cass. I, n. 2142/1982).

Assicurazioni con pluralità di assicuratori

L'omessa comunicazione all'assicuratore dell'esistenza di altre assicurazioni concorrenti per il medesimo rischio, esula dalla previsione degli art. 1892 e 1893, che regolano la diversa ipotesi delle dichiarazioni inesatte o reticenti suscettibili di influire sulla rappresentazione del rischio.

Siffatta ipotesi resta soggetta alla specifica disciplina dettata dall'art. 1910, in forza del quale la perdita del diritto all'indennizzo si verifica solo in caso di dolo dell'assicurato stesso, e cioè, quando il suo comportamento sia preordinato al fine di conseguire un indennizzo maggiore del danno effettivamente subito. Conseguentemente, detta perdita non può conseguire alla mera circostanza che la polizza assicurativa, predisposta dall'assicuratore, contenga una clausola che escluda l'esistenza di altre assicurazioni concorrenti, qualora ricorrano altri elementi che spieghino tale fatto in termini di negligenza dell'assicurato nella lettura del testo del contratto, anziché di raggiro nel senso specificato (Cass. IIII, n. 6211/1980).

Bibliografia

Buttaro, voce Assicurazione (contratto di), in Enc. dir., III, Milano, 1958; Id., voce Assicurazione contro i danni, in Enc. dir., III, Milano, 1958; Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, III, 1956; Donati e Volpe Putzolu, Manuale di Diritto delle Assicurazioni, Milano, 2002; La Torre, Le Assicurazioni, Milano, 2007; Martello, voce Mutue (società assicuratrici), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977; Rossetti, Il Diritto delle Assicurazioni, I, Padova, 2013; ID., Il Diritto delle Assicurazioni, II, Le assicurazioni contro i danni, Padova, 2012; Santagata C., La fusione delle società assicuratrici, in Ass. 1989, I, 261; Scalfi, Assicurazione (contratto di), in Dig. comm., Torino, 1987.

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