Codice Civile art. 1923 - Diritti dei creditori e degli eredi.Diritti dei creditori e degli eredi. [I]. Le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva [491 ss. c.p.c.] o cautelare [670 ss. c.p.c.]. [II]. Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori [2901 ss.] e quelle relative alla collazione [737 ss.], all'imputazione [747] e alla riduzione [555 ss.] delle donazioni. InquadramentoLa disposizione in esame vieta ai creditori e agli eredi l'adozione di azioni esecutive o cautelari nei confronti delle somme dovute dall'assicuratore al contraente od al beneficiario in virtù di un'assicurazione sulla vita. Restano consentite solo le azioni revocatorie o quelle finalizzate alla collazione, imputazione o riduzione delle donazioni, ma limitatamente ai soli premi versati. Secondo la prevalente dottrina la regola dell'intangibilità delle somme dovute dall'assicuratore sulla vita al contraente o al beneficiario si giustifica in considerazione della natura previdenziale e di risparmio di tale specie assicurativa e risponde all'esigenza di favorire gli atti di previdenza, garantendo il conseguimento della relativa finalità, e di evitare, nel contempo, l'interruzione del processo formativo del risparmio (Donati, 641; Gasperoni, 15; Salandra, in Comm. S.B. 1966, 405). Anche la giurisprudenza risulta orientata in tal senso (Cass. I, n. 8676/2000). Ambito applicativoL'art. 1923 trova applicazione tanto nell'assicurazione a favore proprio che in quella a favore di terzo: sono, pertanto, destinatari del divieto sia i creditori del contraente — rispetto alle somme dovute dallo stesso contraente o dal beneficiario — sia quelli del beneficiario — rispetto alle somme da quest'ultimo dovute (Donati, 641). La previsione si estende, inoltre, ai creditori dell'erede del beneficiario e del contraente in caso di premorienza di questi ultimi, nonché del cessionario del contratto il quale subentra nella medesima posizione del cedente. La consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene che la polizza assicurativa sulla vita può essere oggetto di un sequestro preventivo penale giacché le finalità di tale misura cautelare reale, funzionale alla confisca, non risentono delle limitazioni riguardanti i rapporti tra privati che comportano ex art. 1923 il divieto di sottoposizione ad azione esecutiva e cautelare delle somme dovute dall'assicuratore al contraente o ai beneficiari (Cass. pen., III, n. 18736/2014). Gli effetti del fallimento Le somme versate da una compagnia di assicurazioni in forza di polizza sulla vita, al pari dei beni che siano stati con esse comprati, non si sottraggono all'acquisizione dell'attivo, in caso di successivo fallimento dell' accipiens, tenuto conto che l'art. 1923 si limita a disporre l'impignorabilità delle somme dovute dall'assicuratore, non anche, quindi, delle somme riscosse, e che la norma medesima, pertanto, non può comunque giustificare una separazione di quanto già percepito e confuso nel patrimonio dell'assicurato o del beneficiario, con il conseguenziale esaurimento della funzione previdenziale del contratto assicurativo (Cass. I, n. 6548/1988). Le S.U., a composizione di un precedente contrasto giurisprudenziale, hanno statuito che alla dichiarazione di fallimento del beneficiario non consegue lo scioglimento del contratto di assicurazione sulla vita, né il curatore — al pari di quanto previsto per le «somme dovute», di regola già impignorabili secondo l'art. 1923 — può agire contro il terzo assicuratore per ottenere il valore di riscatto della relativa polizza stipulata dal fallito quand'era in bonis, non rientrando tale cespite tra i beni compresi nell'attivo fallimentare ai sensi dell'art. 46, comma 1, n. 5, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, considerata la funzione previdenziale riconoscibile al predetto contratto, non circoscritta alle sole somme corrisposte a titolo di indennizzo o risarcimento (Cass. S.U., n. 8271/2008). Sussiste contrasto in giurisprudenza con riferimento alla sorte degli importi versati al fallito dalla compagnia assicuratrice a titolo di riscatto in relazione al contratto di assicurazione sulla vita stipulato dallo stesso «in bonis». Secondo un primo orientamento detto pagamento non assume funzione previdenziale e, di conseguenza, le somme versate non rientrano tra i crediti impignorabili ex art. 1923, comma 1, non compresi nel fallimento ai sensi dell'art. 46, comma 1, n. 5, r.d. n. 267/1942, ma soggiacciono alla sanzione di inefficacia di cui all'art. 44, comma 2, r.d. n. 267/1942 (Cass. I, n. 2256/2015). Diversamente, in un'altra pronuncia la S.C. ha ritenuto che le somme versate dalla compagnia assicuratrice all'assicurato fallito a titolo di riscatto della polizza vita sono sottratte all'azione di inefficacia di cui all'art. 44 l. fall. (per la nuova disciplina v. art. 144 d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) in virtù del combinato disposto degli artt. 1923 c.c. e art. 46 (v. supra), comma 1, n. 5, l. fall., riguardando l'esonero dalla disciplina del fallimento tutte le possibili finalità dell'assicurazione sulla vita e, dunque, non solo la funzione previdenziale ma anche quella di risparmio (Cass. I, n. 12261/2016). È stato tuttavia rimarcato che qualora la compagnia assicuratrice abbia versato al fallito, dopo la dichiarazione di fallimento, gli importi dovuti a titolo di riscatto in relazione al contratto di assicurazione sulla vita stipulato dallo stesso «in bonis», il pagamento così effettuato non assume funzione previdenziale e non rientra, pertanto, tra i crediti impignorabili ex art. 1923, comma 1, non compresi nel fallimento ai sensi dell'art. 46, comma 1, n. 5, r.d. n. 267/1942, ma soggiace alla sanzione di inefficacia di cui all'art. 44, comma 2, r.d. n. 267/1942 (Cass. I, n. 2256/2015). Di recente la S.C. ha chiarito che le polizze united linked c.d. "pure", svolgendo una funzione esclusivamente finanziaria e speculativa, sono esentate dalla applicazione dei limiti di aggredibilità di cui all'art. 1923, con la conseguenza che il valore di riscatto di tali polizze può essere acquisito all'attivo fallimentare su iniziativa del curatore (Cass. I, n. 3785/2024). La tutela residuale dei creditori e degli erediIl divieto previsto dal primo comma non determina però l'assoluta intangibilità delle somme dovute, facendo salva l'esperibilità da parte dei creditori ed eredi, sussistendone i presupposti, delle azioni revocatorie e delle disposizioni relative agli obblighi di collazione e di imputazione, nonché alla riduzione delle donazioni in ordine ai premi pagati. Tale limitazione si giustifica in ragione della volontà di evitare che l'assicurazione sulla vita possa impropriamente trasformarsi in strumento indebito per sottrarsi alla responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 nonché del rispetto dei principi successori. L'art. 1923 concerne sia l'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 sia quella fallimentare ex art. 67 r.d. n. 267/1942 (per la nuova disciplina v. art. 166 d.lgs. n. 14/2019, “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”) (Donati, 642; Salandra, in Comm. S.B. 1966, 406). La legittimazione attiva è pacificamente riconosciuta ai creditori del contraente ed al curatore del suo fallimento. Quanto alla legittimazione passiva, le posizioni oscillano nell'individuarla in capo al beneficiario o all'assicuratore (in arg. v. Buttaro, 657; Salandra, in Comm. S.B. 1966, 407) La norma tutela anche gli eredi del contraente nei confronti della designazione beneficiaria fatta a titolo di liberalità che comporti lesione dei loro diritti facendo salve le disposizioni relative alla collazione, all'imputazione ed alla riduzione delle donazioni. La tutela apprestata agli eredi riguarda solo le assicurazioni a favore di terzo e limitatamente al caso in cui la designazione sia stata fatta a titolo di liberalità: solo in tal caso, difatti, trattandosi di una donazione indiretta può essere leso l'interesse degli eredi legittimi o legittimari del contraente. Questi sono, peraltro, legittimati ad avvalersi dei rimedi previsti in loro favore solo in relazione ai premi versati dal contraente e non anche alla somma pagata dall'assicuratore al terzo in quanto il beneficiario, ai sensi dell'art. 1920, ha un diritto proprio che gli proviene cioè direttamente dal promittente senza passare per il patrimonio dello stipulante (Buttaro, 657; Donati, 615; La Torre, 375). Nel caso di designazione, quale terzo beneficiario, di uno dei chiamati all'eredità non può leggersi in essa una dispensa dalla collazione che, ex art. 373, deve invece essere espressa (Donati, ult. cit.; Salandra, ult. cit.). La rinuncia all'eredità consente al beneficiario di sottrarsi alla collazione ma non alla riduzione (Buttaro, ult. cit.). La collazione o la riduzione si attuano mediante pagamento da parte del beneficiario dell'importo da restituire, se percepito, o mediante deduzione dell'importo sulla somma assicurata se ancora da percepire (Donati, ult. cit.). BibliografiaButtaro, voce Assicurazione sulla vita, in Enc. dir., III, Milano, 1958; Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, III, 1956; Donati e Volpe Putzolu, Manuale di Diritto delle Assicurazioni, Milano, 2002; Gasperoni, Assicurazione sulla vita, in Enc. giur., III, 1988; La Torre, Le Assicurazioni, Milano, 2007; Polotti di Zumaglia, Vita (assicurazione sulla), in Dig. comm., XVI, Torino, 1999; Rossetti, Il Diritto delle Assicurazioni, III, L'assicurazione sulla vita, Padova, 2013. |