Codice Civile art. 1932 - Norme inderogabili.Norme inderogabili. [I]. Le disposizioni degli articoli 1887, 1892, 1893, 1894, 1897, 1898, 1899 secondo comma, 1901, 1903 secondo comma, 1914 econdo comma, 1915 secondo comma, 1917 terzo e quarto comma e 1926 non possono essere derogate se non in senso più favorevole all'assicurato. [II]. Le clausole che derogano in senso meno favorevole all'assicurato sono sostituite di diritto dalle corrispondenti disposizioni di legge [1339, 1419 2]. InquadramentoCon l'art. 1932 il legislatore ha introdotto una disposizione che pone un limite alla natura dispositiva, e dunque derogabile, della maggior parte delle norme dettate dal codice civile in materia assicurativa. A ciò provvede mediante l'introduzione di un meccanismo automatico di sostituzione delle clausole difformi dalla legge con le norme derogate, ovvero mediante un meccanismo di nullità parziale (art. 1419, comma 2) e di inserzione automatica di clausole (art. 1339) (La Torre, 442). Deroghe non consentiteLa giurisprudenza ha enucleato tutta una serie di deroghe convenzionali non consentite in forza del disposto dell'art. 1932. Tra le pattuizioni non consentite più frequenti nella prassi vanno ricordate: - la clausola del contratto assicurativo che contempli, in caso di mancato pagamento dei premi assicurativi, la loro persistente esigibilità e la decadenza dell'assicurato dal diritto di pretendere l'indennizzo, in quanto espone l'assicurato al pagamento del corrispettivo per un periodo in cui manca la prestazione dell'assicuratore derogando, in senso a lui sfavorevole, all'art. 1901 (Cass. III, n. 4566/2022); - la clausola che nei contratti di assicurazione contro i danni che prevedono la determinazione del premio in base ad elementi variabili — c.d. clausola di regolazione del premio — prevede che l'inadempimento dell' obbligo dell'assicurato di comunicare periodicamente all'assicuratore gli elementi variabili comporti la sospensione automatica della garanzia in quanto deroga in senso sfavorevole all'assicurato all'art. 1901 (Cass. III, n. 28472/2013); - il patto di «proroga» del rapporto, che intervenga dopo il decorso di oltre sei mesi senza che l'assicuratore sia attivato per la riscossione di premi dovutigli in base a precedente polizza, e che, oltre a fissare le condizioni della nuova copertura assicurativa, contempli anche la persistente esigibilità di detti premi anteriori, in quanto si traduce, rispetto alla risoluzione ope legis contemplata dall'art. 1901, comma 3, in una deroga sfavorevole all'assicurato, in quanto lo espone al pagamento del corrispettivo per un periodo in cui la prestazione dell'assicuratore è mancata (Cass. I, n. 9758/1993); -la clausola inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile, la quale stabilisca che l'assicurato, se convenuto dal terzo danneggiato, non ha diritto alla rifusione delle spese sostenute per legali o tecnici non designati dall'assicuratore (Cass. III, n. 21220/2022). Deroghe consentiteLa dottrina ha evidenziato, in linea generale, che nella valutazione della vantaggiosità della clausola per l'assicurato deve tenersi conto anche degli effetti che la stessa produce secondo un'interpretazione più favorevole per il non predisponente ai sensi dell'art. 1370 (Antonucci, 155). Tra le clausole convenzionali derogatorie alle norme del codice civile che sono state ritenute legittime dalla giurisprudenza vanno ricordate: - la clausola contrattuale che, derogando all'art. 1910, preveda la decadenza dal diritto all'indennizzo in caso di omessa comunicazione all'assicuratore dell'esistenza di più contratti di assicurazione dello stesso rischio (Cass. I, n. 8597/1995); - la clausola del contratto di assicurazione della responsabilità civile la quale stabilisca che la comunicazione da parte dell'assicurato della richiesta del terzo danneggiato deve essere fatta con lettera raccomandata, trattandosi di pattuizione che non incide sulle norme del rapporto assicurativo (Cass. I, n. 3881/1992); - le clausole che subordinano il diritto dell'assicurato all'indennizzo all'adozione di specifiche misure di difesa del bene protetto in quanto non realizzano una limitazione di responsabilità dell'assicuratore, ma individuano e delimitano l'oggetto stesso del contratto ed il rischio dell'assicuratore stesso (Cass. III, n. 10194/2014); - la clausola che nell'assicurazione contro gli infortuni, in deroga all'art. 1914,pone a carico dell'assicurato le spese mediche e di cura (Cass. I, n. 4788/1979). Anche la clausola che, in deroga all'art. 1901, comma 1, c.c., prevede che la copertura assicurativa sia svincolata dal pagamento del premio è stata ritenuta valida, ai sensi dell'art. 1932 c.c., purché abbia un contenuto specifico che non si limiti a fissare la durata del rapporto con decorrenza anteriore alla stipulazione, in deroga all'art. 1899 c.c., e sia provata per iscritto (Cass. III, n. 6623 /2024). La clausola claims madeLa clausola claims made prevede l'obbligo dell'assicuratore di tenere indenne l'assicurato dalle conseguenze dannose dei fatti illeciti da lui commessi anche prima della stipula, se per essi gli sia pervenuta una richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato durante il tempo per il quale è stata stipulata l'assicurazione e ciò diversamente dall'ordinario schema, denominato loss occurrance e legato alla data di «insorgenza dell'evento lesivo», che offre la copertura assicurativa per tutti gli eventi dedotti nel contratto purché si siano verificati nel periodo di vigenza della polizza. L'indirizzo già da tempo dominante in giurisprudenza (Cass. III, n. 2872/2015; Cass. III, n. 3622/2014) riteneva la legittimità e la validità della clausola claims made attesa la pacifica derogabilità della previsione recata dall'art. 1917, comma 1. I giudici di legittimità avevano invero osservato che l'art. 1932 prevede l'inderogabilità, se non in senso più favorevole all'assicurato, dei commi 3 e 4 dell'art. 1917, ma non del primo, che è appunto quello che delinea il tradizionale meccanismo loss occurrence delle polizze di r.c. ed agli artt. 1913 e 1914, i quali paiono individuare, nella prospettiva di una interpretazione sistematica del loro rapporto con l'art. 1917, l'insorgenza della r.c. nel fatto accaduto, piuttosto che nell'evento generatore della (solo eventuale) richiesta risarcitoria del danneggiato (Cass. III, n. 7273/2013). Ragionamento valido sia laddove si voglia accedere all'opzione ermeneutica che riconduce la claims made entro l'alveo di un contratto "atipico" ex art. 1322 (Cass. III, n. 5624/2005), sia qualora la si ritenga, invece, pienamente compatibile con la fattispecie negoziale tipica delineata dall'art. 1917 , in tal senso, argomentando dal rilievo che la clausola non altera l'oggetto del contratto, costituito pur sempre dal fatto illecito dedotto in polizza, ma si limita a circoscrivere sul piano temporale l'operatività dell'obbligazione di garanzia ricadente sull'assicuratore. In ordine al carattere eventualmente limitativo della responsabilità dell'assicuratore della clausola ed alla conseguente assoggettabilità della medesima alla disciplina recata dall'art. 1341, comma 2, la clausola in esame non era stata ritenuta di per sé limitativa della responsabilità ex art. 1341, dipendendo detto effetto semmai dalla sua concreta configurazione e dallo specifico contenuto che le parti abbiano inteso attribuirle, il cui apprezzamento è rimesso al giudice di merito (Cass. III, n. 2872/2015). Sotto detto profilo va osservato che nella prassi dei rapporti negoziali suole distinguersi tra clausole claims made «pure» (che si limitano ad ancorare l'ambito temporale di validità della garanzia alla data di presentazione della richiesta di indennizzo, senza alcuna altra limitazione diversa da quella eventualmente derivante dalla prescrizione del diritto al risarcimento del terzo danneggiato) e «miste» o spurie (in forza delle quali l'assicurazione garantisce le richieste di risarcimento pervenute durante il periodo di assicurazione e limita il periodo di retroattività, ovvero l'estensione della copertura, alle condotte negligenti tenute dall'assicurato nel passato, ovvero quando la copertura assicurativa si limita alle richieste risarcitorie che siano non solo giunte durante il periodo di assicurazione, ma che siano anche relative a condotte tenute durante lo stesso periodo o comunque in un periodo inferiore al termine di prescrizione decennale). La giurisprudenza di merito si era orientata nel senso di escludere la vessatorietà ex art. 1341, comma 2, delle claims made pure (Trib. Palermo, 26 novembre 2014;Trib. Milano, 10 gennaio 2012). Diversamente, le clausole claims made miste o spurie erano state ritenute vessatorie e pertanto necessitanti, per la loro validità, ai sensi dell'art. 1341 della doppia sottoscrizione da parte dell'assicurato (cfr. Trib. Bologna, 5 maggio 2014; Trib. Genova, 8 aprile 2008). Le Sezioni Unite hanno escluso la vessatorietà sia delle clausole claims made pure (pacifica in giurisprudenza) che di quelle miste o impure, ritenendole attinenti all’oggetto del contratto e non invece limitative della responsabilità ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1341 (Cass. S.U., n. 9140/2016). I giudici di legittimità hanno all'uopo evidenziato che la clausola claims made mista o impura mira a circoscrivere la copertura assicurativa in dipendenza di un fattore temporale aggiuntivo (la richiesta di risarcimento del danno) rispetto al dato costituito dall'epoca in cui è stata realizzata la condotta lesiva, inscrivendosi a pieno titolo “nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto” entro i quali ex art. 1905 l'assicuratore è tenuto a risarcire il danno sofferto dall'assicurato. Ciò nondimeno, con valutazione da effettuarsi dal giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità, in presenza di determinate condizioni la clausola claims made può essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al d.lgs. n. 206/2005, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Chiamate nuovamente a decidere su di un caso riguardante la contestazione della validità della clausola claims made in un contratto assicurativo le S.U. hanno ribadito che la clausola claims made mista non è vessatoria, pur spettando al giudice di merito valutare se dichiararla nulla per difetto di meritevolezza oppure, qualora trovi applicazione il Codice del Consumo, perché pone a carico del consumatore un significativo squilibrio di diritti e obblighi contrattuali (Cass. S.U., n. 24645/2016). I giudici di legittimità hanno altresì ritenuto che la clausola "claims made" inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un'azienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall'assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell'assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, atteso che realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell'assicuratore, e pone l'assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione ( Cass. III, n. 10506/2017 ). Le Sezioni Unite poi tornate per la terza volta sul tema superando la precedente impostazione. I Giudici di legittimità hanno, invero, ritenuto che il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole "on claims made basis", quale deroga convenzionale all'art. 1917, comma 1, consentita dall'art. 1932, è riconducibile al tipo dell'assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all'art. 1322, comma 2, ma alla verifica, ai sensi dell'art. 1322, comma 1, della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l'adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l'ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti -, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l'osservanza, da parte dell'impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle "claims made") e quella dell'attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale "on claims made basis" vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall'assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati (Cass. S.U., n. 22437/2018; in tal senso v. anche Cass. III, n. 29437/2024; Cass. III, n. 12981/2022) . L'art. 1932 nel sistema normativo a tutela del contraente deboleL'art. 1932 viene ad inserirsi nel sistema normativo a tutela del contraente debole costituito primariamente dagli artt. 1341 e 1342. Mentre attraverso la norma in commento si prevede una disciplina minima a tutela dell'assicurato non derogabile in senso a questi meno favorevole, l'art. 1341 individua invece un elenco di clausole ritenuto tassativo dalla giurisprudenza, ma suscettibile di estensione analogica, le quali, ove contenute nelle condizioni generali di contratto, saranno dichiarate inefficaci salva la presenza di una specifica sottoscrizione. Vanno poi considerate le norme sui contratti con il consumatore di cui agli artt. 33 e ss. d.lgs. n. 206/2005. Mentre l'art. 1932 colpisce unicamente clausole che risultino sfavorevoli all'assicurato rispetto a quanto previsto dal legislatore negli articoli del codice civile dichiarati relativamente inderogabili, le norme in tema di contratti dei consumatori colpiscono invece in via generale le clausole vessatorie ovvero quelle squilibrate a svantaggio del consumatore, malgrado la buona fede (art. 33 d.lgs. n. 206/2005), sancendone la nullità (art. 36 d.lgs. n. 206/2005), nonché quelle formulate in maniera oscura (art. 35 d.lgs. n. 206/2005). BibliografiaAntonucci, sub. art. 1932, in G. Volpe Putlozu, Commentario breve al diritto delle assicurazioni, Padova, 2010; La Torre, Le Assicurazioni, Milano, 2007. |