Codice Civile art. 1947 - Beneficio della divisione.

Caterina Costabile

Beneficio della divisione.

[I]. Se è stato stipulato il beneficio della divisione, ogni fideiussore che sia convenuto per il pagamento dell'intero debito può esigere che il creditore riduca l'azione alla parte da lui dovuta.

[II]. Se alcuno dei fideiussori era insolvente al tempo in cui un altro ha fatto valere il beneficio della divisione, questi è obbligato per tale insolvenza in proporzione della sua quota, ma non risponde delle insolvenze sopravvenute (1).

(1) V. art. 5 2 r.d. 16 marzo 1942, n. 267.

Inquadramento

La disposizione in esame contempla il beneficio della divisione in forza del quale ogni fideiussore che sia convenuto per il pagamento dell'intero debito può esigere che il creditore riduca l'azione alla parte da lui dovuta.

Il legislatore non dispone particolari forme per la validità di siffatto tipo di clausola.

La possibilità di prevedere siffatto beneficio postula la necessaria presenza di una confideiussione, non essendo lo stesso ipotizzabile in caso di fideiussione plurima ove difetta in radice il requisito della solidarietà delle obbligazioni dei vari fideiussori (Fragali, 365). Scopo essenziale del beneficio della divisione è, difatti, quello di trasformare l'obbligazione solidale dei confideiussori in obbligazione parziaria (Nicolai, 268).

Il beneficio della divisione

La pattuizione del beneficio della divisione può interessare sia tutti i confideiussori (beneficio generale) sia alcuni di essi (beneficio parziale): in questa ipotesi il vincolo della solidarietà permarrà tra gli altri (Fragali, in Comm. S. B., 1957, 365), salvi gli effetti del secondo comma dell'art. 1947. Chi si avvale del beneficio della divisione non è tenuto al rispetto di alcun onere, in particolare non è tenuto ad indicare i beni degli altri cogaranti sui quali il creditore può ottenere il residuo (Fragali, in Comm. S. B., 1957, 337).

L'insolvenza degli altri confideiussori

Il comma 2 dell'art. 1947 stabilisce un limite all'operatività del beneficio della divisione, prevedendo che esso trovi applicazione solo tra confideiussori solvibili al momento in cui l'eccezione viene proposta. Pertanto, nel caso in cui uno dei confideiussori sia insolvente nel momento in cui viene sollevata l'eccezione di divisione da parte del confideiussore questi deve farsi carico, per la sua quota, anche del debito del confideiussore insolvente dando luogo ad una doppia responsabilità (principale ed accessoria).

Diversamente, se l'insolvenza si verifica dopo che il confideiussore ha già pagato la sua parte, il rischio rimane a carico del creditore (Giusti, in Tr. C. M., XVIII, 3, 1998, 216-217).

La nozione di “insolvenza” viene estesa dalla dottrina a tutte le ipotesi in cui la confideiussione non possa operare, come ad esempio in ipotesi di invalidità della garanzia (Giusti, in Tr. C. M., XVIII, 3, 1998, 218).

Bibliografia

Biscontini, Assunzione di debito e garanzia del credito, Camerino-Napoli, 1993; Biscontini, Solidarietà fideiussoria e decadenza, Camerino-Napoli, 1980; Bozzi, La fideiussione, Milano, 1995; Falqui Massidda, La fideiussione, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989; Fragali, voce Fideiussione, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968; Nicolai, Le fattispecie fideiussorie fra solidarietà passiva, regresso e surrogazione, Banca borsa e tit. cred. 3, 2014, 261; Ravazzoni, Fideiussione, in Dig. civ., VII, Torino, 1992.

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