Codice Civile art. 1956 - Liberazione del fideiussore per obbligazione futura.Liberazione del fideiussore per obbligazione futura. [I]. Il fideiussore per un'obbligazione futura [1938] è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito [1461, 1844, 1850, 1877, 1959, 2743]. [II]. Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione (1). (1) Comma aggiunto dall'art. 10 2 l. 17 febbraio 1992, n. 154. InquadramentoL'art. 1956 sanziona con la perdita della fideiussione per obbligazioni future (art. 1938) il creditore che trascura il peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore e gli accorda ugualmente credito. La norma è coerente con l'esigenza di tutelare la posizione del fideiussore che, per agevolare la concessione di credito a favore del soggetto garantito, presta una fideiussione per obbligazioni future facendo affidamento sulla situazione patrimoniale del debitore al momento del rilascio della garanzia (Falqui Massida, 11). La dottrina (Fragali, 380) ricollega l'art. 1956 all'art. 1461, con la differenza che: - nell'ipotesi in esame la facoltà diventa un dovere; - l'effetto preveduto non è di ordine sospensivo ma di ordine estintivo dell'obbligazione; - è sufficiente una notevole difficoltà nell'attuazione dell'aspettativa di adempimento della prestazione del terzo anziché un pericolo evidente; - deve aversi riguardo alle condizioni patrimoniali del terzo anziché a quelle della controparte. Trattandosi di norma a tutela delle ragioni del fideiussore, l'estinzione della garanzia non opera di diritto ma deve essere eccepita dall'interessato: l'onere della prova è a carico del fideiussore ex art. 2697 (Cass. III, n. 2524/2006) e può essere adempiuto con ogni mezzo di prova, ivi compreso il ricorso a presunzioni, secondo le regole generali stabilite dagli artt. 2727 e 2729 (Cass. I, n. 16667/2012). La S.C. ha chiarito che l'autorizzazione di cui all'art. 1956 non è configurabile come accordo "a latere" del contratto bancario cui la garanzia accede, sicché non richiede la forma scritta "ad substantiam" e può essere ritenuta implicitamente e tacitamente concessa dal garante, in applicazione del principio di buona fede nell'esecuzione dei contratti, laddove emerga perfetta conoscenza, da parte sua, della situazione patrimoniale del debitore garantito (Cass. I, n. 4112/2016). L'art. 10 l. n. 154/1992 ha introdotto nell'art. 1956 un comma 2 che, in armonia con le modifiche apportate dalla medesima legge all'art. 1938 in tema di fideiussione per obbligazioni future, sancisce l'invalidità della preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione prevista dal comma 1 della norma in esame. Presupposti: la conoscenza del mutamento della situazione patrimoniale del debitore da parte del fideiussorePerché operi la liberazione del fideiussore è necessario che il creditore accordi ulteriore credito al debitore senza una speciale autorizzazione del fideiussore pur essendo a conoscenza del peggioramento delle sue condizioni patrimoniali. Devono, dunque, ricorrere sia il requisito oggettivo della concessione di ulteriore affidamento successivamente al deterioramento delle condizioni economiche del debitore e sopravvenuto alla prestazione della garanzia, sia quello soggettivo della consapevolezza del creditore (in arg. v. Giusti, in Tr. C. M., XVIII, 3, 1998, 273; Ravazzoni, 266) del mutamento delle condizioni economiche del debitore, raffrontate a quelle esistenti all'atto della costituzione del rapporto, con onere della prova della ricorrenza di tali requisiti a carico della parte che ne deduce l'operatività (Cass. III, n. 10870/2005). Secondo la giurisprudenza deve operarsi una comparazione tra la situazione patrimoniale del debitore al momento del rilascio della garanzia e quella esistente alla concessione del credito per verificare se il divario è tale da dover fondatamente temere l'insolvenza irreversibile del debitore (Cass. I, n. 11269/2004). Tale requisito può peraltro essere accertato anche sulla base di presunzioni, se dotate dei caratteri di cui all'art. 2729 (Cass. III, n. 29364/2019).Ad esempio, la S.C. ha ritenuto che la causa di estinzione della fideiussione prevista dall'art. 1956 sia applicabile nel caso in cui la banca anticipi al correntista l'importo di un assegno bancario presentato all'incasso in difetto di una sufficiente provvista del conto, in quanto tale operazione consiste nel "far credito" e nell'aumentare l'esposizione di rischio corrente del debitore obbligato alla restituzione dell'anticipazione ove l'incasso del titolo non vada a buon fine (Cass. I, n. 27932/2018). E' stato, invece, ritenuto che la sola circostanza della esistenza di un rapporto di parentela o di affinità tra il debitore principale e il fideiussore non è sufficiente a costituire la prova presuntiva che quest'ultimo abbia dato la "specifica autorizzazione" che, ai sensi dell'art. 1956, il creditore ha l'onere di ottenere per non incorrere nella perdita della garanzia fideiussoria (Cass. VI, n. 26947/2021). Costituisce ormai dato pacifico che per l'operatività della norma è necessario che il fideiussore non fosse già in condizione di conoscere l'avvenuto mutamento in pejus della situazione patrimoniale del debitore prima della concessione dell'ulteriore credito. La liberazione del fideiussore viene, invero, negata qualora — per la sua posizione di comunanza di interessi con il debitore — abbia avuto la possibilità di conoscere tempestivamente l'evolversi della situazione patrimoniale del debitore e, nonostante ciò, abbia continuato a garantirne le obbligazioni senza esercitare le legittime cautele concessegli dall'ordinamento (recesso per le obbligazioni future e rilievo ex art. 1953 per quelle passate). In siffatte ipotesi, la giurisprudenza fa gravare sul fideiussore l'onere di preventivo controllo delle condizioni patrimoniali del debitore, esonerando il creditore dal dovere di chiedere la preventiva autorizzazione. L'art. 1956 non è stato, in forza delle considerazioni suesposte, ritenuto applicabile nell'ipotesi in cui debitrice sia una società nella quale il fideiussore ricopre la carica di amministratore(Cass. I, n. 3761/2006) legale rappresentante (Cass. VI, n. 5766/2022) o di socio (Cass. III, n. 8850/1998), oppure nell'ipotesi di coincidenza tra i soci della società fideiubente e della società fideiussoria (Cass. I, n. 4208/1992), o quando nella stessa persona coesistano le qualità di fideiussore e di legale rappresentante della società debitrice principale (Cass. VI, n. 5766/2022). L'oggetto della liberazioneLa liberazione del fideiussore ex art. 1956 ha ad oggetto unicamente il credito accordato al debitore, dopo il mutamento in peius delle sue condizioni patrimoniali, senza la previa autorizzazione del fideiussore. La giurisprudenza ha difatti chiarito che la garanzia derivante da una fideiussione prestata per obbligazioni future cessa definitivamente d'essere efficace in rapporto alle obbligazioni sorte dopo che le condizioni patrimoniali del terzo siano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito, se il creditore, cui tale mutamento sia noto, abbia determinato l'insorgere delle dette obbligazioni facendo credito al terzo, senza speciale autorizzazione del fideiussore (Cass. III, n. 6142/1988). L'autorizzazione del fideiussoreLa previsione della richiesta da parte del creditore e della prestazione dell'autorizzazione da parte del fideiussore, per il concreto credito da concedere al terzo debitore le cui condizioni patrimoniali sono peggiorate, serve a consentire che l'ulteriore svolgimento del rapporto di finanziamento resti garantito con riguardo alle singole obbligazioni di volta in volta autorizzate (Ravazzoni, ult. cit.). La S.C. ha chiarito che l'autorizzazione di cui all'art. 1956 non è configurabile come accordo "a latere" del contratto bancario cui la garanzia accede, sicché non richiede la forma scritta "ad substantiam" e può essere ritenuta implicitamente e tacitamente concessa dal garante, in applicazione del principio di buona fede nell'esecuzione dei contratti, laddove emerga perfetta conoscenza, da parte sua, della situazione patrimoniale del debitore garantito (Cass. I, n. 4112/2016). I giudici di legittimità hanno ritenuto che qualora un contratto di fideiussione venga stipulato a garanzia del pagamento dei canoni di un contratto di locazione, ove si determini una morosità del conduttore tale da giustificare la domanda di risoluzione da parte del locatore, questi è tenuto a riferire al fideiussore della morosità, onde farsi autorizzare ad attendere il pagamento, in tal modo facendo credito al conduttore con la garanzia del fideiussore. Se ciò non avviene, è applicabile la previsione dell'art. 1956 secondo cui in tale ipotesi il fideiussore è liberato dalla propria obbligazione (Cass. III, n. 16798/2015). In tema di fideiussione per obbligazioni future, la persistente erogazione di finanziamenti da parte della banca creditrice a favore di una società, debitore principale, senza chiedere al garante(nella specie, né socio, né amministratore della società) la necessaria autorizzazione pur in presenza di un peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del debitore garantito in ragione delle perdite notevolmente superiori al capitale sociale e di un saldo di conto corrente permanentemente in passivo, costituisce ad avviso della S.C. comportamento non improntato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, idoneo a determinare la liberazione del fideiussore dalle obbligazioni future (Cass. I, n. 16827/2016). L'invalidità della preventiva rinunciaFino all'entrata in vigore della l. n. 154/1992 era prassi inserire nei moduli contrattuali disciplinanti il rapporto tra banca creditrice e fideiussore una clausola che consentiva alla prima di continuare a concedere credito al terzo debitore anche in presenza del deterioramento delle sue condizioni patrimoniali, senza dover chiedere preventivamente l'autorizzazione del fideiussore (cd. clausola di dispensa). Le condizioni generali di contratto contemplavano, difatti, la rinuncia del fideiussore ad avvalersi del diritto alla preventiva richiesta di autorizzazione alla concessione del credito e, dunque, all'eventuale liberazione dall'obbligazione fideiussoria per il credito concesso in difetto delle condizioni di cui all'art. 1956. La dottrina maggioritaria riteneva ammissibile la deroga pattizia all'art. 1956 riconoscendo a tale norma carattere dispositivo e attribuendo alla relativa deroga la funzione di facilitare l'accesso al credito bancario (in arg. v. Giusti, in Tr. C. M., XVIII, 3, 1998, 290 ss.). La giurisprudenza, pur sostenendo la validità della clausola in esame, riteneva che fosse compito del giudice valutare ex artt. 1175 e 1375 le modalità con cui la banca avesse concretamente concesso il nuovo credito onde accertare se l'istituto avesse agito in buona fede (Cass. I, n. 11979/2013). L'art. 10 l. n. 154/1992 ha introdotto nell'art. 1956 un comma 2 che, in armonia con le modifiche apportate dalla medesima legge all'art. 1938 in tema di fideiussione per obbligazioni future, sancisce l'invalidità della preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione prevista dal primo comma della norma in esame, risolvendo in tal modo i problemi legati alla interpretazione caso per caso della condotta tenuta dall'istituto di credito. Le fideiussioni pendenti L'art. 10 l. n. 154/1992, che ha modificato gli art. 1938 e 1956, rendendo obbligatoria la determinazione dell'importo massimo per il quale viene prestata garanzia ed invalida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione del debitore principale, ponendo il problema della sorte delle fideiussioni pendenti alla data di entrata in vigore della novella. La giurisprudenza ha evidenziato che il summenzionato art. 10 non costituisce interpretazione autentica delle norme codicistiche, e non ha efficacia retroattiva, poiché l'interpretazione autentica è figura di carattere eccezionale, e come tale deve risultare in modo esplicito ed inequivocabile, senza che sia possibile dedurne la ricorrenza dai lavori preparatori (Cass. I, n. 654/2003). Pertanto, per quanto concerne le fideiussioni scadute alla data fissata per l'operatività della nuova norma, la clausola di rinuncia deve ritenersi valida ed efficace (non determinando la liberazione del garante) con riguardo alle obbligazioni sorte prima di quella data, indipendentemente dal fatto che a quella data il fideiussore non le abbia ancora adempiute o siano ancora sub judice (Cass. III, n. 18234/2003). BibliografiaBiscontini, Assunzione di debito e garanzia del credito, Camerino-Napoli, 1993; Biscontini, Solidarietà fideiussoria e decadenza, Camerino-Napoli, 1980; Bozzi, La fideiussione, Milano, 1995; Falqui Massidda, La fideiussione, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989; Fragali, voce Fideiussione, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968; Nicolai, Le fattispecie fideiussorie fra solidarietà passiva, regresso e surrogazione, Banca borsa e tit. cred. 3, 2014, 261; Ravazzoni, Fideiussione, in Dig. civ., VII, Torino, 1992. |