Codice Civile art. 1976 - Risoluzione della transazione per inadempimento.InquadramentoL'art. 1976 sancisce l'ammissibilità della risoluzione per inadempimento solo in ipotesi di transazione semplice e non anche di transazione novativa, salvo patto contrario. Con detta disposizione il legislatore, seppur implicitamente, ammette la possibilità di procedere alla transazione mediante la costituzione di una nuova obbligazione estintiva della precedente. La giurisprudenza ritiene che l'inammissibilità dell'azione di risoluzione della transazione per inadempimento nel caso in cui il rapporto preesistente sia stato estinto per novazione (salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato), non esige un'apposita eccezione della parte interessata, poiché attiene all'esistenza delle condizioni dell'azione, che il giudice deve verificare anche di ufficio (Cass. III, n. 3443/1980). La nozione di transazione novativa non va confusa con il fenomeno della novazione in senso tecnico, poiché rilevanti sono le differenze: la novazione, infatti si riferisce solo ai rapporti obbligatori, mentre la transazione può interessare qualsiasi situazione giuridica nella disponibilità delle parti (e quindi a carattere reale e non solo obbligatorio); ancora, la novazione è senza effetto se non esisteva l'obbligazione originaria, mentre la transazione può prescindere dalla esistenza del preesistente rapporto (Santo Passarelli, 83; contra Valsecchi, in Tr. C. M., XXXVIII, 1986, 434 che reputa che la transazione novativa rientri nell'ambito della novazione). La transazione novativaLa transazione novativa, alla quale il legislatore allude — senza definirla — nell'art. 1976 per escludere (salvo patto contrario) la risoluzione della transazione per inadempimento se il rapporto preesistente è stato estinto per novazione, costituisce un aspetto del più generale fenomeno transattivo tra i più indagati e controversi. In dottrina sono state avanzate diverse opinioni al fine di individuare la nozione autonoma di transazione novativa, contrapposta a quella non novativa, altresì definita «conservativa» (Galletto, 1408). Una tesi minoritaria assegna preminente rilievo all'elemento soggettivo (animus novandi) inteso a estinguere il preesistente rapporto e a sostituirlo con il nuovo assetto degli interessi risultante dalla transazione, mentre secondo altra tesi il rilievo determinante deve essere attribuito all'elemento oggettivo, consistente in una nuova configurazione oggettiva del rapporto diversa da quella precedente (Moscarini-Corbo, 9). Dubbi sussistono anche in ordine alle modalità attraverso cui si determina l'effetto novativo della transazione che si sostanzia essenzialmente nell'estinzione del rapporto precedente (in arg. v. Colangeli, 442). Secondo una prima interpretazione l'estinzione del rapporto preesistente costituisce conseguenza eventuale ma comunque diretta dell'effetto costitutivo, mentre altri autori ritengono che l'estinzione possa discendere unicamente da uno specifico atto di volontà dei transigenti (Valsecchi, 1986, 267). Altra impostazione ritiene che la transazione abbia sempre efficacia novativa ad eccezione delle ipotesi in cui le parti lascino immutato il rapporto oggetto della lite disciplinandone solo le modalità (D'Onofrio, in Comm. S. B., 1974, 282). Infine, un altro orientamento, muovendo dalla premessa che tra transazione novativa e conservativa non vi sia differenza di natura in quanto entrambe determinano la sostituzione di un rapporto non litigioso a uno litigioso, ritiene che la prima ricorra quando il rapporto sia interamente dedotto in lite mentre la seconda quando solo una parte del rapporto è in contestazione e quindi vi sia una sostituzione parziale con funzione integrativa (Del Prato, 831; Santoro Passarelli, 79). La posizione della giurisprudenza Anche in giurisprudenza si riflette detta dicotomia di opinioni dottrinali sui criteri di individuazione della transazione novativa. L'orientamento prevalente attribuisce rilievo, ai fini del riconoscimento del carattere novativo della transazione, all'elemento oggettivo costituito dalla incompatibilità del nuovo assetto di interessi risultanti dalla transazione con quello preesistente: la transazione novativa determina, difatti, l'estinzione del precedente rapporto cui si sostituisce integralmente, di modo che si verifichi una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello dell'accordo transattivo, con la conseguente insorgenza dall'atto di un'obbligazione oggettivamente diversa dalla precedente (Cass. III, n. 7963/2020; Cass. III, n. 15444/2011). L'elemento soggettivo (animus novandi) è sottolineato da altre pronunce secondo le quali si ha transazione novativa qualora sussistano contestualmente due elementi, uno di natura oggettiva e uno di natura soggettiva: sul piano oggettivo, è necessario che le parti, onde risolvere o prevenire una lite, siano addivenute ad una rinunzia reciproca, anche parziale, alle proprie pretese, volta a modificare, estinguendola, la situazione negoziale precedente e ad instaurarne una nuova in quanto tra i due rapporti, il vecchio e il nuovo, vi sia una situazione di obiettiva incompatibilità; sul piano soggettivo, è necessario che sussista una inequivoca manifestazione di volontà delle parti in tal senso, ovvero che esse abbiano palesato il loro intento di instaurare tra loro un nuovo rapporto e di estinguere quello originario, dando a tale volontà forma e contenuto adeguati (Cass. II, n. 4455/2006). La S.C. ha precisato che la transazione avente efficacia novativa ha effetto estintivo delle garanzie reali originariamente prestate, salvo che i contraenti non abbiano convenuto di conservarle anche in relazione al nuovo contratto, ma, in tale caso, il patto opera esclusivamente "inter partes", occorrendo, ai fini della conservazione di garanzie prestate da terzi, il necessario consenso del garante; peraltro, la novazione dell’obbligazione garantita determina l’estinzione anche delle garanzie personali, ove non espressamente mantenute, sia "accessorie", in considerazione del nesso di dipendenza che lega la obbligazione di garanzia a quella principale, sia "autonome" in considerazione del nesso indissolubile che lega la causa concreta di garanzia autonoma alla esistenza del rapporto garantito (Cass. III, n. 8342/2017). Manifestazione di volontà e comportamento concludenteLa transazione, modificando la fonte del rapporto giuridico preesistente, può avere efficacia novativa e determinare l'estinzione del rapporto precedente, qualora sussista in tal senso un'espressa manifestazione di volontà delle parti, in quanto esse abbiano inteso addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, diretto a costituire, in sostituzione di quello precedente, nuove autonome situazioni giuridiche; il relativo accertamento, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, ovvero se non sia sorretto da una motivazione congrua, logica e completa (Cass. III, n. 1946/2003). La transazione può avere efficacia novativa quando ne risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello avente causa nell'accordo transattivo (Cass. III, n. 4008/2006). In tal caso, l'animus novandi può desumersi anche per implicito da fatti concludenti, il cui accertamento costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione (Cass. I, n. 11330/1997). Risoluzione per impossibilità sopravvenutaLa giurisprudenza reputa che l'art. 1976 vada interpretato restrittivamente evidenziando che, trattandosi di disposizione che costituisce eccezione rispetto ai principi generali della risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive, nei quali il venir meno del sinallagma funzionale, qualunque ne sia la causa, comporta sempre la caducazione del contratto, non può essere estesa ai casi di risoluzione per impossibilità sopravvenuta, per eccessiva onerosità o per l'accertata inesistenza della condizione presupposta (Cass. II, n. 9125/1993). In dottrina è discussa la possibilità di applicare il rimedio della risoluzione della transazione per eccessiva onerosità (in arg. v. Colangeli, 453-454), in quanto solo alcuni autori propendono per la soluzione positiva allineandosi all'impostazione della giurisprudenza (D'Onofrio, 1974, 263; Moscarini-Corbo, 19). Effetti della risoluzioneIn tutte le ipotesi nelle quali la transazione è risolta si pone il problema dell'individuazione della fonte che deve regolare i rapporti controversi tra le parti. In giurisprudenza si riscontra sostanziale accordo nel ritenere che la risoluzione della transazione ristabilisca in toto la situazione giuridica preesistente, sì che le parti possono di nuovo disporre di ogni azione ed eccezione di cui potevano avvalersi in origine (Cass. III, n. 645/2024; Cass. III, n. 27448/2005). La dottrina è conforme sul punto (Valsecchi, 1986, 380). BibliografiaCarresi, Transazione (dir. vig.), in Nss. D.I., XIX, Torino, 1973; Colangeli, La Transazione, Milano, 2012; Del Prato, voce Transazione (dir. priv.), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992; Carresi, La transazione, Milano, 1992; Falzea, Accertamento (Teoria generale), in Enc. dir., I, Milano, 1958; Galletto, La transazione: complessità dell'istituto ed attualità della funzione; in Riv. trim. dir. proc. 2013, 4, 1379; Moscarini - Corbo, voce Transazione, in Enc. giur., Roma, 1994; Santoro Passarelli, La Transazione, Napoli, 1986. |