Codice Civile art. 1977 - Nozione.Nozione. [I]. La cessione dei beni ai creditori è il contratto col quale il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi di liquidare tutte o alcune sue attività e di ripartirne tra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti (1). InquadramentoL'art. 1977 fornisce la nozione del contratto di cessione dei beni ai creditori. La caratteristica saliente di questo negozio è che la proprietà dei beni ceduti non passa ai creditori, i quali conseguono solo la disponibilità dei beni ceduti, disponibilità che si concreta nel potere di amministrarli e di alienarli per ripartirne il ricavato (Miccio, 834). Ampiamente discussi in dottrina sono sia la natura giuridica che i presupposti del contratto. La cessione dei beni ai creditori può costituire anche un particolare modo di attuazione del concordato preventivo disciplinato dall'art. 182 ss. r.d. 16 marzo 1942, n. 267. Natura giuridicaLa natura giuridica del contratto è stata oggetto di dibattito in dottrina e giurisprudenza. In dottrina è in primo luogo discussa la possibilità di configurare una categoria unica denominata “cessione dei beni ai creditori” in cui ricomprendere oltre al contratto in esame altre figure giuridiche quali la datio in solutum, la dazione pro solvendo, la cessione dei beni contenuta nel concordato fallimentare o nel concordato preventivo (in tal senso v. Castana, 6). L'opinione prevalente, difatti, esclude identità di situazioni, di modalità e di svolgimento evidenziando che in alcune ipotesi la cessione dei beni comporta un trasferimento della proprietà ed ha una funzione preminente di garanzia per l'esecuzione dell'accordo raggiunto con i creditori e di tutela di un interesse pubblico, mentre in altre ipotesi determina solo il trasferimento del possesso in funzione del soddisfacimento degli interessi dei creditori (Salvi, in Comm. S.B. 1974, 294). Discussi altresì sono i profili giuridici del contratto. Secondo una impostazione risalente, la cessione è un contratto traslativo della facoltà di disporre, di amministrare, di percepire i frutti e di stare in giudizio (Foà, 55). Una diversa tesi, invece, riconduce la cessione dei beni al fenomeno della sostituzione in quanto il creditore acquista la facoltà di esercitare i diritti del debitore, privato di ogni potere a seguito di un negozio posto in essere per volontà delle parti (Di Pace, 782). Altri autori riconducono la cessione dei beni alla categoria della autorizzazione intesa in senso ampio, ossia come atto attributivo del potere di disporre ad altri che non sia il titolare (Betti, 304). La posizione della giurisprudenza In giurisprudenza risulta ormai costante l'orientamento che configura il contratto di cessione dei beni come un mandato irrevocabile conferito anche nell'interesse dei mandatari (Cass. I, n. 5306/1999). Si tratterebbe cioè di un mandato in rem propriam consistente nell'obbligo assunto dai creditori di amministrare e di liquidare i beni del debitore al fine di ripartirne tra loro stessi il ricavato. Detta ricostruzione permette di conciliare l'aspetto dell'obbligatorietà dell'attività dei cessionari e la naturale revocabilità delle facoltà concesse dal mandante ai creditori. È tuttavia discusso se detto mandato sia con o senza rappresentanza, ovvero se allo stesso si affianchi nei rapporti esterni un potere di rappresentanza sostanziale e processuale spettante ai cessionari nei confronti del cedente (in tal senso v. Cass. III, n. 6853/1988). Presupposto giuridico del contrattoIn dottrina risulta altresì discusso il presupposto giuridico del contratto di cessione dei beni consista nello stato di insolvenza (Ghidini, 10) oppure nell'inadempimento (Salvi, 1974, 301). Infatti se alcuni autori hanno sostenuto che il debitore che stipula la cessione dei beni versa in insolvenza in quanto non dispone di mezzi liquidi o normali per pagare, altri hanno evidenziato che il concetto di insolvenza in campo civilistico non equivale ne corrisponde a quello previsto dalla legge fallimentare e che, di contro, il presupposto del contratto in esame è l'inadempimento. StrutturaLa cessione dei beni costituisce, secondo l'impostazione della dottrina moderna, un contratto ad effetti obbligatori in quanto dall'accordo delle parti non scaturisce un trasferimento di diritti, ma solo obbligazioni in capo sia al cedente (il quale si impegna a cedere ai creditori i poteri di amministrare i beni oggetto del contratto, ad attribuire agli stessi l'incarico di venderli, ad esercitare le azioni relative, a trasferirne il materiale possesso, a non esercitare il potere di disporre, ad affidare ai creditori l'incarico del riparto), sia in capo ai cessionari (i quali si vincolerebbero a ricevere in consegna i beni del cedente, ad amministrarli, ad esercitare le azioni di carattere patrimoniale relative ad essi, ad anticipare le spese necessarie per la liquidazione, a liquidare, a ripartire il ricavato, a corrispondere al debitore l'eventuale residuo, a rendere il conto periodico e finale). Il contratto di cui all'art. 1977 è, inoltre, considerato aleatorio in quanto è incerto — all'atto della sua formazione — se deriverà alle parti un vantaggio proporzionale al sacrificio da sostenere (Castana, 11). La cessione dei beni viene inoltre ricompresa nella categoria dei contratti solo eventualmente plurilaterali dal momento che per la sua formazione sono necessari solo due centri di interesse, ovvero i creditori da un lato ed il debitore dall'altro. Trattasi, inoltre di contratto formale (v. art. 1978). La giurisprudenza ritiene che l'apposizione di un termine finale di efficacia non sia incompatibile con la struttura della cessione dei beni in quanto, trattandosi di contratto di durata, trova applicazione la regola generale secondo cui le parti possono limitarne nel tempo l'efficacia mediante la previsione di un termine finale (Cass. III, n. 16013/2003). Conclusione e parti del contrattoPoiché l'art. 1981 distingue nei confronti della cessione due categorie di creditori, quelli che hanno concluso il contratto e quelli che vi hanno aderito, si è posto l'interrogativo se sia sufficiente rivestire la qualità di creditore per inserirsi in qualsiasi momento nel contratto, senza che sia necessario un ulteriore assenso del debitore o se, invece, l'adesione del creditore sia un elemento necessario ma non sufficiente ad inserirlo nel contratto e se, quindi, sia pure sempre necessario l'assenso del debitore. Detta ultima soluzione risulta recepita dalla giurisprudenza (Cass. III, n. 4135/1981). Anche la dottrina maggioritaria (Castana, 210; Miccio, 838) aderisce a tale impostazione evidenziando che essendo la cessione un incarico, e quindi un negozio a carattere fiduciario, non avrebbe senso un incarico conferito a persone indeterminate. Risulta, inoltre, discusso in dottrina se la cessione possa essere attuata o meno anche nei confronti di un solo creditore (per la soluzione positiva Miccio,834; contra Ghidini, 78). La cessione dei beni nel concordato preventivoGli artt. 160 e 182 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 prevede che il debitore possa proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti anche attraverso la cessione (anche parziale dei beni) dei beni. Le modalità di liquidazione dei beni ceduti rientrano nella disponibilità delle parti, manifestata con la predisposizione del piano. Nonostante alcuni evidenti profili di accostamento, il concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori non può essere confuso con la cessione dei beni ai creditori disciplinata dal codice civile (Ghidini, 1; Salvi, 1974, 64). I due istituti si distinguono, innanzi tutto, perché la figura codicistica non esclude che, dopo la cessione, il debitore cedente possa fallire, mentre la figura contemplata dalla legge fallimentare esclude tale evenienza (Salvi, 1974, 64). Poiché attraverso il concordato preventivo si arriva all'esclusione del fallimento, d'altra parte, esso dovrà impegnare tutti i creditori, mentre la cessione disciplinata dal codice civile può essere stipulata anche solo a favore di alcuni creditori. In dottrina si è sostenuto che solo con la cessione ordinaria il cedente perde la disponibilità dei beni ceduti, mentre con quella concordataria conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa (sia pure sotto la vigilanza del commissario giudiziale, la direzione del giudice delegato e l'assistenza dei creditori — artt. 167 e 182 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 — Ghidini, 4). La giurisprudenza reputa, tuttavia, anche nel caso di cessione concordataria il cedente perde la disponibilità dei beni, trasferendosi la legittimazione a disporre dei beni ceduti in capo agli organi della procedura giudiziaria (Cass. I, n. 709/1993). Egli conserva, peraltro, il diritto di esercitare le azioni a tutela del proprio patrimonio o di resistere a quelle che possano pregiudicarlo (Cass. III, n. 10738/2000). BibliografiaBessone, Cessione ai creditori e disciplina dell'atto di disposizione del debitore sui beni ceduti, in Foro pad., 1967, III, 63; Betti, Natura giuridica della cessione dei beni ai creditori, in Riv. dir. comm., 1935, II, 304; Candian, Sulla cessione dei beni ai creditori, in Dir. fall., 1943, I, 16; Castana, La cessione dei beni ai creditori nelle diverse fattispecie, Milano, 1957; De Martini, La cessione dei beni ai creditori, in Riv. dir. comm., 1942, I, 320; Di Pace, Natura giuridica della cessione dei beni ai creditori, in Foro it., 1938, I, 777; Foà, Cessione dei beni ai creditori, in Riv. dir. comm., 1934, 40; Ghidini, La cessione dei beni ai creditori, Milano, 1956; Miccio, voce Cessione dei beni ai creditori, in Enc. dir., VI, Milano, 1960; Nicita, Il dolo nell'annullamento della cessio bonorum per dissimulazione dei beni, in Giust. civ., 1988, II, 360. |