Codice Civile art. 1993 - Eccezioni opponibili.Eccezioni opponibili. [I]. Il debitore può opporre al possessore del titolo soltanto le eccezioni a questo personali, le eccezioni di forma, quelle che sono fondate sul contesto letterale del titolo, nonché quelle che dipendono da falsità della propria firma, da difetto di capacità o di rappresentanza al momento dell'emissione, o dalla mancanza delle condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione. [II]. Il debitore può opporre al possessore del titolo le eccezioni fondate sui rapporti personali con i precedenti possessori, soltanto se, nell'acquistare il titolo, il possessore ha agito intenzionalmente a danno del debitore medesimo (1). (1) V. artt. 21 e 65 r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669; artt. 25 e 27 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736. InquadramentoLa norma in esame detta il regime delle eccezioni opponibili dal debitore al portatore del titolo di credito. Esse si distinguono in eccezioni reali, che riguardano il contenuto del documento e possono essere opposte dal debitore a qualunque portatore del titolo, ed eccezioni personali, che possono essere opposte solo ad un possessore determinato. A differenza delle eccezioni personali che non sono normativamente individuate, le eccezioni reali sono indicate in modo tassativo nel primo comma dell'art. 1993. Eccezioni realiLe eccezioni reali sono così denominate onde denotare la loro opponibilità al portatore per il suo oggettivo rapporto possessorio con il documento, e quindi erga omnes, con conseguente vulnerabilità del credito come tale, in qualunque momento della circolazione del titolo. L'elenco delle eccezioni reali di cui al primo comma dell'art. 1993 è considerato tassativo (Ferri, in Tr. G.-S.P. 1972, 96). Eccezioni relative alla forma Costituiscono eccezioni di forma tutte quelle che si riferiscono ai vari requisiti richiesti dalla legge, sotto pena di nullità, perché il documento possa considerarsi titolo di credito (Asquini, 97). Secondo la giurisprudenza le promesse incorporate in documenti privi dei requisiti minimi per poter valere come titoli di credito possono per lo meno operare sul piano processuale esonerando dalla prova del rapporto fondamentale Eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo L'art. 1993 tra le eccezioni reali menziona altresì quelle che risultano dal tenore letterale del titolo: invero, poiché il diritto che può essere fatto valere è incorporato nel documento ed è esattamente conforme alle risultanze letterali del titolo, esso non potrà più essere fatto valere ogniqualvolta dal contesto letterale stesso del titolo risulti l'insussistenza di un tale diritto (Martorano, Titoli di credito, 614). Dal titolo può, ad esempio, risultare lo scadere del termine di prescrizione o il mancato compimento di atti stabiliti dalla legge. Falsità della firma L'espressione «falsità di firma» deve essere intesa come non riferibilità psicologica della sottoscrizione a colui il cui nome figura sul documento, ossia come difetto di paternità giuridica del titolo, pervenendo, in tal modo, a un'interpretazione da un lato estensiva, atta a ricomprendere ipotesi pur non coincidenti con la contraffazione in senso tecnico (omonimia, apposizione abusiva della firma altrui mediante riproduzione meccanica) e dall'altro restrittiva, escludendo le ipotesi di imitazione autorizzata della grafia altrui o di apposizione, autorizzata, della riproduzione meccanica della sottoscrizione (Martorano, Titoli di credito, 610). Difetto di capacità L'espressione «difetto di capacità» va intesa come rinvio alle situazioni previste dal diritto comune come causa di esclusione o limitazione della capacità legale di agire delle persone fisiche (minore età, interdizione, inabilitazione). È discusso in dottrina se l'espressione usata dall'art. 1993 possa intendersi relativa anche al difetto di capacità naturale (per la soluzione positiva v. Ferri, in Tr. G.-S.P. 1972, 96). Gli autori che propendono per la soluzione negativa evidenziano la profonda diversità tra le due fattispecie di incapacità: la prima (quella legale) sempre accertabile preventivamente mediante il controllo dei registri dello stato civile, la seconda (quella naturale) che si fonda su una situazione puntuale non consacrata formalmente. Il che porta ad emarginarla dall'àmbito delle eccezioni reali, atteso che i terzi portatori di buona fede nulla possono e devono sapere circa le effettive condizioni del sottoscrittore al momento dell'emissione, alle cui vicende non hanno partecipato (Martorano, Titoli di credito, 612). Coloro che aderiscono a tale impostazione riconducono l'incapacità naturale nel novero delle eccezioni personali. Difetto di rappresentanza L'eccezione afferente al difetto di potere rappresentativo trova fondamento nei princìpi generali sulla scissione tra autore della dichiarazione obbligatoria e destinatario degli effetti. La dottrina reputa che la previsione legislativa debba essere intesa con il correttivo del mancato intervento di una successiva ratifica da parte del rappresentato (Martorano, Titoli di credito, 613). Alla mancanza originaria del potere di rappresentanza è equiparata quella sopravvenuta, subordinata, peraltro, per quanto concerne la revoca della procura, alla sua pubblicità legale o di fatto, salva la prova della mala fede del portatore, ovvero, per quanto riguarda la morte o la sopravvenuta incapacità del rappresentato, alla mancata prova, da parte del terzo, della ignoranza incolpevole di tali eventi (Asquini, 170). Mancanza delle condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione Il debitore può sempre eccepire la mancanza delle condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione, come per esempio l'avvenuta prescrizione, decadenza, la mancata scadenza del titolo. Eccezioni personaliSono eccezioni personali quelle che trovano il loro fondamento in una determinata relazione contemplata dal diritto comune in cui si sono venuti a trovare il debitore ed il portatore del titolo, ovvero in un rapporto extracartolare. Rientrano in questa categoria le eccezioni fondate sul rapporto fondamentale, come per esempio la non avvenuta consegna della merce, i vizi in essa presenti, la compensazione, l'esistenza di un pactum de non petendo, la simulazione, la violazione di accordi relativi al riempimento del titolo, la concessione di proroghe, la remissione del debito (Ferri, 98). L'eccezione di difetto di titolarità L'eccezione di difetto di titolarità trova il suo fondamento normativo nell'art. 1992 comma 2, ovvero nella carenza di effetto liberatorio del pagamento al possessore non titolare nell'ipotesi in cui il debitore abbia e possa agevolmente procurarsi le prove della non spettanza del credito (Martorano, Titoli di credito, 616). Detta situazione può originare: a) dall'essere il soggetto entrato in possesso del titolo in difetto di un contratto di rilascio o di trasmissione ovvero in base ad un contratto nullo; b) dal difetto di proprietà nel precedente possessore, a meno che il portatore attuale possa invocare gli estremi dell'acquisto a non domino di cui all'art. 1994; c) dall'avere il soggetto volontariamente trasferito tale proprietà ad altri, pur conservando il possesso del titolo; D) dall'avere un terzo acquisito la proprietà del documento in virtù del possesso di buona fede ex art. 1994. L'eccezione di dolo Il secondo comma dell'art. 1993 pone un limite al principio di astrattezza, che pur è una caratteristica fondamentale dei titoli di credito, legittimando il debitore ad opporre al possessore del titolo le eccezioni fondate sui rapporti personali con i precedenti possessori, ogniqualvolta il possessore nell'acquistare il titolo abbia agito intenzionalmente in suo danno. Non è in altre parole sufficiente che il giratario conosca che determinate eccezioni erano opponibili al girante, ma occorre il dolo specifico, consistente nella presenza in capo all'acquirente del titolo di un proprio interesse all'acquisto (Ferri, 98). La giurisprudenza reputa indispensabile, per l'exceptio doli, la presenza di un duplice presupposto: l'intenzione di privare l'emittente delle eccezioni opponibili e la consapevolezza del danno che consegue al debitore. In particolare, non occorre la collusione fra detti soggetti, ma è sufficiente che il giratario abbia acquistato il titolo con l'intenzione di danneggiare il debitore, privandolo di quelle eccezioni che avrebbe potuto opporre al girante con la conoscenza del danno che il debitore avrebbe avuto (Cass. II, n. 15580/2022; Cass. III, n. 8590/2001). Detto comportamento deve riscontrarsi al momento di negoziazione del titolo stesso e non successivamente (Cass. I, n. 6503/1997). BibliografiaAsquini, Titoli di credito, Padova, 1966; Cian, voce Dematerializzazione, in Enc. dir. - Annali, 2, Milano, 2008; Galgano, Sulla circolazione dei titoli di credito, in Contr. impr., 1987, 382; AA.VV., I titoli di credito, a cura di Laurini, Milano, 2009; Lener, La dematerializzazione dei titoli azionari e il sistema monte titoli S.P.A., Milano, 1989; Martorano, voce Titoli di credito, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992; Martorano, voce Titoli rappresentativi della merce, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992; Micheli-De Marchi, voce Titoli di credito, in Enc. dir., III, Milano, 1958; Micheli-De Marchi, voce Assegno circolare, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1958; Oppo, Titoli di credito in generale, in Enc. giur., Roma, 1994; Tedeschi, Titoli di credito, in Dig. comm., Torino, 1998; Id., voce Cambiale, in Dig. comm., II, Torino, 1987. |