Codice Civile art. 2039 - Indebito ricevuto da un incapace.InquadramentoL'art. 2039 stabilisce che l'incapace che ha ricevuto l'indebito, anche se in male fede, è tenuto unicamente nei limiti in cui ciò che ha ricevuto è stato rivolto a suo vantaggio. Tale regola costituisce la manifestazione di un principio generale dell'ordinamento giuridico che sta altresì alla base degli artt. 1190, 1443, 1769 e 1950, ult. comma (Moscati, 1981, 561). La dottrina maggioritaria reputa che si tratti di una norma valida per entrambi i casi di indebito e che contempli sia l'ipotesi di incapacità legale che di incapacità naturale (Rescigno, 1236; contra Carusi, in Tr. Per. 2004, 224). Secondo alcuni autori, tuttavia, in caso di incapacità naturale la norma opererebbe solo se l'incapacità non sia stata provocata dallo stesso accipiens, analogamente a quanto previsto dall'art. 2046 (Moscati, 1981, 563). Il vantaggio conseguito dall' accipiensIl criterio del vantaggio conseguito dall'accipiens costituisce una particolare determinazione di quello dell'arricchimento senza causa (Moscati, 1981, 552): mentre quest'ultimo, in generale, ha natura meramente quantitativa, il vantaggio presuppone inoltre una valutazione qualitativa che si basa sull'esistenza di un nesso teleologico fra acquisizione ed impiego. Pertanto, ogni vantaggio dell'accipiens ai sensi dell'art. 2039 è costituito da un suo arricchimento senza causa, mentre viceversa non qualsiasi arricchimento senza causa dell'accipiens rileva come vantaggio. I due criteri coincidono necessariamente solo nel caso in cui la prestazione indebitamente ricevuta dall'accipiens incapace abbia determinato un incremento del suo patrimonio: quest'ultimo, infatti, costituisce senz'altro vantaggio e deve essere pertanto restituito al solvens (Rescigno, 1236). Poiché il conseguimento del vantaggio deve ex art. 2039 essere accertato nel giorno in cui il solvens propone la domanda di ripetizione, l'accipiens incapace è obbligato a restituire la cosa nello stato in cui si trova in tal momento e non risponde del deterioramento, né del perimento per caso fortuito che si siano verificati anteriormente, analogamente egli è obbligato a corrispondere i frutti percepiti e gli interessi maturati soltanto dal giorno della domanda (Moscati, 1981, 557). Nell'ipotesi in cui la cosa indebitamente ricevuta sia stata consumata o trasformata dall'accipiens incapace o in quella in cui si tratti di una prestazione (indebita) di fare l'arricchimento senza causa è costituito dal risparmio della spesa corrispondente, che non sempre costituisce un vantaggio (Rescigno, 1236). Dovrà, pertanto, valutarsi la ragionevolezza della spesa ovvero la sua necessità o utilità evidente per l'accipiens incapace (arg. ex art. 320, comma 3). Qualora, mancando il vantaggio dell' accipiens incapace, la prestazione indebita sia — in tutto o in parte — irripetibile, la dottrina esclude che il solvens subentri nei diritti del creditore ai sensi dell'art. 2036, comma 3 (Moscati, 1981, 561; Rescigno, 1236). BibliografiaAlbanese, Il pagamento dell'indebito, Padova, 2004; Gallo, Ripetizione dell'indebito. L'arricchimento che deriva da una prestazione altrui, in Dig. civ., Torino, 1998; Moscati, voce Indebito (pagamento e ripetizione), in Enc. dir., XXI, Milano, 1971; Moscati, voce Obbligazioni naturali, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1979; Moscati, Gestione d'affari: pagamento dell'indebito, Bologna, 1981; Navarretta, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000; Nivarra, Obbligazione naturale, in Dig. civ., Torino, 1995; Perlingieri, Le vicende delle obbligazioni naturali, in Riv. dir. civ., 1969, I, 357; Rescigno, Ripetizione dell'indebito, in Nss. D.I., XV, Torino, 1968. |