Codice Civile art. 2121 - Computo dell'indennità di mancato preavviso (1).

Paolo Sordi

Computo dell'indennità di mancato preavviso (1).

[I]. L'indennità di cui all'articolo 2118 deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

[II]. Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l'indennità suddetta è determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato.

[III]. Fa parte della retribuzione anche l'equivalente del vitto e dell'alloggio dovuto al prestatore di lavoro.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 1 l. 29 maggio 1982, n. 297. Il testo recitava: «Computo delle indennità di preavviso e di anzianità. [I]. Le indennità di cui agli articoli 2118 e 2120 devono calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti e ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. [II]. Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, le indennità suddette sono determinate sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato. [III]. Fa parte della retribuzione anche l'equivalente del vitto e dell'alloggio dovuto al prestatore di lavoro».

Inquadramento

Il testo attuale della norma è stato introdotto dalla l. n. 297/1982 che ha espunto il riferimento, contenuto nell'originaria rubrica, all'indennità di anzianità e il comma 2 dedicato appunto al calcolo di tale indennità.

Attualmente, dunque, l'art. 2121 disciplina esclusivamente l'indennità di mancato preavviso, sulla quale v. anche sub art. 2118.

La retribuzione parametro

La dottrina nega che la nozione di retribuzione da prendere a base per il calcolo della indennità di mancato preavviso sia da considerarsi onnicomprensiva, restandone esclusi i rimborsi spese ed i compensi che non rivestono carattere continuativo (Persiani, XII; Bianchi D'Urso, 66).

La giurisprudenza si esprime invece nel senso che la norma in esame sia informata al principio dell'onnicomprensività della retribuzione, peraltro limitando la portata di tale principio alla inclusione di ogni compenso avente caratteri di continuità, obbligatorietà e determinatezza (Cass. S.U., n. 1069/1984), pervenendo così allo stesso esito della dottrina prima citata.

La stessa giurisprudenza precisa che il requisito della continuità — che determina l'inclusione degli emolumenti a carattere retributivo nella suddetta base di calcolo — postula non già la definitività dell'emolumento stesso, ma la periodicità ed ordinarietà della sua erogazione, che pertanto non deve essere saltuaria od occasionale (Cass. n. 1224/1988).

Si è affermato che il carattere «non retributivo» affermato nel contratto collettivo non vale ad escludere automaticamente e necessariamente un determinato emolumento dalla retribuzione da prendere a base dell'indennità di preavviso, occorrendo comunque accertare se esso sia o meno corrisposto in modo continuativo, costante ed obbligatorio (Cass. n. 5592/1998).

La giurisprudenza ritiene computabile il compenso per lavoro straordinario, ove questo abbia carattere non eventuale e saltuario ma continuativo, ancorché non giornaliero (Cass. n. 128/1989; Cass. n. 4508/1987).

Il calcolo dell'indennità in caso di provvigioni, premi di produzione o partecipazioni

Ad avviso della giurisprudenza, ove la retribuzione sia costituita solo in parte da elementi variabili, la media triennale di cui all'art. 2121, comma 2, deve essere determinata considerando l'intero importo degli emolumenti corrisposti al lavoratore, comprensivo, quindi, sia degli elementi fissi che di quelli variabili (Cass. n. 2075/1981; Cass. n. 778/1962), senza possibilità di svolgere un calcolo differenziato e separato (Cass. n. 1002/1980; Cass. n. 3283/1979).

In senso diverso, in dottrina, Pera, 716, secondo il quale la media dovrebbe farsi per la sola parte variabile.

La giurisprudenza ha ulteriormente precisato che il calcolo di tale media deve avvenire secondo il criterio della maturazione del diritto, ossia della competenza, e non già secondo il criterio dell'effettivo pagamento, ossia di cassa (Cass. n. 1654/1985).

Il computo del vitto e dell'alloggio

A norma dell'ultimo comma dell'art. 2121, fa parte della retribuzione anche l'equivalente del vitto e dell'alloggio dovuto al prestatore di lavoro.

La dottrina sostiene che, ai fini del calcolo della «equivalenza», occorrerebbe guardare alle (eventuali) previsioni che siano contenute nella fonte collettiva o, in difetto, fare riferimento al prezzo medio locale ovvero, alternativamente (ed in caso di prodotti dell'impresa datrice di lavoro), al prezzo di costo (Riva Sanseverino, in Comm. S. B., 1986, 786).

La giurisprudenza ha affermato che, riguardo l'alloggio, si dovrebbe prendere in considerazione l'importo del canone di locazione pagato dal datore di lavoro (Cass. n. 13417/1991; Cass. n. 3914/1987).

Bibliografia

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