Codice Civile art. 2226 - Difformità e vizi dell'opera.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Difformità e vizi dell'opera.

[I]. L'accettazione espressa o tacita dell'opera libera il prestatore d'opera dalla responsabilità per difformità o per vizi della medesima, se all'atto dell'accettazione questi erano noti al committente o facilmente riconoscibili, purché in questo caso non siano stati dolosamente occultati [1667].

[II]. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e i vizi occulti al prestatore d'opera entro otto giorni dalla scoperta. L'azione si prescrive entro un anno dalla consegna [1495; 201 trans.].

[III]. I diritti del committente nel caso di difformità o di vizi dell'opera sono regolati dall'articolo 1668.

Inquadramento

In tema di appalto o di contratto d'opera, l'impegno ad eliminare i vizi della cosa o dell'opera, assunto dall'appaltatore o dal prestatore, alla stregua di principi generali non dipendenti dalla natura del singolo contratto, costituisce fonte di un'autonoma obbligazione di «facere», la quale si affianca all'originaria obbligazione di garanzia, senza estinguerla, a meno di uno specifico accordo novativo, e rimane, pertanto, soggetto non ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella garanzia, ma all'ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l'inadempimento contrattuale (Cass. n. 13613/2013). L'accettazione senza riserva dell'opera da parte del committente, oltre al trasferimento della proprietà ed al passaggio del rischio, produce l'effetto giuridico della liberazione del prestatore d'opera dalla responsabilità per difformità o per vizi dell'opera stessa, sempre che le difformità ed i vizi fossero riconoscibili e purché non fossero stati dolosamente occultati (Cass. n. 4384/1974). In tema di contratto d'opera, i termini per la denuncia delle difformità e dei vizi dell'opera sono quelli di cui all'art. 2226, norma che, nell'ambito del rapporto di lavoro autonomo, assorbe, ricomprendendoli, i rimedi generali per l'inadempimento delle obbligazioni (Cass. n. 14082/1999).

In tema di contratto di prestazione d'opera, sebbene l'art. 2226 non ne faccia richiamo, è applicabile la disciplina dettata, con riguardo al contratto di appalto, dall'art. 1667 in ordine alla garanzia per i vizi, secondo cui la denuncia dei vizi non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto i vizi o li ha occultati, conseguendone che l'impegno di provvedere alla eliminazione dei difetti o vizi dell'opera dà vita ad un nuovo rapporto che si sostituisce a quello originario ed è fonte di un'autonoma obbligazione, che si prescrive nel termine ordinario decorrente dalla data di assunzione dell'impegno stesso (Cass. n. 4908 /2015).

In tema di risoluzione del contratto per difformità o vizi dell'opera, qualora il committente abbia chiesto il risarcimento del danno in correlazione con la risoluzione e i vizi dell'opera non siano risultati tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, così da giustificare lo scioglimento del contratto, la richiesta risarcitoria non può essere accolta per mancanza dei presupposti della pretesa azionata, che si deve fondare sulla medesima causa petendi della domanda di risoluzione (Cass. n. 18578/2018 ).

In tale direzione si è osservato che in tema di contratto di appalto la consegna dell'opera e la sua accettazione esonerano l'appaltatore  dalla responsabilità per i vizi dell'opera rimanendo responsabile solo per i vizi occulti (Trib. Foggia, 18 agosto 2020, n. 1094, nel caso di specie il condominio aveva accettato senza riserve la consegna dell'opera per cui venivano liquidati solo i vizi occulti dell'intervento di manutenzione).

L'accettazione dell'opera

Alla emissione del giudizio favorevole sull'opera, consistente in una dichiarazione di scienza, consegue il diritto del cliente di ottenere la consegna. Si ritiene che l'atto di accettazione segni il momento dell'acquisto della proprietà dell'opus da parte del committente. Anche se a seguito dell'accettazione, il prestatore d'opera resta responsabile per i vizi che egli stesso riconosca espressamente esser sussistenti, ancorché palesi o denunziati tardivamente (Cass. n. 10580/1994).

L'onere di denuncia

In tema di contratto d'opera ed in ipotesi di difformità e vizi dell'opera, ai sensi dell'art. 2226 ed al fine di individuare il termine di decadenza per la denunzia di essi, occorre distinguere i vizi noti al committente o facilmente riconoscibili da quelli occulti, giacché nella prima ipotesi l'accettazione dell'opera senza riserve libera il prestatore dalla responsabilità per i suddetti vizi, mentre nella seconda ipotesi il termine di decadenza di otto giorni decorre dalla relativa scoperta, a prescindere quindi dall'accettazione dell'opera (Cass. n. 3295/2003). La disciplina che, con riguardo all'appalto, l'art. 1667 detta in tema di garanzia per i vizi, e secondo cui, in particolare, la denuncia per i vizi non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto i vizi o li ha occultati, è applicabile anche al contratto d'opera (nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto fondata la domanda riconvenzionale di danni del committente di lavori di falegnameria citato in giudizio per il corrispettivo, a causa dei vizi dell'opera; la predetta sentenza era stata censurata per avere ritenuto superata la questione di decadenza del committente dalla garanzia per i vizi a seguito del riconoscimento degli stessi da parte del prestatore d'opera, sostenendo, tra l'altro, che l'art. 1667 non è applicabile al contratto d'opera) (Cass. n. 4925/2006). In relazione al contenuto essenziale del rapporto ed alle reciproche obbligazioni delle parti, il negozio con cui venga affidato il servizio di lavatura a secco di tessuti (od oggetti) configura un contratto di prestazione d'opera di cui all'art. 2222, con la conseguente applicabilità del disposto di cui all'art. 2226 in forza del quale, qualora il committente riscontri difetti nell'esecuzione dell'opera, deve denunziare gli stessi entro il termine di decadenza di otto giorni dalla scoperta, restando a suo carico, in caso di controversia, l'onere probatorio di tale tempestiva denunzia (Cass. n. 1156/1974; Cass. n. 6257/1984). In tema di esecuzione di contratto d'opera, la mancata denunzia dei vizi della stessa, da parte del committente, nel termine stabilito dall'art. 2226, comma 2, ne determina la non incidenza sulla efficacia del contratto, con la conseguenza che detti vizi non possono essere fatti valere neanche al fine di eccepire l'inesatto adempimento da parte del prestatore d'opera, qualora questi richieda il pagamento del corrispettivo convenuto. Alla medesima conclusione deve pervenirsi con riguardo alla richiesta del committente di risarcimento, ex art. 2043, dei danni causati dalla condotta illecita del prestatore, potendosi profilare una responsabilità extracontrattuale di quest'ultimo solo in relazione a fatti diversi da quelli oggetto dello specifico regolamento negoziale, il quale, come precisato, esclude la rilevanza dei vizi non tempestivamente denunziati (Cass. n. 1874/2000). La scoperta del vizio occulto dell'opera, al fine della decorrenza del termine di decadenza per l'esercizio dell'azione di responsabilità di cui all'art. 2226 non può ricondursi alla insorgenza del mero sospetto ma presuppone la sopravvenienza di fatti oggettivi percepibili e tali da rendere manifesta al committente, senza l'ausilio di particolari cognizioni tecniche, ma sulla base della sola comune esperienza, l'esistenza del vizio, e da determinare conseguentemente, a carico del committente medesimo l'insorgere dell'obbligo di denunzia, che la legge prevede, a tutela dell'altro contraente, per consentirgli un'analoga e tempestiva conoscenza della scoperta (Cass. n. 3223/1982).

In tema di contratto d'opera e in ipotesi di difformità e vizi dell'opera, ai sensi dell'art. 2226 e al fine di individuare il termine di decadenza per la denunzia di essi, occorre distinguere i vizi noti al committente o facilmente riconoscibili da quelli occulti, giacché, nella prima ipotesi, l'accettazione dell'opera senza riserve libera il prestatore dalla responsabilità per i suddetti vizi mentre, nella seconda, il termine di decadenza di otto giorni decorre dalla relativa scoperta, a prescindere, quindi, dall'accettazione dell'opera (Cass.n. 15502/2018).

In tema di contratto d'opera e in ipotesi di difformità e vizi dell'opera, ai sensi dell'art. 2226 c.c., la denuncia deve essere effettuata nei confronti dell'effettivo prestatore d'opera, sicché non è idonea ad impedire la decadenza la denuncia, anche se tempestiva, effettuata nei confronti di un soggetto terzo che, pur avendo un rapporto diretto con il committente, non abbia alcuna diretta relazione con il prestatore d'opera e che risulti del tutto estraneo in ordine alla responsabilità per i vizi riscontrati (Cass. n. 27370/2021).

La responsabilità del prestatore d'opera per difformità e vizi

Il prestatore d'opera è responsabile sia per i difetti di qualità dell'opera (vizi), sia per le discordanze fra le caratteristiche della stessa e le regole convenzionali e dell'arte (difformità) che avrebbero dovuto essere seguite nella sua esecuzione (Riva-Sanseverino, in Comm. S. B., 180). Si ritiene, sul punto qui in esame, che l'assenza di difformità e di vizi non costituisca oggetto di una semplice garanzia, piuttosto rilevando dal punto di vista della valutazione del corretto adempimento del prestatore d'opera (Perulli 285). L'onere della prova della esistenza dei vizi e delle difformità è a carico del committente.

Inapplicabilità della norma alla prestazione d'opera professionale

Le disposizioni dell'art. 2226, in tema di decadenza e prescrizione dell'azione di garanzia per vizi dell'opera, sono inapplicabili alla prestazione d'opera intellettuale, ed in particolare alla prestazione del professionista che abbia assunto l'obbligazione della redazione di un progetto di ingegneria o della direzione dei lavori, ovvero l'uno e l'altro compito, attesa l'eterogeneità della prestazione rispetto a quella manuale, cui si riferisce l'art. 2226, norma che perciò non è da considerare tra quelle richiamate dall'art. 2230 dello stesso codice; pertanto, si deve escludere che il criterio risolutivo ai fini dell'applicabilità delle predette disposizioni alle prestazioni in questione possa essere costituito dalla distinzione — priva di incidenza sul regime di responsabilità del professionista - fra le cosiddette obbligazioni di mezzi e le cosiddette obbligazioni di risultato: e ciò tenuto conto anche della frequente commistione, rispetto alle prestazioni professionali in questione, delle diverse obbligazioni in capo al medesimo o a distinti soggetti in vista dello stesso scopo finale, a fronte della quale una diversità di disciplina normativa risulterebbe ingiustificata. (Cass. S.U., n. 15781/2005). Non è applicabile alle prestazioni d'opera intellettuale (nel concreto sanitarie della specie odontoiatriche) la disciplina sulla decadenza e prescrizione che l'articolo 2226 prevede in generale per il contratto d'opera avente ad oggetto prestazioni manuali (nella fattispecie la S.C., enunciando il suddetto principio di diritto, ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda riconvenzionale di garanzia esperita per l'errata applicazione di una protesi dentaria, in quanto proposta per la prima volta, con l'atto di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il saldo del relativo corrispettivo, oltre il termine annuale di prescrizione di cui alla succitata norma di legge) (Cass. n. 5091/2006). L'art. 2226, che regola i diritti del committente per il caso di difformità e vizi dell'opera, non è applicabile al contratto di prestazione di opera professionale intellettuale; essa infatti ha per oggetto, pur quando si estrinsechi, come nella specie, nell'istallazione di una protesi dentaria, la prestazione di un bene immateriale in relazione al quale non sono percepibili, come per i beni materiali, le difformità o i vizi eventualmente presenti, assumendo rilievo assorbente l'attività riservata al medico dentista di diagnosi della situazione del paziente, di scelta della terapia, di successiva applicazione della protesi e del controllo della stessa. 

Bibliografia

Anastasi, Professioni intellettuali e subordinazione, in Enc. giur., Roma, 2000, 4; Cian Trabucchi, Commentario Breve al Codice civile, Padova, 2014; G. Gabrielli, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, in Enc. dir., voce Recesso, XXXIX, Milano, 1988, 37 e ss; Levi, La funzione disciplinare degli ordini professionali, Milano, 1967, 44; Perulli, Il lavoro autonomo, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1996, 60; Pezzato, voce: Onorario, in Enc. dir., XXX, Milano, 185; Santoro Passarelli, Opera (contratto), in Nss. D.I., 982; Torrente Schlesinger, Manuale di diritto Privato, Milano, 2015.

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