Codice Civile art. 2237 - Recesso.Recesso. [I]. Il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d'opera le spese sostenute e pagando il compenso per l'opera svolta [1671, 2227, 2231 2]. [II]. Il prestatore d'opera può recedere dal contratto per giusta causa [2119]. In tal caso egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l'opera svolta, da determinarsi con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente [1672, 2228]. [III]. Il recesso del prestatore d'opera deve essere esercitato in modo da evitare pregiudizio al cliente. InquadramentoL'articolo in commento riconosce al cliente il diritto di recesso ad nutum, senza obbligo di motivazione; al professionista riconosce il diritto di recesso per giusta causa (Perulli, 714). L'esercizio di tali diritti non esaurisce le specie idonee a dar luogo all'estinzione del contratto d'opera professionale, il quale si risolve anche nella ipotesi di sopravvenuta impossibilità della prestazione gravante sul professionista. In tema di contratto d'opera professionale, ove il committente abbia receduto ad nutum ex art. 2237, il professionista (nella specie, un geometra) che abbia agito nei suoi confronti in via risarcitoria, chiedendone la condanna a titolo di responsabilità contrattuale, non può successivamente, in tale giudizio, invocare l'applicazione delle clausole contrattuali che fissano il compenso per il caso di recesso del committente ovvero dell'indennità di cui all'art. 10, comma 1, l. n. 143/1949, trattandosi di domanda nuova, di natura indennitaria, che si fonda sull'esercizio di una facoltà spettante ex lege al committente e non già su di un suo atto illegittimo (Cass. II, n. 16596/2016). Il commissario liquidatore di una società in liquidazione coatta amministrativa può sciogliersi da un contratto d'opera professionale, avvalendosi del combinato disposto degli artt. 72 (nel testo anteriore alla modifica di cui al d.lgs. n. 5/2006) e 201 l.fall. (per la nuova disciplina v. art. 304 d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), atteso che la facoltà prevista dal citato art. 72 per la vendita è espressione di un principio di carattere generale, se non derogato da norme specifiche, che può risultare anche per fatti concludenti, costituendo la dichiarazione espressa prevista dal comma 2 della norma solo la condotta legale tipica, nella sua forma ordinaria ma non tassativa (Cass. I, n. 10526/2016). Natura giuridica del recessoIn tema di contratto d'opera, la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente contemplata dall'art. 2237, comma 1, non ha carattere inderogabile e quindi è possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa tale facoltà fino al termine del rapporto, dovendosi ritenere sufficiente — al fine di integrare la deroga pattizia alla regolamentazione legale della facoltà di recesso — la mera apposizione di un termine al rapporto di collaborazione professionale, senza necessità di un patto espresso e specifico. Ne consegue che, in tale evenienza, l'interruzione unilaterale dal contratto da parte del committente comporta per il prestatore il diritto al compenso contrattualmente previsto per l'intera durata del rapporto (Cass. n. 22786/2013). Il prestatore d'opera intellettuale che receda dal contratto in presenza di una giusta causa ha diritto al compenso per le prestazioni già eseguite, a condizione che provi l'esistenza del suo credito e, dunque, anche il risultato utile derivato al cliente per la sua opera; ove, invece, il professionista receda senza giusta causa, lo stesso è tenuto al risarcimento del danno di cui il cliente abbia dimostrato l'esistenza (Cass. n. 6170/2011). L'art. 2237 — nel consentire al cliente di recedere dal contratto di prestazione di opera intellettuale — ammette, in senso solo parzialmente analogo a quanto stabilito dall'art. 2227 per il contratto d'opera, la facoltà di recesso indipendentemente da quello che è stato il comportamento del prestatore d'opera intellettuale, ossia prescindendo dalla presenza o meno di giusti motivi a carico di quest'ultimo. Tale amplissima facoltà — che trova la sua ragion d'essere nel preponderante rilievo attribuito al carattere fiduciario del rapporto nei confronti del cliente — ha come contropartita l'imposizione a carico di quest'ultimo dell'obbligo di rimborsare il prestatore delle spese sostenute e di corrispondergli il compenso per l'opera da lui svolta, mentre nessuna indennità è prevista (a differenza di quanto prescritto dal cit. art. 2227) per il mancato guadagno. Ciò non esclude, tuttavia, che ove si inseriscano nel contratto clausole estranee al suo contenuto tipico, alle stesse possano applicarsi, in difetto di più specifiche determinazioni, le normali regole relative all'inadempimento dei contratti, con la possibilità, nel caso di contratto a prestazioni corrispettive, di avvalersi di quella forma di autotutela rappresentata dall'eccezione di inadempimento disciplinata dall'art. 1460 (Cass. n. 14702/2007). Il carattere fiduciario del rapporto avente ad oggetto una prestazione d'opera intellettuale comporta, stante il principio del recesso ad nutum da parte del cliente di cui all'art. 2237, che la pattuizione di una scadenza contrattuale debba intendersi come termine di durata massima del rapporto. Ciò non esclude, tuttavia, il potere delle parti di derogare, anche implicitamente, al detto principio, stabilendo che l'intenzione di far cessare il rapporto debba essere manifestata all'altra parte entro un dato termine prima della scadenza del contratto e che, in difetto di ciò, il rapporto debba intendersi tacitamente rinnovato (Cass. n. 4501/1996). Il recesso del cliente
In materia di prestazioni professionali, il recesso operato ai sensi dell'art. 2237 non fa perdere al prestatore d'opera recedente il diritto al compenso per le prestazioni eseguite, tale compenso non può che essere determinato alla stregua dei criteri previsti dall'art. 2225, che pone in primo piano la determinazione negoziale. Sicché, in caso di pattuizione forfettaria del corrispettivo, correttamente la parte di esso spettante per le prestazioni rese alla data del recesso viene determinata in misura proporzionale rispetto all'intero compenso (Cass. n. 10444/1998). Le parti di un contratto di opera professionale, pur subordinando la facoltà di recesso a determinate condizioni, non perciò rinunciano alla generale facoltà di recesso stabilita dall'art. 2237, dovendo invece tale rinuncia esser inequivoca, in base all'interpretazione demandata al giudice del merito (Cass. n. 3145/1998). Il recesso dal contratto di prestazione d'opera professionale non richiede una specifica manifestazione di volontà in tal senso, essendo sufficiente un comportamento chiaramente indicativo della determinazione che l'opera del professionista non venga condotta a termine (Cass. n. 4459/2016). La previsione della facoltà di recesso ad nutum del cliente nel contratto di prestazione d'opera intellettuale, quale contemplata dall'art. 2237, comma 1, non ha carattere inderogabile e, quindi, è possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa una tale facoltà di recesso fino al termine del rapporto, ragion per cui anche l'apposizione di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere sufficiente ad integrare la deroga convenzionale alla suddetta facoltà di recesso così come disciplinata dalla legge, senza che a tal fine sia propriamente necessario pervenire alla conclusione di un patto specifico ed espresso (Cass. lav., n. 21904/2018). Una parte della dottrina ha negato che l'operatività del diritto al recesso accordato dall'art. 2237, comma 2, al cliente possa essere limitata sulla base di considerazioni attinenti all'arbitrarietà della volizione così manifestata (cd. abuso del diritto), salva la sola ipotesi in cui possa raggiungersi la prova che la disdetta sia stata guidata “dall'esclusiva volontà di nuocere al professionista” (Perulli, 721). Il recesso del prestatore d'opera intellettualeIl recesso per giusta causa del prestatore d'opera intellettuale, ai sensi dell'art. 2237, comma 3, particolare applicazione del principio di buona fede oggettiva, va esercitato con modalità tali da evitare al cliente il pregiudizio dell'improvvisa rottura del rapporto, concedendogli il tempo di provvedere agli interessi sottesi al contratto (Cass. n. 9220/2014). La disposizione del comma 1 dell'art. 18 della tabella allegata alla l. n. 143/1949, a norma della quale quando le prestazioni del professionista non seguono lo sviluppo completo dell'opera ma si limitano solo ad alcune funzioni parziali, alle quali fu limitato l'incarico originario, la valutazione dei compensi a percentuale è fatta sulla base delle aliquote specificate nella tab. b allegata alla legge aumentata del 25%, come nel caso di sospensione dell'incarico ad opera del cliente di cui al primo comma dell'art. 10, non è applicabile nel caso di recesso del professionista per giusta causa, contemplato dal comma 2 dell'art. 2237, che non è equiparabile alla sospensione dell'incarico ad opera del cliente (Cass. n. 1029/1995). Nel contratto d'opera intellettuale la facoltà di recesso in presenza di una giusta causa e espressamente attribuita dalla legge al prestatore d'opera e pertanto, qualora tale facoltà costituisca oggetto di una clausola contrattuale specificamente predisposta dal prestatore d'opera, non può ravvisarsi una manifestazione di reale volontà dispositiva che richieda l'approvazione scritta a norma dell'art. 1341, cpv. (Cass. n. 275/1976). L'art. 85 c.p.c. e l'art. 7 della l. n. 794 del 1942 sono espressione di una disciplina derogatoria, per i professionisti intellettuali che svolgono la professione di avvocato, rispetto a quella generale dell'art. 2237 c.c., per effetto della quale è permesso all'avvocato di recedere dal mandato professionale anche in assenza di una giusta causa – salvo in tal caso il risarcimento del danno del quale il cliente provi l'esistenza – riconoscendo al difensore gli onorari relativi all'attività svolta fino al momento del recesso (Cass. n. 23077/2022). BibliografiaAnastasi, Professioni intellettuali e subordinazione, in Enc. giur., Roma, 2000, 4; Cian Trabucchi, Commentario Breve al Codice civile, Padova, 2014; G. Gabrielli, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, in Enc. dir., voce Recesso, XXXIX, Milano, 1988, 37 e ss; Levi, La funzione disciplinare degli ordini professionali, Milano, 1967, 44; Perulli, Il lavoro autonomo, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1996, 60; Pezzato, voce: Onorario, in Enc. dir., XXX, Milano, 185; Santoro Passarelli, Opera (contratto), in Nss. D.I., 982; Torrente Schlesinger, Manuale di diritto Privato, Milano, 2015. |