Codice Civile art. 2248 - Comunione a scopo di godimento.Comunione a scopo di godimento. [I]. La comunione costituita o mantenuta al solo scopo del godimento di una o più cose è regolata dalle norme del titolo VII del libro III [1100 ss.]. InquadramentoL'articolo in commento assume una particolare funzione sistematica in quanto chiude il disegno sui caratteri generali della fattispecie di società in contrapposizione con gli istituti civilistici (Santosuosso, 90). Nella relazione al codice civile si afferma, in particolare, che sono state escluse dal novero delle società le forme di godimento collettivo dei beni, così particolari come universali. Società e comunione di godimentoIn dottrina (Santosuosso, 92) si osserva che le fattispecie di società e di comunione di godimento si differenziano in ragione: 1) della funzione e dell'oggetto che nella comunione è costituito dal bene comune, nella società dall'impresa; 2) del fine cui è preordinata l'attività (godimento nella comunione, fine di lucro, consortile o mutualistico nella società) (Marasà, 180); 3) del profilo patrimoniale: sui beni in comunione i comproprietari esercitano, ciascuno in modo autonomo il proprio diritto, nel rispetto dei limiti imposti da quello altrui, potendo sempre richiedere lo scioglimento della comunione; i beni appartenenti alla società sono soggetti ad uno specifico vincolo di destinazione (Spada, 201); 4) della struttura negoziale e dei suoi effetti: la comunione è una situazione giuridica di contitolarità, la società è un contratto associativo che postula l'esercizio in comune e pertanto dà luogo ad entificazione (Spada, 201, Ferrara-Corsi, 214). La società a scopo di godimentoLa dottrina prevalente esclude l'ammissibilità delle società di mero godimento e, cioè, di quelle società il cui patrimonio sia costituito esclusivamente dagli immobili conferiti dai soci e la cui attività si esaurisca nel concedere tali immobili in locazione a terzi o agli stessi soci, senza produrre o fornire agli uni o agli altri alcun servizio collaterale (Campobasso, 31; Jaeger-Denozza, 140, contra, Di Sabato, 21). Questa tesi è fatta propria da parte della giurisprudenza. Si afferma che non è sufficiente che una società si costituisca in una forma diversa dalla società semplice perché assuma la figura di imprenditore commerciale, essendo a tal fine necessario che l'oggetto sociale consista in una delle attività economiche che caratterizzano l'impresa, secondo i requisiti stabiliti dagli artt. 2082 e 2195, e ciò anche indipendentemente dal concreto ed effettivo esercizio di quell'attività; ben può aversi, invece, società senza impresa, allorché l'oggetto del contratto sociale si limiti ad una comunione di godimento o, comunque, non configuri un'attività economica di carattere imprenditoriale (Cass. n. 2104/1982). Così, la costituzione di una società avente come unico scopo il godimento dei beni sociali non può non essere inquadrata nella fattispecie della simulazione attesa la palese difformità, tra l'accordo trasfuso nell'atto costitutivo della società e quanto effettivamente voluto dalle parti e realizzato sin dall'inizio dalle stesse. Da ciò discende la declaratoria di inesistenza della società sebbene la stessa sia stata iscritta nel registro delle imprese e la conseguente applicabilità «ex tunc» delle norme sulla comunione (Trib. Catania, 3 maggio 2005, in Giur. aetnea, 2). Al contrario, una parte della giurisprudenza di merito ha ammesso che una società possa svolgere un'attività di mera gestione di immobili in base al rilievo che il contratto sociale può avere ad oggetto l'esercizio di una attività economica non commerciale. In questa prospettiva, si afferma che è coessenziale alla società l'esercizio di un'attività economica e non necessariamente di un'attività commerciale; lo schema societario è dunque idoneo a rivestire qualsiasi conferimento di beni per l'esercizio di attività non commerciali, dirette a ricavare maggiori utili da una più razionale gestione dei beni comuni, mediante la creazione di un'apposita organizzazione; in quest'ultima ipotesi deve ricomprendersi il caso della società immobiliare che svolga mera attività di gestione di immobili (Trib. Roma, 30 aprile 1981, in Dir. Fall., 1982, II, 158). Così, non può essere dichiarata la nullità di una società commerciale il cui oggetto consiste nella comunione di godimento di un bene, perché la comunione di godimento di beni è perfettamente legittima, mentre la sua assunzione ad oggetto di una società commerciale pone in evidenza solo un vizio della causa contrattuale (Trib. Milano, 29 gennaio 1987, in Soc. 1987, 715). D'altra parte, già risalente giurisprudenza di legittimità aveva riconosciuto che, qualora una società, costituita in forma diversa dalla società semplice, abbia come oggetto una attività che rientri fra quelle integranti l'impresa commerciale alla società medesima deve necessariamente riconoscersi la qualità di imprenditore a prescindere da ogni indagine sul concreto esercizio di quell'attività, tenuto conto che la possibilità di ravvisare una «società senza impresa», in ipotesi di società costituita nelle forme di cui agli art. 2291 e seguenti, resta limitata ai casi in cui l'oggetto sociale non esuli dalla mera comunione di godimento, o, comunque, non configuri attività economica di natura imprenditoriale (Cass. n. 4644/1979). Tuttavia, lo stesso legislatore ha riconosciuto una qualche valenza alle società a scopo di godimento. In particolare, con norme a valenza transitoria (ma ripetute nel tempo) ed a finalità essenzialmente fiscali, il legislatore ha inteso agevolare la trasformazione di società formalmente commerciali in società semplici di mero godimento (art. 29 l. n. 449/1997; art. 3, comma 7, l. n. 448/2001; art. 1, commi 111-117, l. n. 296/2006; art. 1 comma 129, l. n. 244/2007). Il legislatore è poi intervenuto nella medesima direzione (art. 1, comma 115, l. n. 208/2015, prorogato dall'art. 1, comma 565, l. n. 232/2016). Sulla base di tale normativa, la giurisprudenza ha ritenuto omologabile la delibera di trasformazione di una s.r.l. in società semplice avente ad oggetto la «gestione» del proprio patrimonio immobiliare sulla base del disposto di cui all'art. 29 l. n. 449/1997 (App. Trieste, 23 dicembre 1999, in Soc. 2000, 1105). Ebbene, ci si è interrogati se la reiterazione degli interventi legislativi autorizzativi della creazione, a mezzo di trasformazione, di società semplici di mero godimento incida sul piano sistematico e generale della stessa ammissibilità della costituzione ex novo di una siffatta società. Una parte della dottrina (Santosuosso, 97), pur non negando l'esistenza di una inversione di tendenza volta al generale riconoscimento della compatibilità tra strumento societario e comunione di beni, ha evidenziato come la normativa fiscale citata, che ha finalità tipicamente antielusive, abbia natura speciale restando confinata settorialmente al diritto tributario e come, in ordine alla trasformazione, essa assuma un significativo valore sistematico nel senso di derogare all'art. 2248 nel limitato caso in cui si utilizzi la società semplice che si conferma modello societario per attività non riconducibili all'impresa: in tale prospettiva, la norma non apre la strada alla possibilità di costituire ab origine una società semplice con il predetto oggetto. Altra dottrina, al contrario, se, da una parte, ha segnalato l'anomalia, a livello sistematico, derivante dal fatto che il legislatore si è limitato a consentire trasformazioni “agevolate” di società di godimento in società semplici senza però incidere sulla lettera degli artt. 2247, 2248, dall'altra, ha evidenziato l'aporia insita nell'ammettere l'iscrizione di una società semplice avente ad oggetto la mera gestione derivante dalla trasformazione (e di durata non soggetta a limiti) e nel contempo negare la possibilità di costituirne di analoghe ex novo (Paolini, 874). In questa prospettiva, è stato segnalato come l'adesione ad interpretazioni restrittive porrebbe inevitabili questioni di illegittimità costituzionale, in termini di disparità di trattamento ex art. 3 Cost., in quanto nell'ordinamento, oramai, esistono società semplici aventi ad oggetto un'attività di mera gestione tali essendo quelle risultanti dalle trasformazioni effettuate in base ai provvedimenti citati (Paolini, 875). D'altra parte, la reiterazione dei provvedimenti normativi volti a favorire la trasformazione della società di mero godimento in società commerciali esclude che tali provvedimenti possano essere qualificati come eccezionali o temporanei (Paolini, ivi; Cagnasso, 52). In questo modo si sarebbe pervenuti ad uno stabile radicamento della fattispecie (Montalenti, 684). Ciononostante, la giurisprudenza ha ribadito l'orientamento più restrittivo affermando che le norme tributarie hanno finalità fiscali e quindi di natura eccezionale e transitoria e che non è ammissibile la costituzione di una società semplice avente ad oggetto la mera gestione di immobili, ostandovi il disposto dell'art. 2248 (Trib. Mantova, 3 marzo 2008, in Soc, 2009, 1026). Tuttavia, recentemente, condividendo gli approdi della dottrina, è stata ritenuta (Giud. Registro Roma, decr., 8 novembre 2016) legittima la costituzione di società semplici di mero godimento (da iscrivere nella sezione speciale del registro delle imprese) sul duplice rilievo che la reiterazione dei provvedimenti normativi esclude il carattere eccezionale di essi e che una interpretazione sistematica dell'ordinamento deve condurre ad unificare le discipline dettate in materia civilistica e fiscale (nella gerarchia delle fonti, la legge tributaria è equiordinata ad ogni altra legge essendo il regime della successione delle leggi nel tempo insensibile alla materia regolata). BibliografiaAvagliano, art. 2247, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di D. Santosuosso, Torino, 2015; Buonocore, Castellano, Costi, Società di persone, Milano, 1978; Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, a cura di Campobasso M., Torino, 2012; Campobasso, Manuale di diritto commerciale, a cura di M. 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