Codice Civile art. 2284 - Morte del socio.

Guido Romano

Morte del socio.

[I]. Salvo contraria disposizione del contratto sociale [458; 2272 n. 5], in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi [2289], a meno che preferiscano sciogliere la società [2272 n. 3] ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano.

Inquadramento

La morte del socio produce come effetto ex lege lo scioglimento del rapporto tra il socio e la società con il conseguente obbligo per i soci di liquidare la quota del socio defunto ai suoi eredi nel termine di sei mesi (Campobasso, 110).

I soci, quindi, non sono tenuti a subire il subingresso nella società degli eredi del defunto. Infatti, gli eredi del socio defunto non acquisiscono la posizione di quest'ultimo nell'ambito della società, e non assumono perciò la qualità di soci, ma hanno soltanto il diritto alla liquidazione della quota, diritto che sorge indipendentemente dal fatto che la società continui o si sciolga; pertanto, gli eredi non sono legittimati a chiedere la liquidazione della società né possono vantare un diritto a partecipare alla procedura di liquidazione (Cass. n. 3671/2001).

L'articolo in commento consente ai soci superstiti di percorrere una delle tre strade indicate dalla norma: 1) la liquidazione della quota; 2) lo scioglimento della società; 3) la continuazione della società con gli eredi.

Le prime due ipotesi sono rimesse alla libera determinazione dei (soli) soci superstiti, la terza richiede il consenso degli eredi del socio defunto (Galgano, 71, Ghidini, 476).

La liquidazione della quota

I soci superstiti possono, in primo luogo, continuare la società e procedere alla liquidazione della quota in favore del socio defunto.

È stato osservato (Cass. n. 1850/1970; Cass. n. 2987/1978) che l'evento della morte del socio porta alla cessazione della qualità di socio e determina la trasformazione ope legis della quota, quale insieme di diritti sociali, nel corrispondente importo pecuniario, di cui diviene creditore l'erede e debitrice la società. Si esclude che in detta ipotesi si verifichi un fenomeno di divisione, sia pure parziale, del patrimonio della società, in quanto il diritto dell'erede ha per oggetto fin dal primo momento un importo pecuniario, corrispondente al valore della quota, mentre il patrimonio sociale rimane immutato, solo sorgendo a carico della società l'obbligo di corrispondere il valore della quota (cfr., altresì, Cass. n. 10802/2009). Tuttavia, nel caso in cui, venuta meno la pluralità dei soci, sopravvenga il decesso dell'unico socio superstite che non abbia provveduto ai sensi dell'art. 2272, comma 1, n. 4), i suoi eredi, sebbene subentranti nel solo diritto alla quota di liquidazione e non già nella società, sono, comunque, legittimati a chiedere la messa in liquidazione di quest'ultima al fine di realizzare il menzionato loro diritto, che non può attuarsi se non attraverso tale procedura, e provvedere, altresì, a regolare la posizione degli altri soci (Cass. n. 14449/2014). Anche nella società composta da due soli soci, ove la morte di un socio determini il venir meno della pluralità dei soci, non può riconoscersi un diritto degli eredi del socio defunto a partecipare alla liquidazione della società ed a pretendere una quota di liquidazione, anziché il controvalore in denaro della quota di partecipazione (Cass. n. 8670/2000).

Lo scioglimento della società

La seconda possibilità offerta ai soci superstiti consiste nel disporre lo scioglimento della società e ciò a prescindere da ogni manifestazione di volontà degli eredi disposti a continuarla (Cass. n. 3869/1968).

In tal caso è però dubbio se gli eredi del socio defunto subentrino automaticamente nella posizione del defunto, partecipando alla liquidazione della società in condizioni di parità con i soci superstiti o meno. Secondo una parte della giurisprudenza di merito, nelle società di persone di due soci, in caso di morte di uno di essi, il socio superstite, prima del decorso del termine di sei mesi previsto dall'art. 2272 n. 4 per la ricostituzione della pluralità di soci, può decidere di sciogliere la società ai sensi degli art. 2272 n. 3, e 2284 In tal caso gli eredi del socio defunto non hanno diritto alla liquidazione della quota del de cuius entro sei mesi, ma sono costretti a partecipare alla liquidazione (Trib. Palermo, 13 giugno 1984, Giur. comm., 1985, II, 551; Trib. Monza, 25 febbraio 1984).

La continuazione della società con gli eredi

Infine, i soci superstiti possono decidere di continuare la società con gli eredi del socio defunto: tale possibilità richiede, però, il consenso degli eredi del socio e, quindi, un accordo tra questi ed i soci superstiti. Infatti, l'intuitus personae, tipico delle società personali, non consente che entrino a far parte della società gli eredi del socio defunto senza il consenso dei soci superstiti e, per converso, i poteri e le responsabilità che in questo tipo di società ineriscono alla partecipazione sociale non consentono di prescindere dalla volontà degli eredi (Cass. n. 3104/1962).

Conseguentemente, la clausola, contenuta nell'atto costitutivo di una società, con cui si stabilisce che in caso di decesso di un socio, la società continui automaticamente con gli eredi del socio defunto, non opera automaticamente nei confronti dell'erede designato, ma richiede pur sempre l'accettazione dell'eredità devoluta, nella quale sono comprese le quote sociali quale bene patrimoniale del socio defunto (Cass. n. 2815/1976).

L'accordo tra i soci superstiti e gli eredi del socio defunto teso alla continuazione della società non richiede forma scritta, potendo risultare anche per fatti concludenti (Cass. n. 6849/1988).

In tal caso, secondo la dottrina, si determina una divisione della partecipazione sociale fra gli eredi, ciascuno dei quali diviene socio in proporzione alla sua quota ereditaria (Campobasso, 111, Ferri, 236).

Le clausole di continuazione e di consolidazione

Facendo salva la diversa disposizione del contratto sociale, la norma consente che i soci prevedano un regime convenzionale per il caso di morte di uno di essi.

Fra le clausole più diffuse nella pratica, si evidenziano quelle di consolidazione, con le quali si stabilisce che la quota del socio defunto resti acquisita senz'altro agli altri soci, mentre agli eredi sarà liquidato esclusivamente il valore della medesima quota: tale clausola implica la rinunzia, da parte dei soci superstiti, ad avvalersi delle alternative concesse ex lege (Campobasso, 111, nt. 119).

Altra tipologia di clausola è costituita dalla clausola di continuazione con la quale i soci manifestano in via preventiva il consenso al trasferimento della quota mortis causa, precludendosi le altre alternative (Campobasso, 111). Le clausole di continuazione a loro volta si distinguono tra quelle che vincolano solo i soci superstiti lasciando gli eredi liberi di aderire alla società o di richiedere la liquidazione della quota e quelle che vincolano anche gli eredi, sempre a condizione, però, assumano la qualità di erede (Campobasso, 112). La dottrina assolutamente prevalente considera valide anche tali ultime clausole (Ferrara Corsi, 293; Ferri, 310; Ghidini, 515; contra, invece Di Sabato, 90).

Bibliografia

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