Codice Civile art. 2304 - Responsabilità dei soci.

Guido Romano

Responsabilità dei soci.

[I]. I creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l'escussione del patrimonio sociale [2268, 2461 1].

Inquadramento

Ai sensi dell'art. 2291  nelle società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali. Rinviando al commento di detta norma, giova ricordare, in questa sede, che la responsabilità — che ha ad oggetto tanto le obbligazioni che hanno fonte contrattuale che quelle che hanno fonte extracontrattuale — è sia dei soci che hanno agito in nome e per conto della società sia degli altri, non potendo, peraltro, questi ultimi beneficiare di un eventuale patto contrario (Trib. Ascoli Piceno, 28 gennaio 1988).

La previsione dell'art. 2291 comma 1 è, tuttavia, contemperata dal principio, espresso dalla norma in commento, del beneficium excussionis, che qualifica come sussidiaria la responsabilità dei singoli soci rispetto a quella della società: il creditore sociale è, quindi, tenuto ad escutere previamente il patrimonio della società e soltanto in una fase successiva, inutilmente escusso detto patrimonio, ha diritto di aggredire il singolo socio (Tassinari, 481).

La preventiva escussione del patrimonio sociale non costituisce una condizione di procedibilità dell'azione esecutiva contro il socio da parte del creditore sociale (così, invece, Di Sabato, 1999, 112), ma configura una facoltà per il socio di opporre al creditore sociale l'eccezione di preventiva escussione del patrimonio sociale al fine di paralizzare l'eventuale azione esecutiva promossa nei suoi confronti: ciò si spiega in ragione della circostanza che, quando la società abbia risorse sufficienti per far fronte al proprio debito, non si vede la ragione per la quale il socio debba essere pregiudicato da una richiesta di pagamento integrale del debito sociale (Tassinari, 482).

Il beneficio d'escussione ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce allo stesso creditore di agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito (Cass. n. 28146/2013; Cass. n. 14165/2009). In questa prospettiva, è stato altresì affermato che non è neppure necessaria la preventiva escussione del patrimonio sociale, tale necessità venendo meno quando risulti aliunde dimostrata in modo certo l'insufficienza di quel patrimonio per la realizzazione anche parziale del credito (Cass. n. 4606/1983; Trib. Reggio Emilia, 10 settembre 2014).

Di recente, si è affermato che il beneficio d'escussione previsto dall'art. 2304 c.c. ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce allo stesso creditore d'agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito (Cass., n. 22629/2020).

Tale posizione è condivisa dalla dottrina maggioritaria (Di Sabato, 1993, 3; Ferri, 433; Campobasso, 86; Conforti, 115; contra, Ghidini, 259).

Limiti di operatività del beneficio di escussione

Il beneficio di escussione opera solo nei confronti dei creditori e non nei confronti dei soci che abbiano pagato i debiti sociali ed agiscano il regresso contro gli altri soci (Cass. n. 18185/2006; Cass. n. 15700/2002; Cass. n. 15713/2004; Cass. n. 15036/2005): conseguentemente, il socio di una società in nome collettivo che, per effetto della responsabilità solidale e illimitata stabilita dall'art. 2291, abbia pagato un debito sociale, può direttamente rivalersi nei confronti del consocio, tenuto in via di regresso a rifondere la parte di debito sociale su di lui gravante senza che tale rivalsa resti condizionata all'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori, dato che il beneficio di previa escussione di detto patrimonio, previsto dall'art. 2304, opera solo nei confronti dei creditori e non dei soci che abbiano pagato i debiti sociali (sul punto, altresì, Trib. Roma, 15 aprile 2015).

L'efficacia nei confronti del socio delle sentenze pronunciate nei confronti della società

Costituisce questione dibattuta se la sentenza di condanna emessa nei confronti della società faccia stato anche nei confronti dei socio rimasti estranei al giudizio e costituisca titolo esecutivo idoneo per potere agire direttamente sul loro patrimonio. L'orientamento giurisprudenziale negativo più risalente (Cass. n. 5233/1999; Cass. n. 13183/1999) che ha avuto l'avallo di autorevole dottrina (Campobasso, 86, n. 64) fa leva sulla regola generale posta dall'art. 2909 secondo cui la cosa giudicata fa stato fra le parti, i loro eredi o aventi causa non potendo i soci essere considerati parti processuali di quel giudizio.

Tuttavia, oggi, appare prevalente la soluzione positiva. È stato, infatti, affermato che il decreto ingiuntivo pronunciato a carico di una società di persone estende i suoi effetti anche contro i soci illimitatamente responsabili, derivando dall'esistenza dell'obbligazione sociale necessariamente la responsabilità dei singoli soci e, quindi, ricorrendo una situazione non diversa da quella che, ai sensi dell'art. 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato e risolvendosi, altresì, l'imperfetta personalità giuridica della società di persone in quella dei soci, i cui patrimoni sono protetti dalle iniziative dei terzi solo dalla sussidiarietà, mentre la pienezza del potere di gestione in capo ad essi finisce con il far diventare dei soci i debiti della società; ciascun socio, pertanto, ha l'onere di proporre opposizione contro detto titolo, con la conseguenza che, in difetto, in ragione della conseguita definitività del provvedimento monitorio anche nei confronti del socio, questi non può più opporre l'eventuale prescrizione maturata in precedenza (in questi esatti termini, Cass. III, n. 6734/2011). Infatti, per la struttura delle società personali, il debito della società resta essenzialmente un debito che fa capo anche al singolo socio e quindi, siccome direttamente suscettibile di divenire il destinatario della condanna da quello recata, interessato e legittimato ad opporsi al decreto ingiuntivo pronunciato contro una società di persone anche il socio di questa che sia illimitatamente responsabile. In tal modo, si tempera il generale principio della necessaria coincidenza tra parti del monitorio e parti del processo di esecuzione (ribadito da Cass. n. 8731/1997 e Cass. n. 16069/2004) con l'estensione dell'efficacia del giudicato al di là dei limiti formali del titolo, resa possibile dalla particolare natura — e sostanzialmente dalla carenza di una soggettività giuridica perfetta — del soggetto destinatario della sentenza.

Il giudicato in ordine alla condanna della società in favore del creditore ha, dunque, efficacia riflessa nei confronti del socio illimitatamente responsabile.

Bibliografia

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