Codice Civile art. 2312 - Cancellazione della società.Cancellazione della società. [I]. Approvato il bilancio finale di liquidazione [2311], i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. [II]. Dalla cancellazione della società i creditori sociali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci e, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi [2324]. [III]. Le scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli soci sono depositati presso la persona designata dalla maggioranza. [IV]. Le scritture contabili e i documenti devono essere conservati per dieci anni a decorrere dalla cancellazione della società dal registro delle imprese. InquadramentoAl termine della liquidazione, come visto nel commento all'articolo precedente, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. La legge non prevede un termine entro il quale i liquidatori debbono assolvere a tale adempimento, il che implica, secondo la dottrina, che debbano provvedervi al più presto, senza indugio (Ghidini, 883). Dalla cancellazione della società i creditori sociali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci e, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi. Quanto al deposito della documentazione presso la persona designata dalla maggioranza, si è rilevato (Ghidini, 288; Garesio, 857) che trattasi della documentazione di cui all'art. 2302 (il quale, a sua volta, richiama l'art. 2214) escludendo quella relativa a beni sociali assegnati a singoli soci che deve essere loro consegnata con il medesimo vincolo decennale di conservazione (Buonocore, in Comm. S., 1995, 469, n. 18) L'estinzione della societàPrima della riforma del diritto societario del 2003 si riteneva in giurisprudenza che l'estinzione della società derivasse non già dalla sua cancellazione dal registro delle imprese (recte, dalla iscrizione della cessazione della società nel registro), la quale, dunque, aveva natura dichiarativa, ma dalla definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti. La costante giurisprudenza di legittimità aveva affermato il principio per cui la cancellazione dal registro delle imprese determinava solamente una presunzione di estinzione della società, come tale suscettibile di prova contraria, sicché i creditori sociali rimasti insoddisfatti, nonostante l'avvenuta cancellazione potevano ancora agire nei confronti della società in persona dei liquidatori, fino ad arrivare a richiederne la dichiarazione di fallimento (cfr., Cass. n. 10555/2001; Cass. n. 7972/2000). Intervenuta la riforma, il problema dell'effetto estintivo della cancellazione della società è tornato all'attenzione della dottrina e della giurisprudenza, la quale si è interrogata sull'applicabilità dell'art. 2495, nella parte in cui prevede detto effetto estintivo, dettato per le società di capitali, alle società di persone ed in ordine alla possibilità per il giudice del registro di procedere alla cancellazione della iscrizione della cessazione della società nel caso in cui l'iscrizione fosse intervenuta nonostante la mancata definizione dei rapporti giuridici pendenti (e, in particolare, in presenza di attività non distribuite). Alla luce del contenuto dell'inciso relativo all'estinzione della società che si rinviene nel testo del secondo comma del vigente art. 2495, successivo alla riforma, la giurisprudenza di legittimità aveva, in più occasioni, evidenziato che la norma in discorso attribuisce efficacia costitutiva alla cancellazione della società dal registro delle imprese a prescindere dalla sopravvivenza o anche della sopravvenienza di attività o di passività (cfr., Cass. S.U., n. 4060/2010; Cass. S.U., n. 4061/2010; Cass. I, n. 16758/2010 seguite poi da numerose pronunce di merito: App. Roma III, n. 3467/2010; Trib. Monza, 18 gennaio 2011; fra le più recenti, in tema essenzialmente di conseguenze processuali dell'estinzione, Cass. n. 17500/2012; Cass. n. 11968/2012). Per come chiarito dai richiamati arresti delle Sezioni Unite del 2010, il medesimo meccanismo opera anche con riferimento alle società di persone. Infatti, sebbene per tali società la cancellazione mantenga la tradizionale natura dichiarativa, senza assumere il valore costitutivo-estintivo sancito dall'art. 2495, la novella spiega un «effetto espansivo», fondando una presunzione di estinzione, anche laddove perdurino rapporti od azioni concernenti il sodalizio. In altre parole, le conseguenze dell'estinzione delle società di capitali da quelle di persone si differenziano solo in quanto la cancellazione delle seconde ha natura dichiarativa ed è, dunque, superabile con prova contraria, prova contraria che deve attenere non già al fatto statico della pendenza di rapporti non definiti, ma al fatto dinamico concernente alla protrazione in concreto dell'attività della società di persone. Successivamente, le Sezioni unite sono tornate sul tema dell'effetto estintivo i affrontando anche la problematica delle sopravvenienze o sopravvivenze attive (Cass. S.U., n. 6070/2013). È stato affermato che, qualora all'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto una attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato. Peraltro, come sopra accennato, le Sezioni Unite del 2013 hanno ribadito che la regola dell'estinzione delle società per effetto dell'intervenuta cancellazione dal registro delle imprese deve applicarsi anche alla cancellazione volontaria delle società di persone dal registro, quantunque tali società non siano direttamente interessate dalla nuova disposizione del menzionato art. 2495 e sia rimasto per loro in vigore l'invariato disposto dell'art. 2312 (integrato, per le società in accomandita semplice, dal successivo art. 2324), dovendosi precisare soltanto che la situazione delle società di persone si differenzia da quella delle società di capitali, a tal riguardo, solo in quanto l'iscrizione nel registro delle imprese dell'atto che le cancella ha valore di pubblicità meramente dichiarativa, superabile con prova contraria. Inoltre, la prova contraria non potrebbe vertere sul solo dato statico della pendenza di rapporti non ancora definiti facenti capo alla società: per superare la presunzione di estinzione occorre, invece, la prova di un fatto dinamico e, cioè, che la società abbia continuato in realtà ad operare — e dunque ad esistere — pur dopo l'avvenuta cancellazione dal registro (così, Cass. S.U., n. 6070/2013). Secondo il Giudice del registro di Roma (decr., 21 luglio 2014) ha anche precisato che la protrazione dell'attività che consente di ritenere superata la prova presuntiva dell'intervenuta cessazione della società deve consistere, evidentemente, nel compimento di operazione economiche o commerciali intrinsecamente identiche a quelle normalmente poste in essere nell'esercizio dell'impresa e, dunque, nello svolgimento di attività sostanzialmente imprenditoriale (cfr., in particolare, la giurisprudenza formatasi in tema di applicazione dell'art. 10 r.d. n. 267/1942: Cass. n. 16107/2014 che ha ritenuto che il pagamento di debiti scaduti non costituisce svolgimento di attività di impresa in sé considerata ove il pagamento non sia finalizzato a gestire sul fronte finanziario una attività economica corrente e soltanto ad evitare azioni esecutive in danno; Cass. n. 4455/2001; Cass. n. 9897/2007). Al fine di superare la presunzione di cessazione della società, non è invece sufficiente lo svolgimento di attività meramente processuale che non implica necessariamente, ove non accompagnata dalla dimostrazione del compimento di atti imprenditoriali, una protrazione dell'attività societaria. BibliografiaBigiavi, La ragione sociale della collettività, in Giur. it., 1946, IV; Campobasso G.F., Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, a cura di Campobasso M., Torino, 2012; Conforti C, Le società di persone. Amministrazione e controlli, Milano, 2009; Conforti C., La società in nome collettivo, Milano, 2015; Costi, Il nome della società, Padova. 1964; Costi R., Di Chio G., Società in generale. Società di persone. Associazione in partecipazione, Torino, 1991; Cottino, Considerazioni sulla forma del contratto di società, in Riv. soc. 1963; Cottino, Diritto commerciale, I, 2, 4ª ed., Padova, 1999; Di Sabato, Società in nome collettivo, in Enc. giur., XXIX, Roma, 1993; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1999; Ferrara F., Corsi F., Gli imprenditori e le società, Milano, 2009; Fusaro, La durata della società di persone ed i diritti del creditore particolare del socio, in Contr. impr. 1985, 495; Fusaro, La durata delle società di persone, in Contr. impr. 1987, 494; Garesio G., Società in nome collettivo, in Cottino G. (a cura di), La società in generale. Le società di persone. Le società tra professionisti, Torino, 2014; Ghidini, Società personali, Padova, 1972; Guerrera, Società i nome collettivo, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990; Marano, Il requisito della durata nella società di persone, in Giur. comm. 1992, II, 526; Marziale, Osservazioni sugli effetti della scadenza del termine nel contratto di società, in Riv. comm. 1965, II, 223; Oppo, Diritto dell'impresa. Scritti giuridici, Padova, 1992; Palmieri G., Conferimenti immobiliari ed invalidità nelle società di persone, in Riv. soc. 1992, 1405; Rivolta, La partecipazione sociale, Milano, 1965; Romano Pavoni, Teoria delle società: tipi, costituzione, Milano, 1953; Salafia, Limiti alla responsabilità delle società personali per atti degli amministratori eccedenti il potere di rappresentanza, in Soc 1999; Schlesinger P., L'approvazione del rendiconto annuale nelle società di persone, in Riv. soc. 1965; Spada, La tipicità delle società, Padova, 1974; Spolidoro, Sul capitale sociale delle società di persone, in Riv. soc. 2001, 849; Spolidoro M.S., Sul capitale delle società di persone, Riv. soc. 2001, fasc. 4, 790; Stagno D'Alcontres A., De Luca N., Le società, Tomo I, Le società in generale. Le società di persone, Torino, 2015; Tassinari F., Della società in nome collettivo, in Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2247-2378, a cura di Santosuosso D., in Commentario del codice civile, a cura di Gabrielli E., Torino, 2015. |