Codice Civile art. 2351 - Diritto di voto 1

Guido Romano
aggiornato da Rossella Pezzella

Diritto di voto 1

[I]. Ogni azione attribuisce il diritto di voto.

[II]. Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale.

[III]. Lo statuto può altresì prevedere che, in relazione alla quantità delle azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato a una misura massima o disporne scaglionamenti 2(2).

[IV]. Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Ciascuna azione a voto plurimo può avere fino a un massimo di dieci voti 3(2).

[V]. Gli strumenti finanziari di cui agli articoli 2346, sesto comma, e 2349, secondo comma, possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati e in particolare può essere ad essi riservata, secondo modalità stabilite dallo statuto, la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco. Alle persone così nominate si applicano le medesime norme previste per gli altri componenti dell'organo cui partecipano.

 

[1] Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. Il testo dell'articolo recitava: «[I]. Ogni azione attribuisce il diritto di voto. [II]. L'atto costitutivo può tuttavia stabilire che le azioni privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale allo scioglimento della società abbiano diritto di voto soltanto nelle deliberazioni previste nell'articolo 2365. Le azioni con voto limitato non possono superare la metà del capitale sociale. [III]. Non possono emettersi azioni a voto plurimo».

[2] L'art. 20, comma 8-bis, d.l. 24 giugno 2014, n. 91, conv. con modif. in l. 11 agosto 2014 n. 116, in sede di conversione, ha modificato i commi terzo e quarto, che recitavano: « Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere che, in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato ad una misura massima o disporne scaglionamenti.- Non possono emettersi azioni a voto plurimo».

[3] Comma modificato dall'art. 13 l. 5 marzo 2024, n. 21, che  ha sostituito la parola «dieci» alla parola «tre». Precedentemente l'art. 20, comma 8-bis, d.l. 24 giugno 2014, n. 91, conv. con modif. in l. 11 agosto 2014 n. 116, in sede di conversione, ha modificato i commi terzo e quarto, che recitavano: « Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere che, in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato ad una misura massima o disporne scaglionamenti.- Non possono emettersi azioni a voto plurimo».

Inquadramento

Il diritto di voto consiste nel diritto del socio di concorrere, attraverso la manifestazione della propria volontà, all'assunzione delle deliberazioni assembleari (Cian Sandei, 938).

Il diritto di voto costituisce, poi, il diritto amministrativo per eccellenza dal quale dipendono una serie di altre prerogative considerate funzionali al suo esercizio, quali ad es., il diritto di intervento in assemblea o l'impugnazione della deliberazione (Cian-Sandei, 938).

Le azioni a voto limitato e a voto condizionato

Il comma 2 consente allo statuto di creare azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. La medesima disposizione non pone alcun limite dal punto di vista contenutistico in ordine a tali tipologie di azioni, ma solo quantitativo in quanto il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale.

Lo statuto potrà, dunque, individuare liberamente gli argomenti cui si ricollega il diritto di voto (Abriani, 314) che potranno essere argomenti tanto di competenza dell'assemblea ordinaria quanto dell'assemblea straordinaria. Il diritto di voto potrà, dunque, essere limitato all'approvazione del bilancio, alla distribuzione degli utili, alla nomina ed alla revoca degli amministratori (Angelillis-Vitali, 422) o del collegio sindacale, all'autorizzazione all'esercizio dell'azione sociale di responsabilità, ovvero alle deliberazioni concernenti le operazioni sul capitale o le operazioni straordinarie. Con riferimento alle condizioni la norma precisa che non può trattarsi di condizione meramente potestativa non potendo il diritto di voto essere subordinato, anche in via indiretta, al mero benestare degli organi societari deputati ad accertare l'avveramento della condizione (Magliulo, 95). Si afferma, infatti, che non è possibile rimettere il completamento della fattispecie azionaria alla futura determinazione volitiva del soggetto prescelto per stabilire se debba sussistere o meno il voto (La Sala, 74).

Il voto plurimo

Il d.l. n. 91/2014 conv. in l. n. 116/2014 ha eliminato il divieto di emettere azioni con un voto maggiore dell'unità. È, così, previsto che lo statuto possa prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative, con il limite che ciascuna azione a voto plurimo può disporre fino a un massimo di tre voti.

L'art. 13 della l. 5 marzo 2024 n. 21, modificando l'art. 2351, comma 4, c.c. ha aumentato da tre a dieci il numero di voti che può essere assegnato, per statuto, a ciascuna azione a voto plurimo. Tale disposizione, secondo la Relazione al disegno di legge, è volta a potenziare la flessibilità del nostro ordinamento societario e ad evitare che la minoranza possa imporre il proprio potere decisionale.

È stata, così, introdotta una nuova categoria “tipica” di azioni ai sensi dell'art. 2348 C.C. che si affianca a quelle già contemplate dal codice civile (Abriani, 2014, § 3). L'attribuzione del voto plurimo può riguardare tutte le materie di competenza assembleare ovvero solo particolari argomenti che dovranno essere indicati nello statuto. Si ritiene legittima poi la previsione di una variazione del moltiplicatore, riconoscendo, ad esempio, alle azioni in questione un diritto di voto doppio nelle deliberazioni di competenza dell'assemblea ordinaria e triplo in quelle da assumersi in sede straordinaria (Abriani, ivi).

La norma ripete la dizione già contenuta nel comma 2 consentendo di subordinare il voto plurimo al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Si rinvia a quanto già evidenziato al precedente paragrafo in ordine alla individuazione della nozione di condizioni meramente potestative. Si osserva che la clausola statutaria potrebbe inoltre ricollegare l'attribuzione del voto plurimo a un evento riconducibile a situazioni di mercato o alla riorganizzazione della società e che l'accertamento della condizione può far scattare il diritto di voto plurimo in via definitiva, temporanea o finanche limitata a una sola assemblea (Abriani, ivi).

Si è posto il dubbio se, in presenza di azioni a voto plurimo, i quorum costitutivi debbano continuare a calcolarsi sul capitale nominale con la conseguenza che ciascuna azione dovrà essere computata in ragione del valore nominale ovvero se debbano riferirsi al numero complessivo dei voti, e non delle azioni, con l'esito di riconoscere alle azioni a voto plurimo una rilevanza plurima in ordine non solo alla approvazione della deliberazione assembleare, ma anche, ed ancor prima, alla costituzione dell'assemblea (sul punto, Ferri, 761).

La prassi notarile si è espressa in questa seconda direzione (Consiglio Notarile di Milano, massima n. 144).

Al contrario, secondo altra dottrina, quantomeno ai fini del quorum costitutivo, a tutte le azioni, escluse quelle istituzionalmente prive del diritto di voto, deve essere riconosciuto il medesimo peso, indipendentemente dal numero dei voti. Tale quorum, anche in presenza di azioni a voto plurimo, deve pur sempre essere calcolato sul numero complessivo delle azioni e non sul numero complessivo dei voti; si osserva, in tal senso, che il diverso orientamento finirebbe per riconoscere a talune azioni, quelle a voto plurimo, una «rappresentatività potenziata» contrastante sia con il principio generale inderogabile volto a dare a tal fine rilevanza al valore nominale sia con la specifica configurazione delle azioni a voto plurimo, che risultano «potenziate» unicamente nella fase della deliberazione, e non anche in quella (anche logicamente) anteriore della costituzione dell'assemblea (Ferri, ivi).

Il voto degli strumenti finanziari partecipativi

L'ultimo comma della norma in commento prevede la possibilità di attribuire agli strumenti finanziari il diritto di voto su argomenti specificatamente indicati e che ad essi può essere riservata, secondo le modalità previste dallo statuto, la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione (o del consiglio di sorveglianza) e di un sindaco.

La norma — che dimostra come il voto non sia più una prerogativa esclusiva della partecipazione azionaria (Cian-Sandei, 948) — deve essere letta unitamente all'ultimo comma dell'art. 2346 secondo il quale è possibile l'emissione di strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti.

Il problema del coordinamento tra le due norme non si pone con riferimento all'attribuzione agli strumenti finanziari del diritto di nominare un componente del consiglio di amministrazione o di un sindaco. Infatti, per tali nomine, si ha una separazione strutturale assoluta della designazione da parte degli strumenti finanziari rispetto al voto degli azionisti: i due sistemi di designazione si pongono in un rapporto di reciproca esclusione non potendo i soci concorrere alla nomina del componente la cui designazione è riservata ai titolari di strumenti finanziari (Cian-Sandei, 948).

Con riferimento all'attribuzione del diritto di voto su argomenti specificatamente indicati, secondo una prima ricostruzione, in ragione del divieto inderogabile posto dall'ultimo comma dell'art. 2346  non è configurabile una forma di diretta compartecipazione al voto espresso dai soci dei terzi investitori: questi ultimi potendo esprimere il proprio voto esclusivamente in seno all'assemblea speciale secondo lo schema tipico di cui all'art. 2376 (Notari, 551; sul punto, anche Lolli, 205; Lamandini, 532 ss.). Secondo altro orientamento, invece, il voto degli strumenti finanziari va ricostruito come strumento di voice concorrente con quello tipico degli azionisti con conseguente legittimità delle clausole statutarie che prevedono l'esercizio del voto tanto nella stessa assemblea dei soci quanto al di fuori di essa (Cian-Sandei, 950).

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