Codice Civile art. 2352 - Pegno, usufrutto e sequestro delle azioni (1).Pegno, usufrutto e sequestro delle azioni (1). [I]. Nel caso di pegno o usufrutto sulle azioni, il diritto di voto spetta, salvo convenzione contraria, al creditore pignoratizio o all'usufruttuario. Nel caso di sequestro delle azioni il diritto di voto è esercitato dal custode. [II]. Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione, questo spetta al socio ed al medesimo sono attribuite le azioni in base ad esso sottoscritte. Qualora il socio non provveda almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto di opzione e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo, questo deve essere alienato per suo conto a mezzo banca od intermediario autorizzato alla negoziazione nei mercati regolamentati. [III]. Nel caso di aumento del capitale sociale ai sensi dell'articolo 2442, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si estendono alle azioni di nuova emissione. [IV]. Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di pegno, il socio deve provvedere al versamento delle somme necessarie almeno tre giorni prima della scadenza; in mancanza il creditore pignoratizio può vendere le azioni nel modo stabilito dal secondo comma del presente articolo. Nel caso di usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al termine dell'usufrutto. [V]. Se l'usufrutto spetta a più persone, si applica il secondo comma dell'articolo 2347. [VI]. Salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi da quelli previsti nel presente articolo spettano, nel caso di pegno o di usufrutto, sia al socio sia al creditore pignoratizio o all'usufruttuario; nel caso di sequestro sono esercitati dal custode. (1)Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. Il testo dell'articolo recitava: «[I]. Nel caso di pegno o di usufrutto sulle azioni, il diritto di voto spetta, salvo convenzione contraria, al creditore pignoratizio o all'usufruttuario. [II]. Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione, questo spetta al socio. Qualora il socio non provveda almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto di opzione, questo deve essere alienato per conto del socio medesimo a mezzo di un agente di cambio o di un istituto di credito. [III]. Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di pegno, il socio deve provvedere al versamento delle somme necessarie almeno tre giorni prima della scadenza; in mancanza, il creditore pignoratizio può vendere le azioni nel modo stabilito dal comma precedente. Nel caso di usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al termine dell'usufrutto. [IV] Se l'usufrutto spetta a più persone, si applica il secondo comma dell'articolo 2347». InquadramentoLe azioni possono essere costituite in usufrutto o in pegno e possono essere oggetto di misure cautelari ed esecutive (sequestro giudiziario, sequestro conservativo, pignoramento) (Campobasso, 236). L'articolo in commento disciplina l'esercizio del diritto di voto e degli altri diritti connessi alle azioni in caso di assoggettamento di esse a pegno, usufrutto e sequestro. L'esercizio del diritto di votoIl comma 1 dell'articolo in commento attribuisce, salva convenzione contraria, il diritto di voto al creditore pignoratizio, all'usufruttuario in caso di pegno o usufrutto sulle azioni ed al custode in caso di sequestro delle azioni. Si ritiene, in dottrina, che la norma attribuisca al creditore pignoratizio ed all'usufruttuario la titolarità del diritto di voto e la legittimazione all'esercizio dello stesso iure proprio, non essendo tale diritto il riflesso del diritto del socio né essendo il creditore o l'usufrutturario dei delegati del socio (Briolini, 953; Sacchi, 350; Partesotti, 317). Più precisamente, si afferma che, con la costituzione del pegno e dell'usufrutto, affiora una seconda serie di interessi, certamente non identici a quelli tipici del socio, ma tali comunque da giustificare l'attribuzione al loro titolare dei diritti e dei poteri propri dell'azionista, a cominciare dal diritto di voto (Briolini, 954; Rivolta, 359; Partesotti, 315). Quanto ai limiti di esercizio del diritto di voto da parte del creditore pignoratizio e dell'usufruttuario la dottrina ritiene che essi debbano avere presenti gli interessi del socio e, quindi, astenersi dal recare pregiudizio a questi. Si precisa però che la violazione dei diritti del socio ha rilievo solo nell'ambito del rapporto bilaterale tra il socio ed il titolare del diritto parziale comportando una responsabilità risarcitoria di quest'ultimo nei confronti del primo, mentre nessun effetto si avrà con riguardo alla deliberazione assunta dall'assemblea (Briolini, 956; Partesotti, 315; Campobasso, 237; Ferrara-Corsi, 448). Dello stesso avviso la giurisprudenza secondo la quale l'esercizio del diritto di voto al creditore pignoratizio di azioni ed all'usufruttuario è riconosciuto ex lege. Si afferma, inoltre, che essi, nell'esercizio del diritto di voto, devono ispirarsi ai principi della buona amministrazione societaria ed attenersi al perseguimento dell'interesse sociale, senza coltivare, pertanto, interessi egoistici ovvero in contrasto con quelli della società (Cass. n. 2053/1999) e devono astenersi da comportamenti che possano arrecare ingiusto danno al socio, e, in particolare, da modi di esercizio del diritto di voto che possano compromettere la conservazione del valore economico della partecipazione in società (Cass. n. 7614/1996). L'usufruttuario può anche votare in contrasto con le istruzioni eventualmente impartite dal nudo proprietario, senza che ciò si rifletta sulla validità della delibera, potendo solo esporre l'usufruttuario, in caso di abuso, alla cessazione dell'usufrutto ed all'azione risarcitoria (Cass. n. 6957/2000; Cass. n. 23824/2007). Più precisamente, nel caso di diritto di voto per le quote date in usufrutto, l'usufruttuario esercita un proprio diritto e non vota, conseguentemente, in nome e per conto del proprietario. Ne discende che non è obbligato ad attenersi alle istruzioni eventualmente impartitegli dallo stesso proprietario, pur dovendosi astenere da comportamenti che possano arrecare ingiusto danno a quest'ultimo (Trib. Bari, 27 febbraio 2012, giurisprudenzabarese.it). Peraltro, la norma che attribuisce il diritto di voto al titolare del diritto parziario sulle azioni è derogabile dall'autonomia privata: infatti, l'articolo in esame consente alle parti di regolare diversamente l'esercizio di voto in assemblea. Infine, si ritiene che anche lo statuto possa regolare ex ante la spettanza del diritto di voto e degli altri diritti sociali in caso di pegno e di usufrutto (Sacchi, 362). Con riferimento all'ipotesi di sequestro delle azioni, la norma prevede che il diritto di voto è esercitato dal custode, senza possibilità di una diversa regolamentazione. In particolare, si ritiene che il custode non necessiti, al fine dell'esercizio del diritto di voto, di alcuna apposita autorizzazione giudiziale e che il giudice non potrebbe disciplinare diversamente l'esercizio del diritto di voto (Briolini, 962). I diritti amministrativi diversiAi sensi dell'ultimo comma dell'articolo in commento, salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi da quelli previsti nel presente articolo spettano, nel caso di pegno o di usufrutto, sia al socio sia al creditore pignoratizio o all'usufruttuario; nel caso di sequestro sono esercitati dal custode. Prima della riforma si riteneva che i diritti amministrativi diversi seguissero la sorte del diritto di voto e che, dunque, potessero essere esercitati soltanto dal titolare del diritto parziario. Oggi, invece, la norma pone la regola dell'esercizio concorrente di tali diritti tra il socio ed il creditore pignoratizio o l'usufruttuario; mentre in caso di sequestro unico legittimato è il custode. Anche in tal caso, si tratta di una norma derogabile con la conseguenza che le parti del negozio costitutivo possono attribuire tutti o alcuni di tali diritti ad uno solo fra i soggetti cui questi diritti normalmente spettano ovvero introdurre forme di esercizio congiunto dei diritti sociali (Briolini, 965). Sul punto, la clausola apposta nell'atto di costituzione di usufrutto che preveda il trasferimento all'usufruttuario di tutti diritti e gli obblighi inerenti alle azioni cedute, priva l'azionista nudo proprietario della legittimazione e a proporre denunzia ex art. 2409 (Trib. Cagliari, 24 novembre 2011, Riv. giur. sarda, 2013, 313). Tra i diritti amministrativi diversi rientrano: il diritto di ispezione dei libri sociali e di esame del bilancio; il diritto di chiedere la convocazione dell'assemblea ai sensi dell'art. 2367 (Trib. Milano, 14 gennaio 2007, Giur. it., 1998, 309); il diritto di esercitare l'azione sociale di responsabilità ex art. 2393-bis; il diritto di chiedere al tribunale l'accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento (Trib. Brescia, 24 giugno 2011, Soc., 2012, 1074). In ipotesi di pignoramento delle azioni o quote sociali, sia il socio sia il creditore pignorante possono ritenersi legittimati ad esercitare, in concorso fra loro, l'azione di responsabilità e le azioni cautelari di revoca dell'amministratore (Trib. Roma, 27 aprile 2011, Giur. comm., 2012, II, 1260). Quanto al diritto di impugnare le deliberazioni assembleari invalide (Cass. n. 13169/2005; Cass. n. 21858/2005), in caso di azioni sottoposte a sequestro giudiziario, unico soggetto legittimato ad impugnare la deliberazione è il custode. In caso di azioni sottoposte a pegno o usufrutto, occorre invece distinguere. In primo luogo, si deve ritenere che l'azione di nullità spetta indistintamente a ciascuno dei soggetti interessati (Poli, 2005, 267). Tale soluzione è stata affermata anche in giurisprudenza: spettano sia al socio sia al creditore pignoratizio i diritti amministrativi diversi da quelli previsti dall'art. 2352 con la conseguenza che non può dubitarsi che in caso di azione di nullità essa competa ad entrambe le parti del rapporto dominicale (Trib. Napoli, 14 settembre 2011; Trib. Campobasso, 18 aprile 2009, Soc., 2009, 881). Con riferimento all'azione di annullamento, si ritiene che il diritto di impugnazione rientri nell'ambito dei diritti amministrativi che, in virtù dell'ultimo comma dell'art. 2352, spettano sia al socio che al creditore pignoratizio e all'usufruttuario (Grippo Bolognesi, 15; Briolini, 968). Tuttavia, è stato correttamente osservato che occorre distinguere l'ipotesi in cui l'usufruttuario o il creditore pignoratizio abbiano votato a favore della delibera da quella in cui essi abbiano espresso voto contrario o siano rimasti assenti o si siano astenuti. Mentre in questo secondo caso nessun problema sorge essendo certa la legittimazione (anche) del socio ad impugnare la deliberazione ritenuta invalida, nel primo caso, l'impugnazione del socio non sarebbe proponibile in quanto in contrasto con il comportamento dell'unico soggetto legittimato ad esprimere il voto (Bertolotti, 327; Poli, 2005, 268; Partesotti, 321). Per quanto riguarda il diritto di recesso, si ritiene in via generale che l'ultimo comma della disposizione in commento non sia applicabile al diritto di recesso che non è qualificabile esattamente come diritto amministrativo in quanto incide sulla stessa partecipazione sociale e sul contenuto complessivo dell'azione (Poli, 2005, 276) determinando la definitiva interruzione del rapporto societario (Briolini, 969). Conseguentemente, la titolarità del diritto di recesso rimane di competenza esclusiva del socio (Poli 2005, 274; Partesotti, 325; Briolini, 970) ancorché nudo proprietario o debitore pignoratizio. Si precisa, però, che in caso di esercizio del recesso si verifica l'automatico trasferimento dell'usufrutto sulla quota di liquidazione ovvero il sorgere del diritto del creditore pignoratizio a trattenere le somme liquidate fino alla concorrenza del proprio credito (Briolini, ivi). Inoltre, si esclude che il diritto di recesso da una società per azioni, essendo strettamente collegato al carattere personale delle valutazioni che l'azionista è chiamato a compiere in ordine allo status di socio ed al contenuto ed al significato della partecipazione societaria, possa essere esercitato in via surrogatoria ex art. 2900 dal creditore pignoratizio di cui all'art. 2352 (Cass. n. 10144/2002). La S.C. di recente ha evidenziato che, alla luce del combinato disposto degli artt. 2471-bis e 2352 c.c., il socio di società a responsabilità limitata, la cui quota sia stata ceduta in pegno, conserva il diritto a impugnare la deliberazione assembleare cui abbia partecipato il creditore pignoratizio (Cass. n. 16047/2024). L'aumento del capitale socialeLa riforma del diritto societario ha fornito una risposta ai dubbi in ordine alla possibile estensione del diritto parziale o del vincolo esecutivo o cautelare alle azioni sottoscritte dal socio in sede di aumento di capitale esercitando il diritto di opzione a lui spettante. Per quanto attiene all'aumento di capitale a pagamento, il comma 2 dell'articolo in commento prevede che se le azioni attribuiscono un diritto di opzione, questo spetta al socio ed al medesimo sono attribuite le azioni in base ad esso sottoscritte. Sebbene la norma non lo affermi chiaramente, la dottrina concordemente ritiene che le azioni spettino al socio libere dal vicolo e, quindi, in piena proprietà (Briolini, 971; Partesotti, 331; Ferrara-Corsi, 443). La norma ha, dunque, inteso tutelare il socio che ha sopportato un nuovo esborso economico per sottoscrivere l'aumento di capitale, pur comprimendo la posizione del titolare del jus in re aliena ovvero del creditore (Briolini, 972). Infatti, la soluzione può effettivamente pregiudicare i diritti del titolare del diritto parziario in particolare nel caso di ricapitalizzazione successiva alla perdita integrale del capitale sociale, essendo in tali ipotesi il titolare del diritto parziario sprovvisto di tutela societaria (Poli, 2005, 283). È poi dubbio se il diritto parziario si estenda al ricavato della vendita del diritto di opzione (in senso affermativo, Ferrara-Corsi, 443; Morera, 316 nt. 4, nonché in giurisprudenza, Trib. Monza, 10 luglio 2000, Giur. comm., 2002, II, 410; contra, Poli, 284 che ritiene che detto ricavato spetti al socio). Si nega che il socio possa cedere a terzi il proprio diritto di opzione (Trib. Verona, 10 ottobre 2008). Diversa è la soluzione in caso di aumento gratuito del capitale sociale. Il comma 3 della norma, infatti, dispone che in tal caso il pegno, l'usufrutto o il sequestro si estendono alle azioni di nuova emissione. Il diritto agli utiliLa norma non prende in considerazione la spettanza del diritto al dividendo in caso di azioni sottoposte a pegno o usufrutto. La dottrina però è sostanzialmente unanime nel ritenere che il diritto agli utili distribuiti dalla società spetti al titolare del diritto frazionario (Campobasso, 239; Briolini, 976; Ferrara-Corsi, 450). In caso di sequestro, gli utili vanno versati nelle mani del custode incaricato della custodia e dell'amministrazione delle azioni vincolate (Briolini, 976). BibliografiaAbriani, in Comm. 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