Codice Civile art. 2378 - Procedimento d'impugnazione (1).Procedimento d'impugnazione (1). [I]. L'impugnazione è proposta con atto di citazione davanti al tribunale del luogo dove la società ha sede. [II]. Il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell'impugnazione del numero delle azioni previsto dal terzo comma (2) dell'articolo 2377. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 111 del codice di procedura civile, qualora nel corso del processo venga meno a seguito di trasferimenti per atto tra vivi il richiesto numero delle azioni, il giudice, previa se del caso revoca del provvedimento di sospensione dell'esecuzione della deliberazione, non può pronunciare l'annullamento e provvede sul risarcimento dell'eventuale danno, ove richiesto. [III]. Con ricorso depositato contestualmente al deposito, anche in copia, della citazione, l'impugnante può chiedere la sospensione dell'esecuzione della deliberazione. In caso di eccezionale e motivata urgenza, il presidente del tribunale, omessa la convocazione della società convenuta, provvede sull'istanza con decreto motivato, che deve altresì contenere la designazione del giudice per la trattazione della causa di merito e la fissazione, davanti al giudice designato, entro quindici giorni, dell'udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emanati con il decreto, nonché la fissazione del termine per la notificazione alla controparte del ricorso e del decreto. [IV]. Il giudice designato per la trattazione della causa di merito, sentiti gli amministratori e sindaci, provvede valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell'esecuzione della deliberazione; può disporre in ogni momento che i soci opponenti prestino idonea garanzia per l'eventuale risarcimento dei danni. All'udienza, il giudice, ove lo ritenga utile, esperisce il tentativo di conciliazione eventualmente suggerendo le modificazioni da apportare alla deliberazione impugnata e, ove la soluzione appaia realizzabile, rinvia adeguatamente l'udienza. [V]. Tutte le impugnazioni relative alla medesima deliberazione, anche se separatamente proposte ed ivi comprese le domande proposte ai sensi del quarto comma (3) dell'articolo 2377, devono essere istruite congiuntamente e decise con unica sentenza. Salvo quanto disposto dal quarto comma del presente articolo, la trattazione della causa di merito ha inizio trascorso il termine stabilito nel sesto comma (4) dell'articolo 2377. [VI]. I dispositivi del provvedimento di sospensione e della sentenza che decide sull'impugnazione devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese (5). (1) Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. (2) Le parole «terzo comma» sono state sostituite alle parole «secondo comma» dall'art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, come modificato dall'art. 5 1p) n. 1 d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37. (3) Le parole «quarto comma» sono state sostituite alle parole «terzo comma» dall'art. 1 d.lg. n. 6, cit., come modificato dall'art. 51p) n. 2 d.lg. n. 37, cit. (4) Le parole «sesto comma» sono state sostituite alle parole «quinto comma» dall'art. 1 d.lg. n. 6, cit., come modificato dall'art. 51p) n. 2 d.lg. n. 37, cit. (5) Comma aggiunto dall'art. 1 d.lg. n. 6, cit., come modificato dall'art. 51p) n. 3 d.lg. n. 37, cit. InquadramentoL'articolo in commento disciplina il procedimento di impugnazione delle delibere assembleari. All'interno di esso, particolare importanza assume la fase incidentale cautelare finalizzata a sospendere, in via provvisoria, gli effetti della deliberazione illegittima. La competenzaSecondo quanto stabilito nel primo comma dell'articolo in commento, l'impugnazione è proposta con atto di citazione davanti al tribunale del luogo dove la società ha sede. La competenza del procedimento si radica, dunque, sulla base della sede legale della società non potendo essere presa in considerazione la sede effettiva (Zanarone 393, Corea, 2015, 1766). Questa conclusione è confortata dalla giurisprudenza (Cass. n. 22477/2006; Cass. n. 2321/1991; Cass. n. 5166/1983). La competenza prevista dalla norma in commento, da qualificarsi come esclusiva ed inderogabile, deve essere determinata sulla base della sede legale che ha società ha al momento dell'introduzione del giudizio, restando, invece, irrilevante, in ragione della immediata esecutività delle delibere assembleari, la circostanza per cui proprio con la delibera impugnata la società avesse mutato la sede (Cass. n. 19039/2007). Infine, l'ultimo comma della disposizione in commento prevede che i dispositivi del provvedimento di sospensione e della sentenza che decide sull'impugnazione devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese. Tale adempimento ha la funzione di rendere opponibili ai terzi il vizio della deliberazione, con la conseguenza che in mancanza di iscrizione saranno salvi i diritti acquisiti in buona fede dai terzi per effetto di una deliberazione annullabile, ancorché successivi alla pronunzia di annullamento (Zanarone 361, Corea, 2015, 1770). La legittimazione attiva e la sopravvenuta carenzaAi fini di tutelare la stabilità delle decisioni societarie, l'art. 2377 attribuisce la legittimazione ad agire, oltre agli amministratori, al consiglio di sorveglianza ed al collegio sindacale, esclusivamente ai soci assenti, dissenzienti o astenuti quando possiedono tante azioni aventi diritto di voto con riferimento alla deliberazione che rappresentino, anche congiuntamente, l'uno per mille del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e il cinque per cento nelle altre. Il comma 2 dell'articolo in commento completa la disciplina prevedendo che il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori (e non già proprietari) al tempo dell'impugnazione del numero delle azioni previsto dal comma 3 dell'art. 2377. Il requisito del possesso dell'aliquota del capitale sociale è temporalmente riferito dalla norma al momento dell'introduzione del giudizio di impugnazione. Si esclude, dunque, la legittimazione dell'ex socio e cioè di quel soggetto che, socio al momento dell'assunzione della deliberazione, abbia successivamente perso, prima della proposizione dell'impugnazione, tale status e salva, peraltro, la sua legittimazione ad impugnare deliberazioni affette da nullità. L'azione di annullamento delle delibere di una società per azioni, disciplinata dall'art. 2377, presuppone, quale requisito di legittimazione, la sussistenza della qualità di socio dell'attore non solo al momento della proposizione della domanda, ma anche al momento della decisione della controversia (Cass. n. 22784/2014; Cass. n. 26842/2008; Cass. I, n. 4372/2003; Trib. Bologna, 4 maggio 1998, Foro it., 1999, I, 1016). Il comma in commento disciplina poi l'ipotesi della perdita della partecipazione sociale nel corso del giudizio. È, infatti, previsto che qualora, nel corso del giudizio ed a seguito del trasferimento per atto tra vivi, venga meno il richiesto numero delle azioni, il giudice non può pronunciare l'annullamento e provvede sul risarcimento dell'eventuale danno, ove richiesto. Lo status di socio e la titolarità di una certa aliquota del capitale sociale costituiscono, quindi, altrettante condizioni dell'azione (e non già meri presupposti processuale speciale condizionanti soltanto la regolare instaurazione del procedimento) che, in quanto tali, devono permanere intatte fino alla decisione dell'organo adito. Tale norma è ritenuta dalla giurisprudenza applicabile anche alle ipotesi di nullità della deliberazione (App. Milano, 10 ottobre 2006, Corr. mer., 2007, 301). Nel caso di perdita della legittimazione, il giudice deve provvedere sul risarcimento del danno, ove richiesto. La norma, peraltro, è preceduta dall'inciso fermo restando quanto disposto dell'art. 111 c.p.c. Il richiamo deve essere spiegato nel senso che il processo potrà continuare tra le parti originarie solo allorquando il trasferimento inter vivos delle azioni non incida sul possesso della quota minima necessaria per mantenere la legittimazione fatto salvo il diritto dell'acquirente ad intervenire nel giudizio (Corea 2015, 1775); viceversa, se il trasferimento comporta la perdita della legittimazione, il giudice non potrà annullare la deliberazione a meno che l'acquirente non intervenga nel processo a fine ricostituire una legittimazione congiunta (Corea ibidem; Scala, 279). La sentenza emessa tra le parti originarie farà stato anche nei confronti dell'acquirente. Il socio mantiene la legittimazione ad impugnare quando la perdita del suo status non dipende da una sua attività negoziale (trasferimento della partecipazione), ma, ad es., proprio dagli effetti della deliberazione che si intende opporre come nel caso di operazioni sul capitale che si attuino attraverso l'azzeramento del capitale, la copertura delle perdite ed il successivo aumento di capitale (Cass., 21889/2013; Cass., n. 26842/2008, ma già Cass. n. 181/1988 con riferimento al socio escluso). In senso parzialmente difforme si è espressa la giurisprudenza di merito (Trib. Roma, 10 luglio 2015, Soc., 2015, 1333). Viceversa, non è legittimata a promuovere l'impugnazione la società stessa (Cass. n. 17060/2012). In tema di impugnazione della deliberazione assunta da una società di capitali, l'onere di provare il vizio da cui deriva l'invalidità della stessa grava su chi la impugna (Cass. n. 3946/2018). La sospensione cautelare della deliberazione impugnata. Profili generaliColui che ha impugnato la deliberazione che ritiene invalida può chiedere al tribunale di disporre la sospensione della sua esecuzione. Il legislatore ha così previsto una misura cautelare tipica finalizzata a tutelare la fruttuosità dell'azione di annullamento proposta, e cioè al fine di evitare che l'attore possa ricevere pregiudizio durante le more del processo volto alla invalidazione della delibera assembleare ex artt. 2377 e 2378. Benché l'art. 2379 non richiami direttamente la norma in esame, la dottrina concordemente appare orientata nel senso che l'istituto della sospensione sia applicabile non solo alle deliberazioni annullabili, ma anche alle deliberazioni nulle, come riconosciuto, indirettamente, dal comma 3 dell'art. 2378 che legittima a chiedere la sospensione l'impugnante e non già (solo) il socio (Sacchi-Vicari, 709). Sul punto, si evidenzia che l'applicabilità della sospensione alle delibere nulle prescinde dalla soluzione del problema concernente l'efficacia della delibera nulla, in quanto, con il provvedimento cautelare in argomento, si vuole evitare che la delibera sia portata in fatto ad esecuzione (Sacchi-Vicari, 710). Segue. Il carattere necessariamente incidentale della sospensioneL'articolo in commento disciplina il procedimento cautelare come una fase necessariamente incidentale del procedimento impugnatorio (Corea, 2008, 203 ss.) che può essere avviato depositando il ricorso cautelare contestualmente al deposito, anche in copia, dell'atto di citazione non essendo necessario che si sia già perfezionata la notificazione, nei confronti della società, di quest'ultimo. Si ritiene, dunque, che sia inammissibile un procedimento cautelare volto alla sospensione della deliberazione ante causam (Corea, 2015, 1790). Anche la giurisprudenza è quasi unanime a ritenere che, proprio, in ragione del carattere impugnatorio del giudizio di merito, non possa essere concesso un provvedimento di sospensione «al di fuori» del giudizio di merito volto all'annullamento o alla dichiarazione di nullità della deliberazione assembleare assunta dalla società ovvero un provvedimento ex art. 700 c.p.c. che abbia il medesimo contenuto (Trib. Padova, 10 gennaio 2012, Soc., 2012, 337; Trib. Roma, 17 novembre 2004, Temi rom., 2005, 207; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 16 marzo 2004, Giur. mer., 2004, 1949). Segue. La natura della sospensioneÈ assai dubbia la natura giuridica della sospensione e, precisamente, se essa sia meramente conservativa ovvero anticipatoria della sentenza di merito (sul punto, amplius, Tuccillo, 150 ss.). Un primo orientamento osserva che, mentre il provvedimento cautelare sarebbe idoneo ad investire il solo profilo effettuale dell'atto, rendendolo temporaneamente inattivo ed inibendone lo sviluppo, la sentenza andrebbe ad incidere sulla stessa struttura e validità dell'atto impugnato (Zanarone, 409; Bertolotti, 360; Scala, 285). Consegue da una simile impostazione che il provvedimento cautelare, avente natura esclusivamente conservativa, impedirebbe alla deliberazione di produrre effetti ulteriori, ma non potrebbe comunque rimuovere gli effetti già prodottisi nella realtà. Secondo un diverso orientamento, che si ispira al principio, di ordine costituzionale, della effettività della tutela giurisdizionale, il provvedimento di sospensione avrebbe invece natura anticipatoria rispetto alla successiva sentenza di annullamento (Corea, 2015, 1794). Secondo la dottrina, l'anticipatorietà andrebbe verificata e valutata partendo dagli effetti esecutivi, cioè raffrontando il risultato pratico che si può ottenere attraverso il provvedimento cautelare, con il risultato pratico che si può ottenere sulla base di una sentenza che accolga la domanda a cui il provvedimento cautelare è strumentale. La differenza tra sospensione ed annullamento (provvedimento definitivo) si coglie solo sotto il profilo quantitativo, mentre sotto il profilo qualitativo il bene della vita attribuito in sede cautelare è lo stesso che attribuirà la sentenza definitiva (Terrusi 386; Tuccillo, 151). La sospensione incide, così, non sulla materiale eseguibilità, bensì sulla efficacia giuridica dell'atto (Terrusi, 390). Si osserva, poi, che la ricostruzione della tutela in termini anticipatori anziché conservativi trova oggi anche sul dato letterale costituito dall'art. 35 d.lgs. n. 5/2003 il quale parla di sospensione dell'«efficacia» della deliberazione e non della sola «esecuzione» della delibera (come invece continua a fare l'art. 2378) (Corea, 2015, 1794; Sacchi-Vicari, 687). In questa prospettiva, il rimedio cautelare sarebbe invocabile anche con riferimento alle deliberazioni che non necessitano di ulteriore attività esecutiva (le delibere self-exetuting, ad esempio, le nomine delle cariche sociali) ovvero che sono già state parzialmente o totalmente eseguite, ma continuano a manifestare una perdurante efficacia rispetto all'organizzazione societaria e alle correlate posizione dei soci (sul punto, Sacchi-Vicari, 686). Sul punto, merita di essere evidenziato che il d.lgs n. 149/2022 ha modificato l'art. 669-octies c.p.c. che, oggi, dispone che l'estinzione del giudizio di merito non determina l'inefficacia dei provvedimenti cautelari di sospensione dell'efficacia delle deliberazioni assunte da qualsiasi organo di società. E' stata, dunque, codificata la natura anticipatoria delle deliberazioni assembleari. Segue. I casi problematiciLe delibere c.d. self executing ovvero le delibere a contenuto organizzativo sono quelle idonee a produrre effetti giuridici in assenza di una specifica attività esecutiva. Premessa la distinzione tra ‘esecutività della deliberazione' (possibilità della deliberazione di essere eseguita) e ‘efficacia della deliberazione (possibilità di produrre effetti), in base alla tesi della natura conservativa della sospensione, la norma consentirebbe solo la sospensione dell'esecuzione materiale della deliberazione. Secondo la tesi della natura anticipatoria, il termine esecuzione non farebbe riferimento alla fase strettamente materiale di attuazione di quanto deciso, ma riguarderebbe la possibilità di efficacia della deliberazione: quindi si dovrebbe far riferimento ai perduranti effetti della deliberazione nella vita sociale. Solo se la deliberazione avesse conseguito tutti i suoi effetti, non sarebbe più possibile la sospensione, in quanto diversamente non si avrebbe più una sospensione, ma una revoca, in via cautelare, della deliberazione asseritamente viziata (Corea, 2008, 193 ss.). Con riferimento alla deliberazione di nomina degli amministratori, si ritiene che sia ammissibile il provvedimento di sospensione in quanto la nomina è destinata a produrre o a mantenere effetti nel tempo (Trib. Bari, 18 maggio 1999, Giur. comm., 2000, II, 333; Trib. Napoli, 13 gennaio 1993, Dir. fall., 1993, II, 572). Si precisa, peraltro, che la sospensione giudiziale della delibera dell'assemblea con cui viene decisa la nomina dei nuovi amministratori ha la funzione di assicurare la salvaguardia della situazione incisa della deliberazione medesima. Conseguentemente deve ammettersi che tale finalità esige — con la contemporanea sterilizzazione, salvi gli atti già compiuti, degli effetti della deliberazione stessa — anche il ripristino della situazione preesistente e quindi la restituzione dei poteri agli amministratori revocati (Trib. Napoli, 23 febbraio 1990, Fall., 1990, II, 911). Alla sospensione della delibera non è di ostacolo l’intervenuta accettazione dell’incarico da parte dell’amministratore unico nominato e l’iscrizione della delibera nel registro delle imprese, quando la deliberazione sia ancora destinata a produrre effetti sulla struttura della società e sulla sua organizzazione (Trib. Milano, 17 maggio 2017). Con riferimento alla deliberazione di approvazione del bilancio, si osserva che il bilancio di esercizio è il documento contabile a carattere dichiarativo e ricognitivo che rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria della società, nonché il risultato economico dell'esercizio di riferimento. In quanto tale, la delibera di approvazione del bilancio non è, di per sé stessa, suscettibile di una propria esecutività, richiesta invece dall'art. 2378 e, quindi, di sospensione (Trib. Roma, 25 luglio 2013; Trib. Roma, 26 gennaio 2015; Trib. Roma, 19 maggio 2015). Ovviamente, però, suscettibili di sospensione saranno, quindi, le successive deliberazioni — ad esempio, quelle che intervengano sul capitale sociale — che presuppongono il bilancio. In via generale, poi, si ritengono che possano costituire oggetto di sospensione le delibere concernenti le operazioni sul capitale sociale (Trib. Napoli, 14 maggio 2014, Not., 2014, 546). Sul punto, si evidenzia che è legittimato a proporre l'impugnazione e, dunque, anche la richiesta di sospensione, anche il socio che abbia perso, per effetto di tale deliberazione, tale qualità (Cass. I, n. 26842/2008; Trib. Napoli, 14 maggio 2014, cit., contra però, Trib. Roma, 10 luglio 2015, Soc., 2015, 1333). Si ritiene, nella giurisprudenza di merito, che l'esecuzione della delibera di approvazione del bilancio e di quella conseguente di riduzione e ricostituzione del capitale sociale inciso da perdite è suscettibile di sospensione, al pari di qualunque deliberazione assembleare, finché gli effetti giuridici che ne derivano non siano divenuti irreversibili (Trib. Milano, 25 ottobre 2012, Soc. 2013, 844; Trib. Roma, 26 gennaio 2015, Trib. Roma, 19 maggio 2015). Segue. Il periculum in moraIl quarto comma dell'art. 2378, innovando il sistema previgente che faceva riferimento ai gravi motivi, ha tipizzato il periculum in mora: il giudice è oggi chiamato alla valutazione comparativa del pregiudizio che subirebbe il ricorrente dall'esecuzione della deliberazione impugnata e del danno che subirebbe la società dalla sospensione dell'esecuzione. Nella valutazione comparativa ai fini della sospensione dell'esecuzione della deliberazione impugnata, il pregiudizio derivante alla società dalla reintegrazione nella carica dell'amministratore revocato, privo della fiducia dei soci di maggioranza, oltre che dal ravvicinato e reiterato avvicendamento di amministratori, è maggiore di quello derivante allo stesso amministratore dalla mancata sospensione (Trib. Palermo, 24 gennaio 2013, Soc., 2013, 1046). Ancora, nella valutazione comparativa richiesta dall'art. 2378, comma 4, è preminente l'interesse del socio di non veder diluita la propria partecipazione rispetto a quello della società di aumentare il capitale sociale in via onerosa, se questa non ha chiaramente indicato le esigenze cui dovrebbe far fronte con tale operazione né ha contestato in giudizio la possibilità di reperire altri mezzi per il proprio finanziamento (Trib. Torino, 4 settembre 2013, Banca, borsa, tit. cred., 2015, II, 604; Trib. Napoli, 14 maggio 2014, Soc., 2014, 999). BibliografiaAbbadessa, L'assemblea: competenza, in Trattato Colombo-Portale, 3, 1, Torino, 1994; Abriani, L'assemblea, in Abriani, Ambrosini, Cagansso, Montalenti, Le società per azioni, in Tratt. 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