Codice Civile art. 2446 - Riduzione del capitale per perdite 1 2.[I]. Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare l'assemblea per gli opportuni provvedimenti. All'assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione. La relazione e le osservazioni devono restare depositate in copia nella sede della società durante gli otto giorni che precedono l'assemblea, perché i soci possano prenderne visione. Nell'assemblea gli amministratori devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione. [II]. Se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori 3. [III]. Nel caso in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l'assemblea straordinaria possono prevedere che la riduzione del capitale di cui al precedente comma sia deliberata dal consiglio di amministrazione. Si applica in tal caso l'articolo 24364.
[2] In tema di misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza Covid-19, v. art. 6 d.l. 8 aprile 2020, n. 23 , conv. con modif., in l. 5 giugno 2020, n. 40, ai sensi del quale: «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quattro, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile». [3] Per la sospensione degli obblighi di cui al presente comma vedi l'art. 8, comma 1, d.l. 24 agosto 2021, n. 118, conv. con modif., in l. 21 ottobre 2021, n. 147. [4] Per la sospensione degli obblighi di cui al presente comma vedi l'art. 8, comma 1, d.l. 24 agosto 2021, n. 118, conv. con modif., in l. 21 ottobre 2021, n. 147 InquadramentoIl capitale sociale, costituito dalla somma del valore nominale dei conferimenti eseguiti dai soci, rappresenta il valore delle attività patrimoniali che i soci si sono impegnati a non distrarre dalla attività di impresa e che non possono liberamente ripartirsi per tutta la durata della società: la relativa disciplina, quindi, mira non soltanto alla tutela dei soci, ma anche a quella dei terzi. Le variazioni negative del patrimonio che intacchino, oltre un certo limite, l'integrità del capitale implicano la necessità dell'adozione di provvedimenti volti a ripristinare quella corrispondenza. In tali casi vengono in rilievo gli artt. 2446 e 2447 che disciplinano l'ipotesi di riduzione del capitale sociale per perdite. La riduzione del capitale può essere facoltativa in quanto rimessa alla discrezionalità dell'assemblea (art. 2446 comma 1) ovvero obbligatoria (artt. 2446 comma 2 e 2447) perché imposta dalla legge. La perdita di oltre un terzo del capitaleSeguendo autorevole dottrina, la perdita rilevante può essere definita come la differenza tra il minore valore contabile del patrimonio netto ed il maggiore importo del capitale nominale, ovvero tra la misura della fattispecie concreta della disciplina del capitale, intesa come valore attuale del patrimonio netto (cd. capitale reale) e quella della sua fattispecie astratta (capitale nominale): conseguentemente, la riduzione del capitale nominale per perdite costituisce una modificazione statutaria volta a riallineare quest'ultima alla prima, restaurando l'originaria corrispondenza del capitale nominale al capitale reale (Abriani 186). Le disponibilità delle società in caso di perdite devono essere intaccate secondo un ordine che tenga conto del grado di facilità con cui la società potrebbe deliberarne la destinazione ai soci; pertanto devono essere utilizzate, nell'ordine, prima le riserve facoltative, poi quelle statutarie, indi quelle legali e da ultimo il capitale. Si tratta di una modalità inderogabile, tant'è che non si potrebbe neppure parlare correttamente di perdite se non nella misura in cui queste ultime eccedano l'ammontare delle riserve. (Cass., 2 aprile 2007, n. 8221). La perdita rilevante ai sensi degli artt. 2446 e 2447 va determinata al netto delle riserve (Cass., 6 novembre 1999, n. 12347) nel senso che prima la società deve assorbire le riserve e gli utili non distribuiti e solo successivamente può ridurre il capitale, nella misura pari alla perdita residua (Trib. Roma, 20 febbraio 2001, in Soc., 2001, 969; Trib. Roma, 17 marzo 2000, in Dir. fall., 2000, II, 1034; Trib. Roma, 12 novembre 1999, in Giur. it., 2000, 969). Gli obblighi degli amministratori in caso di perdite rilevanti. La relazione sulla situazione patrimonialeQualora la perdita ecceda il terzo del capitale sociale subentra l'obbligo a carico degli amministratori di convocare senza indugio l'assemblea al fine di deliberare i provvedimenti opportuni. L'articolo in commento, con la dizione «senza indugio», ha utilizzato una formula volutamente elastica da misurarsi con le necessità del caso concreto (Nobili Spolidoro, 338, Colombo, 872): si ritiene, comunque, che la convocazione debba intervenire entro i trenta giorni previsti dall'art. 2631 (Abriani, 190). L'assemblea si riunisce al fine di adottare i provvedimenti opportuni (cfr., infra). A tal fine, però, è necessaria che essa sia adeguatamente informata: per tale ragione, la norma impone agli amministratori, da una parte, di sottoporre una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione, documenti questi che devono restare depositati in copia per gli otto giorni antecedenti all'assemblea e, dall'altra, di dare, nel corso dell'assemblea, conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione. La relazione deve essere il più possibile aggiornata e deve esporre la situazione patrimoniale con i medesimi obblighi di chiarezza e precisione imposti per la redazione del bilancio di esercizio (Cass. n. 13503/2007) e ha la funzione di informare i soci dettagliatamente dell'impresa e deve porne in evidenza l'eventuale stato di crisi e le ragioni che l'hanno determinata, così da porre in grado i soci medesimi di adottare i provvedimenti opportuni ed evitare lo scioglimento, previsto dall'art. 2448 (Cass., 7 marzo 1992, n. 2764). Non vi è concordia neppure sul grado di aggiornamento della relazione. Mentre la giurisprudenza di legittimità non individua limiti temporali rigidi limitandosi a richiedere che essa sia il più possibile aggiornata (Cass.n. 8221/2007; Cass. n. 23269/2005), la giurisprudenza di merito ha fatto spesso riferimento alla disciplina del bilancio e, dunque, evidenzia come essa non possa essere risalente ad oltre quattro mesi (Trib. Udine, 19 aprile 2000, in Soc., 2000, 1341, Trib. Napoli, 1 ottobre 1998, in Soc., 1999, 346). Peraltro la deliberazione assunta sulla base di una situazione patrimoniale non aggiornata sarebbe nulla in quanto la norma è strumentale alla tutela non solo dell'interesse dei soci ma anche dei terzi (Cass. n. 8221/2007; Trib. Udine, 19 aprile 2000, in Soc., 2000, 1341). Parimenti nulla è la delibera di riduzione del capitale ove assunta sulla base di una situazione economico — patrimoniale già risultata non veritiera (Trib. Napoli, 20 novembre 1996, in Soc., 1997, 493). Segue. I provvedimenti opportuniLa norma si limita a prescrivere che l'assemblea venga convocata per gli opportuni provvedimenti. Non vi è, dunque, un obbligo di procedere immediatamente alla riduzione del capitale sociale potendo l'assemblea rinviare a nuovo le perdite ovvero assumere provvedimenti diversi, quali, ad es., l'accollo della perdita da parte dei soci ovvero operazioni di ripianamento e ristrutturazione, operazioni straordinarie finalizzate alle copertura delle perdite. Ad esempio, si ritiene ammissibile procedere alla copertura delle perdite mediante versamento diretto dei soci nelle casse sociali (App., 21 gennaio 1999, in Giur. it., 1999, 1239; Trib. Genova, 12 febbraio 2002, in Soc. 2003, 616). Secondo una parte della giurisprudenza, i versamenti dei soci in conto di un futuro aumento di capitale dei quali non sia certo il collegamento causale con un futuro e ben determinato aumento, non solo possono, ma debbono essere utilizzati a copertura delle perdite, in coerenza con la loro essenziale e primaria funzione di riserve, e cioè di strumenti di protezione del capitale sociale (Trib. Roma, 17 marzo 2000, in Foro it., I, 748; Trib. Monza, 6 luglio 2001, in Soc., 2002, 600). È certo che tra i provvedimenti opportuni che l'assemblea è legittimata ad assumere rientra anche la riduzione del capitale sociale (Arato 1376, Ferrara, Corsi, 677). È, invece, dubbio se costituisca provvedimento idoneo la delibera di aumento del capitale a pagamento tale da far rientrare le perdite al di sotto della soglia del terzo del capitale medesimo. In senso favorevole si osserva che se è ammesso rinviare a nuovo le perdite, a maggior ragione deve ritenersi possibile l'aumento del capitale che consente un immediato incremento di mezzi propri (Cavanna 444 e sul punto Abriani, 195). In giurisprudenza prevale, però, l'opinione contraria. Si evidenzia, sul punto, come una tale operazione si ponga in contrasto con le esigenze di informazione sottese alla disciplina di cui agli artt. 2446 e 2447 e dell'interesse dei soci ai fini della futura determinazione dell'utile disponibile (App. Trieste, 13 maggio 1993, in Soc., 1993, 1075): l'operazione, infatti, comporta un trascinamento delle perdite per più esercizi e, comunque, un artificioso frazionamento di esse in luogo del loro ripianamento (App. Milano, 13 febbraio 1974, in Giur. comm., 1974, II, 673). La riduzione obbligatoria del capitale socialeCome già evidenziato, in presenza delle perdite che non intacchino il minimo di legge, è consentito all'assemblea soprassedere alla riduzione del capitale sociale ritenendo che esse possano essere riassorbite con la successiva attività sociale. Ove, però, entro l'esercizio successivo la perdita non risulti diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate: in mancanza gli amministratori e i sindaci devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale. La riforma ha risolto la questione concernente la veste dell'assemblea chiamata a deliberare la necessaria riduzione avendo precisato espressamente che si tratta dell'assemblea ordinaria che, da una parte, procederà all'approvazione del bilancio e, dall'altra, opererà riducendo il capitale. La riduzione, peraltro, deve essere rigorosamente proporzionale all'entità delle perdite accertate (App. Milano, 31 gennaio 2003, in Giur. comm., 2003, II, 612; Trib. Roma, 7 marzo 2001, in Dir. fall., 2001, II, 795; Trib. Napoli, 13 aprile 1994, in Soc., 1994, 1554, App. Campobasso, 4 maggio 1989, in Soc., 1989, 851; App. Bologna, 14 ottobre 1988, in Giur. comm., 1990, II, 611). La riduzione facoltativa del capitale socialeQualora la perdita non ecceda il terzo del capitale sociale, la società non è tenuta alla riduzione del capitale sociale, ma ne ha la semplice facoltà (da qui la dizione di riduzione facoltativa). È però discusso se la riduzione del capitale debba seguire la procedura prevista dall'art. 2445 o meno. In favore dell'applicabilità dell'art. 2445 si osserva che: la riduzione in argomento costituisce una riduzione volontaria del capitale sociale come tale soggetta all'integrale disciplina di essa; i creditori verrebbero pregiudicati non potendo opporsi alla contrazione del capitale; all'esito della operazione tornerebbero distribuibili gli utili ai sensi dell'art. 2433 comma 2 altrimenti vincolati; per il futuro, la riserva legale sarebbe di minore entità (Fienghi 68). Altra parte della dottrina evidenzia, invece, che: la riduzione volontaria si distingue dalla riduzione facoltativa prevista dalla norma in commento la quale ultima configura un riallineamento contabile tra capitale e patrimonio netto e non comporta alcuna restituzione ai soci e neppure la liberazione da obblighi di conferimento (Cavanna 441, Belviso, 121, (Nobili, Spolidoro, 332, Abriani, 188, Guerrera, 1202). Questo secondo orientamento, già prevalente in dottrina, è stato confermato dalla giurisprudenza (Cass., 13 gennaio 2006, n. 543). BibliografiaAbriani, La riduzione del capitale sociale nelle S.p.A. e nelle S.r.l. 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