Codice Civile art. 2473 - Recesso del socio 1 .

Guido Romano

Recesso del socio 1.

[I]. L'atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità. In ogni caso il diritto di recesso compete ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell'oggetto o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione [al trasferimento della sede all'estero]2alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall'atto costitutivo e al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto della società determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell'articolo 2468, quarto comma. Restano salve le disposizioni in materia di recesso per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento.

[II]. Nel caso di società contratta a tempo indeterminato il diritto di recesso compete al socio in ogni momento e può essere esercitato con un preavviso di almeno centottanta giorni 3; l'atto costitutivo può prevedere un periodo di preavviso di durata maggiore purché non superiore ad un anno.

[III]. I soci che recedono dalla società hanno diritto di ottenere il rimborso della propria partecipazione in proporzione del patrimonio sociale. Esso a tal fine è determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso; in caso di disaccordo la determinazione è compiuta tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente; si applica in tal caso il primo comma dell'articolo 1349.

[IV]. Il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso deve essere eseguito entro centottanta giorni 4 dalla comunicazione del medesimo fatta alla società. Esso può avvenire anche mediante acquisto da parte degli altri soci proporzionalmente alle loro partecipazioni oppure da parte di un terzo concordemente individuato da soci medesimi. Qualora ciò non avvenga, il rimborso è effettuato utilizzando riserve disponibili o, in mancanza 5, corrispondentemente riducendo il capitale sociale; in quest'ultimo caso si applica l'articolo 2482 e, qualora sulla base di esso non risulti possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto, la società viene posta in liquidazione.

[V]. Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società.

 

[1] V. nota al Capo VII.

[2] Le parole« al trasferimento della sede all'estero» sono state soppresse soppresse dall'art. 51, comma 2, d.lgs. 2 marzo 2023, n. 19.  Ai sensi dell'art. 56, comma 2, del medesimo decreto, il citato art. 51 si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto. La società che ha trasferito la sede statutaria all'estero prima di tale data mantenendo l'iscrizione nel registro delle imprese continua a essere regolata dalla legge italiana e, ai fini della giurisdizione e della legge applicabile, la sua sede si considera ubicata presso il registro delle imprese presso il quale ha mantenuto l'iscrizione. Per l'applicazione, v., inoltre, quanto disposto dai commi 1, 4 e 5 del d.lgs. n. 19, cit.

[3] V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153

[4] V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153

[5] Le parole «, in mancanza,» sono state sostituite alle parole «in mancanza» dall'art. 3 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, come modificato dall'art. 51pp)d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37.

Inquadramento

Il recesso nelle società a responsabilità limitata assume una funzione di tecnica di disinvestimento (Zanarone, 777; Revigliono, 7; Piscitello, 2006, 734), tanto più importante ed efficace in quanto la partecipazione sociale è ben difficilmente negoziabile sul mercato.

L'articolo in commento non disciplina le modalità di esercizio del recesso. Ferma restando la possibilità dell'atto costitutivo di disciplinare dette modalità, si ritiene possibile colmare la lacuna mediante applicazione analogica della disciplina prevista per le società per azioni dall'art. 2437-bis (v.).

In senso contrario, però, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che, in caso di trasformazione di una s.r.l. in s.p.a., la disciplina del recesso del socio assente o dissenziente è quella prevista dall'articolo 2473, comma 1, per il recesso dalla s.r.l. e non invece quella prevista per il recesso dalla s.p.a.. Qualora lo statuto della s.r.l. non preveda un termine per l'esercizio del recesso, sarà il giudice di merito a dover valutare la congruità del termine, ovvero a decidere se il recesso sia stato esercitato entro un termine connotato da caratteristiche di buona fede e correttezza, tenendo conto della pluralità degli interessi coinvolti (Cass., n. 28987/2018).

Le cause di recesso previste nell'atto costitutivo

Il legislatore demanda all'autonomia statutaria di individuare ipotesi di recesso, e di disciplinarne le modalità di esercizio, ulteriori rispetto a quelle inderogabilmente previste dall'articolo in commento. In ragione dell'amplissima autonomia conferita, può assurgere a causa di recesso qualsiasi atto o fatto, anche esterno alla società che abbia su di essa una qualche incidenza, così come l'assunzione di qualsiasi decisione da parte degli organi sociali (aumento di capitale, mutamento sistema di amministrazione, compimento di un particolare atto di gestione etc.) (Calandra Buonaura, 302). In questa prospettiva, sarà possibile anche prevedere il recesso per un solo socio come diritto particolare a lui attribuito (Ventoruzzo, 438; Revigliono, 185; Piscitello, 2015, 476; Guizzardi, 214).

È oggetto di dibattito se l'atto costitutivo possa prevedere il recesso ad nutum (ovviamente nell'ipotesi di società contratta a tempo determinato) ovvero il recesso per giusta causa. Quanto alla prima ipotesi, la tesi favorevole si fonda sulla circostanza che il sistema della società a responsabilità limitata è caratterizzata da minori esigenze di tutela dell'integrità del capitale sociale (Stella Ricther, 404; Ventoruzzo, 204, contra, Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 212; Piscitello, 2015, 476). Parte della dottrina considera, poi, illegittima la clausola dell'atto costitutivo che preveda, genericamente e senza alcuna ulteriore precisazione, la possibilità di recedere per giusta causa (Revigliono, 48; Zanarone, 782; Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 213).

Le fattispecie legali di recesso

Dopo avere demandato all'autonomia privata la possibilità di enucleare fattispecie convenzionali di recesso, il legislatore ha previsto che “in ogni caso” il diritto di recesso compete ai soci in una serie di situazioni che vanno a formare un vero e proprio elenco legale.

Proprio in ragione dell'inciso “in ogni caso” la dottrina ritiene che le cause legali siano inderogabili dall'autonomia privata e ciò pur in assenza di una norma analoga a quella dell'art. 2437 comma 6 dettata per la società per azioni (Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 215; Revigliono, 56; Salvatore, in Comm. S.B. 2014, 416). Dalla inderogabilità delle cause legali di recesso discende poi l'impossibilità per i soci di rendere statutariamente più gravoso l'esercizio del diritto di recesso (nelle fattispecie legali) perché altrimenti se ne indebolirebbe l'imperatività (Guizzardi, ibidem).

La prima causa legale di recesso, indicata nell'articolo in commento, attiene al cambiamento dell'oggetto sociale. Esso presuppone una deliberazione societaria volta a modificare la formulazione letterale dell'attività sociale indicata nell'atto costitutivo con la conseguenza che non assume rilievo il mutamento dell'attività in concreto esercitata dalla società (Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 216). La norma non richiede, come invece avviene per la società per azioni, che il cambiamento dell'oggetto sociale sia «significativo». Questo mancato riferimento ha portato una parte della dottrina a ritenere che giustifichino il recesso anche cambiamenti non rilevanti e minimali (Piscitello, 2006, 731; Maltoni, 2003, 308; Zanarone, 789 che precisa che il mutamento non deve essere solo formale). Altri autori, al contrario, ritengono comunque necessario che la modificazione sia tale da determinare un'alterazione della sostanza e dell'identità dell'operazione di investimento (Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 217; Revigliono, 82; Stella Richter, 405).

Costituisce causa legale di recesso il cambiamento del tipo societario. A differenza dell'art. 2437 dettato per la società per azioni, la norma in commento non parla di trasformazione e, dunque, sembrerebbe escludere il diritto di recesso in caso di trasformazione della società in ente non societario. La dottrina, tuttavia, ritenendo l'omissione frutto di un mancato coordinamento delle norme, propende per una lettura ampia della norma e riconosce il diritto di recesso in tutte le ipotesi di trasformazione, omogenea ed eterogenea (Ventoruzzo, 443; Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 218).

Giustificano il recesso anche la fusione e la scissione: si tratta di ipotesi, non previste nella disciplina delle società per azioni dove tali operazioni possono dare adito al recesso solo se comportano, anche implicitamente, una delle situazioni che lo legittimano (Zanarone, 793).

Con riferimento alla revoca dello stato di liquidazione che la società può sempre deliberare ai sensi dell'art. 2487 ter con le maggioranze previste per la modificazione dell'atto costitutivo, si osserva che il diritto di recesso costituisce il contrappeso all'interesse della società alla prosecuzione dell'attività sociale.

L'art. 51, comma 1, d.lgs. 2 marzo 2023, n. 19 ha soppresso la causa di recesso costituita dal trasferimento della sede sociale all'estero. La soppressione si è resa necessaria per coordinare le disposizioni codicistiche in tema di recesso (artt. 2437 e 2473) con la nuova disciplina dettata per il trasferimento di sede all'estero che, essendo assoggettata al procedimento dettato per le trasformazioni transfrontaliere, contiene specifiche disposizioni a tutela dei diritti dei soci.

Il catalogo dell'art. 2473 prosegue indicando, tra le cause che legittimano il recesso, l'eliminazione di una o più cause di recesso previste dall'atto costitutivo. In tali casi il diritto attribuito al socio dissenziente costituisce uno strumento di reazione di fronte alle decisioni della maggioranza che incidono sull'assetto organizzativo della società (Annunziata, 488). Secondo l'orientamento maggioritario, giustificano l'esercizio del diritto di recesso anche le modificazioni statutarie che, pur senza eliminare formalmente il recesso, ne aggravino le modalità di esercizio o ne riducano la portata (Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 223; Revigliono, 141).

Importa il diritto di recesso anche il compimento di operazioni che comportano una sostanziale modifica dell'oggetto della società. La fattispecie si presenta complementare con quella, sopra esaminata, di cambiamento formale dell'oggetto sociale. Con tale dizione il legislatore ha voluto fare riferimento alle operazioni deliberate dai soci ai sensi dell'art. 2479 comma 2, n. 5 le quali, pur non traducendosi in una modifica formale dell'atto costitutivo, abbiano l'effetto di incidere in modo significativo sull'ambito di attività indicata nell'atto costitutivo (Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 224). Si tratta, dunque, delle decisioni riservate ai soci per le quali non è derogabile il ricorso al metodo assembleare ai sensi dell'art. 2479 commi 2 e 4.

Il riferimento alla modifica «sostanziale» consente di affermare che le operazioni modificative dell'oggetto sociale devono incidere in maniera permanente e durevole sull'investimento del socio importando una modificazione, qualitativa o quantitativa, dell'attività sociale che si traduce in un apprezzabile cambiamento delle condizioni dell'investimento (Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 226; Revigliono, 105).

Giustifica il recesso anche il compimento di operazioni che comportano una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci ai sensi dell'art. 2468 comma 4. Posto che ai sensi della richiamata norma, salva diversa disposizione dell'atto costitutivo, i diritti particolari attribuiti ad alcuni soci possono essere modificati solo all'unanimità, la causa di recesso in esame si riferirebbe, appunto, al solo caso in cui l'atto costitutivo preveda la modificabilità a maggioranza di tali diritti, potendo in difetto di norma contrattuale il socio dissenziente sempre evitare la modificazione esprimendo il proprio voto contrario (Guizzardi, in Tr. Gal. 2012, 227; Annunziata, 492; Revigliono, 152).

Inoltre, sebbene la norma prenda in esame soltanto la «modificazione» dei diritti particolari, deve ritenersi che il recesso sia giustificato anche in ipotesi di eliminazione dei medesimi (Guizzardi, ibidem).

Il recesso in caso di durata indeterminata della società

Il secondo comma della disposizione in commento prende espressamente in considerazione l'ipotesi di società contratta a tempo indeterminato stabilendo che, in tal caso, il diritto di recesso compete a socio in qualsiasi momento e può essere esercitato con un preavviso di almeno centottanta giorni che l'atto costitutivo può elevare fino al massimo di un anno.

La norma tutela l'interesse del socio al disinvestimento evitando che egli resti «prigioniero» della società in assenza di un mercato delle partecipazioni sociali.

Il diritto di recesso spetta a ciascun socio che lo può esercitare in qualunque momento: non essendo correlato ad alcuna deliberazione societaria, esso spetta anche al socio di maggioranza (Piscitello, 2006, 722).

Superando un lungo contrasto, la giurisprudenza di legittimità è giunta ad affermare che, in tema di società di capitali, la previsione di un termine di durata particolarmente lungo, largamente superiore alle aspettative di vita di uno dei soci, non può essere assimilata all'ipotesi di società contratta a tempo indeterminato, con conseguente esclusione del diritto di recesso del socio (Cass., n. 4716/2021).

Ulteriori cause legali di recesso

Ulteriori ipotesi di recesso sono stabilite, a favore del socio di una società a responsabilità limitata, da altre disposizioni del codice civile o da leggi speciali.

In particolare, l'art. 2469 prevede il recesso in ipotesi di intrasferibilità o di vincoli al trasferimento della partecipazione sociale. L'art. 2481 bis prevede, poi, che l'aumento di capitale possa essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi, ma consente, in tali ipotesi, ai soci che non hanno consentito alla decisione di esercitare il diritto di recesso.

Infine, l'art. 34 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 prevede che le modifiche dell'atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale e che i soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso.

Il recesso parziale

È dubbio se il socio possa esercitare il recesso per una parte soltanto della propria partecipazione alla società riducendo così il proprio investimento.

La tesi negativa, fondata sul dato testuale della norma, è maggioritaria in dottrina (Stella Richter, 410; Frigeni, 209; Ventoruzzo, 212; Zanarone, 776; Salvatore, in Comm. S.B. 2014, 420, contra, Piscitello, 2015, 471).

La revoca della causa che legittima il recesso

Come nella società azionaria, anche nella società a responsabilità limitata è attribuito alla società uno ius poenitendi: la società può porre nel nulla il recesso esercitato eliminando gli effetti della delibera che quel recesso ha giustificato (Zanarone, 818).

L'esigenza di certezza e di rapida definizione degli assetti societari interessati dal recesso di uno o più soci è inconciliabile con l'attribuzione al socio recedente della facoltà di revocare la dichiarazione di recesso, già comunicata alla società, o di modificarne la portata subordinandola a condizioni (Cass., 19 marzo 2004, n. 5548).

La liquidazione della quota

La norma tende a far conseguire al socio receduto un valore tendenzialmente corrispondente al valore reale (di mercato) della propria partecipazione (Stella Richter, 231; Calandra Buonaura, 316; Piscitello, 2015, 477) e non, come in passato, sulla base del bilancio di esercizio.

In assenza di un mercato delle partecipazioni in società a responsabilità limitata che consenta l'immediata individuazione del valore della quota, deve essere in primo luogo determinato il valore dell'intero patrimonio sociale (intera azienda sociale) ipotizzando una reale contrattazione finalizzata alla cessione e non alla liquidazione e, quindi, rapportando tale importo alla percentuale di possesso di cui è titolare il socio recedente (Piscitello, 2006, 731; Guizzardi, 250).

La norma non prevede, poi, l'adozione di un particolare criterio di stima: potranno, dunque, essere utilizzati tutti i metodi aziendalistici che possono concorrere ad una valutazione del patrimonio più aderente al valore reale, tenendo anche conto delle prospettive reddituali (Revigliono, 377).

La dottrina maggioritaria evidenzia la legittimità delle clausole dell'atto costitutivo che prevedano criteri di liquidazione più favorevoli per il socio e ciò sia con riferimento alle cause legali di recesso che con riferimento a quelle previste convenzionalmente nell'atto costitutivo (Zanarone, 831). Condizioni peggiorative dei criteri di liquidazione della quota sarebbero possibili soltanto per le ipotesi convenzionali di recesso in ragione dell'ampio spazio di cui gode l'autonomia statutaria (Piscitello, 2015, 478; Ventoruzzo, 309). Una parte della dottrina, tuttavia, ritiene illegittimi criteri di liquidazione più favorevoli al recedente in quanto contrastanti con le esigenze di tutela dei creditori (Guizzardi, 252).

Quanto al procedimento di liquidazione, il quarto comma dell'art. 2473 ripete la stessa scansione di quello previsto per la società per azioni e mira a realizzare l'uscita del recedente senza sottrarre ricchezza alla società, mantenendo inalterata la proporzione delle partecipazioni dei soci (Piscitello, 2015, 478). Il procedimento, dunque, si articola in cinque fasi, logicamente e temporalmente successive: acquisto da parte dei soci, acquisto da parte di un terzo concordemente individuato, rimborso mediante riserve disponibili e, infine, riduzione del capitale sociale ai sensi dell'art. 2482. In caso di impossibilità di liquidare la quota con tali metodologie, la società viene posta in liquidazione.

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