Codice Civile art. 2475 ter - Conflitto di interessi (1).Conflitto di interessi (1). [I]. I contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza della società in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con la medesima possono essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo. [II]. Le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, qualora le cagionino un danno patrimoniale, possono essere impugnate entro novanta giorni (2) dagli amministratori e, ove esistenti, dai soggetti previsti dall'articolo 2477. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione. (1) V. nota al Capo VII. (2) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153. InquadramentoL'articolo in commento disciplina due specifiche ipotesi di conflitto di interessi degli amministratori: quella del contratto concluso dagli amministratori che hanno la rappresentanza della società in conflitto di interessi (primo comma) e quella dell'impugnabilità delle decisioni assunte dal consiglio di amministrazione della società per effetto del voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi (secondo comma). Per quanto riguarda la nozione di conflitto di interessi, secondo la dottrina, versa in conflitto di interessi l'amministratore che, con riferimento ad una precisa operazione, risulti titolare di un centro d'imputazione di interessi personali la cui realizzazione si ponga in contrasto con gli interessi di natura patrimoniale della società o che possano risultare comunque pregiudizievoli nei confronti degli stessi (Pomelli, 1959). Sussiste conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato qualora il terzo persegua interessi propri o di terzi incompatibili con quelli del rappresentato, cosicché all'utilità conseguita o conseguibile dal rappresentante o dal terzo corrisponda o possa corrispondere il danno del rappresentato. L'accertamento dell'esistenza del conflitto deve essere, peraltro, condotto sulla base del contenuto e delle modalità dell'operazione, prescindendo da una contestazione di formale contrapposizione di posizioni, che può valere come semplice elemento presuntivo di conflitto (Cass., 26 settembre 2005, n. 18792, ma si veda, altresì, Cass., 26 agosto 1998, n. 8472, in Foro it. 2000, I, 2939). Il legislatore non ha ritenuto opportuno introdurre una disciplina generale in ordine agli obblighi degli amministratori in conflitto di informazione preventiva o di astensione e ciò a differenza non solo del regime previgente alla riforma del diritto societario, ma anche della disciplina dettata per le società per azioni. I contratti conclusi dagli amministratori in conflitto di interessiIl comma 1 dell'art. 2475-ter introduce, all'interno del diritto delle società, una norma rispondente al principio generale sancito dall'art. 1394 in materia contrattuale. La norma è applicabile agli amministratori unici, amministratori delegati con poteri rappresentativi e anche gestori (rientranti nella delega loro conferita), amministratori muniti di poteri di rappresentanza, ma privi dei corrispondenti poteri di gestione, amministratori rappresentanti in regime di amministrazione disgiuntiva (Abriani, 588). Nel termine «contratti» utilizzato dalla norma devono ritenersi ricompresi tanto i contratti sinallagmatici quanto i contratti associativi con comunione di scopo tanto ancora i contratti a prestazione unilaterale (donazione, comodato, fideiussione) (sul punto Abriani, 588; Santosuosso, 2003, 218). In assenza di specificazioni normative, l'interesse dell'amministratore può essere di qualunque natura e, quindi, patrimoniale o meno. Non è poi richiesto che vi sia una assoluta incompatibilità tra la realizzazione dell'interesse sociale e quello dell'amministratore (Abriani, 590). Legittimata all'impugnazione del contratto è, secondo la norma in commento, esclusivamente la società, quale titolare dell'interesso oggetto della tutela apprestata. Il termine di prescrizione, conformemente al disposto di cui all'art. 1442, è di cinque anni decorrenti dalla data dell'atto. L'annullamento delle delibereIl comma 2 dell'art. 2475 ter prevede l'impugnabilità, ad opera degli amministratori e dei soggetti previsti nell'art. 2477, delle delibere adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, qualora le cagionino un danno patrimoniale. La norma utilizza il termine «decisione» in consonanza con il disposto di cui all'art. 2475 quarto comma che ammette che l'atto costitutivo possa prevedere che le decisioni del consiglio di amministrazione siano adottate mediante consultazione scritta ovvero sulla base del consenso espresso per iscritto. I presupposti per l'annullamento della decisione sono, dunque, l'esistenza del conflitto di interessi dell'amministratore, il voto determinante ed il danno patrimoniale per la società. La decisione può essere impugnata solo se il voto dell'amministratore in conflitto è stato determinante per il raggiungimento del quorum richiesto per l'adozione di quella decisione (c.d., prova di resistenza; sul punto, Salvatore, in Comm. S.B. 2014, 468). Si discute se il danno patrimoniale che la società subisce dall'adozione della delibera debba necessariamente essere effettivo e concreto. Il confronto della norma in argomento con il disposto di cui all'art. 2479 ter porterebbe a ritenere necessaria l'effettività del danno: infatti, l'articolo da ultimo menzionato prevede l'impugnabilità delle decisioni dei soci che siano state assunte con la partecipazione determinante di soci in conflitto di interessi «qualora possano recare danno alla società». La diversità della dizione contenuta nell'art. 2475 ter giustificherebbe, quindi, la necessità di un danno effettivo (in questo senso, Salvatore, in Comm. S.B. 2014, 469). Ai fini dell'impugnazione delle decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, occorre che la decisione rechi un danno effettivo alla società e non solo potenziale, ricavandosi tale conclusione dal confronto letterale dei disposti dell'art. 2475 ter e art. 2479 ter (Trib. Genova, 2 maggio 2013). Il danno deve essere poi ravvisato nella lesione dell'interesse sociale alla conservazione del patrimonio (Abriani, 592) ovvero dell'interesse alla redditività dell'impresa sociale (Ventoruzzo, 640). La legittimazione ad impugnare spetta agli amministratori e, ove previsti, all'organo di controllo o al revisore nominati ai sensi dell'art. 2477. In mancanza di indicazioni di senso contrario, deve ritenersi che siano legittimati non solo gli amministratori assenti o dissenzienti, ma anche quelli consenzienti. Tuttavia, tra questi ultimi, in dottrina taluni ravvisano la legittimazione solo degli amministratori che non fossero a conoscenza del conflitto (così, Perrino, 575), mentre altri la estendono anche a quelli consapevoli della situazione di conflitto (Irrera, 1872). Sulla possibilità per i soci di impugnare le decisioni del consiglio di amministrazione, si rinvia al commento all'art. 2388. BibliografiaAbriani, in Comm. Gabrielli, Milano, 2015; Ambrosini, in Comm. Niccolini-Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004; Angelillis-Sandrelli, in Comm. 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