Codice Civile art. 2552 - Diritti dell'associante e dell'associato.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Diritti dell'associante e dell'associato.

[I]. La gestione dell'impresa o dell'affare spetta all'associante [2554].

[II]. Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare l'associato sull'impresa o sullo svolgimento dell'affare per cui l'associazione è stata contratta.

[III]. In ogni caso l'associato ha diritto al rendiconto dell'affare compiuto, o a quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno [2261, 2320 3, 2476].

Inquadramento

L'associazione in partecipazione, nella quale l'apporto dell'associato, avendo carattere strumentale all'esercizio dell'impresa o per lo svolgimento dell'affare dell'associante, può essere di qualsiasi natura e consistere anche nella prestazione di un'attività lavorativa (senza vincolo di dipendenza), non resta esclusa dal patto che attribuisca al primo un potere di controllo, ove la conduzione dell'impresa o dell'affare e la conseguente responsabilità verso i terzi rimangano a carico del secondo (Cass. n. 2016/1993). La disposizione di cui al comma 1 dell'art. 2552, che, in tema di associazione in partecipazione, prevede, di regola, che la gestione dell'impresa spetti all'associante, è derogabile, potendo il contratto affidare all'associato poteri di gestione sia interna che esterna, sempre che egli ripeta i propri poteri dall'associante (Cass. n. 1191/1997). Il contratto di cointeressenza — sia nella forma «propria», caratterizzata dalla partecipazione del cointeressato agli utili e partecipazione del cointeressato agli utili e alle perdite della impresa dell'associante, senza il corrispettivo di un determinato apporto; sia nella forma «impropria», caratterizzata da tale apporto, ma con esclusione del cointeressato alla partecipazione alle perdite — si differenzia dal contratto di società per la mancanza di un autonomo patrimonio comune, risultante dai conferimenti dei singoli soci, e per l'assenza di una gestione in comune dell'impresa che è esercitata, anche nei rapporti interni, dal solo associante, cui compete di svolgere ogni attività relativa all'impresa stessa secondo la propria libera Determinazione, con l'assunzione della responsabilità esclusiva verso i terzi; mentre il cointeressato può esercitare eventualmente — ove sussista apposito patto e nei limiti in esso fissati — soltanto un controllo sulla gestione dell'impresa della quale resta dominus l'associante (Cass. n. 3442/1985).

Generalità

L'esercizio dell'affare o dell'impresa e non solo diritto dell'associante, che dunque gode dei relativi poteri (De Acutis, 195), ma anche suo obbligo verso la controparte, sicché è tenuto a iniziare o proseguire l'attività (De Ferra G., in Comm. S. B., 5), e la sua inerzia totale o comunque mancato perseguimento di parte dei fini a cui è preordinata l'attività di gestione può legittimare l'azione di risoluzione per inadempimento ai sensi dell'art. 1453 qualora detto comportamento si protragga oltre ogni ragionevole tolleranza (Cass. n. 6701/1992). Peraltro, la associante non può modificare l'oggetto dell'impresa, né iniziare un'attività in concorrenza. Più in generale, la associante non può porre in essere atti idonei a peggiorare la situazione di redditività dell'impresa ovvero dell'affare, anche se non è tenuto tuttavia a impedirne la sopravvenuta antieconomicità, dotandola di nuovi mezzi (De Acutis, 192).

In linea generale, l'associato non può in alcun modo di ingerirsi nella gestione né rilasciare pareri o autorizzazioni, né tanto meno assumere la posizione sostanziale di imprenditore rispetto all'impresa da esercitare (Cass. n. 6549/1983).

In tema di associazione in partecipazione, l'autonomia che, di regola, si accompagna alla titolarità esclusiva dell'impresa e della gestione da parte dell'associante trova limite sia nell'obbligo del rendiconto ad affare compiuto o del rendiconto annuale della gestione che si protragga per più di un anno, ex art. 2552, comma 3, c.c., sia, in corso di durata del rapporto, nel dovere generale di esecuzione del contratto secondo buona fede, che si traduce nel dovere specifico di portare a compimento l'affare o l'operazione economica entro il termine ragionevolmente necessario a tale scopo; ne consegue che, alla stregua dei principi generali sulla risoluzione dei contratti sinallagmatici per inadempimento, applicabili all'associazione in partecipazione, l'inerzia o il mancato perseguimento da parte dell'associante dei fini cui l'attività d'impresa o di gestione dell'affare è preordinata determina un inadempimento che, quando si protragga oltre ogni ragionevole limite di tolleranza può, perciò, secondo l'apprezzamento del giudice del merito, dar luogo all'azione di risoluzione del contratto, secondo le regole indicate negli artt. 1453 e 1455 c.c. (Cass. n. 20159/2022, nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la richiesta di risoluzione di un contratto di associazione in partecipazione relativo ad immobili da costruire, ritenendo che le parti non avessero indicato un termine specifico ed essenziale per la realizzazione dell'affare, mentre il mancato inoltro del rendiconto non costituiva inadempimento grave dell'associante, in quanto lo stesso aveva messo a disposizione documentazione ritenuta equipollente, consistente nei propri bilanci ed allegati contabili).

Il controllo dell'associato

La mancata redazione del rendiconto ovvero del bilancio — inadempimento che non produce di per sé risolubilità del contratto, dovendosene valutare in ogni caso la gravità ai sensi dell'art. 1455 (Cass. n. 8027/2000) — consente all'associato di chiedere il rendiconto giudiziale (Guglielmucci, 21).

Rendimento del conto

In un contratto di associazione in partecipazione in cui sia prevista la corresponsione all'associato di una percentuale degli utili dell'impresa, può costituire inadempimento grave dell'associante la mancata tenuta della contabilità prevista dal contratto stesso per consentire all'altra parte il controllo degli introiti, anche se per la natura e le dimensioni dell'impresa, non sussista l'Obbligo legale della tenuta di libri e scritture contabili (Cass. n. 96/1970). Nel contratto di associazione in partecipazione se vi sia stata tra le parti — alla cessazione dell'impresa o al compimento dell'affare — la liquidazione delle pendenze fino a quel momento, il rapporto non può dirsi esaurito se vi sia la possibilità di sopravvenienze attive o passive, dipendenti dalla natura stessa dell'affare; in tal caso ogni singola sopravvenienza va considerata come diritto di credito singolo che può essere azionato appena nasce e da tale epoca decorre quindi la prescrizione decennale (Cass. n. 226/1974). In tema di associazione in partecipazione, il rendimento del conto non è l'unico, né il principale adempimento dovuto dall'associante all'associato, sicché, il mancato rendimento del conto non comporta, necessariamente e qualunque sia concretamente la tua importanza, la risolvibilità del contratto, trovando applicazione il criterio dell'art. 1455 (Cass. n. 8027/2000).

Lo scioglimento del rapporto

Quanto alla risoluzione per inadempimento, e se è stata pronunciata nel caso di mancata tenuta della contabilità, prevista dal contratto per consentire all'altra parte il controllo degli introiti (Cass. n. 96/1970); nel caso di mala fede dell'associato il quale, invece di curare gli interessi comuni, aveva disconosciuto questi medesimi interessi fino alla possibile estrema conseguenza di defraudare la associante del di lui diritto di proprietà (Cass. n. 2201/1971); ovvero nel caso di inerzia dell'associante rispetto al perseguimento di fini a cui è preordinata l'attività dedotta in contratto (Cass. n. 1992/6701). In ordine alla risoluzione per impossibilità sopravvenuta, si discute circa le ipotesi in cui l'esercizio dell'impresa si attui con perdite tali da non consentirne la prosecuzione e ci si domanda se in tal caso il diritto di sciogliersi dal contratto di associazione in partecipazione spetti al solo associante ovvero anche all'associato.

Bibliografia

: De Acutis, L'associazione in partecipazione, 1999, 151; De Ghidini, Associazione in partecipazione, in Enc. dir., III, Milano, 1958, 201; Guglielmucci, I certificati di partecipazione, 1991, 22; Ferri, Associazione in partecipazione, voce in Dig. comm., Torino, 508; Minervini, Le partecipazioni agli utili e riserva legale nelle società di capitale, in Banca, borsa e tit. cred. 1965, I, 39.

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