Codice Civile art. 2565 - Trasferimento della ditta.Trasferimento della ditta. [I]. La ditta non può essere trasferita separatamente dall'azienda. [II]. Nel trasferimento dell'azienda per atto tra vivi [2556] la ditta non passa all'acquirente senza il consenso dell'alienante. [III]. Nella successione nell'azienda per causa di morte la ditta si trasmette al successore, salvo diversa disposizione testamentaria. InquadramentoCon riguardo al trasferimento di azienda per atto tra vivi, il contestuale trasferimento anche della ditta (ai sensi del comma 2 dell'art. 2565) deve essere oggetto di una distinta manifestazione di volontà negoziale, che tuttavia non richiede un'esplicita menzione della ditta nell'atto di trasferimento, potendo la volontà di estendere quest'ultimo alla ditta ricavarsi dall'interpretazione dell'atto, sulla base dei criteri interpretativi indicati dagli artt. 1362 e ss. (Cass. n. 7305/2009). L'alienazione dell'azienda, se comporta il trasferimento dell'unicum costituito dal complesso dei vari beni organizzati, non impedisce ne che da tale trasferimento sia escluso qualcuno di detti beni, purché la mancanza di esso non comprometta l'unita economica aziendale, ne che il passaggio dei singoli beni all'acquirente, condizione di fatto indispensabile per lo sfruttamento della organizzazione aziendale, avvenga per un titolo diverso dalla alienazione dell'azienda nel suo complesso. Lo stabilire quali siano, in concreto, i beni trasferiti con l'alienazione della azienda e le modalità di consegna dei medesimi costituisce un accertamento che, implicando la risoluzione di una quaestio voluntatis, e demandato all'insindacabile apprezzamento del giudice del merito (Cass. n. 2058/1980). Con riguardo alla ditta, che contenga il prenome ed il cognome dello imprenditore, qualora detto prenome venga ad assumere, nel corso del tempo, una funzione predominante, indicando e contrassegnando, nello ambiente della clientela, l'intera impresa, deve riconoscersi allo imprenditore medesimo il diritto di far uso esclusivo di tale prenome, e correlativamente, il diritto di vietare che altri, dello Esercizio di analoga attività, se ne avvalga per la propria ditta o per la propria insegna. Questo principio trova applicazione anche nel caso di cessione dell'azienda, tenuto conto che sia la ditta che l'insegna seguono l'azienda, nei suoi trasferimenti, solo in presenza di uno specifico patto fra il precedente ed il nuovo titolare (Cass. n. 1715/1985). GeneralitàIl divieto di trasferimento della ditta separatamente dall'azienda previsto dall'art. 2565 presuppone la produttività quanto meno potenziale dell'azienda, per cui esso non è operante quando non sia o non sia più ravvisabile la presenza di una vera e propria organizzazione dei beni e servizi (Cass. n. 4036/1995). L'imprenditore, ha la facoltà di disporre di più ditte ed ha la possibilità, qualora produca beni o servizi differenziati destinando ad essi aziende o beni aziendali distinti, di cedere una propria attività unitamente o disgiuntamente all'insegna che contraddistingue i beni interessati, insieme o disgiuntamente ad una sua ditta (Cass. n. 8034/2000). Il trasferimento della ditta, necessariamente collegato a quello dell'azienda, ai sensi dell'art. 2565, comma 2, può aver luogo anche quando sia trasferita non l'intera organizzazione aziendale, ma solo un ramo di essa suscettibile di un'organica unità (Cass. n. 1256/1959). Successione mortis causaAi sensi degli artt. 2563 e 2565, la ditta, che può continuare ad essere intitolata al nome dell'imprenditore defunto, si trasmette ai successori unitamente all'azienda, in mancanza di una diversa disposizione testamentaria. Tale trasferimento comporta la possibilità di continuare l'esercizio dell'impresa come originariamente denominata, compreso il nome del titolare non più in vita, che può costituire un elemento indispensabile, o quanto meno utile, per la conservazione dell'avviamento commerciale, perché indice di una continuità operativa, che vale anche a tutelare coloro che abbiano avuto rapporti con l'originario imprenditore (Cass. n. 5899/2002). BibliografiaAscarelli, Teoria della concorrenza e dei beni materiali, Milano, 1960, 399; Auteri, voce Ditta, in Enc. giur., Roma, 1989, 3; Campobasso, Diritto commerciale, I, Torino, 2013, 164; Di Cataldo, Manuale di diritto industriale, 244; Greco, I diritti sui beni immateriali, 76; Mangini, voce: Ditta, in Dig. comm., V, Torino, 1990, 79; Martorano, Manuale di diritto commerciale, a cura di Buonocore, Torino, 2013, 503; Salandra, Manuale di diritto commerciale, I, Milano, 1996, 87; Vanzetti, La nuova legge marchi, Milano, 2001, 38. |