Codice Civile art. 2599 - Sanzioni.Sanzioni. [I]. La sentenza che accerta atti di concorrenza sleale ne inibisce la continuazione e dà gli opportuni provvedimenti affinché ne vengano eliminati gli effetti [2600]. InquadramentoIn tema di concorrenza sleale, il carattere essenziale e tipico dell'azione inibitoria ex art. 2599 è quello di apprestare una tutela giurisdizionale preventiva rivolta verso il futuro. Ne consegue che la pronuncia di inibitoria implica non solo l'ordine di cessare una attività in atto, ma anche quello di astenersi in futuro dal compiere una certa attività, pur se nel frattempo cessata (Cass. n. 6226/2013). In tema di concorrenza sleale, la funzione dell'azione inibitoria di cui all'art. 2599 mette capo ad una pronuncia che, sebbene non suscettibile di attuazione diretta nelle forme dell'esecuzione forzata, può costituire oggetto di giudicato, consentendo di «acquisire» ad un eventuale secondo giudizio di cognizione l'accertamento, compiuto nel primo giudizio, dell'illiceità dell'atto ex art. 2598; i principi sui limiti oggettivi di tale giudicato sono rispettati se fra i due comportamenti (quello considerato nella pronuncia inibitoria e quello successivamente realizzato) sussista un'identità di genere e specie, all'interno della quale le eventuali variazioni meramente estrinseche e non caratterizzanti non possono fare escludere l'operatività della pronuncia medesima; ne consegue che se oggetto della seconda azione non è l'accertamento dell'adempimento del giudicato formatosi sulla prima pronuncia inibitoria, bensì la verifica di nuovi comportamenti pubblicitari in funzione anticoncorrenziale, la predetta identità non sussiste, né dunque può essere invocato alcun giudicato (Fattispecie decisa con riguardo ad una prima pronuncia che inibiva ad una società l'uso di una certa denominazione nella pubblicità se non previa adozione di particolari accorgimenti, oggetto di azione ritenuta dalla S.C. diversa rispetto alla successiva azione con cui veniva domandata sia l'inibizione totale all'utilizzo della medesima denominazione altresì nella ragione sociale del concorrente convenuto sia l'accertamento dell'usurpazione del marchio) (Cass. n. 13067/2008). InibitoriaIn tema di concorrenza sleale, la funzione essenziale e tipica dell'azione inibitoria di cui all'art. 2599 è quella di apprestare una tutela giurisdizionale preventiva, attuantesi nella pronuncia contenente l'ordine rivolto ad una parte del processo di astenersi in futuro dal ripetere determinati atti commessi in violazione degli obblighi di non fare previsti dall'art. 2598. Pertanto, anche la pronuncia inibitoria, sebbene non suscettibile di attuazione diretta nelle forme dell'esecuzione forzata, può costituire oggetto di giudicato, consentendo di acquisire ad un eventuale secondo giudizio di cognizione l'accertamento, compiuto nel primo giudizio, dell'illiceità dell'atto ex art. 2598. I principi sui limiti oggettivi di tale giudicato sono rispettati se fra i due comportamenti (quello considerato nella pronuncia inibitoria e quello successivamente realizzato) sussista un'identità di genere e specie, all'interno della quale le eventuali variazioni meramente estrinseche e non caratterizzanti non possono fare escludere l'operatività della pronuncia medesima (Cass. n. 8080/1995). In tema di concorrenza sleale, la funzione dell'azione inibitoria di cui all'art. 2599 mette capo ad una pronuncia che, sebbene non suscettibile di attuazione diretta nelle forme dell'esecuzione forzata, può costituire oggetto di giudicato, consentendo di «acquisire» ad un eventuale secondo giudizio di cognizione l'accertamento, compiuto nel primo giudizio, dell'illiceità dell'atto ex art. 2598; i principi sui limiti oggettivi di tale giudicato sono rispettati se fra i due comportamenti (quello considerato nella pronuncia inibitoria e quello successivamente realizzato) sussista un'identità di genere e specie, all'interno della quale le eventuali variazioni meramente estrinseche e non caratterizzanti non possono fare escludere l'operatività della pronuncia medesima; ne consegue che se oggetto della seconda azione non è l'accertamento dell'adempimento del giudicato formatosi sulla prima pronuncia inibitoria, bensì la verifica di nuovi comportamenti pubblicitari in funzione anticoncorrenziale, la predetta identità non sussiste, né dunque può essere invocato alcun giudicato (Fattispecie decisa con riguardo ad una prima pronuncia che inibiva ad una società l'uso di una certa denominazione nella pubblicità se non previa adozione di particolari accorgimenti, oggetto di azione ritenuta dalla S.C. diversa rispetto alla successiva azione con cui veniva domandata sia l'inibizione totale all'utilizzo della medesima denominazione altresì nella ragione sociale del concorrente convenuto sia l'accertamento dell'usurpazione del marchio) (Cass. n. 13067/2008). Provvedimenti opportuniL'avvenuta spontanea cessazione di atti di concorrenza sleale vale ad escludere la necessita di inibirne la continuazione, ma non esclude l'opportunità di provvedimenti idonei ad eliminarne gli effetti residui e permanenti, ne esclude la condanna al risarcimento del danno se si provi che essi sono stati commessi con dolo o colpa (Cass. n. 3296/1976). PrescrizioneL'azione di risarcimento del danno, per concorrenza sleale consistente in reiterata contraffazione di brevetto, si collega ad una pluralità di fatti illeciti, atteso che, indipendentemente dal carattere permanente del comportamento concorrenziale in sé considerato e del relativo illecito, i pregiudizi patrimoniali dal medesimo dipendenti si traducono in autonomi eventi, collegati a ciascun episodio di contraffazione. Detta azione, pertanto, in applicazione della prescrizione di cui all'art. 2947 primo comma, è riferibile soltanto ai danni verificatisi nei cinque anni anteriori alla domanda (o ad altro atto idoneo ad interrompere la prescrizione) (Cass. n. 8559/1994). Le azioni derivanti dalla concorrenza sleale sono soggette alla prescrizione quinquennale stabilita dall'art 2947 (Cass. n. 1754/1974). BibliografiaCottino, Diritto commerciale, I, Padova, 1999, 253; Ghidini, I limiti negoziali alla concorrenza, Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 1981, 89. |