Codice Civile art. 2615 ter - Società consortili (1).Società consortili (1). [I]. Le società previste nei capi III e seguenti del titolo V possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati nell'articolo 2602. [II]. In tal caso l'atto costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di versare contributi in denaro. (1) Articolo inserito dall'art. 4 l. 10 maggio 1976, n. 377. InquadramentoNel caso di «società-consorzio», cioè di società commerciale che venga costituita fra più imprenditori, come consentito dall'art. 2615-ter (introdotto dalla l. n. 377/1976) per il perseguimento di finalità consortili, di disciplina e coordinamento delle rispettive attività, restano interamente applicabili le disposizioni sui consorzi dettate dagli artt. 2602 e ss., tenuto conto che l'espressa previsione in questo senso contenuta nell'art. 2620, comma 1, non può trovare limitazioni o deroghe, sotto il profilo della compatibilità di tali disposizioni con quelle dettate in tema di società, perché, nell'indicata fattispecie, la società non viene impiegata nella sua funzione tipica, ma come strumento di attuazione di una volontà diversa, specificamente riconosciuta e regolamentata dalla legge. Anche nella «società-consorzio», pertanto, sono operanti le disposizioni degli artt. 2603, 2609 e 2610 con riguardo allo scioglimento del vincolo consortile rispetto al singolo consorziato (Cass. n. 5787/1982). In materia di società consortile costituita secondo il tipo delle società di capitali (nella specie, Srl), la causa consortile può comportare la deroga delle norme che disciplinano il tipo adottato, qualora la loro applicazione sia incompatibile con profili essenziali del fenomeno consortile, fermo restando che siffatta deroga non può giustificare lo stravolgimento dei principi fondamentali che regolano il tipo di società di capitali scelto, al punto da renderlo non più riconoscibile rispetto al corrispondente modello legale; tra i principi inderogabili rientra quello recato dall'art. 2472, comma 1, in virtù del quale nella Srl, per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio — fatta eccezione nel caso disciplinato dall'art. 2497, secondo comma, — con conseguente inapplicabilità alla società consortile srl dell'art. 2615, comma 2 - che prevede la responsabilità solidale dei singoli consorziati con il fondo consortile per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio — salvo che la responsabilità dei consorziati consortile sia prevista da specifiche norme, come nel caso di società consortile srl appaltatrice di lavori pubblici (artt. 21, l. n. 584/1977; art. 23, comma 7, d.lgs. n. 406/1991; art. 13, comma 2, l. n. 109/1994 - ora abrogate dal d.lgs. n. 163/2006) (Fattispecie alla quale ratione temporis non era applicabile la disciplina stabilita dal d.lgs. n. 6/2003) (Cass. n. 18113/2003). In materia di società consortile costituita secondo il tipo delle società di capitali, la causa consortile giustifica la deroga delle norme che disciplinano il tipo di società di capitali scelto, salva l'inderogabilità delle norme che fissano le regole fondamentali del tipo, tra queste di quella recata dall'art. 2472, comma 1, in virtù del quale nella Srl, per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio, secondo un principio concernente anche la società consortile r.l. costituita per l'esecuzione di opere pubbliche appaltate alle imprese consorziate, caratterizzata da peculiarità che non giustificano la deroga della regola della limitazione della responsabilità; in contrario, non rileva che il beneficio della limitazione della responsabilità presuppone, di regola, una elevato grado di separazione tra soci e società, sia in quanto l'introduzione nel nostro ordinamento della società unipersonale a r.l. dimostra che il riconoscimento del beneficio della limitazione della responsabilità è frutto di scelte di politica legislativa piuttosto che di detta circostanza, sia in quanto, proprio in materia di appalti pubblici, il carattere eccezionale della responsabilità illimitata e solidale dei consorziati per le obbligazioni assunte dalla società consortile nei confronti dei terzi è dimostrato dal fatto che essa è stata inizialmente prevista esclusivamente nei confronti dell'ente appaltante (art. 21, l. n. 584/1977; art. 23, comma 7, d.lgs. n. 406/1991) e, successivamente, è stata estesa nei confronti dei subappaltatori e dei fornitori dall'art. 13, comma 2, l. n. 109/1994, con norma che non ha efficacia retroattiva (In applicazione di siffatto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso nei confronti di una società consortile srl, appaltatrice di lavori pubblici, e dei soci su istanza di due fornitori in riferimento a contratti ai quali, ratione temporis, era inapplicabile l'art. 13, comma 2, l. n. 109/1994 ed il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6/2003) (Cass. n. 18113/2003). GeneralitàIn tema di società consortili, qualora un soggetto (nella specie, ente pubblico territoriale, in persona della Regione Marche) assuma una partecipazione al capitale di una società consortile per azioni (nella specie, con legge regionale) «secondo le norme del codice civile», concedendo a quest'ultima finanziamenti a titolo di contributo (nella specie, per le spese di acquisizione delle aree necessarie allo svolgimento dell'attività sociale ed alla progettazione ed esecuzione dei relativi manufatti), tale contributo (che costituisce una forma di finanziamento della società) non genera alcun obbligo di remunerazione o di restituzione, dovendosi nettamente distinguere dai prestiti sociali, ed assimilarsi, invece, ai «versamenti a fondo perduto», con la conseguenza che, fallita la società consortile, nessun diritto all'ammissione al passivo può essere legittimamente vantato dal finanziatore (Cass. n. 11081/2004). In materia di società consortile costituita secondo il tipo delle società di capitali, la causa consortile può comportare la deroga delle norme che disciplinano il tipo adottato, senza però giustificarne lo stravolgimento dei connotati fondamentali, dovendosi tenere conto che non può comunque essere eliminata o elusa la «causa consortile», il cui inserimento nella struttura sociale adottata, da parte dei consorziati, introduce una limitazione, almeno interna, delle disposizioni applicabili al particolare tipo di società prescelto. (Nell'enunciare il suddetto principio, la S.C. ha precisato che quella consortile costituisce non solo scopo o oggetto della convenzione negoziale, ma vera e propria causa giuridica ovvero requisito del contratto, la cui non rispondenza, originaria o sopravvenuta, alla concreta realtà effettiva può assumere rilievo, ai sensi dell'art. 1344, se tesa a violare norme tributarie) (Cass. n. 13293/2011). Il controllo giudiziario di cui all'art. 2409 non è applicabile nei confronti dei consorzi con attività esterna, salvo che tali enti siano costituiti nella forma di società consortili ai sensi dell'art. 2615-ter (App. Salerno, 17 dicembre 2007). Lo scopo mutualistico non osta, anche ai fiscali, allo svolgimento da parte della società consortile di una distinta attività commerciale a scopo di lucro, dovendosi, in tale evenienza, accertare i rapporti intercorsi tra la società consortile e le consorziate nell’assegnazione dei lavori o servizi e nell’esecuzione delle commesse, sì da poter determinare – con onere a carico del singolo consorziato – se sia o meno necessario il “ribaltamento” integrale o parziale dei costi e dei ricavi (Cass. S.U., n. 12190/2016). Versamenti in denaroNelle società consortili costituite a norma dell'art. 2615-ter, pur quando si tratti di società a responsabilità limitata, è sempre consentito, in ragione della causa mutualistica, prevedere statutariamente l'obbligo dei soci di versare contributi in denaro, ulteriori rispetto ai conferimenti di capitale gravanti su ciascuno di essi. In particolare, l'atto costitutivo (o lo statuto che lo integra) può istituire in capo ai soci obblighi di contribuzione commisurati alle perdite di gestione di volta in volta registrate in un bilancio regolarmente approvato (non implicando ciò alcuna assunzione di responsabilità illimitata dei soci nei confronti dei creditori sociali), come pure può rimettere agli amministratori o all'assemblea la facoltà di porre a carico dei consorziati obblighi di ripianamento totale o parziale dei costi di gestione dell'impresa consortile, purché si tratti di perdite o di costi imputabili al bilancio della società ed a condizione che siffatta previsione figuri espressamente nel contratto sociale, di modo che l'obbligo del socio possa trovare nelle risultanze di quel bilancio (con i relativi strumenti di controllo) la sua concreta determinazione (Cass. n. 122/2005). BibliografiaAscarelli, Teoria della concorrenza e di beni immateriali, Milano, 1960, 123; Bonvicini, Associazione temporanee di imprese, in Enc. giur., Roma, 1988, 1 ss.; Cottino, Diritto commerciale, Padova, 1999, I, 276; Volpe Putzolu, I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi, Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 1981, 365. |