Codice Civile art. 2625 - Impedito controllo (1).Impedito controllo (1). [I]. Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo legalmente attribuite ai soci, o ad altri organi sociali, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.329 euro (2). [II]. Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, si applica la reclusione fino ad un anno e si procede a querela della persona offesa. [III]. La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (3). (1) V. nota al Titolo XI. (2) Comma modificato dall'art. 37, comma 35, del d.lg. 27 gennaio 2010, n. 39 Il testo precedente recitava: «Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.329 euro». (3) Comma inserito dall'art. 39 2 lett. a) l. 28 dicembre 2005, n. 262. InquadramentoIl diritto di querela per il reato di impedito controllo spetta a tutti i soci che abbiano subito un danno patrimoniale, indipendentemente dal fatto che questo sia stato immediatamente determinato dal comportamento degli amministratori ovvero indirettamente causato dal pregiudizio recato al patrimonio sociale dallo stesso comportamento (Cass. n. 38393/2012). Il reato di impedito controllo (art. 2625, comma 2) si consuma con il verificarsi dell'evento di danno previsto dalla fattispecie incriminatrice — necessariamente successivo alla condotta dell'impedimento del controllo perché a questa legata da un rapporto di causalità — con la conseguenza che solo dalla verificazione del danno decorre il termine per presentare la querela (Cass. n. 11639/2012). In tema di reati societari, il giudice penale che accerti l'avvenuta abolitio criminis del reato di impedito controllo della gestione sociale — originariamente previsto dall'art. 2623, n. 3, — ad opera dell'art. 2625, introdotto dal d.lgs. n. 61/ 2002, il quale prevede che la condotta di impedito controllo, quando non abbia cagionato danno ai soci, sia punita con sanzione pecuniaria amministrativa — non ha l'obbligo di trasmettere gli atti alla autorità amministrativa competente ad applicare le sanzioni in ordine all'illecito depenalizzato, non sussistendo alcuna disposizione transitoria del d.lgs. n. 61 del 2002 che preveda un tale obbligo, mentre il legislatore, laddove ha ritenuto necessaria tale trasmissione, ha dettato un'espressa previsione (ad esempio per gli illeciti valutari), posto che detto obbligo si pone in contrasto con il principio di irretroattività della sanzione amministrativa sancita dall'art. 1 della legge n. 689 del 1981, che non può essere derogato se non nelle ipotesi tassativamente previste. Nè sono applicabili — trattandosi di violazione antecedente l'entrata in vigore del d.lgs. n. 61/ 2002 — le disposizioni transitorie di cui alla l. n. 689/1981, ovvero l'art. 2, comma 3, c.p., in quanto tale previsione disciplina l'ipotesi di successione di leggi penali e non quella in cui sopravvenga una legge che trasforma il fatto costituente reato in illecito amministrativo. Con la conseguenza che in nessun caso l'autorità amministrativa può applicare alla violazione dell'art. 2623 n. 3 una sanzione ai sensi dell'art. 2625 come modificato (Cass. n. 21064/2004). In tema di bancarotta fraudolenta impropria da reato societario, la nuova formulazione dell'art. 223, comma 2, n. 1, legge fallimentare, introdotta dall'art. 4 d.lgs. n. 61/2002, non ha riprodotto, tra i fatti-reato che possono essere causa o concausa di dissesto societario, l'art. 2623 che, al n. 3), prevedeva il fatto degli amministratori che impediscono il controllo della gestione sociale da parte del collegio sindacale. La tutela del regolare esercizio dell'attività di controllo è ora affidata ad una nuova disposizione, quella contenuta nell'art. 2625, che ha depenalizzato, in parte, l'illecito previsto dal vecchio art. 2623 (nel caso in cui non vi siano stati danni per i soci), prevedendo, in ipotesi contraria, una fattispecie delittuosa punibile a querela della persona offesa (Nel caso di specie, la S.C., nel riqualificare l'originario addebito, formulato ai sensi degli artt. 223 l. fall. (per la nuova disciplina v. art. 329, d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), in relazione all'art. 2623, ora abrogato, ha ritenuto che, sussistendo il danno per i soci, residuasse la fattispecie di cui al comma secondo dell'art. 2625, relativamente alla quale, però, non risultando proposta la querela nel termine di legge — sia pure con la decorrenza stabilita dall'art. 5 d.l.gs. n. 61/2002, e cioè dalla data di entrata in vigore della stessa normativa — ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, con la formula corrispondente) (Cass. n. 25510/2003). Il reato di impedito controllo di cui all'art. 2625, comma 2, può essere integrato anche da condotte meramente ostruzionistiche tese a impedire o ad ostacolare la partecipazione del socio all'assemblea ovvero dal reiterato e consapevole diniego, anche non esplicitamente manifestato, di fornire al socio, che ne abbia fatto ripetuta richiesta, la documentazione necessaria al controllo della gestione dell'impresa (Cass. n. 13803 /2019). Nel reato di impedito controllo, previsto dall'art. 2625, la condotta di impedimento, di natura non necessariamente attiva, deve attenere in modo specifico alle funzioni di controllo esercitabili da ciascun socio sulla gestione ed amministrazione della società (Cass. n. 49550 /2018 ). BibliografiaAlessandri, Diritto penale e attività economiche, Bologna, 2010, 280; Antolisei, Manuale di diritto penale. 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Seminara, Padova, 2002, 265; Foffani, Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di Palazzo - Paliero, Padova, 2003, 1923; Gambardella, Il “ritorno” del falso in bilancio, tra fatti materiali rilevanti, fatti di lieve entità e fatti di particolare tenuità, in Cass. pen. 2015, 1722; Lanzi, Quello strano scoop del falso in bilancio che torna reato, in Guida dir. 2015, f. 26, 10 ss.; Micheletti, I nuovi illeciti penali ed amministrativi riguardanti le società commerciali, a cura di Giunta, Torino, 2002, 109; Mucciarelli, Le “nuove” false comunicazioni sociali: note in ordine sparso, in dirittopenalecontemporaneo.it 2015, 4; Musco, I nuovi reati societari, con la collaborazione di M.N. 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