Codice Civile art. 2732 - Revoca della confessione.

Giusi Ianni

Revoca della confessione.

[I]. La confessione non può essere revocata se non si prova che è stata determinata da errore di fatto o da violenza [1434].

Inquadramento

La confessione ha valore di prova legale rispetto ai fatti che ne costituiscono l'oggetto, che il giudice deve, quindi, considerare come ammessi. La dichiarazione confessoria è, tuttavia, impugnabile se frutto di errore di fatto o di violenza.

La revoca della confessione

A norma dell'art. 2732 la confessione può essere revocata soltanto se, oltre a dimostrare l'inveridicità della dichiarazione, si provi che essa sia stata determinata da errore di fatto o da violenza (Cass. n. 26985/2013). Ne consegue che, dovendo il dichiarante allegare e provare anche il vizio d'origine della dichiarazione confessoria, al fine dell'invalidazione non è sufficiente dedurre prove testimoniali limitatamente alla non rispondenza al vero del fatto confessato (Cass. n. 17716/2020). Peraltro, benché la norma in commento parli di “revoca” della confessione, ci si trova di fronte, in realtà, secondo la giurisprudenza di legittimità, ad una forma di invalidità della dichiarazione confessoria, non essendo gli effetti sostanziali e processuali di essa rimessi alla volontà del dichiarante (Cass. n. 15618/2004). Cause tipiche e tassative di impugnazione della dichiarazione confessoria sono l'errore di fatto e la violenza. L'errore di fatto postula la prova dell'erroneo convincimento, da parte del confitente, che il fatto confessato fosse vero (Cass. n. 1309/1995). Ai fini della revoca della confessione per errore di fatto è necessario, quindi, dimostrare non solo la inesistenza del fatto confessato, ma anche che al momento della confessione il confitente versava in errore, provando quelle circostanze che lo avevano indotto all'erroneo convincimento che il fatto confessato fosse vero (Cass. n. 9777/2016).  L'errore non deve, invece, essere essenziale e riconoscibile, non trovando applicazione la disciplina dell'errore quale vizio del consenso contrattuale (Cass. n. 136/1985). Parlando, inoltre, specificamente l'art. 2732 di errore sul fatto oggetto di confessione, deve escludersi la rilevanza dell'errore di diritto, che cada sulle conseguenze giuridiche del fatto confessato o sugli effetti probatori della confessione.

Quanto alla violenza, invece, si è ritenuto in dottrina che la norma faccia riferimento alle sole ipotesi di violenza morale (generando la violenza fisica un'ipotesi di nullità della confessione) e che questa debba presentare gli stessi caratteri richiesti dall'art. 1435 ai fini dell'annullamento del contratto, dovendo apparire tale da far impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole (Andrioli, 20).

Le ipotesi di impugnazione della dichiarazione confessoria, secondo la giurisprudenza di legittimità, sono tassative, per cui resta esclusa la possibilità di chiederne, ad esempio, l'annullamento per dolo, al di là del caso in cui esso si risolva in errore di fatto (Cass. n. 1483/1995), così come è irrilevante l'eventuale simulazione (Cass. n. 3921/2006). La disciplina di cui all'art. 2732 è considerata applicabile anche alla quietanza, stante il suo valore di confessione stragiudiziale (Cass. S.U., n. 19888/2014).

Bibliografia

Andrioli, Confessione, in Nss. Dig. It., Torino, 1959, 20

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario