Codice Penale art. 270 quinquies - Finanziamento di condotte con finalita' di terrorismo 1

Angelo Valerio Lanna

Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (1) (2).

[I] Chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. La stessa pena si applica nei confronti della persona addestrata, nonché della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle condotte di cui all'articolo 270-sexies (3).

[II] Le pene previste dal presente articolo sono aumentate se il fatto di chi addestra o istruisce è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (4).

(1) Articolo inserito dall'art. 15, comma 1, d.l. 27 luglio 2005, n. 144, conv., con modif., in l. 31 luglio 2005, n. 155In tema di misure di prevenzione, v. art. 4, comma1 lett. d)e (per una particolare aggravante) 71 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

(2) Ai sensi dell’art. 1, comma 3 bis, d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv., con modif. in l. 17 aprile 2015, n. 43, la condanna per i delitti previsti dagli articoli 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1 e 270-quinquies del codice penale comporta la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale quando è coinvolto un minore.

(3) L'art. 1, d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv., con modif., in l. 17 aprile 2015, n. 43, ha inserito, l'ultimo periodo in fine al comma, e ha inserito la parola "univocamente" in sede di conversione.

(4) Comma inserito dall'art. 1, d.l. n. 7 del 2015, conv., con modif., in l. 17 aprile 2015, n. 43. In sede di conversione sono state aggiunte le parole "di chi addestra o istruisce".

competenza: Corte d'Assise

arresto: obbligatorio

fermo: consentito

custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 3, c.p.p.)

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Delitto compreso nel Capo Primo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato. Trattasi di una figura introdotta nell’ordinamento dalla l. n. 153/2016, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 185 del 9 agosto 2016 ed entrata in vigore il 24 agosto 2016 (Norme per il contrasto al terrorismo, nonché ratifica ed esecuzione: a) della Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; b) della Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York il 14 settembre 2005; c) del Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003; d) della Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; e)del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatto a Riga il 22 ottobre 2015.).

Per ciò che attiene al bene giuridico tutelato, esso si identifica con la sicurezza dello Stato e con l’ordine pubblico, che potrebbero ovviamente risultare minacciati da attività anche solo preparatorie, rispetto alla materiale perpetrazione di atti di terrorismo. Attività che però si risolvono sostanzialmente nell’accrescimento delle possibilità logistiche, operative e finanziarie, possibilità che vengono messe a disposizione di potenziali autori di fatti criminosi connotati dalla finalità terroristica; e che aumentano pertanto il pericolo che vengano effettivamente commessi atti di violenza o di sabotaggio. In questo senso, la nuova fattispecie si prefigge evidentemente il compito di reprimere condotte che spalleggino, fiancheggino, offrano comunque un sostegno finanziario al fenomeno terroristico.

La ratio della norma coincide con l’esigenza di approntare una risposta quanto più possibile ampia, efficace e preventiva, rispetto a forme di aggressione che – per efferatezza e complessità – hanno necessità di potersi avvalere di risorse economiche di notevole entità. L’idea di fondo del Legislatore, dunque, è evidentemente quella di impedire proprio l’accumulo delle risorse e delle possibilità finanziarie e logistiche (in questo senso, si tratta di una condotta tipica che si situa ben a monte, rispetto alla perpetrazione degli atti materiali di violenza). Il parere favorevole espresso dalla IV Commissione permanente (Difesa) della Camera, in ordine al disegno di legge propedeutico alla l. 153/2016, è infatti motivato nel modo che segue: «…sottolineato come il provvedimento costituisca un ulteriore significativo passo in avanti sul piano dell’adeguamento legislativo nella direzione di una pronta risposta alla minaccia terroristica e per una sempre più efficace cooperazione multilaterale nella lotta al terrorismo».

Sotto il profilo dogmatico e strutturale, il legislatore ha configurato il presente delitto come una ipotesi residuale, prevedendo una clausola di riserva e quindi stabilendone una relazione di sussidiarietà, rispetto alle ipotesi principali ex artt. 270 bis e 270 quater.1 (il modello legale in esame può infatti restare integrato, testualmente: “al di fuori dei casi di cui agli articoli 270 bis e 270 quater.1”). I primi commentatori della nuova norma, peraltro, non hanno mancato di sottolineare una evidente incongruenza, data dalla particolare asprezza sanzionatoria della norma in esame, rispetto alla previsione incriminatrice concernente invece colui che sia associato a fini terroristici.

La pretesa irragionevolezza della pena, prevista in egual stessa misura negli artt. 270-bis, comma 1 e 270-quinquies.1è stata così stigmatizzata: “L'identità sotto il profilo sanzionatorio delle due fattispecie sembrerebbe equiparare il soggetto che isolatamente finanzia una condotta terroristica ai sensi della nuova norma (reclusione da 7 a 15 anni) a colui che svolge la medesima attività ma in seno ad un'associazione criminale (270-bis ), attività quest'ultima che andrebbe considerata connotata da maggiore disvalore.” (Centonze e Giovedì). 

Con riferimento alla ratio della disposizione in esame, è agevole sottolineare come si tratti di una norma configurata secondo lo schema del reato di pericolo, connotato da un notevole arretramento della soglia di punibilità, secondo la logica dell’intervento preventivo. Una strutturazione legislativa alla quale si assiste sempre più di frequente, nel nostro ordinamento, soprattutto in tema di delitti attinenti al terrorismo. Tale anticipazione della punibilità non ammette però serie alternative, laddove veramente si persegua l’intento di politica criminale di approntare reazioni tempestive ed adeguate, rispetto ad un fenomeno tanto allarmante ed invasivo quale il terrorismo. Una risposta che, naturalmente, non potrebbe essere garantita attraverso il semplice ricorso allo schema del tentativo; uno schema che consentirebbe una risposta repressiva solo in presenza di condotte già integranti “atti idonei diretti in modo non equivoco” e quindi già sostanzialmente attuative dell’intento terroristico.

La natura di reato di pericolo risulta del resto chiarita e rafforzata dalla previsione – forse addirittura pleonastica – della punibilità del soggetto agente «anche indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi per la commissione delle citate condotte». Il legislatore adopera qui il termine <<fondi>>; nella fase descrittiva della condotta tipica, invece, aveva delineato l’oggetto dell’attività di raccolta punita facendo riferimento a <<beni o denaro>>. Già i primi interpreti della norma si sono pertanto interrogati sul punto, ponendosi il problema se, nel caso di raccolta, ad esempio, di oggetti (dunque di beni e non di fondi) occorra poi l’effettivo impiego, perché possa dirsi realizzata la fattispecie tipica. Sembra però preferibile – in quanto più aderente alla struttura ed alla ratio della norma – pensare che il termine «fondi» qui vada a sovrapporsi alla dizione «beni o valori», così indicando la consumazione del reato anche in caso di mera raccolta, non seguita da materiale utilizzo, di oggetti, strumenti, marchingegni o altro, che comunque non sia strettamente riconducibile alla categoria dei «valori».

I soggetti

 

Soggetto attivo

La nuova norma è costruita come reato comune, in quanto se ne può rendere protagonista – secondo l’espressa dizione legislativa - chiunque. Sarebbe a dire, sia il cittadino italiano, sia lo straniero.

Soggetto passivo

Questo è sicuramente lo Stato italiano, in quanto titolare dei beni giuridici protetti dalla tipologia di aggressione che è sanzionata dalla norma in esame. Non sfuggirà poi il richiamo all’art. 270-sexies, disposizione che a sua volta fornisce la descrizione normativa del concetto di “finalità di terrorismo”. E siccome l’art. 270-sexies contempla anche condotte che vengano perpetrate in danno di un Paese straniero, ovvero che prendano di mira un’organizzazione internazionale, se ne deve dedurre che anche tali istituzioni possano divenire soggetto passivo della norma in argomento.

Materialità

 

La condotta tipica

Il fatto punito viene delineato dal legislatore in modo molto analitico ed articolato; la norma in commento – inserita nell’ordinamento dall’art. 4 comma 1, lett. a) della sopra citata l. n. 153/2016, è una fattispecie costruita secondo lo schema del reato a condotta vincolata (lo “stampo esteriore del comportamento illecito” – secondo la definizione corrente - è infatti già in astratto interamente tipizzato nell’archetipo normativo).  Trattasi come detto di norma sussidiaria, che trova applicazione solo in via residuale, ossia fuori dei casi in cui risulti integrato il delitto di associazione con finalità di terrorismo ex art. 270-bis o di organizzazione di trasferimenti con finalità di terrorismo, di cui all’art. 270-quater. Le condotte indicate dal modello legale sono ovviamente fra loro alternative, delineando ciascuna di esse una modalità realizzativa pienamente compiuta. Ciò premesso, si rende quindi protagonista di tale fattispecie di reato chi, secondo la previsione di cui al comma 1:

  1. raccoglie, ossia si premura di mettere insieme, di radunare, di riunire, di accumulare determinate cose;
  2. eroga, ovvero elargisce, destina, distribuisce o comunque assegna ad un determinato scopo;
  3. mette a disposizione, che significa evidentemente porre alcunché nella disponibilità fisica o giuridica di altri.

Commette invece il fatto tipizzato al comma 2 colui che:

  1. deposita, ovvero depone, alloca i beni o il denaro in un posto che ne possa consentire la conservazione, il mantenimento delle caratteristiche, la funzionalità, l’integrità;
  2. custodisce (verbo che è qui sinonimo di conserva), sorveglia, tiene al riparo da intromissioni o ingerenze di terzi, mantenendo pronto all’uso ciò che si è conservato.

L'oggetto della condotta

L’azione tipica deve avere luogo sulle seguenti cose:

- beni, ossia oggetti di qualsiasi genere, che abbiano un valore economico tale da renderli funzionali rispetto al perseguimento degli scopi terroristici;

denaro, dizione ampia, che pacificamente ricomprende anche il riferimento a valori finanziari di qualsivoglia tipo.

La norma postula poi che i beni o il denaro risultino adoperabili per la commissione di condotte caratterizzate da un fine terroristico; condotte che siano dunque collimanti con il paradigma normativo ex art. 270 sexies.

Elemento psicologico

Il coefficiente psicologico richiesto dalla norma è il dolo specifico: occorre quindi la consapevolezza e volontà di realizzare condotte di raccolta, o di erogazione, o comunque di messa disposizione di terzi, con la conoscenza però del fine ultimo che deve poi sorreggere gli agenti. Sarebbe a dire che l’attività sopra descritta, oggettivamente atta a integrare il fatto tipico ora in esame dovrà esser posta in essere con la piena coscienza dell’esistenza di un intento ulteriore, che deve legare la condotta del soggetto attivo del reato a quelle dei fruitori dei beni o del denaro raccolti. L’attività di accumulo o di erogazione deve infatti essere accompagnata dalla consapevolezza del tipo di utilizzo che poi si andrà a fare, di quel materiale o di quei valori raccolti (rectius, la condotta deve essere proprio fondata sulla volontà di perseguire tale scopo ultimo).

È forse utile evidenziare come – in tema di esegesi e pratica applicazione giudiziaria della norma – occorrerà comunque verificare l’idoneità dell’attività di raccolta o erogazione, rispetto alla concretizzazione dei fini specifici perseguiti dall’agente. Controllare dunque che l’attività di erogazione, raccolta o messa a disposizione oggetto della previsione incriminatrice – oltre il mero dato psichico della conoscenza e volizione del fine terroristico – abbia poi materialmente una intrinseca attitudine, pur minimale, rispetto al raggiungimento dello scopo. Dunque, che la raccolta monetaria abbia raggiunto una soglia minima quantitativa almeno apprezzabile; che i beni raccolti o messi a disposizione conservino una qualche potenzialità comunque agevolatrice, rispetto al raggiungimento del sopra detto fine ultimo.

Consumazione e tentativo

La fattispecie ora in esame è costruita secondo lo schema del reato di pericolo, caratterizzato da una marcata anticipazione della soglia di punibilità; viene quindi ricondotta nel campo del penalmente rilevante una tipica attività prodromica, rispetto al materiale compimento di gesti genuinamente definibili come terroristici.

La condotta tipica si consuma – come detto in maniera alternativa, secondo le diverse modalità realizzative che sono state dettate dal legislatore - nel momento in cui viene iniziata la raccolta di oggetti o di fondi, ovvero vi sia una effettiva erogazione, oppure infine vi sia una messa a disposizione di soggetti in grado di compiere atti di terrorismo.

Il fatto tipizzato dal secondo comma della norma, invece, giungerà a consumazione allorquando i beni o il denaro vengano depositati o custoditi, per un lasso di tempo almeno valutabile.

Circa la configurabilità del tentativo, chi scrive nutre più di una perplessità; si potrà infatti forse configurare tale schema solo in casi davvero limite, di rarissima ricorrenza. Dal momento infatti che non vi è la postulazione normativa di un criterio-soglia dell’attività tipica di raccolta, erogazione o messa a disposizione, pare evidente come debba stabilirsi un semplice confine esterno, rispetto all’indifferente penale. E dunque, sembra difficilmente immaginabile il fatto di colui che, ad esempio, realizzi atti idonei e diretti in modo non equivoco alla messa a disposizione di denaro.

Circa l’attività di raccolta – e la configurabilità del tentativo in tale caso - è stato invece scritto quanto segue: “…non è difficile ipotizzare il compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco alla raccolta di questi fondi: ad esempio l’apertura di una sottoscrizione via internet cui non segua alcun versamento da parte di terzi. È chiaro  che l’attività di raccolta, in più delle volte, sarà propedeutica all’erogazione o alla messa a disposizione delle somme o dei beni e che, quanto più ci si avvicina, in questa progressione criminosa, ai destinatari del finanziamento, tanto più semplificata è la raccolta delle prove” (Cisterna, 58).

Profili processuali

Il reato in esame è reato procedibile d'ufficio e di competenza della Corte d'Assise [art. 5 comma 1 lett. d), secondo periodo c.p.p.]; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare.

Per esso:

a ) è possibile disporre intercettazioni;

b ) l'arresto in flagranza è previsto come obbligatorio [art. 380 comma 2 lett. a) c.p.p.];

c ) il fermo è consentito;

d ) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

L'art. 371-bis c.p.p., come novellato dall'art. 9 comma 4, lett. b) d.l. n. 7/2015, convertito con modificazioni nella l. n. 43/2015, ha riservato i procedimenti di cui all'art. 51 comma 3-quater c.p.p. – ossia quelli per reati concernenti il terrorismo – al procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo; quest'ultimo ha anche, ai sensi dell'art. 117 comma 2 bis c.p.p., la possibilità di accedere al registro delle notizie di reato, al registro di cui all'art. 81 del d.lgs. n. 159/2011, oltre che a tutti gli altri registri relativi al procedimento penale e al procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione.

  1. L'art. 5 della succitata l. n. 153/2016 ha modificato il testo del d.l. n. 7/2015, convertito con modificazioni dalla l. n. 43/2015. E infatti, all'art. 8, comma 2 lett. a), del d.l. n. 7/2015, dopo le parole: « 270-quinquies » sono ora inserite le parole: « 270-quinquies.1 ». Si tratta della norma che prevede – con la sola eccezione delle fattispecie di cui agli artt. 270 secondo comma, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1, 270-quinquies, 270-quinquies.1, 302,306 secondo comma e 414 quarto comma c.p. – l'impossibilità di autorizzare, ai sensi dell'art. 18 l. n. 124/2007, condotte previste dalla legge come reato per le quali non è opponibile il segreto di Stato, a norma dell'articolo 39 comma 11 della medesima legge n. 124 del 2007. In pratica ciò sta a significare che il personale appartenente ai servizi di informazione e sicurezza potrà essere autorizzato a concretizzare condotte tali da integrare tale nuova figura di reato (finanziamento di condotte con finalità di terrorismo); a tale figura di nuova creazione viene dunque esteso quanto già previsto dalla legge – con il limite temporale del 31 gennaio 2018 – in relazione a talune fattispecie criminose inerenti al terrorismo.

Responsabilità degli enti

- L’art. 25-quater d.lgs n. 231/2001 prevede la responsabilità degli enti, allorquando vengano perpetrati fatti delittuosi caratterizzati da un fine di terrorismo o di eversione. Laddove l’ente stesso, ovvero anche solo una sua struttura parziale, vengano utilizzati in via principale – oppure almeno in via prevalente – con la finalità di consentire o agevolare la commissione di fatti terroristici o eversivi, si potrà irrogare la sanzione interdittiva dall’esercizio dell’attività, in via definitiva, ai sensi dell’art. 16 comma 3 d.lgs. n.  231/2001.

Confisca

Per quanto attiene alla confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e di quanto ne costituisca il prezzo, il prodotto o il profitto, nel caso in cui si proceda per reati commessi con la finalità di terrorismo indicata dall’art. 270-sexies, si rinvia al commento al nuovo art. 270-septies, inserito dall’art. 4 comma 1 lett. b) della l. n. 153/2016.

Bibliografia

 Centonze e Giovedì, “Terrorismo, ultimo atto: blanchiment d’argent e terrorismo nucleare”, in IlPenalista.it, 29 agosto 2016; Cisterna, “Fino a venti anni per chi utilizza ordigni nucleari”, in Guida dir., settembre-ottobre 2016, Dossier n. 5.

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