Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 2 - Liquidazione coatta amministrativa e fallimento.Liquidazione coatta amministrativa e fallimento.
La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l'autorita' competente a disporla. Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga. Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell'art. 196. InquadramentoLa liquidazione coatta amministrativa rappresenta una manifestazione dell'ingerenza dello Stato nell'economia, consentendo all'autorità di vigilanza di determinare, in chiave spiccatamente sanzionatoria, la chiusura delle imprese non solo insolventi, ma anche irregolari o anomale, e ciò nell'ottica della finalità di assicurare che l'attività economica pubblica e privata sia indirizzata a fini sociali. Quanto alla natura dell'istituto, si ritiene che la liquidazione coatta amministrativa sia lo strumento per estinguere i rapporti dell'ente, non l'ente in quanto tale. Essa si caratterizza per essere la sola procedura concorsuale la cui applicazione può prescindere dalla qualità di imprenditore commerciale del soggetto passivo: l'istituto si giustifica per tutti quei fenomeni nei quali la natura di ente pubblico del soggetto prevale sulla funzione d'impresa dell'attività svolta (Costa, 71). A differenza del fallimento che riguarda genericamente gli imprenditori commerciali, la liquidazione coatta amministrativa riguarda esclusivamente singole figure imprenditoriali, individuate da leggi speciali, in relazione all'importanza che essi rivestono nell'economia nazionale, agli interessi generali che ne risultano coinvolti e alle ripercussioni di un eventuale loro dissesto (Aprile, 21). La diversità di finalità perseguite dalla procedura si rispecchia nella diversità di presupposti, stabili dalle singole leggi speciali: certamente ma, con pari dignità, violazioni di legge o di regolamenti volti alla disciplina del mercato, ovvero la non conformità all'interesse generale dell'attività così come esercitata in concreto (Aprile, cit., 22). La norma in esame regola i rapporti tra fallimento e liquidazione coatta amministrativa: alle origini, la legge fallimentare prevedeva solo queste sue forme concorsuali coattive, con la conseguenza che le imprese che testualmente non erano assoggettabili a liquidazione coatta amministrativa, se in stato di insolvenza, erano assoggettabili a fallimento. Oggi invero la situazione è cambiata: per le imprese non assoggettabili a liquidazione coatta amministrativa, la legge prevede, oltre al fallimento, procedure amministrative, quali l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza. Riforma della legge fallimentareLa riforma approvata non ha offerto alcuna sostanziale novità rispetto alla previgente normativa della liquidazione coatta amministrativa, essendo prevalsa la scelta di non alterare il quadro normativo esistente (Costa, cit., 72). Invece, la Commissione Trevisanato aveva elaborato due innovative proposte di modifica dell'istituto: mentre il testo di maggioranza prevedeva la soppressione dell'istituto, il testo alternativo disponeva una sensibile limitazione dell'ambito applicativo dello stesso. Si auspicava, come necessaria, in sede di attuazione della delega, l'abrogazione della norma regolatrice del concorso fra liquidazione coatta amministrativa e fallimento, di cui all'art. 196 l.fall., con la conseguenza della soppressione del periodo finale del comma 2 nonché dell'intero comma 3 dell'articolo in esame. Interventi della Corte costituzionaleOccorre ricordare la sentenza Corte cost. del 26 giugno 1975 n. 159, che ha riconosciuto la legittimità costituzionale degli artt. 2, 196, 202 l.fall., e 2540 c.c. (vedi ora 2545-terdecies), in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., osservando che l'innegabile carattere amministrativo della procedura e la prevalente considerazione degli interessi generali, non implicano una riduzione dei controlli giurisdizionali, tale da abbandonare alla discrezionalità amministrativa lo svolgimento della procedura, in danno dei creditori. Imprese soggette a liquidazione coatta amministrativaÈ la legge speciale che di volta in volta determina quali sono le imprese sottoponibili alla liquidazione coatta amministrativa. Si legga sub art. 194. Imprese soggette sia a liquidazione coatta amministrativa sia al fallimentoVi è una difficoltà a conciliare il tenore letterale del secondo comma dell'art. 2 con il disposto di cui all'art. 196, giacché il principio generale portato dal comma 2 è nel senso che, tendenzialmente, la liquidazione coatta amministrativa è incompatibile con il fallimento, a meno che la legge non preveda diversamente, mentre l'art. 196 sembrerebbe considerare il concorso tra le due procedure come regola generale (Costa, cit., 73). Nel caso di concorso tra liquidazione coatta amministrativa e fallimento, vale la regola della prevenzione, che accorda preferenza alla procedura che è stata aperta per prima (Aprile, cit., 22). Quanto alle cooperative, l'art. 2545-terdecies c.c. prevede che siano assoggettabili ad entrambe le procedure secondo il predetto criterio della prevenzione solo se svolgono attività commerciale, altrimenti esse possono essere sottoposte solo a liquidazione coatta amministrativa (Trib. Pordenone, 9 luglio 2008). Altri ritengono preferibile affermare che l'articolo in esame ponga il principio dell'unicità della procedura, salvo deroga, e che l'espressione dell'art. 196, se pure con una formula in negativo, intenda riferirsi proprio alla espressa previsione normativa dell'esistenza della deroga che consente il ricorso, se pure in via alternativa, alle due procedure (Sandulli, 13). In realtà, l'autorità amministrativa di vigilanza ha la possibilità di seguire l'attività dell'impresa controllata e di conoscerne l'andamento in modo tempestivo, sicché deve ritenersi che l'ambito di conflitto tra le due procedure deve ritersi assai limitato. BibliografiaAprile, La legge fallimentare, Commentario teorico – pratico, Padova, 2011, 21; Costa, Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006, 71; Pajardi, sub art. 2, in Pajardi, Codice del fallimento, Milano, 2013; Sandulli, la Riforma della legge fallimentare, Torino, 2006, 13. |