Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 52 - Crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa.

Rosaria Giordano

Crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa.

1. I crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore sono soddisfatti in prededuzione a norma dell'articolo 111, primo comma, numero 1), della legge fallimentare, anche nel fallimento successivo alla procedura di amministrazione straordinaria.

Inquadramento

L'art. 20 del decreto in esame ha chiarito che i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione di insolvenza sono soddisfatti in pre-deduzione, ai sensi dell'art. 111, n. 1 l.fall.

La norma in esame ribadisce, quindi, che detti crediti sono prededucibili anche nell'amministrazione straordinaria e nel fallimento che eventualmente consegua a questa procedura.

Sulla controversa nozione di crediti pre-deducibili, la S.C., anche alla luce delle modifiche intervenute sull'art. 111 comma 2, l.fall., ha chiarito che detta norma, nell'affermare la prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, li individua sulla base di un duplice criterio, cronologico e funzionale, in tal modo prefigurando un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte all'interno della procedura, ma tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare e, conseguentemente, sugli interessi del ceto creditorio. Il criterio di funzionalità dei crediti rispetto alla procedura concorsuale impone una valutazione da operarsi «ex ante» e opera quando le prestazioni erogate dal terzo, per il momento e il modo con cui sono assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, si coordinino razionalmente con il quadro operazionale da questi attivato, così da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa, almeno preparatoria, di una procedura concorsuale (Cass. I, n. 280/2017).

I crediti prededucibili nell'evoluzione della normativa

L'art. 20 del decreto in esame ha chiarito che i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione di insolvenza sono soddisfatti in prededuzione, ai sensi dell'art. 111, n. 1 l.fall.. L'art. 52 ribadisce che detti crediti sono prededucibili anche nell'amministrazione straordinaria e nel fallimento che eventualmente consegua a questa procedura.

Il concetto di «prededucibilità» dei crediti è stato oggetto di vivace discussione con riguardo alle procedure fallimentari nell'assetto tradizionale poiché la legge fallimentare, nella formulazione originaria, si limitava ad indicare nel n. 1 dell'art. 111 una serie di spese prededucibili senza precisare il significato di tale nozione. Più in particolare, secondo alcuni, la «prededucibilità» attiene ai crediti che vanno detratti dalla massa attiva disponibile destinata ai creditori concorrenti. Si è peraltro evidenziato che il concetto di «debiti di massa» è impropriamente adoperato, in quanto non si tratta in realtà di obbligazioni a carico dei creditori, ma dello stesso fallito (Alessi, 4 ss.). Si è peraltro osservato che la categoria dei debiti di massa è largamente indicata non soltanto con riferimento agli oneri assunti nell'interesse dei creditori concorsuali e per la stessa attuazione della procedura, ma anche in relazione a talune obbligazioni contratte dall'imprenditore nel corso delle procedure concorsuali minori alle quali, poi, fa seguito il fallimento (Lo Cascio 1998, 334 ss.). Quando si tenta d'individuare il concetto di debito di massa secondo una categoria astratta e specifiche connotazioni di ordine teorico, l'identificazione diventa più difficile e ciò è confermato dal fatto che la dottrina e la giurisprudenza non sono state sufficientemente univoche: a riguardo, talvolta è stato utilizzato il criterio dell'integrità del pagamento, mentre in altri casi si è valorizzata l'anticipazione dell'adempimento rispetto a quelli concorsuali (cfr. Alessi, 227). Non sono mancati coloro i quali hanno invece fatto riferimento ad un criterio temporale, costituito dalla posteriorità dell'obbligazione rispetto al nascere della procedura, oppure ad un criterio soggettivo e funzionale (Bozza-Schiavon, 468).

L'art. 111 l.fall., nella formulazione attuale (risultante a seguito delle riforme realizzate dal d.lgs. n. 5/2006 e, quindi, dal d.lgs. n. 169/2007), prevede che le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate in primo luogo per il pagamento dei crediti prededucibili, precisando, al comma secondo, che «sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali crediti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del comma 1 n. 1».

Nella giurisprudenza più recente, anche tenendo conto dell'attuale formulazione della detta disposizione, si è affermato che ai fini della prededucibilità dei crediti nel fallimento, il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, ora menzionato dall'art. 111, va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare, atteso che la prededuzione attua un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo interno, ma anche tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare ed influiscono sugli interessi dell'intero ceto creditorio (Cass. I, n. 3402/2012). Questa interpretazione è in sostanza volta a chiarire che il collegamento «occasionale» ovvero «funzionale» posto dall'art. 111 deve intendersi riferito al nesso, non tanto cronologico né solo teleologico, tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, strumentale in quanto tale a garantire la sola stabilità del rapporto tra terzo e l'organo fallimentare, ma altresì nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa.

Spese pre-deducibili: casistica

Nel concetto di «spese» cui faceva riferimento l'art. 111, n. 1, nella formulazione originaria — e che, peraltro, può essere utilizzato anche attualmente in ragione dell'avvenuta estensione e non restrizione del concetto di crediti prededucibili — sono state ricomprese quelle che servono per registrare la sentenza dichiarativa d'insolvenza ed i provvedimenti di apertura e di chiusura delle altre procedure concorsuali, quelle inerenti alle spese delle vendite immobiliari (Cass. I, n. 7756/1997;Cass. I, n. 251/1995, in Fall. 1995, 829, con nota di Lamanna), quelle dovute per il pagamento del compenso degli organi delle procedure (cfr. Bonsignori, 233) quelle relative ai giudizi di rendiconto, di omologazione del concordato, ecc.

Tra le spese prededucibili sono state inoltre annoverate, nella prassi, una serie di spese legali, ovvero: quelle relative alla presentazione dell'istanza d'insolvenza o di fallimento (Trib. Messina 14 dicembre 1998, in Fall. 1999, 341); quelle sostenute dal creditore istante nel giudizio di opposizione (Trib. Saluzzo 20 aprile 1998, in Fall. 1998, 1188; Trib. Perugia 12 febbraio 1990, decr. g.d., in Fall. 1990, 847; contra, Trib. Monza 11 marzo 1999, in Fall. 1999, 680; Bonsignori, 232); quelle pagate per l'accertamento dei crediti (Bonsignori, 231; Trib. Torino 13 luglio 1989, in Fall. 1989, 1273) e quelle di assistenza legale del debitore nella fase di concordato preventivo sfociato in fallimento (Cass. I, n. 8533/2013; cfr. peraltro Cass. I, n. 7166/2012, la quale ha precisato che l'opera intellettuale prestata dal difensore, se valutata di nessuna utilità per la massa dei creditori e prestata in condizioni che sin dall'inizio non consentivano nessun salvataggio dell'impresa, non consente l'ammissione del credito professionale in prededuzione ed ha pertanto negato l'ammissione in prededuzione del credito per prestazioni professionali poiché tali attività professionali erano state svolte nell'esclusivo interesse della persona fisica dell'amministratore e non dei creditori, rivelandosi peraltro inutili se non dannose per la massa fallimentare; v. inoltre sul credito del dottore commercialista per la rivalsa Iva, in senso contrario, Cass. I, n. 3582/2011).

Le spese generali di amministrazione della procedura non incidono ugualmente su tutti i beni alienati, dovendosi tenere conto del vincolo di garanzia cui i beni medesimi sono soggetti e di quelle attività di amministrazione direttamente rivolte ad incrementarli o destinate a specifiche utilità dei creditori garantiti (Cass. I, n. 7756/1997).

L'indennità supplementare prevista dall"Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale" allegato al CCNL dei dirigenti aziendali, costituisce – a prescindere dalla sua natura retributiva o indennitaria – un credito da ammettere al passivo in prededuzione ex art. 111 l.fall., per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura, essendo la sua prosecuzione indubitabilmente funzionale alle esigenze di continuazione dell'attività di impresa (Cass. I, n. 29735/2018).

Nel concorso tra creditori aventi una garanzia reale e creditori prededucibili prevalgono i primi nei limiti della capienza dell'immobile, salvo che si tratti di oneri che siano serviti ad incrementare i beni vincolati o che si siano tradotti in una specifica utilità per i creditori ipotecari o pignoratizi, o che siano serviti per liquidare i beni (Satta, 279).

I crediti prededucibili nella consecuzione delle procedure concorsuali

Il commissario straordinario deve quindi esercitare espressamente, anche nell'ipotesi di messa in mora da parte dell'altro contraente, la propria facoltà di subentro nel contratto in corso. Invero, il subentro del commissario in un rapporto negoziale ancora parzialmente ineseguito si realizza solo dopo che lo stesso abbia formalmente ed inequivocabilmente estrinsecato una precisa volontà in tal senso (cfr. Terenghi, 794).

La prima parte della disposizione in esame opera un preciso riferimento all'art. 111, n. 1, l.fall., la cui disciplina, come già evidenziato, viene estesa quindi all'amministrazione straordinaria.

Specie prima della richiamata modificazione dell'art. 111 l.fall. nel senso di una connotazione normativa della nozione di crediti prededucibili e considerato che veniva previsto il pagamento prioritario delle sole spese e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento, era vivace in dottrina come in giurisprudenza il dibattito avente ad oggetto la prededucibilità nel corso del fallimento di crediti non assunti nel corso del procedimento, per essere stati contratti, invece, in pendenza delle procedure concorsuali minori. Sul punto, occorre ricordare che nella giurisprudenza di legittimità, vi era stata un'apertura in ordine alla prededucibilità dei crediti sorti nel corso dell'amministrazione controllata (in arg. Lo Cascio 1997, 334 ss.), sulla scorta del c.d. principio di consecuzione delle procedure concorsuali.

In particolare, era stato evidenziato che i debiti derivanti dalla continuazione dell'esercizio dell'impresa assoggettata ad amministrazione controllata debbono essere soddisfatti con prededuzione nella successiva procedura concorsuale liquidatoria (concordato preventivo o fallimento), legata alla precedente da un nesso di consequenzialità ed interdipendenza, e ciò tanto nell'ipotesi eccezionale in cui la gestione dell'impresa venga affidata al commissario giudiziale, ai sensi dell'art. 191 l.fall., quanto nell'ipotesi normale in cui l'esercizio dell'impresa venga conservato al debitore, che vi provvede sotto la direzione del giudice delegato e la vigilanza del medesimo commissario, poiché anche in tale ultima ipotesi i debiti sono egualmente riferibili all'ufficio e vanno, perciò, considerati nella ulteriore procedura come debiti di massa, quando siano stati assunti in conformità alla legge e per finalità istituzionali della amministrazione controllata (Cass. I, n. 4217/1989, in Giust. civ., 1980, I, 2444; sulla necessaria presenza dei requisiti di occasionalità e funzionalità ai fini del pagamento prioritario dei debiti sorti nel corso della procedura minore v. Cass. I, n. 18437/2010, in Giur. comm., 2011, n. 4, 873, con nota di Ciervo).

Si registrava, invece, un approccio più rigoroso circa la possibilità di effettuare un pagamento in pre-deduzione dei crediti sorti in relazione al concordato preventivo (cfr. Lo Cascio 1998, 413 ss.).

Per vero, la giurisprudenza di legittimità soltanto da un certo momento in poi, aveva già mostrato di volersi discostare dall'interpretazione rigida che aveva seguito nel passato ed ha ritenuto che i crediti sorti in conseguenza dell'assunzione di obbligazioni in corso di concordato preventivo devono essere considerati prededucibili nel fallimento consecutivo, a condizione che la prosecuzione della gestione costituisca una modalità essenziale della procedura (Cass. I, n. 2192/1999; Cass. I, n. 7140/1996, in Fall. 1997, 269, con nota di Fabiani).

Per alcuni l'attuale formulazione del secondo comma dell'art. 111 l.fall. (che appare estensibile all'amministrazione straordinaria, rinviando la disposizione in commento evidentemente alla complessiva disciplina propria del fallimento) per il quale sono considerati crediti prededucibili quelli sorti anche solo «in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge», avrebbe codificato gli orientamenti precedentemente invalsi secondo cui l'estensione del beneficio può operare soltanto per spese e debiti inerenti la gestione del concordato e non già strumentali alla presentazione della domanda di concordato, in ragione dell'utilizzo delle due distinte locuzioni «in occasione» ed «in funzione» (v., tra gli altri, Bruschetta, 1260; Marollo, 503 ss.).

Per altra posizione, invece, le espressioni «in occasione» e «in funzione» rappresentano concetti precisi e distinti, che indicano fattispecie differenti di crediti prededucibili, avendo il legislatore utilizzato la congiunzione disgiuntiva «o» e dovendo perciò escludersi che il legislatore abbia utilizzato termini diversi per indicare il medesimo concetto. In concreto ne deriva che se la locuzione «in occasione» introduce un requisito temporale ed indica il momento in cui i crediti in discorso devono sorgere per essere prededucibili, ossia «durante» la procedura di concordato preventivo, nondimeno l'espressione «in funzione», ponendo un requisito esclusivamente teleologico, consente di estendere il beneficio della prededuzione ai crediti che, pur eventualmente sorti prima dell'inizio della procedura in discorso, sono ad essa «strumentali» (cfr. Ambrosini, 661 ss.).

Quest'ultima tesi estensiva appare corroborata dalla più recente giurisprudenza di legittimità intervenuta in generale sulla questione la quale ha affermato che il dettato dell'art. 111, comma secondo, l.fall., è assolutamente chiaro nel prevedere la prededucibilità anche per tutti i crediti sorti in funzione di procedure concorsuali, in conformità all'intenzione del legislatore, all'evidenza individuabile nell'esigenza di favorire il ricorso alle procedure concorsuali diverse da quella liquidatoria del fallimento, non potendosi individuare un argomento contrario nel disposto dell'art. 182-quater, comma 4 (Cass. I, n. 9316/2013). È stata quindi smentita l'opposta tesi, pure suffragata nella prassi applicativa, secondo cui l'introduzione dell'art. 182-quater, comma 4, che riconosce espressamente come prededucibili i compensi spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli artt. 161, comma 3 e 182-bis, comma 1, a condizione che ciò sia espressamente disposto nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato, induce a ritenere che il legislatore abbia inteso escludere la possibilità di riconoscere la prededuzione a crediti di professionisti diversi da quelli espressamente previsti dalla norma citata, la cui prestazione sia stata posta in essere prima dell'apertura della procedura (Trib. Milano 26 maggio 2011, in Giust. civ., 2013, n. 1, 78, con nota di Ciervo).

Su un piano più generale, in un recentissimo precedente, la Corte ha chiarito che l'art. 111, comma 2, l.fall., nell'affermare la prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, li individua sulla base di un duplice criterio, cronologico e funzionale, in tal modo prefigurando un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte all'interno della procedura, ma tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare e, conseguentemente, sugli interessi del ceto creditorio. Il criterio di funzionalità dei crediti rispetto alla procedura concorsuale impone una valutazione da operarsi «ex ante» e opera quando le prestazioni erogate dal terzo, per il momento e il modo con cui sono assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, si coordinino razionalmente con il quadro operazionale da questi attivato, così da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa, almeno preparatoria, di una procedura concorsuale: pertanto, seguendo questo criterio, non rientrano fra i crediti prededucibili le spese e gli impegni propri di una attività non corrente dell'impresa, né intrinsecamente coerenti con un complessivo allestimento degli atti necessari all'instaurazione o all'ordinata evoluzione della procedura concorsuale; vi rientrano invece, dunque non necessitando di alcuna autorizzazione giudiziale, le operazioni — come accaduto nella specie — enunciativamente richieste dalla legge stessa e ragionevolmente proprie di una prassi attinente all'obbligatorio complessivo corredo della domanda di apertura della procedura concorsuale, competendo all'organo concorsuale che ne invochi l'eccedentarietà rispetto a tale scopo dimostrarne (anche solo per una eventuale parte) la superfluità oltre che l'intento frodatorio (Cass. I, n. 280/2017).

La questione in esame è stata ormai in parte disciplinata dal legislatore che ha dettato una norma di interpretazione autentica del comma secondo dell'art. 111 in parte qua, stabilendo, con l'art. 45, d.l. n. 145/2013, che «la disposizione di cui all'art. 111, comma 2, l.fall. , e successive modificazioni, si interpreta nel senso che i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall., e successive modificazioni, sono prededucibili alla condizione che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi 2 e 3 del citato art. 161 siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice e che la procedura sia aperta ai sensi dell'art. 163 del medesimo regio decreto, e successive modificazioni, senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda ai sensi del citato art. 161, comma 6». Anche in virtù di tale norma, la S.C. ha evidenziato che il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza, consulenza ed eventualmente redazione della proposta di concordato preventivo rientra «de plano» tra i crediti sorti «in funzione della procedura concorsuale», e, come tale, va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento ai sensi dell'art. 111, comma secondo, l.fall. fondandosi tale interpretazione: a) sull'esclusione dall'azione revocatoria del pagamento del compenso del professionista ex art. 67, comma 3, lett. g); b) sull'abrogazione dell'art. 182-quater, comma 4, ad opera del d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134/2012, che riconosceva la prededuzione (ove prevista espressamente nel decreto di ammissione al concordato preventivo) al solo credito del professionista attestatore; c) sull'interpretazione autentica dell'art. 111, comma 2, fornita dall'art. 11, comma 3-quater, d.l. n. 145/2013, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 9/2014, che ha esteso la prededuzione anche ai crediti sorti in occasione ed in funzione delle procedure di concordato preventivo cosiddetto con riserva (art. 161, comma 6), così confermando implicitamente il già vigente regime prededucibile dei medesimi crediti nel concordato preventivo ordinario (Cass. I, n. 19013/2014).

È stato precisato, peraltro, che il credito relativo al compenso per prestazioni professionali rese anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell'imprenditore e riguardanti l'attività difensiva inerente ad una domanda di concordato preventivo ex art. 161, comma 6, l.fall. dichiarata inammissibile per mancato deposito della proposta, del piano e della relativa documentazione non è prededucibile ai sensi dell'art. 111, comma 2, l.fall., sia perché, non arrecando alla procedura concorsuale alcun beneficio in termini di accrescimento dell'attivo o salvaguardia della sua integrità, non può dirsi collegato occasionalmente o funzionalmente con la stessa, sia perché la prededucibilità è espressamente esclusa dall'art. 11, comma 3-quater, del d.l. n. 145/2013, conv. con modif. dalla l. n. 9/2014, di natura interpretativa, per il quale i crediti relativi alle procedure di concordato sono prededucibili nel successivo fallimento alla duplice condizione che il deposito della proposta, del piano e della documentazione sia avvenuto nel termine fissato dal tribunale e che sia stato pronunciato senza soluzione di continuità il decreto di apertura di cui all'art. 163 l.fall. (Cass. I, n. 25589/2015).

Tuttavia, il credito di rivalsa IVA di un professionista che, eseguite prestazioni a favore di imprenditore poi dichiarato fallito ed ammesso per il relativo capitale allo stato passivo in via privilegiata, emetta la fattura per il relativo compenso in costanza di fallimento, non è qualificabile come credito di massa, da soddisfare in prededuzione ai sensi dell'art. 111, comma 1, l.fall., in quanto la disposizione dell'art. 6 del d.P.R. n. 633/1972, secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo, non pone una regola generale rilevante in ogni campo del diritto, ma individua solo il momento in cui l'operazione è assoggettabile ad imposta e può essere emessa fattura (in alternativa al momento di prestazione del servizio), cosicché, in particolare, dal punto di vista civilistico la prestazione professionale conclusasi prima della dichiarazione di fallimento resta l'evento generatore anche del credito di rivalsa IVA, autonomo rispetto al credito per la prestazione, ma ad esso soggettivamente e funzionalmente connesso. Il medesimo credito di rivalsa, non essendo sorto verso la gestione fallimentare, come spesa o credito dell'amministrazione o dall'esercizio provvisorio, può giovarsi del solo privilegio speciale di cui all'art. 2758, comma 2, c.c., nel caso in cui sussistano beni – che il creditore ha l'onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo – su cui esercitare la causa di prelazione. Nel caso, poi, in cui detto credito non trovi utile collocazione in sede di riparto, nemmeno è configurabile una fattispecie di indebito arricchimento, ai sensi dell'art. 2041 c.c., in relazione al vantaggio conseguibile dal fallimento mediante la detrazione dell'IVA di cui alla fattura, poiché tale situazione è conseguenza del sistema di contabilizzazione dell'imposta e non di un'anomalia distorsiva del sistema concorsuale (Cass. I, n. 1034/2017).

Inoltre, la Corte di Cassazione ha recentemente precisato che il credito del professionista che ha predisposto la documentazione necessaria per l'ammissione al concordato preventivo non è prededucibile nel successivo fallimento se l'ammissione alla procedura minore è stata revocata per atti di frode dei quali il professionista stesso sia stato a conoscenza, posto che, in tale ipotesi, la prestazione svolta è stata non solo di nessuna utilità per la procedura, ma addirittura potenzialmente dannosa per creditori, tenuto conto della erosione del patrimonio a disposizione della massa per effetto della continuazione dell'attività di impresa (Cass. I., n. 3218/2017).

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