Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 20 - Crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa.

Lunella Caradonna
Ivana Vassallo

Crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa.

1. I crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza sono soddisfatti in prededuzione, a norma dell'articolo 111, primo comma, numero 1), della legge fallimentare.

Inquadramento

È una norma di basilare importanza che afferma il principio della prededucibilità dei crediti sorti per la continuazione dell'impresa e per la gestione del patrimonio dell'imprenditore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza (cfr. Cass. n. 6852/1995).

Si tratta di un principio già conosciuto nell'ipotesi di consecuzione fra una procedura conservativa e il fallimento e specificamente fra amministrazione controllata e fallimento.

La norma è valsa a superare il dibattito che era sorto sulla natura prededucibile dei crediti in materia di amministrazione controllata e di concordato preventivo, in relazione al quale era intervenuta anche la Corte Costituzionale (Corte cost. n. 32/1995).

Si è parimenti agevolata l'attuazione del procedimento e il mantenimento dell'esercizio d'impresa indispensabile per l'esecuzione del programma di risanamento.

Diverso discorso va fatto con riguardo alla posizione dei creditori concorsuali che si vedono gravati dal pagamento dei crediti prededucibili con ripercussioni in ordine alla concreta possibilità di soddisfacimento dei loro crediti.

Sorte dei contratti nel cd. periodo di osservazione ed in particolare sorte del contratto di somministrazione

In dottrina ci si è interrogati su quale sia la sorte dei rapporti giuridici preesistenti nella cd. fase di osservazione (cfr. Censoni, 103) ed in particolare quale sia la sorte del contratto di somministrazione.

L'art. 36 estende all'amministrazione straordinaria, per quanto non previsto espressamente nel d.lgs. n. 270/1999 ed in quanto compatibili, le disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa e, conseguentemente, anche quelle relative agli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti di cui agli artt. 72 ss. l.fall., richiamati dall'art. 201 l.fall., sostituito al commissario liquidatore il commissario straordinario.

Si è già avuto modo di evidenziare che la fase di osservazione è quella che segue alla sentenza che dichiara lo stato di insolvenza ed è regolata in parte dalle norme del concordato preventivo ed in parte dalle norme del fallimento.

Se la gestione dell'impresa è lasciata al debitore, i limiti all'attività negoziale sono quelli previsti nel concordato preventivo ex art. 167 l.fall. (di talché si distingue tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione) ed è fatta salva la possibilità di eseguire pagamenti di debiti anteriori (previa autorizzazione del Giudice delegato).

Se la gestione dell'impresa è esercitata dal commissario giudiziale, a quest'ultimo vengono estesi gli stessi limiti posti dagli artt. 31, 32, 34 e 35 l.fall. all'attività del curatore.

Quanto alla posizione giuridica dei creditori, la stessa, indipendentemente dal soggetto cui è affidata la gestione dell'impresa, è regolata dalle norme del concordato preventivo (artt. 168 e 169 l.fall., richiamati dall' art. 18, d.lgs. n. 270 del 1999) e, quindi, indirettamente dalle norme del fallimento, atteso che l'art. 169, l.fall. rinvia alle norme di cui agli articoli 45, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, nonché all'articolo 43, quarto comma.

Per contro, in relazione alla fase di «osservazione», il d.lgs. n. 270/1999 non disciplina gli effetti sui rapporti giuridici preesistenti e in corso al momento della pronuncia della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.

Nessun dubbio interpretativo si pone laddove la gestione permanga nelle mani dell'imprenditore, stante il naturale rinvio alle norme del concordato preventivo.

Difficoltà ermeneutiche, invece, affiorano nell'ipotesi in cui la gestione venga attribuita al commissario giudiziale, nel qual caso il rinvio alla norme del fallimento induce a riflettere sulla compatibilità della suddetta disciplina, avuto riguardo alla ratio sottesa allo spossessamento del debitore.

In dottrina è stato osservato che se si ammette che i rapporti «de quibus» non subiscano alcuna influenza dall'apertura della fase di osservazione, difficilmente si potrebbe assoggettarli ad una disciplina diversa da quella prevista per i rapporti che sorgono sotto il controllo degli organi della procedura o per volontà del commissario giudiziale nel caso di gestione commissariale, atteso che l'art. 20 d.lgs. n. 270 del 1999 considera prededucibili a norma dell'art. 111, primo comma, n. 1) l.fall. «i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore» (Censoni, 103).

L' art. 50 del d.lgs. n. 270/ 1999, come si avrà modo di approfondire, prevede la regola generale che disciplina la sorte dei «contratti in corso», ossia dei contratti a prestazioni corrispettive rimasti in parte ineseguiti da entrambe le parti.

Sulla base della norma richiamata, salvo quanto previsto dal comma 4, il commissario straordinario può sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura dell'amministrazione straordinaria.

Inoltre, fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione.

Dopo che è stata autorizzata l'esecuzione del programma, l'altro contraente può intimare per iscritto al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell'intimazione, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

La descritta disciplina non troverà applicazione se le obbligazioni principali di un contraente sono già state compiutamente eseguite in quanto se la parte che ha adempiuto è quella assoggettata alla procedura concorsuale, sarà la procedura a vantare un credito nei confronti dell'altra parte contraente; se la parte che ha adempiuto è quella non assoggettata alla procedura concorsuale, occorrerà distinguere ulteriormente se il credito è sorto prima o dopo il deposito della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, perché se si tratta di credito sorto antecedentemente sarà un credito concorsuale e quindi chirografario, se invece è sorto per la continuazione dell'esercizio dell'impresa sarà soggetto alla regola della prededuzione di cui all'art. 20 del d.lgs. n. 270/1999.

Inoltre, con riferimento all'amministrazione straordinaria, possono rientrare nella nozione di «contratti in corso» anche quelli stipulati durante la fase di osservazione e rimasti inadempiuti, di talché bisogna verificare se anche per tali contratti vale la regola generale che prevede la continuazione del contratto con la facoltà del commissario straordinario di sciogliersi in qualsiasi momento, senza conseguenze risarcitorie e a quale regime devono essere sottoposti i relativi crediti.

Ci si chiede, in particolare, se il regime della prededuzione si applica anche in relazione ai crediti sorti in virtù di un contratto di somministrazione sorto prima della dichiarazione dello stato di insolvenza, in parte non compiutamente eseguito da entrambe le parti nel cd. periodo di osservazione ed in parte eseguito successivamente ossia durante l'amministrazione straordinaria, avendo il commissario straordinario manifestato l'intenzione di sciogliersi dal contratto soltanto dopo la naturale scadenza del contratto.

Secondo un primo orientamento interpretativo, anche per tali crediti dovrebbe riconoscersi il regime della prededuzione, dovendosi ritenere una forma di subentro tacito nel contratto di somministrazione da parte del commissario straordinario.

Diversamente, un altro indirizzo ermeneutico evidenzia che la norma di interpretazione autentica introdotta dall'art. 1-bis della l. n. 166/2008, che ha convertito in legge il d.l. n. 134/2008 (c.d. decreto Alitalia), ha precisato che «la disposizione di cui al comma 2 dell'art. 50 del d.lgs. n. 270/1999, va interpretata nel senso che l'esecuzione del contratto, o la richiesta dell'esecuzione del contratto da parte del commissario straordinario, non fanno venir meno la facoltà di scioglimento dai contratti di cui al medesimo articolo, che rimane impregiudicata, né comportano, fino alla dichiarazione di espressi subentro del commissario straordinario, l'attribuzione all'altro contraente dei diritti previsti in caso di subentro del commissario straordinario dall'art. 51, commi 1 e 2» (cfr. Trib. Udine, 16 maggio 2011).

Si esclude, pertanto, sulla base della norma richiamata, che, ai sensi del secondo comma dell'art. 50 del d.lgs. n. 270/1999, il comportamento con cui si dà esecuzione al contratto possa essere qualificato alla stregua di un subentro «per facta concludentia» e possa precludere al commissario straordinario la facoltà di scioglimento prevista dal primo comma del medesimo articolo, fermo restando che le prestazioni eseguite dal contraente in bonis dopo l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria in favore della stessa, in quanto rese a favore del commissario a mente dell'art. 52 d.lgs. n. 270/99, comportano il sorgere di crediti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa.

Non potendosi attribuire al comportamento del commissario, che abbia dato esecuzione al contratto di somministrazione, natura di implicito subentro, si ritiene applicabile l'art. 50 del d.lgs. n. 270/1999, secondo cui il commissario straordinario ha la facoltà di sciogliersi dai contratti ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura dell'amministrazione straordinaria (ossia quando viene emesso decreto del Tribunale con cui l'impresa viene ammessa alla procedura) e fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione.

Per contro, sempre sulla base della norma di interpretazione autentica, l'attribuzione al contraente in bonis dei diritti di cui all'art. 51 d.lgs. n. 270/99 si subordina alla dichiarazione, espressa, di subentro da parte del commissario straordinario.

Per quanto riguarda i rapporti pendenti alla data di dichiarazione di insolvenza gli stessi proseguono in capo all'imprenditore, applicandosi in tale fase la disciplina del concordato preventivo di cui agli artt. 167, 168 e 169 l.fall., in forza del rinvio operato dall'art. 18 del d.lgs. n. 270/1999, con la conseguenza che il commissario giudiziale dovrà soddisfare i crediti sorti in tale periodo in esecuzione dei contratti in prededuzione ai sensi dell'art. 20 del citato d.lgs. n. 270/1999.

Quindi, alla data di dichiarazione di insolvenza i rapporti contrattuali pendenti proseguono con il commissario giudiziale e i crediti sorti con il terzo in bonis per effetto delle prestazioni rese, se relativi alla continuazione dell'esercizio dell'impresa e alla gestione del patrimonio del debitore, andranno soddisfatti in prededuzione, ai sensi dell'art. 20 del d.lgs. n. 270/1999, mentre alla successiva data di apertura della procedura di amministrazione straordinaria i rapporti giuridici pendenti proseguono con il commissario straordinario, salva la facoltà di quest'ultimo di sciogliersi dal contratto in ogni tempo; in tal caso i crediti sorti prima della dichiarazione di insolvenza devono essere soddisfatti secondo le regole del concorso, mentre in caso di subentro esplicito i medesimi crediti – così come i crediti insorti in corso di procedura — devono essere soddisfatti in prededuzione, nei limiti indicati dall'art. 52, secondo comma.

Infine, il terzo contraente in bonis può uscire dallo stato di incertezza che deriva dall'art. 50, secondo comma, costituendo in mora il commissario a norma del terzo comma del medesimo articolo, dopo che il Ministero abbia autorizzato il programma presentato dal commissario, dovendo il commissario provvedere a rispondere nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell'intimazione, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

In conclusione, pur quando il contratto viene tacitamente proseguito, anche dopo la dichiarazione di insolvenza e dopo l'ammissione della impresa alla procedura di amministrazione straordinaria, non avendo il commissario formalmente esercitato la facoltà di subentro prevista dall'art. 51, secondo comma, i crediti sorti prima della dichiarazione di insolvenza soggiacciono alla regola del concorso e vanno pertanto ammessi in chirografo, mentre i crediti sorti nel periodo intermedio decorrente dalla data di dichiarazione di insolvenza alla data di apertura della procedura di amministrazione straordinaria (ossia nella fase di osservazione) vanno ammessi in prededuzione a mente degli artt. 18 e 20 del d.lgs. n. 270/1999, secondo cui i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza sono soddisfatti in prededuzione, a norma dell'art. 111, primo comma, n. 1 della l.fall.

Nessun rilievo, invece, deve essere attribuito alla circostanza che il commissario abbia formalmente comunicato la sua intenzione di sciogliersi dal rapporto dopo la cessazione degli effetti soltanto a seguito della naturale scadenza del contratto, atteso che la legge collega il diritto alla prededuzione non alla dichiarazione negativa, ma al formale esercizio della facoltà di subentro.

Crediti sorti nel corso della procedura

Si tratta dei crediti indispensabili e che consentono di proseguire l'esercizio di impresa al fine di delibare se conservare l'impresa o procedere alla fase di liquidazione e sono specificamente funzionali a tale decisione.

L'art. 20 prevede che i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e per la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza siano soddisfatti in prededuzione, a norma dell'art. 111, comma 1, l.fall., e quindi anche nel fallimento successivo alla procedura di amministrazione straordinaria.

L'art. 111, comma 1, ha subito delle modifiche con il d.lgs. n. 5/2006 e i crediti prededucibili sono disciplinati in modo parzialmente diverso.

Mentre prima della riforma la norma prevedeva che le somme per le spese, ivi comprese quelle anticipate dall'erario, e i debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'impresa autorizzata, dovevano essere pagate prima delle altre, oggi è disposto che le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo devono essere erogate per il pagamento dei crediti prededucibili, per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge e per il pagamento dei creditori chirografari.

Ancora il secondo comma dell'art. 111 l.fall. prevede che sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare.

Due sono i criteri, quindi, per l'individuazione dei crediti prededucibili: la specifica qualificazione da parte della legge; l'essere crediti sorti in occasione o in funzione di una procedura concorsuale.

La dottrina è molto critica nei confronti di detta disposizione.

Si sostiene, al riguardo, che in tal modo il costo del risanamento verrebbe a essere sopportato soltanto dai creditori non utili alla gestione dell'impresa (Filippi, 62).

Dall'altra parte deve affermarsi che nessuna impresa sarebbe disposta ad avere rapporti di natura commerciale con un soggetto imprenditoriale che sia stato dichiarato insolvente senza alcuna garanzia in ordine al pagamento in prededuzione dei crediti sorti dopo l'accertamento dello stato di insolvenza.

Deve osservarsi che, nella l.fall., con l'art. 100 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, è stato introdotto l'art. 111-bis, che detta la disciplina dei crediti prededucibili e prevede che gli stessi debbono essere accertati con le modalità di cui al capo V, con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare, anche se sorti durante l'esercizio provvisorio, e di quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell'articolo 25.

In ordine alle modalità di pagamento, la norma, come modificata con il d.lgs. n. 169/2007, prevede che i crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, tenuto conto delle rispettive cause di prelazione, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Il corso degli interessi cessa al momento del pagamento.

È prevista, poi, la possibilità, in caso di sufficiente attivo fallimentare, che i crediti prededucibili possano essere pagati al di fuori del procedimento di riparto, mentre se l'attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge.

Quindi il d.lgs. n. 169/2007 ha sostituito il criterio proporzionale con il principio della causa di prelazione, con la conseguenza che se l'attivo non è sufficiente per pagare tutti i crediti prededucibili, essi dovranno essere pagati in base al titolo di prelazione relativo a ciascuno.

Casistica

Interessanti sono alcune pronunce con le quali la giurisprudenza di legittimità ha chiarito alcuni dubbi interpretativi in ordine alla natura dei crediti sorti nell'esercizio dell'attività di impresa ovvero nel corso della procedura di amministrazione straordinaria.

Nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, l'art. 50 del d.lgs. n. 270/1999 — anche alla stregua dell'interpretazione autentica fornitane dall'art. 1-bis del d.l. n. 134/ 2008, conv., con modif., dalla l. n. 166/ 2008 — prevede la continuazione dei contratti preesistenti all'amministrazione straordinaria unicamente ai fini della conservazione aziendale e per assicurare al commissario uno «spatium deliberandi» per l'esercizio della facoltà di scioglimento o di subentro.

Ne consegue che la prosecuzione di una precedente somministrazione di servizi dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza, ove non sia stata accompagnata da un'espressa dichiarazione di subentro da parte del commissario, non comporta il trasferimento del rapporto in capo alla procedura anche per le prestazioni pregresse e la prededucibilità del relativo credito (Cfr. Cass. n. 3193/2016).

In tema di appalto di opere pubbliche stipulato da imprese riunite in associazione temporanea, qualora la società capogruppo e mandataria sia sottoposta ad amministrazione straordinaria con prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, il nominato commissario, in deroga a quanto previsto dagli articoli 77, 78 ed 81 l.fall., deve considerarsi subentrato nell'ATI, assumendo la medesima posizione contrattuale già facente capo alla predetta società «in bonis», tanto nei rapporti con l'ente appaltante che in quelli con le imprese mandanti. Ne consegue che il credito corrispondente alle somme complessivamente versate da detto ente alla mandataria per lavori eseguiti e fatturati (ancorché anteriormente all'inizio della procedura) da una delle imprese mandanti, di cui quest'ultima abbia chiesto l'ammissione al passivo della prima, deve qualificarsi come credito di massa (ed essere collocato in prededuzione) nella sola misura concernente i pagamenti effettuati al commissario dopo la data di inizio della descritta procedura, trovando esso titolo non nel contratto di appalto stipulato dall'ATI con l'ente pubblico, bensì nel mandato conferito alla capogruppo dalle partecipanti all'associazione, ed essendo sorto in capo alla mandataria, «in parte qua», il corrispondente obbligo di trasferire alle mandanti gli importi riscossi in nome e per conto loro contestualmente alla ricezione dei menzionati pagamenti (Cfr. Cass. n. 21981/2012).

In tema di amministrazione straordinaria di grande impresa in crisi (per la disciplina regolata dalla legge n. 95 del 1979), l'ammissione al passivo in prededuzione del credito per trattamento di fine rapporto del lavoratore dipendente, ai sensi dell'equiparazione ai debiti d'impresa così disposta dall'art. 4 del d.l. n. 414 del 1981 (conv. dalla l. n. 544/1981), non costituisce titolo preferenziale, in favore di tale creditore, rispetto al credito del Fondo di Garanzia, gestito dall'INPS, e derivante dalla surroga dell'ente previdenziale nel credito pagato ad altri dipendenti — secondo la previsione e con decorrenza dall'entrata in vigore dell'art. 2 della l. n. 297 del 1982 — in quanto la norma istitutiva della surroga in questione, benché disponga testualmente l'attribuzione al predetto Fondo del «privilegio» ex artt. 2751-bis e 2776 c.c. spettante al lavoratore surrogato sul patrimonio del datore di lavoro, non può che riferirsi all'intera posizione sostanziale e processuale di detto lavoratore, non necessitando l'automatismo di tale surrogazione legale, alla stregua dell'art. 1203 n. 5 c.c., di alcuna diversa ed ulteriore disposizione normativa; con la conseguenza che il Fondo di Garanzia che abbia anticipato il T.F.R. ad altri dipendenti ha diritto ad essere pagato in prededuzione se (come nel caso di specie) tale è la collocazione che, nell'ambito della procedura, spetta al credito dei lavoratori soddisfatti» (Cfr. Cass. n. 5141/2011).

In tema di vendita con riserva della proprietà non ancora eseguita, da entrambe le parti, al momento della dichiarazione di insolvenza del compratore, nella conseguente ammissione di questi alla procedura di amministrazione straordinaria, il subentro del commissario straordinario nel citato contratto pendente determina, ai sensi degli artt. 50 e 51 del d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, l'applicazione della disciplina di cui all'art. 72 e non 73, l.fall., con l'effetto che detto organo assume tutti gli obblighi già in capo al debitore; ne deriva che, a fronte del successivo trasferimento della proprietà dei beni oggetto del contratto, nessuna rata essendo stata saldata in precedenza, il relativo prezzo va corrisposto al venditore per intero, né alcun rilievo è ascrivibile alla circostanza per cui detto pagamento sia scaduto prima del citato subentro contrattuale, ma quando il contratto era in fase di quiescenza. (Applicando detto principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in accoglimento dell'opposizione allo stato passivo, aveva ammesso in prededuzione il credito per le rate di prezzo vantate dal venditore) (Cass. ord. n. 12016/2011).

Il credito sorto a favore del lavoratore, derivante dal rapporto negoziale di lavoro intrattenuto con l'impresa in crisi successivamente all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del d.l. 30 gennaio 1979, n. 26 (convertito, con modificazioni, dalla l. 3 aprile 1979, n. 95), deve essere fatto valere — ancorché goda del trattamento di prededuzione — secondo il procedimento speciale di formazione del passivo previsto per l'accertamento dei crediti in posizione di concorso, non già in base all'ordinario giudizio di cognizione davanti al giudice del lavoro. Né detta interpretazione, ed il conseguente assoggettamento della domanda di pagamento del lavoratore ad una situazione di temporanea improponibilità fino al compimento della verifica in sede amministrativa ai fini dell'ammissione del credito alla massa, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., giacché chi assume di essere titolare di un credito prededucibile non ammesso non perde il proprio diritto soggettivo né la tutela giurisdizionale ma può, al pari di ogni altro creditore, fare opposizione e rivolgersi (a norma dell'art. 98 l.fall., richiamato dall'art. 209 l.fall., applicabile, ex art. 1, sesto comma, del d.l. n. 26/1979, all'amministrazione straordinaria) al giudice, il quale è chiamato ad accertare l'esistenza e l'importo della pretesa nell'ambito di un regolare procedimento contenzioso (Cfr. Cass. n. 8924/2004).

Nelle procedure concorsuali non è configurabile la mora debendi e, a norma dell'art. 55 l. fall., non sono dovuti gli interessi moratori anche con riferimento ai crediti ammessi in prededuzione, relativamente al tempo intercorrente tra l'accertamento con sentenza esecutiva ed il pagamento del credito ammesso. Tale principio tuttavia non può essere automaticamente trasfuso nella situazione in cui, disposta la continuazione dell'esercizio dell'impresa, la procedura di amministrazione straordinaria risponde direttamente delle obbligazioni ad essa inerenti, come debiti di massa, contratti per lo svolgimento della procedura e per le esigenze dell'impresa proprio in vista di quel risanamento economico che costituisce il fine primario della disposta continuazione. Consegue che per questi crediti il trattamento del credito principale si estende agli accessori (nel caso di specie la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello che aveva riconosciuto in prededuzione anche il credito per interessi e indennità di mora in relazione ad un debito tributario) (cfr. Cass. n. 10639/1997).

La disciplina del comma 2 art. 72 l.fall. (a norma del quale il curatore subentrante nel contratto di somministrazione deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute), non essendo attuazione concreta di un principio generale attinente alla natura del contratto, non può avere generale applicazione a tutti i casi di continuazione del rapporto nel corso di procedure concorsuali cui detta disciplina specifica non sia normativamente estesa; né il carattere eccezionale della disciplina stessa, tipicamente connessa ad una procedura concorsuale e liquidatoria con carattere satisfattivo, può comportare l'applicazione analogica ad altre procedure, come l'amministrazione controllata, in cui la concorsualità assume connotazioni particolari, con finalità essenzialmente conservative delle condizioni originarie del concorso, in relazione alla temporaneità dell'esperimento della singola procedura. Ne consegue che il credito da somministrazione maturato da un soggetto agente in situazione di monopolio, ex art. 2597 c.c., per erogazioni di energia elettrica eseguite in favore di una impresa in periodo anteriore all'ammissione della stessa alla procedura di amministrazione controllata, non ha il carattere della prededucibilità nella consecutiva procedura di amministrazione straordinaria, cui la somministrata sia stata successivamente ammessa (cfr. Cass. n. 4715/1996).

Le indennità di anzianità spettanti ai dipendenti delle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria, cessati dal rapporto di lavoro successivamente al provvedimento di continuazione dell'esercizio dell'impresa, sono considerate, per l'intero importo, in applicazione dell' art. 4 del d.l. 31 luglio 1981 n. 414, convertito in l. 2 ottobre 1981 n. 544, debiti contratti per la continuazione dell'esercizio, secondo la previsione dell'art. 111 n. 1 l.fall. Pertanto, siffatti crediti — come quelli nati da rapporti di lavoro esauritisi nei due anni precedenti al provvedimento (ex d.l. 9 aprile 1984 n. 62, convertito dalla legge 8 giugno 1984 n. 212) — non sono disciplinati dalle norme concorsuali (art. 54 e 55 l.fall.) concernenti rivalutazione ed interessi, ma costituiscono debiti di massa e spettano in prededuzione dalla data di cessazione del rapporto. (La Suprema Corte, sulla base del principio enunciato, ha ritenuto corretta la decisione della Corte di merito, la quale aveva individuato nella data di deposito dello stato passivo il termine finale di calcolo della rivalutazione monetaria per il ritardato pagamento della corrisposta indennità di anzianità e, nella liquidazione dell'intero patrimonio mobiliare del debitore, il termine finale per il calcolo degli interessi sulla maggiore indennità di anzianità derivante dall'incidenza dei compensi per il lavoro straordinario continuativo). (Cfr. Cass. n. 5823/1994).

Bibliografia

v. sub art. 18.

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