Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 83 bis - Clausola arbitrale 1Clausola arbitrale 1
Se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito. [1] Articolo inserito dall'articolo 69 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. InquadramentoLa norma contenuta nell'art. 83-bis è stata inserita dal d.lgs. di riforma n. 5/2006. Pur avendo un contenuto prevalentemente processuale, non a caso la stessa è stata inserita nella Sez. IV dedicata alla disciplina dei rapporti giuridici preesistenti. Essa peraltro segna il passaggio da un atteggiamento di disfavore assoluto per il coinvolgimento delle procedure concorsuali in procedimenti di tipo arbitrale, ad un atteggiamento più «laico», volto a distinguere il tipo di domanda e la specifica situazione nella quale la curatela si viene a trovare (in questo senso un indice significativo è dato dall'art. 25 comma 1, n. 7, sul potere di nomina degli arbitri da parte del g.d.) La disposizione letteralmente si occupa di un solo caso: quello in cui il fallimento si apre quando un procedimento arbitrale che coinvolgeva l'imprenditore fallito era già pendente. In tal caso il curatore non può mettere nel nulla l'attività già compiuta e l'ulteriore corso del procedimento se non sciogliendo il rapporto contrattuale cui accedeva la clausola compromissoria. Il curatore, cioè, non può svincolarsi da singole clausole contrattuali, ma è tenuto a «prendere o lasciare»: se subentra nel contratto, subentra altresì nella clausola compromissoria contenuta nello stesso negozio. Si ritiene perciò, secondo la dottrina e giurisprudenza maggioritarie, che il principio posto dall'art. 83-bis valga anche in caso di subentro quando gli arbitri non fossero ancora stati nominati o, già indicati, non avessero ancora accettato. La norma pone comunque due limiti: a) se il curatore si scioglie da un rapporto contrattuale pendente, allora il fallimento è svincolato dal rispetto della clausola compromissoria che in esso era prevista, sia o meno iniziato il procedimento arbitrale relativo; b) del pari il curatore può ritenersi esonerato dal rispetto necessario della clausola compromissoria quando il contratto avesse già cessato i propri effetti e quindi non potesse ritenersi pendente alla data del fallimento. Vi è infine un ulteriore e più generale limite che inerisce al rispetto della par condicio creditorum e alle ricadute processuali che tale regola comporta: come stabilito espressamente dall'art. 52 comma 2 e dall'art. 93 e ss. i crediti che i terzi vantino nei confronti dell'imprenditore fallito devono essere necessariamente accertati con le forme della verifica dello stato passivo, non potendosi in tale ambito ricorrere all'arbitrato. Con riferimento alla opponibilità al fallimento della clausola arbitrale, si è osservato che in tema di efficacia nei confronti del fallimento della clausola compromissoria stipulata dal fallito, nell'ipotesi in cui il procedimento arbitrale debba iniziare successivamente alla dichiarazione di fallimento, la opponibilità al curatore della clausola dipende pur sempre dalla efficacia nei confronti del fallimento del contratto nel quale la stessa è inserita (Trib. Udine, 23 agosto 2013). L'operatività dell'art. 83-bis non può essere aggirata sostenendo lo scioglimento del rapporto di mandato che legava l'imprenditore fallito agli arbitri già nominati: nel caso di convenzione contenente una clausola compromissoria stipulata prima della dichiarazione di fallimento di una delle parti (nella specie, una clausola di arbitrato internazionale), il mandato conferito agli arbitri non è soggetto alla sanzione dello scioglimento prevista dall'art. 78 l.fall., configurandosi come atto negoziale riconducibile all'istituto del mandato collettivo e di quello conferito anche nell'interesse di terzi. Tale interpretazione trova indiretta conferma nel disposto dell'art. 83-bis l.fall., atteso che, se il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito nel caso di scioglimento del contratto contenente la clausola compromissoria, deve, di contro, ritenersi che detta clausola conservi la sua efficacia ove il curatore subentri nel rapporto, non essendo consentito a quest'ultimo recedere da singole clausole del contratto di cui chiede l'adempimento (Cass. S.U., n. 10800/2015). Una parte della giurisprudenza vede nell'art. 83-bis la disciplina esemplificativa e non esclusiva di un più ampio fenomeno che dal subentro del curatore nel contratto pendente deriva il carattere vincolante della clausola compromissoria nello stesso contenuta, anche nel caso in cui il procedimento davanti agli arbitri non fosse ancora iniziato: sebbene la norma dell'art. 83-bis, affermi la natura accessoria della clausola compromissoria con riferimento alla sola ipotesi presa in considerazione dalla stessa, vale a dire quella di un giudizio arbitrale pendente e di scioglimento del contratto su iniziativa del curatore ai sensi dell'art. 72, l.fall., sulla scorta di tale previsione si deve pervenire alla conclusione secondo la quale nell'ipotesi di subentro nel contratto da parte del curatore il patto compromissorio conservi piena efficacia anche nei confronti del curatore subentrante: diversamente opinando, infatti, si consentirebbe al curatore di sciogliersi da singole clausole del rapporto sostanziale in cui è subentrato e di cui pure chieda l'adempimento (Trib. Terni, 7 febbraio 2011). È stato tuttavia ritenuto che tale principio incontri il limite del necessario accertamento concorsuale dei crediti dei terzi verso il fallimento con le forme previste dall'art. 52, comma 2, l.fall.: la regola secondo la quale il curatore, che subentri in un contratto stipulato dal fallito contenente una clausola compromissoria, non può disconoscere tale clausola, ancorché configuri un patto autonomo, e, se il fallimento sia stato dichiarato dopo che gli arbitri siano stati già nominati ed abbiano accettato l'incarico, non può disconoscere gli effetti del rapporto già perfezionato e che ha avuto esecuzione, non si applica in relazione ai crediti vantati nei confronti di un soggetto sottoposto a procedura concorsuale (nella specie, la liquidazione coatta amministrativa). In tal caso, infatti, la clausola arbitrale non consente di derogare al procedimento di verifica del passivo, dovendo tutte le azioni dirette a far valere diritti di credito sul patrimonio del debitore insolvente essere accertate nelle forme previste dall'art. 52, secondo comma, l.fall., al fine di assicurare il rispetto della «par condicio creditorum» (Cass. n. 13089/2015). 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