Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 87 bis - Inventario su altri beni 1Inventario su altri beni 1
In deroga a quanto previsto dagli articoli 52 e 103, i beni mobili sui quali i terzi vantano diritti reali o personali chiaramente riconoscibili possono essere restituiti con decreto del giudice delegato, su istanza della parte interessata e con il consenso del curatore e del comitato dei creditori, anche provvisoriamente nominato. I beni di cui al primo comma possono non essere inclusi nell'inventario. Sono inventariati i beni di proprietà del fallito per i quali il terzo detentore ha diritto di rimanere nel godimento in virtù di un titolo negoziale opponibile al curatore. Tali beni non sono soggetti alla presa in consegna a norma dell'articolo 88. [1] Articolo inserito dall'articolo 74 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. InquadramentoCon l'art. 87-bis si affronta una problematica di particolare momento, relativa alla circostanza che taluni beni, pur astrattamente oggetto di doverosa inventariazione ed acquisizione all'attivo fallimentare, risultino in realtà pacificamente ed in modo incontestabile di spettanza di soggetti terzi. Di fronte a tale situazione è apparso iniquo, al legislatore delle riforme degli anni 2006-2007, prentendere ugualmente che il terzo debba avanzare una istanza di rivendicazione con le forma ed i tempi richiesti dall'art 103 l.fall., secondo un modello procedimentale che può naturalmente comportare una decisione del g.d. a diversi mesi di distanza dal fallimento. La norma intorduce, quindi, una deroga all'obbligatorietà del procedimento di accertamento/insinuazione del diritto, di cui all'art. 103 l.f., volendo così «assecondare esigenze di certezza dei traffici commerciali e di semplificazione» (così afferma la relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 5/2006). Può essere il caso di beni che il fallito deteneva in leasing od in forza di un titolo che presuppone la proprietà in capo ad un terzo in modo non contestabile. In queste ipotesi attendere l'esito – solitamente ad oltre un quadrimestre dalla dichiarazione di fallimento – dell'istanza di rivendicazione ex art. 103 l.fall. significa, almento potenzialmente, esporre la procedura a successive richieste di accertamento di crediti o di indennizzi in prededuzione. Vanno oggi estese ad ogni pretesa, anche se relativa a beni immobili, i seguenti principi: con riguardo ad azienda commerciale, che sia stata inventariata tra le attività del fallimento e presa in consegna dal curatore (art. 88 l.fall.) — il quale è immesso «ope legis» nel possesso dei beni detenuti dal fallito — il terzo, che assuma di essersi reso cessionario dell'azienda medesima prima dell'instaurazione della procedura concorsuale o che vanti sui singoli beni appresi un titolo autonomo ed anteriore al fallimento, trova esclusiva tutela nel procedimento di verificazione dello stato passivo, nei modi e nei termini contemplati dall'art. 103 l.fall. per la rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito, salva solo l'autonoma tutela, esperibile in sede di cognizione, per gli eventuali provvedimenti abnormi di acquisizione dei suddetti beni alla massa. Nella fattispecie così decisa la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto inammissibile l'azione possessoria proposta nei confronti del curatore per aver proceduto all'inventario presso la sede della società fallita, pur avendovi rinvenuto una diversa società con oggetto sociale identico (Cass. n. 25931/2015). L'art. 87-bis l.fall. opera come una sorta di contraltare rispetto alla disposizione contenuta nell'art. 25 n. 2) posto che riguarda la restituzione per le vie brevi di beni sui quali terzi vantino propri diritti evidenti e quindi non contestati. Sul punto si è rilevato che la scelta del giudice delegato in materia di restituzione di beni mobili sui quali terzi soggetti vantino diritti reali o personali chiaramente riconoscibili è di fatto obbligata e vincolata al parere del Curatore e del Comitato dei Creditori, e non permette alcun sindacato e/o apprezzamento valutativo per cui, in presenza di una situazione di evidente fondatezza della pretesa, e in presenza del consenso da parte dei soggetti aventi un interesse contrario (i creditori) o un dovere di verifica (il curatore), va intesa come giustificata la deroga alle norme altrimenti vigenti, stabilita dall'art. 87 bis l.fall. Ma in presenza di una situazione nella quale la fondatezza della pretesa sia anche solo contestata dal curatore e dai creditori, deve ritenersi che non vi sia spazio per una decisione in deroga alle forme processuali e alle regole probatorie vigenti per qualunque accertamento rientrate nell'ambito applicativo dell'art. 52 l.fall. (Trib. Foggia 3 marzo 2015). Ambito di applicazioneL'ambito applicativo della disposizione in commento è segnato da due presupposti: a) da un lato, letteralmente, la norma concerne unicamente i beni mobili; b) dall'altro, il diritto dei terzi sul bene oggetto di istanza di immediata riconsegna deve essere «chiaramente riconoscibile». Quanto al primo profilo applicativo la norma non lascia spazio a dubbi particolari: deve trattarsi di beni mobili. Il procedimento semplificato in esame non può, quindi, applicarsi agli immobili ed ai diritti reali o personali su detti beni. Peraltro, la norma in esame non fa riferimento soltanto al diritto di prioprietà, ma parla di diritti reali o personali, sì che, come anticipato, può utilizzare la disposizione in esame non soltanto risulta applicabile a chi si affermi titolare di un diritto domincale sulla res, ma anche a chi, più semplicemente, vanti un diritto anche personale, purchè evidente e chiaramente riconoscibile. Si tocca in tal modo il secondo profilo applicativo: deve trattarsi, infatti, di un diritto evidente, che si pone in termini di non contestabilità da parte del curatore. Come tale, ad avviso di chi scrive, deve trattarsi di un diritto fondato su un titolo opponibile alla proceura concorsuale e, quindi, basato su documenti aventi data certa anteriore all'apertura della procedura concorsuale. In tal modo, fra l'altro, la disposizione finisce per intersecarsi con il regime probatorio previsto dall'art. 621 c.p.c. (in tema di opposizione di terzo all'esecuzioine), ritenendosi che la gravosità di tale prova (che esclude il ricorso alla prova testimoniale) non si applichi tutte le volte in cui il bene sia stato rinvenuto in un luogo diverso da quello dell'abitazione o della sede aziendale del fallito e quando, altresì, il diritto del terzo appaia verosimile in ragione della professione o commercio esercitati dal terzo o dal fallito (è il caso, ad esempio, del veicolo in riparazione presso l'autofficina o la carrozzeria fallita, ovvero l'ipotesi della pelliccia custodita dall'azienda che professionalmente provede alla pulizia ed alla conservazione durante i mesi estivi di tali capi di vestiario). Si è affermato che il decreto con il quale il giudice delegato, ai sensi dell'articolo 87-bis legge fall., dispone la restituzione dei beni mobili sui quali siano chiaramente riconoscibili i diritti reali o personali vantati da terzi, non gode di efficacia esterna al fallimento e non presuppone un accertamento sovrapponibile a quello oggetto del giudizio di opposizione volto ad accertare la presunta illegittimità del pignoramento (Trib. Monza, 31 maggio 2016). Laddove un superiore diritto di terzi derivi da provvedimenti di sequestri adottati in ambito penale, si è statuito che il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro adottato ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 231 del 2001; inoltre, la verifica delle ragioni dei terzi al fine di accertare la buona fede spetta al giudice penale e non al giudice fallimentare (Cass. n. 11170/2015). Procedimento semplificatoLa norma in commento consente al terzo di ottenere in via diretta la restituzione di beni su cui vanta dei diritti evidenti, senza dover passare attraverso le forche caudine dell'accertamento con le modalità di cui agli artt. 93 e ss., cui rinvia il già citato art. 103 l.fall. L'istanza può essere avanzata senza partricolari formalità, ed anche senza il necessario patrocinio di un legale. Naturalmente dovrà essere documentata e supportata da una prova evidente, nella generalità dai casi di tipo documentale. Tale prova richiede che la stessa sia opponibile al curatore e, quindi, fruisca della c.d. data certa anteriore alla proncuncia di fallimento. La presentazione dell'istanza comporta l'acquisizione del parere necesario, ma ritenuto non vincolante, del curatore e del c.d.c. (quest'ultimo se già nominato), spettando invece al g.d. la decisione sul punto. Il provvedimento consiste in un decreto motivato, che sarà impugnabile con il reclamo ex art. 26 l.fall., tanto se negativo (in questo caso dal terzo reclamante), quanto se positivo (in tal caso dal curatore che aveva espresso parere contrario alla restituzione o dai creditori controinteressati). L'adozione del provvedimento favorevole al terzo implica il venir meno del dovere del curatore di procedere alla inventariazione del bene stesso. Si è sostenuto, in dottrina, che il provvedimento negativo non sarebbe reclamabile, in quanto il terzo potrebbe ancora proporre la ordinaria istanza di rivendicazione, ex art. 103 l.fall. Tale posizione, tuttavia, mentre da un lato restringe eccessivamente l'ambito applicativo dei controlli endofallimentari, dall'altro sembra richiedere un presupposto (la definitività del provvedimento) che non sembra richiesto per il riesame in sede di reclamo, quanto, piuttosto, per il ricorso in Cassazione. Il decreto reso in sede di reclamo avverso il decreto di rigetto della richiesta di restituzione dei beni mobili con la procedura semplificata prevista dall'art. 87-bis l. fall. non è suscettibile di essere impugnato con ricorso straordinario per cassazione, trattandosi di un provvedimento privo dei caratteri della decisorietà e definitività e non idoneo a precludere la tutela del richiedente nella diversa sede della verifica del passivo tramite la domanda di cui all'art. 103 l. fall. (Cass. I, n. 10833/2021). I beni previsti dal terzo commaL'ultima parte della norma riguarda beni che, pur risultando di proprietà del fallito, risultano detenuti da un terzo in forza di un titolo di formazione negoziale opponibile alla procedura concorsuale. Può trattarsi, ad esempio, di un affitto d'azienda o ramo d'azienda stipulato dall'imprenditore quando ancora si trovava in bonis, come pure di un contratto di locazione dal medesimo concluso. Il presupposto di operatività del terzo commma della disposizione in commento è rappresentato dalla opponibilità, ciò che rimanda al concetto di data certa di cui all'art. 2704 c.c. La disposizione comporta che il bene venga ugualmente sottoposto ad inventariazione, ma lasciato nella disponibilità del terzo titolare del diritto. Si è correttamente rilevato che la norma non interferisce con la eventuale revocabilità del titolo negoziale, in quanto in tal caso la curatela deve pur sempre esercitare un'azione giudiziaria e non può ricorrere a strumenti di autotutela (per un'apertura vds. tuttavia il nuovo diposto dell'art. 64 – concernente gli atti gratuiti compiuti nel biennio anteriore alla pronuncia di fallimento – così come modificato dalla riforma del 2015). 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