Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 114 - Restituzione di somme riscosse1.

Valentino Lenoci

Restituzione di somme riscosse1.

Art. 114

I pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell'accoglimento di domande di revocazione.

I creditori che hanno percepito pagamenti non dovuti, devono restituire le somme riscosse, oltre agli interessi legali dal momento del pagamento effettuato a loro favore.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 104 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

Inquadramento

La novella di cui al d.lgs. n. 5 del 2006 ha espressamente codificato questo principio sia nell'art. 112 l.fall., sia nella nuova formulazione del primo comma dell'articolo in commento, che quindi non introduce alcuna sostanziale novità, limitandosi ad esplicitare un principio già radicato nel diritto vivente (Bruschetta, 1289). È stato perciò sostenuto che la relazione di commento all'art. 114 l.fall., allorquando sottolinea che la disposizione in esame reca «una duplice innovazione», intende riferirsi a delle novità essenzialmente terminologiche (Clemente, 709).

Premesso ciò, l'art. 114 l.fall. statuisce come regola generale l'irripetibilità dei pagamenti, prevedendo la restituzione delle somme riscosse solo per i creditori la cui ammissione sia stata revocata, in forza del principio generale per il quale la caducazione successiva del titolo comporta la ripetibilità delle somme riscosse. L'obbligo alla restituzione può derivare dunque solo dall'accoglimento dell'eventuale domanda di revoca ex art. 98, comma 4, l.fall. del provvedimento con cui è stato dichiarato esecutivo lo stato passivo e quindi a seguito di un accertamento giudiziale di vizi dello stato passivo stesso conseguenti a dolo, falsità, ovvero a errore essenziale di fatto o alla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente.

La ripetibilità dei pagamenti

Quando l'ammissione al passivo di un credito sia stata determinata da falsità, dolo, errore (cagionato, ad es., dalla mancata conoscenza di documenti), il creditore titolare del credito oggetto di revocazione, per l'accoglimento della relativa domanda con decreto divenuto definitivo, deve restituire le somme ricevute e gli interessi legali maturati dal momento del pagamento. Invero, il primo comma della disposizione in esame, dopo aver enunciato il principio generale della immutabilità delle ripartizioni eseguite in favore dei creditori concorrenti, prevede come unica eccezione il caso dell'accoglimento delle domande di revocazione. Quindi il decreto che dichiara esecutivo il progetto di ripartizione, una volta divenuto inoppugnabile fa stato in ordine a tutte le questioni relative alla collocazione dei crediti, mentre il diritto al riparto di ciascun creditore trae origine dall'ammissione al passivo.

L'obbligo di restituzione delle somme deriva dall'accertamento giudiziale con decreto irrevocabile della fondatezza della domanda di revocazione ex art. 98; in proposito, secondo la dottrina, nella fattispecie in esame vi sarebbe una ipotesi di indebito oggettivo al quale fa seguito l'obbligo del creditore che ha subito la revoca di restituire la somma ricevuta (Lo Cascio, 304). In particolare, la dottrina ritiene che legittimato alla richiesta di restituzione sia il curatore, così come si ritiene che i creditori danneggiati possono agire, ma solo dopo la chiusura del fallimento qualora il creditore il cui credito sia stato revocato non abbia provveduto alla restituzione (Perrotti, 1879). Si esclude invece, dalla maggior parte degli autori, la legittimazione concorrente dei creditori danneggiati prima della chiusura del fallimento, mentre si ammette da parte di qualche autore la possibilità di un reclamo ex art. 36 l.fall. al giudice delegato (Aa.Vv. Il codice del fallimento, a cura di Colesanti, Pajardi, Milano, 2004, 937).

La restituzione delle somme

Preliminarmente è opportuno precisare che l'art. 114 l.fall. è una norma di carattere eccezionale, poiché nella legge fallimentare non si configurano altri casi di restituzione di somme riscosse. A tal proposito, quanto ad una corretta interpretazione della norma, è stato sostenuto che siano da considerarsi «pagamenti non dovuti» soltanto quelli successivamente revocati, in quanto effettuati per soddisfare crediti ammessi per ragioni determinate da «falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile» o quelli effettuati in violazione della par condicio a danno di un creditore escluso per le ragioni medesime sopra enunciate (Clemente, 710). Con un diverso ragionamento è stata anche prospettata una interpretazione estensiva della disposizione contenuta nel secondo comma dell'articolo in esame, atta a ricomprendere, tra i «pagamenti non dovuti», oltre a quelli effettuati a fronte di crediti successivamente revocati, anche quelli eseguiti (in soddisfacimento di crediti prededucibili) al di fuori di un piano di riparto, per cui la legge di riforma avrebbe dettato una disciplina unitaria, per ciò che concerne la decorrenza degli interessi, nei confronti di tutti i creditori comunque indebitamente arricchitisi. Alla luce di ciò, pertanto, è da ritenersi che l'unica effettiva deroga al principio di stabilità dei riparti è quindi quella prevista al primo comma dell'art. 114 l.fall. (quando la domanda di revocazione è accolta con sentenza passata in giudicato): la revocazione elimina con effetto retroattivo il titolo endofallimentare idoneo a riconoscere pregresse partecipazioni ai riparti e obbliga alla restituzione delle somme riscosse a carico del creditore che ha ricevuto pagamenti sulla base di un provvedimento di ammissione revocato e quindi inefficace ex tunc (Perotti, 1879).

La decorrenza degli interessi

Le somme riscosse devono comprendere al momento della restituzione anche gli interessi legali maturati dal giorno della riscossione delle somme. Secondo quanto disposto dalla norma in esame gli interessi legali decorrono dal momento del pagamento effettuato a favore dei creditori. Invero, il termine di decorrenza degli interessi è fissato esplicitamente dalla norma e in tal modo il legislatore ha introdotto una deroga al generale principio dell'art. 2033 c.c. (che consente di individuare il termine di decorrenza degli interessi alla data di ricezione del pagamento solo nel caso della provata mala fede dell'accipiens), prevedendo una sorta di presunzione iuris et de iure, che non consente al creditore destinatario del pagamento indebito di provare la sua eventuale buona fede al momento della riscossione. Con riferimento alla ripetibilità dei pagamenti effettuati indebitamente a favore dei creditori prededucibili la dottrina (Perrotti, 1880) individua due ipotesi: la prima ipotesi riguarda i pagamenti effettuati in esecuzione di un piano di riparto, ai quali si applica la disciplina dell'art. 114, comma 1, l.fall.; la seconda ipotesi riguarda invece il pagamento di un credito al di fuori del procedimento di riparto (art. 111-bis, comma 2, l.fall.). In conclusione, con la Riforma gli interessi legali sono dovuti dal momento del pagamento effettuato a favore del creditore indipendentemente dalla buona o mala fede del creditore stesso, non trovando applicazione il principio che regola gli interessi nella ripetizione dell'indebito (Maffei Alberti, 801).

Bibliografia

V. sub art. 110.

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