Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 116 - Rendiconto del curatore1.

Valentino Lenoci

Rendiconto del curatore1.

 

Compiuta la liquidazione dell'attivo e prima del riparto finale, nonché in ogni caso in cui cessa dalle funzioni, il curatore presenta al giudice delegato l'esposizione analitica delle operazioni contabili e della attività di gestione della procedura.

Il giudice ordina il deposito del conto in cancelleria e fissa l'udienza che non puo' essere tenuta prima che siano decorsi quindici giorni dalla comunicazione del rendiconto a tutti i creditori2.

Dell'avvenuto deposito e della fissazione dell'udienza il curatore da' immediata comunicazione ai creditori ammessi al passivo, a coloro che hanno proposto opposizione, ai creditori in prededuzione non soddisfatti, con posta elettronica certificata, inviando loro copia del rendiconto ed avvisandoli che possono presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino a cinque giorni prima dell'udienza con le modalita' di cui all'articolo 93, secondo comma. Al fallito, se non e' possibile procedere alla comunicazione con modalita' telematica, il rendiconto e la data dell'udienza sono comunicati mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento 3.

Se all'udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto con decreto; altrimenti, fissa l'udienza innanzi al collegio che provvede in camera di consiglio.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 106 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

[2] Comma sostituito dall'articolo 17, comma 1, lettera m), numero 1), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. Per l'applicazione del presente comma vedi quanto disposto dai commi 4 e 5 del medesimo articolo 17.

[3] Comma sostituito dall' articolo 17, comma 1, lettera m), numero 2), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. Per l'applicazione del presente comma vedi quanto disposto dai commi 4 e 5 del medesimo articolo 17.

Inquadramento

La disciplina dell'obbligo di rendicontazione del curatore ha subito solo lievi modifiche dalle riforme del 2006 e del 2007, che ha codificato le soluzioni interpretative formatesi in dottrina e giurisprudenza. Il secondo e il terzo comma della norma sono stati poi modificati dal d.l. 179/2012, conv. in 1. 221/2012.

La norma in commento dispone innanzitutto che il curatore deve presentare al giudice delegato «l'esposizione analitica delle operazioni contabili e della attività di gestione della procedura», volendo con ciò il legislatore sottolineare che va attribuita la medesima valenza tanto alle risultanze numeriche derivante dalla liquidazione dei beni annessi alla massa e dalla conseguente attribuzione ai creditori delle somme di denaro in sede di ripartizione quanto alla esposizione analitica delle attività poste in essere dalla curatela finalizzate al raggiungimento di quei risultati quantitativi.

Il dovere del curatore di presentare il conto della gestione trae origine diretta dall'incarico ricevuto dagli organi del fallimento che lo hanno chiamato ad amministrare e liquidare il patrimonio del fallito, connotandosi tale munus per la sua natura pubblicistica a controllo giudiziale; proprio dalla esatta individuazione della figura del curatore che può farsi discendere un corretto regime di responsabilità a lui attribuibile non potendosi definire ancora sopita la discussione circa la sua natura contrattuale o extracontrattuale.

Affinché il rendiconto possa definirsi completo (e affinché di conseguenza il giudice delegato possa disporne il suo deposito in cancelleria dando inizio a quello che viene comunemente definito il giudizio di rendiconto) occorre che lo stesso evidenzi analiticamente le entrate e le uscite accompagnate da una relazione che indichi gli eventi che hanno prodotto tali risultanze ed indicando, ove necessario, le motivazioni che hanno indotto il curatore a compiere una determinata attività, dovendo corredare il conto di tutti i documenti giustificativi.

Possiamo quindi affermare che con l'articolo di legge in commento, viene regolamentata una fase molto delicata della procedura fallimentare, ovvero quella in cui il curatore è tenuto a presentare documentazione illustrativa e consuntiva della propria attività nel corso del fallimento; curatore che, sulla scorta dei principi ispiratori della riforma, è stato protagonista e soggetto centrale della procedura, quantunque debitamente sorvegliato, controllato e guidato dal giudice delegato. La presentazione del conto della gestione costituisce un passaggio necessario della procedura che precede il riparto finale poiché se il conto non viene approvato, non è certa la (eventuale) somma da ridistribuire prima della definitiva chiusura del fallimento. Con l'elaborazione del conto, il curatore illustra e giustifica il risultato economico e finanziario della propria gestione.

L'obbligo del rendiconto

Il curatore del fallimento assume la posizione di organo ausiliare dell'amministrazione della giustizia, cui fa carico di l'obbligo di adempiere ai doveri dell'ufficio con quella diligenza che può meglio consentire il conseguimento dell'interesse pubblico alla più sollecita composizione dei dissesti degli imprenditori commerciali. (Trib. Milano 20 maggio 1985).

Il rendiconto è dunque un obbligo giuridico di fonte pubblicistica, e non una obbligazione di cui all'art. 1173 c.c., con la conseguenza di risultare obbligo personale, non trasferibile ed insuscettibile di dispensa. Il presupposto dell'obbligo di rendiconto si ravvisa nella gestione di affari altrui e cioè nel compimento di un'attività per conto o nell'interesse di altri soggetti (Demarchi, 1886). Pertanto, ove, al solo fine di colmare eventuali lacune, debba essere ricercata una regolamentazione di riferimento nell'alveo privatistico, dovrebbe essere chiamata in causa quella relativa al mandatario; infatti, il mandatario conformemente all'art. 1713 c.c., deve rendere al mandante il conto del proprio operato.

Il rendiconto

Il rendiconto consiste in un consuntivo dell'attività svolta dal curatore, presentato ai creditori, al fine di ottenerne l'approvazione o per richiedere chiarimenti o per formulare contestazioni. La nuova disciplina chiarisce in maniera più esplicita il contenuto del rendiconto. Nel rispetto di un principio ormai consolidato, il rendiconto del curatore deve essere non soltanto di cassa, ma anche di gestione, tale cioè da evidenziare fedelmente l'intera gestione ed amministrazione, e che le operazioni riportate nel conto sono state effettuate secondo criteri giuridicamente legittimi ed economicamente convenienti. Rappresenta un documento contabile, analitico con esposizione delle scelte compiute nell'ambito dell'amministrazione da parte del curatore. Le varie voci dovranno essere specificate ed indicate analiticamente così da consentire un controllo sul risultato finale: in tale prospettiva, già la giurisprudenza di merito precisava che il curatore aveva l'obbligo di presentare un conto completo, dettagliato e descrittivo (Trib. Roma 24 gennaio 1963).

Ebbene, analizzata la natura ed il fondamento giuridico dell'obbligo di rendiconto, il rendiconto stesso è strumentale all'esigenza di controllare non soltanto sotto l'aspetto contabile e degli eventuali errori materiali (omissioni ed errori di computo/ aritmetici) ma anche il merito dell'amministrazione svolta (Lo Cascio, 305). Solo con il rendiconto, il curatore avrà la tranquillità di aver provato che l'incarico è stato svolto sia in conformità con la legge che nell'osservanza della diligenza prescritta (Cass. n. 277/1985). Il curatore dovrà esporre quindi tutta l'attività espletata, descrivendola sin dall'inizio, sino al momento del rendiconto indicando l'attività che presumibilmente sarà svolta sino alla chiusura della procedura, consentendo così ai soggetti legittimati un controllo sulla gestione, sui risultati raggiunti e sulla diligenza applicata dal curatore nell'esercizio della sua funzione (Cass. n. 22472/2004). Il curatore dovrà infine consentire un riscontro documentale della sua attività, a tale scopo richiamando i documenti e gli atti che la componevano. Il rendiconto finale deve essere coerente con i vari rapporti riepilogativi depositati semestralmente che, indipendentemente da eventuali osservazioni, non possono impedire contestazioni in sede finale, considerato il momento oltre il quale i soggetti legittimati non possono più sollevare contestazioni (Maffei Alberti, 805).

Gli aspetti processuali

Il rendimento del conto, una volta redatto, viene presentato dal curatore al giudice delegato. Quest'ultimo può esercitare almeno un controllo meramente formale sul conto verificando che risponda alle finalità dell'istituto; ciò lo si spiega, se non altro, proprio perché il conto viene presentato prima al giudice delegato e non depositato direttamente e comunicato ai creditori.

Nel caso in cui il giudice non rilevi alcuna irregolarità formale, ordinerà il deposito in cancelleria, fisserà la data dell'udienza di discussione e ne disporrà la comunicazione ai soggetti previsti per legge. In proposito è stato osservato che, stante l'obbligo di presentare il conto al giudice delegato, sembra soluzione di buon senso l'ammettere il potere dell'organo che riceve il rendiconto di chiedere integrazioni volte ad una sua migliore comprensione, prima che lo stesso venga indirizzato e comunicato a tutti i creditori ed al fallito, soggetti che di regola non hanno una competenza professionale particolare e devono poter accedere ad un atto chiaro e preciso (Pajardi - Paluchowski, 648). Con la novella del d.l. n. 179/2012, conv. in l. n. 221/2012, dell'avvenuto deposito e della fissazione dell'udienza, il curatore dà immediata comunicazione — oltre che al fallito — ai creditori ammessi al passivo, a coloro che hanno proposto opposizione ex art. 98 l.fall., ai creditori in prededuzione non soddisfatti, con posta elettronica certificata, inviando loro copia del rendiconto ed avvisandoli che possono presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino a 5 giorni prima dell'udienza con le modalità di cui all'art. 93, comma 2, l.fall. Al fallito, se non è possibile procedere alla comunicazione con modalità telematica, il rendiconto e la data dell'udienza sono comunicati mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il termine che deve necessariamente intercorrere fra il deposito e l'udienza, non può essere inferiore a 15 giorni. All'udienza, qualora non sorgano contestazioni, il conto viene approvato dal g.d. con decreto. Nell'ipotesi, invece, in cui siano proposte osservazioni o contestazioni, il conto può comunque essere approvato se viene raggiunto un accordo. Il rendiconto è approvato quando il curatore fornisce chiarimenti e/o giustifica le proprie condotte, soddisfacendo le osservazioni specifiche e circostanziate formulate dai creditori o i loro interrogativi.

Se l'accordo non è raggiunto, viene introdotta invece una fase contenziosa, definita giudizio di rendiconto.

L'approvazione amichevole del rendiconto

L'ipotesi di approvazione amichevole del rendiconto è disciplinata dal primo inciso del quarto comma «il rendiconto può essere approvato all'udienza fissata, se non sorgono contestazioni e non vengono formulate osservazioni». Queste possono inoltre trovare una soluzione immediata, mediante la richiesta di chiarimenti al curatore che, se ritenuti esaustivi, comportano l'approvazione del rendiconto.

Nel caso in cui invece le contestazioni riguardino l'attività del curatore, si può giungere ad un accordo sulle contestazioni, diretto a rimediare ad un'operazione od omissione concordemente non accettata riguardante la rinuncia del soggetto interessato alla contestazione ovvero attraverso l'ammissione da parte del curatore della fondatezza della contestazione. Tale accordo è possibile solo in caso di operazioni od omissioni addebitabili al curatore, non invece nell'ipotesi di attività autorizzata o disposta dal g.d. o dal tribunale. L'accordo può consistere, oltre che nella rinuncia alla contestazione, in modifiche del conto mediante eliminazione o riduzione di alcune poste passive, o nell'aumento o inserzione di poste attive, in modo che il saldo ne venga modificato a carico del curatore (Maffei Alberti, 808).

Il provvedimento di approvazione del g.d. è reclamabile al Collegio ai sensi dell'art. 26 l.fall., e la decisione del Tribunale è a sua volta impugnabile in cassazione, trattandosi di materia relativa a diritti soggettivi (Cass. n. 3696/2000; Cass. n. 3490/1993).

Il controllo del rendiconto e le eventuali contestazioni

Nel caso in cui sul rendiconto vengano formulate contestazioni, e su queste non si raggiunga un accordo, il rendiconto non viene approvato, ed il giudice delegato fissa, con decreto, un'udienza dinanzi al collegio.

Il Tribunale, in composizione collegiale, sarà quindi chiamato a pronunciarsi, mediante un procedimento in camera di consiglio, sui termini della domanda di parte così come determinati ed eventualmente modificati nel corso dell'udienza.

Le contestazioni devono essere determinate e specifiche, in quanto riferita a determinati atti od omissioni del curatore, ovvero alla correttezza formale e sostanziale del documento contabile.

In riferimento alle contestazioni, giova ricordare che queste vanno presentate alla cancelleria del giudice delegato il quale risulta l'arbitro di questa delicata fase ancora pre-contenziosa. Relativamente al termine per la proposizione delle contestazioni, il comma secondo dell'art. 116 non chiarisce se siano ammissibili contestazioni presentate anche in udienza. Tuttavia, in collegamento con il comma quarto che recita «se all'udienza stabilita non sorgono contestazioni», sembrano ammissibili contestazioni presentate anche all'udienza di discussione. Ovviamente, colui il quale proporrà osservazioni o contestazioni dovrà dare prova del proprio interesse ad agire (art. 100 c.p.c.) relativamente agli effetti del rendiconto sulla propria sfera giuridica.

Quanto alla forma delle osservazioni ed, in particolare, delle contestazioni, esse dovranno essere specifiche e dirette a singole o più partite, così come prevede l'art. 264 c.p.c., e non potranno sostanziarsi in una generica critica. In questo ultimo caso il giudice delegato non aprirà la fase contenziosa e approverà il conto (Trib. Genova, 17 ottobre 1994).

Nel procedimento di rendiconto dinanzi al Tribunale vengono dunque sottoposti a giudizio gli errori materiali, le omissioni ed i criteri di conteggio, ma anche la gestione del curatore e l'accertamento delle sue responsabilità personali per atti che abbiano arrecato pregiudizio a tutti o a singoli creditori (Cass. n. 547/2000). In argomento, la giurisprudenza di legittimità ha è precisato che il giudizio di approvazione del rendiconto presentato dal curatore abbia ad oggetto, ai sensi dell'art. 116 l.fall., la verifica contabile e l'effettivo controllo di gestione, cioè la valutazione della correttezza dell'operato del curatore, della sua corrispondenza a precetti legali e ai canoni di diligenza professionale richiesta per l'esercizio della carica e degli esiti che ne sono conseguiti, la cui contestazione esige la deduzione e la dimostrazione dell'esistenza di un pregiudizio almeno potenziale recato al patrimonio del fallito o agli interessi dei creditori, difettando altrimenti un interesse idoneo a giustificare l'impugnazione del conto stesso, mentre non occorre che, già in tale giudizio, sia fornita la prova del danno effettivamente concretizzatosi a seguito della mala gestio; le contestazioni rivolte a tale conto debbono a loro volta essere dotate di concretezza e specificità, non potendo consistere in una enunciazione astratta delle attività cui il curatore si sarebbe dovuto attenere, ma piuttosto indicare puntualmente le vicende ed i comportamenti in relazione ai quali il soggetto legittimato imputa al curatore di essere venuto meno ai propri doveri nonché le conseguenze, anche solo potenzialmente dannose, che ne siano derivate così da consentire la corretta individuazione della materia del contendere e l'efficace esplicazione del diritto di difesa del curatore cui gli addebiti sono rivolti (Cass. n. 21653/2010). Quindi, il collegio approverà il conto qualora l'operato del curatore venga riconosciuto conforme al dettato dell'art. 38, il quale vincola il curatore al rispetto della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico: interpretata e colta non solo in riferimento ad ogni singolo atto compiuto, bensì al complesso dell'attività posta in essere, dal momento in cui ha iniziato a ricoprire il suo ufficio.

Quanto alla competenza, questa è attribuita al collegio (quindi al Tribunale fallimentare) che decide in camera di consiglio. Si tratta di una controversia civile contenziosa, che può riguardare non solo la regolarità formale del conto, ma anche eventuali responsabilità risarcitorie del curatore. È necessaria l'iscrizione a ruolo a cui deve provvedere il ricorrente o i ricorrenti che risultano legittimati attivi (i creditori concorrenti, il fallito, l'eventuale nuovo curatore subentrato al curatore revocato). Si ritiene che la mancata iscrizione a ruolo debba considerarsi come espressione della volontà di non coltivare oltre la contestazione (Pajardi, 1300). Infine sugli aspetti della legittimazione passiva spetta al curatore, il quale non ha bisogno di autorizzazione del giudice delegato per resistere, trattandosi di controversia che attiene a profili di responsabilità personale del curatore stesso. Pertanto il giudizio potrà concludersi, alternativamente, con l'approvazione del conto, la ridefinizione del conto, l'ordine al curatore di redigerlo secondo differenti ed ulteriori criteri e principi e l'eventuale condanna del curatore a risarcire i danni. Il decreto emesso dal collegio sarà reclamabile di fronte alla corte d'appello nel termine di dieci giorni ed è ulteriormente impugnabile in cassazione, decidendo su diritti soggettivi perfetti con efficacia definitiva (Bruschetta, 1291).

Va osservato, peraltro, che, qualora vengano ravvisate irregolarità o negligenza nella fase operativa anteriore al rendimento del conto, il giudice, più che respingere il rendiconto, dovrà sollecitare la revoca del curatore (art. 37); se poi la mala gestio derivi da omissioni, il giudice può invitare il curatore a porvi riparo, rimandando all'esito di tali operazioni la presentazione del rendiconto (Demarchi,1892).

Sotto l'aspetto temporale non vi è una previsione che indichi il termine entro cui il curatore deve procedere a completare il conto e sottoporlo al giudice delegato. Nell'ambito dei poteri ordinatori del giudice delegato, si ritiene comunque che costui possa indicare un termine entro cui la redazione del conto dovrà essere terminata dal curatore, ferma restando la responsabilità di quest'ultimo in caso di ritardo non giustificato.

Nel caso in cui il Giudice delegato, nonostante la presenza di contestazioni, non apra il giudizio contenzioso ma proceda ugualmente all'approvazione del conto, sarà possibile proporre reclamo ex art. 26 l.fall. al collegio, la cui decisione, assunta anch'essa nella forma del decreto, è ritenuta impugnabile con ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111 Cost., poiché idonea ad incidere su diritti soggettivi ed avente contenuto decisorio e definitivo (Cass. n. 11026/2003).

Bibliografia

V. sub art. 110.

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