Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 125 - Esame della proposta e comunicazione ai creditori 1 .

Domenica Capezzera

Esame della proposta e comunicazione ai creditori1.

 

La proposta di concordato è presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede il parere del [comitato dei creditori e] del curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offerte. Quando il ricorso e' proposto da un terzo, esso deve contenere l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni. Si applica l'articolo 31-bis, secondo comma2.

Una volta espletato tale adempimento preliminare il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, valutata la ritualita' della proposta, ordina che la stessa, unitamente al parere del comitato dei creditori e del curatore, venga comunicata a cura di quest'ultimo ai creditori a mezzo posta elettronica certificata, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione ed informandoli che la mancata risposta sara' considerata come voto favorevole. Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni ne' superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso. In caso di presentazione di più proposte o se comunque ne sopraggiunge una nuova, prima che il giudice delegato ordini la comunicazione, il comitato dei creditori sceglie quella da sottoporre all’approvazione dei creditori; su richiesta del curatore, il giudice delegato può ordinare la comunicazione ai creditori di una o di altre proposte, tra quelle non scelte, ritenute parimenti convenienti. Si applica l’articolo 41, quarto comma3.

Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori, deve essere sottoposta, con i pareri di cui al primo e secondo comma, al giudizio del tribunale che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all'articolo 124, secondo comma, lettere a) e b) tenendo conto della relazione resa ai sensi dell'articolo 124, terzo comma4.

Se la società fallita ha emesso obbligazioni o strumenti finanziari oggetto della proposta di concordato, la comunicazione è inviata agli organi che hanno il potere di convocare le rispettive assemblee, affinché possano esprimere il loro eventuale dissenso. Il termine previsto dal terzo comma è prolungato per consentire l'espletamento delle predette assemblee.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 115 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

[2] Comma modificato dall'articolo 9, comma 6, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007 e dall'articolo 17, comma 1, lettera n), numero 1), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. Per l'applicazione del presente comma vedi quanto disposto dai commi 4 e 5 del medesimo articolo 17.

[3] Comma sostituito dall'articolo 9, comma 6, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007 , successivamente modificato dall'articolo 61, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69 ed infine dall' articolo 17, comma 1, lettera n), numero 2), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. Per l'applicazione del presente comma vedi quanto disposto dai commi 4 e 5 del medesimo articolo 17.

Inquadramento

L'art. 125 ha subìto rilevanti modifiche non soltanto ad opera del d.lgs. n. 5/ 2006 prima e del decreto correttivo n. 169 del 2007 dopo, ma anche (in punto di disciplina della pluralità di proposte di conc.) in virtù dell'art. 61, l. n. 69/2009 e, da ultimo, dell'art. 17, d.l. n. 179/2012, convertito dalla l. n. 221/2012 (quanto alle notifiche a mezzo di posta elettronica certificata). Tali ultime disposizioni si applicano dal 19 dicembre 2012 (data di entrata in vigore della l. di conversione) anche alle procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, liquidazioni coatte e amministrazioni straordinarie pendenti) rispetto alle quali, alla stessa data, non è stata effettuata la comunicazione rispettivamente prevista dagli artt. 92, 171, 207 l.fall.; in caso contrario, esse trovano applicazione a decorrere dal 31 ottobre 2013. La legge stabilisce, comunque, che il curatore, il commissario giudiziale e quello liquidatore, nonché il commissario entro il 30 giugno 2013 avrebbero dovuto comunicare ai creditori e ai terzi titolari di diritti sui beni l'indirizzo della pec della procedura, invitandoli a comunicare, entro tre mesi, l'indirizzo di p.e.c. al quale ricevere tutte le comunicazioni relative, avvertendoli di rendere nota ogni successiva variazione e che in caso di omessa indicazione le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria (Minutoli, sub art. 125, 1756).

Finalità del vaglio degli organi della procedura — dal punto di vista concettuale, con ricadute di carattere processuale, la dottrina ha correttamente distinto la proposta di concordato, che contiene implicitamente la predisposizione di un programma di adempimenti e di attività strumentali a costituire la provvista per adempiere al concordato stesso, ed il ricorso o domanda giudiziale, quale veicolo che esternalizza la proposta, attivando la procedura (in tal senso, v. Fabiani, 975, anche per altri profili processuali e sostanziali). La proposta, presentata con ricorso al giudice delegato, può essere proposta dalla parte personalmente, senza il patrocinio di un difensore (Minutoli, sub art. 125, 1757; Valensise, 59, che richiama, peraltro, l'orientamento espresso da Trib. Roma 17 marzo 2008, che sottolinea la natura di ricorso giurisdizionale della proposta di concordato), non prescritto del resto nemmeno per la presentazione della domanda di ammissione a concordato preventivo. In tale ottica, è stato osservato che il ricorso sembra porsi fuori dal processo, essendo assistenza legale chiesta solo per la richiesta di omologazione (Fabiani, 975).

Essa, rivolta ai creditori, è soggetta ad un vaglio preliminare da parte degli organi della procedura volto ad evitare che vengano sottoposte al voto dei creditori proposte affette da vizi di legittimità o manifestamente non convenienti o non suscettibili di attuazione (cfr. Fabiani, 573).

Infatti, a seguito delle modifiche apportate alla norma in esame dal d.lgs. n. 169/2007, una volta ricevuta la proposta, il giudice delegato — come nella disciplina previgente — deve chiedere innanzitutto il parere del curatore e, quindi, quello del comitato dei creditori, il quale assume un ruolo pregnante nell'economia dell'esame preventivo della proposta, quale presupposto di procedibilità della domanda (Frascaroli, 1268 s.). Non a caso, nella Relazione al decreto correttivo, si sottolinea come «In coerenza con il nuovo assetto dei rapporti fra gli organi del fallimento» — si sottolinea nella Relazione al decreto correttivo — «la valutazione di merito della proposta spetta al comitato dei creditori, mentre al giudice delegato spetta una delibazione di mera legittimità sulla ritualità della proposta». Più in generale si può affermare che, nel contesto di un complessivo arretramento delle competenze del giudice delegato (sul quale concorda Fabiani, 976; contra, Valensise, 69) agli organi giudiziari della procedura è riservato un controllo di legittimità, mentre l'esame del merito della proposta è affidato al curatore ed al comitato dei creditori.

Quanto alla possibilità che il giudice delegato blocchi in limine la proposta, qualora emerga icto oculi un vizio di legittimità del ricorso, si rinvia a Minutoli, 1758 e dottrina ivi citata: pur nel contesto di criticità interpretative, può ritenersi che quella facoltà spetti, in fattispecie di palese insussistenza dei più elementari requisiti formali, quali quelli attinenti alla legittimazione alla presentazione o alla sottoscrizione, anche nel caso in cui il curatore sia di contrario avviso, conformemente al principio di efficienza e semplificazione del procedimento, che permea tutta la riforma del 2006, assieme a quello che esalta la sovranità della volontà negoziale delle part (si veda, in giurisprudenza, Trib. Milano 5 marzo 2012, secondo cui il controllo sulla ritualità della proposta da parte del g.d. può esplicarsi anche prima dell'acquisizione del parere del c.d.c., qualora tale ultimo passaggio si riveli del tutto inutile a causa della illegittimità della proposta stessa; Trib. Roma 28 febbraio 2008, secondo cui il g.d. può rilevare l'improcedibilità del ricorso presentato successivamente al decreto di esecutività del piano di riparto satisfattivo integralmente dei creditori ammessi, pur se la proposta preveda un pagamento in misura superiore al valore degli stessi crediti ammessi).

Il ruolo del curatore. Dopo la presentazione del ricorso il curatore è chiamato dal giudice delegato a esprimere un parere. Secondo la dizione della norma introdotta con il d.lgs. n. 5/2006 il parere doveva essere reso «con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione»; con il decreto correttivo si è aggiunto «e alle garanzie offerte». L'aggiunta — a quanto si scrive nella Relazione — «colma una lacuna dell'attuale disposizione che non fa riferimento al concordato fallimentare con garanzia». Avuto riguardo alle innumerevoli variabili delle possibili proposte di concordato occorre, peraltro, considerare che il parere del curatore non può essere limitato ad un raffronto tra quanto presumibilmente conseguibile attraverso la liquidazione fallimentare e quanto promesso con la proposta di concordato, ma deve necessariamente estendersi alla «serietà» della proposta: quindi alla fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti.

Il curatore (sul cui ruolo nel concordato fallimentare v. Nisivoccia 416 nonché, evidenziandone il ridimensionamento della funzione, Frascaroli, 1269) è pertanto chiamato ad esprimere un parere sulla convenienza della soluzione concordataria rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare e sul grado di sicurezza della sua attuabilità (Valensise, 68) potendo anche considerare e rappresentare gli interessi del fallito (pur nell'ambito di una facoltà non necessitata: Fabiani, 976).

Il parere — che costituisce condizione di procedibilità della proposta: Cass. n. 3274/2011 — è volto ad informare il comitato dei creditori, chiamato a rendere un successivo parere, vincolante se negativo, nonché i creditori chiamati a votare dopo il via libera del comitato, affinché possano rendere un assenso o dissenso informato (cfr. Trib. Napoli 22 ottobre 2008 e Trib. Mantova 3 aprile 2007, Trib. Mantova 27 settembre 2007, circa il vaglio preventivo del g.d. in ordine alla completezza delle informazioni concernenti la fattibilità e la stessa convenienza ed i presumibili risultati della liquidazione, onde consentire ai creditori una consapevole espressione del loro voto, con possibilità di chiedere al curatore una integrazione del parere stesso).

Va rilevato che secondo Trib. Monza 10 dicembre 2015, il giudice, investito della decisione in ordine all'ammissibilità dell'istanza di concordato fallimentare ai sensi dell'art. 125 l.fall., può e deve rilevare eventuali irregolarità formali attinenti alla formazione del parere.

Se sono presentate più proposte, (nel contesto di quell'apetura al mercato del concordato fallimentare che determina la possibilità di competizione tra vari proponenti: Perrino, 2536), il curatore deve esprimere un parere su ciascuna proposta «con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offerte» e — deve ritenersi — fornire anche le opportune informazioni per valutare quale delle proposte di concordato debba considerarsi migliore, in particolare quando le proposte prevedano forme di soddisfacimento non omogenee. Il parere del curatore, che dopo il decreto correttivo è obbligatorio ma non vincolante, non è suscettibile di impugnazione ex art. 36, proponibile soltanto contro gli «atti di amministrazione del curatore».

Secondo Cass. n. 24359/2013, il parere del curatore deve fornire in primis il dato relativo al presumibile attivo realizzabile con la liquidazione fallimentare in raffronto quanto ricavabile con l'alternativa concordataria, mentre quanto alla congruità della somma offerta quel parere avrebbe una valenza marginale rispetto al complesso degli elementi di cui i creditori dispongono (in senso critico Penta, 783, secondo cui gli strumenti informativi dei creditori sono rappresentati principalmente dai pareri sia del curatore che del comitato dei creditori).

Il ruolo del comitato dei creditori — Dopo il parere del curatore va acquisito il parere del comitato dei creditori, che consente di dar luogo agli adempimenti di cui all'art. 125 l.fall., e che, nell'ottica della riforma, si pone quale condizione di procedibilità della proposta concordataria (Trib. Roma 27 ottobre 2011). Attesa la sua essenzialità, pertanto, deve intanto ritenersi che esso non possa essere acquisito con il mero silenzio assenso, essendo necessario un parere debitamente motivato (non necessariamente a seguito di specifica riunione in conferenza personale, ma eventualmente anche con dichiarazioni separate per ciascun componente); ne consegue che, in caso contrario, residua il potere sussidiario del giudice delegato, al di là del caso di mancata espressione di quel parere o di non funzionamento del comitato (contra: Frascaroli, 1270).

Le valutazioni del comitato dei creditori potrebbero presentare risvolti di particolare delicatezza nel concordato con suddivisione dei creditori in classi, potendo i singoli componenti del comitato essere influenzati dalla valutazione del trattamento preveduto per la classe cui appartengono, che potrebbe apparire migliore oppure deteriore rispetto a quella preveduta per le altri classi. Ancor più delicata diverrebbe la posizione dei singoli componenti del comitato in caso di pluralità di proposte di concordato quando una proposta prevedesse, rispetto all'altra, per una classe un trattamento più favorevole e per l'altra classe un trattamento deteriore. Il problema — con il connesso rischio di contestazioni sotto il profilo del conflitto di interessi — va, tuttavia, superato a mio giudizio movendo dalla incontestata premessa che i componenti del comitato sono chiamati a valutare l'interesse dei creditori come collettività e considerando conseguentemente limitato il parere del comitato dei creditori alla convenienza del concordato rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare per ciascuna classe e quindi per la collettività dei creditori.

Con il meccanismo di vincolatività del parere favorevole del comitato dei creditori sono state evidenziate criticità nel sistema delineato dalla riforma, posto che sembrerebbe attribuito a quell'organo un indiscriminato diritto di veto che, tuttavia, appare già temperato, in caso di pluralità di proposte (laddove il comitato ha il potere di scegliere quale proposta sottoporre all'approvazione del comitato dei creditori) dal potere del giudice delegato di ordinare, su richiesta del curatore, la comunicazione anche delle altre proposte ritenute parimenti convenienti (sul punto, v. Minutoli, 1760; secondo Di Cecco, 1728, la norma sembrerebbe delineare un autonomo potere discrezionale del giudice, anche se l'impostazione di fondo della riforma sembrerebbe spingere per la soluzione negativa; sul ruolo preponderante del comitato dei creditori, a discapito della funzione, assai ridimensionata in questa fase del curatore, quale organo senza voce in capitolo, v. Frascaroli, 1269, secondo cui il rapporto tra gli organi della procedura non può dirsi sia improntato in termini di sicuro equilibrio: opinione da condividere, nella misura in cui marginalizza un organo — il curatore — che ha un rilevante patrimonio conoscitivo e valutativo, mentre il ruolo dei creditori è comunque salvaguardato dalla votazione alla quale essi sono chiamati). Più in generale, poiché quel potere di veto smentirebbe di fatto l'assunto — posto a base della novella — secondo cui ogni decisione nel merito compete in ultima analisi al(l'intero) ceto creditorio, non lasciando, peraltro, alcuno spazio valutativo preventivo al giudice delegato, si è chiesti se quest'ultimo, a fronte di un parere negativo del comitato dei creditori, sia realmente obbligato ad arrestare la procedura o se non possa effettuare un controllo sulla motivazione di quella valutazione ed eventualmente ordinare comunque la comunicazione della proposta ai creditori, affinché gli stessi abbiano l'ultima parola. E, pertanto, la dottrina ha intanto ritenuto che il decreto del giudice sia reclamabile ex art. 26 l.fall. (Vitiello, 1993; Fabiani, 982). Ancora più a monte, si è affermato che è compito del giudice delegato verificare che i pareri sulla convenienza del concordato non siano affetto da vizi logici o da carenza o contraddittorietà di motivazione (così, testualmente, Trib. La Spezia 5 luglio 2007 che, decidendo sul reclamo ex art. 26 avverso il decr. con cui il g.d. aveva disposto non darsi corso alla comunicazione ai creditori della proposta di concordato fallimentare semplicemente richiamando la vincolatività del parere negativo del cur., ha ordinato quella comunicazione). È palese il tentativo di recuperare — lodevolmente — un ruolo preventivo di filtro e di tutela in capo all'organo giurisdizionale, ma la cui legittimità va attentamente valutata, alla luce del disposto normativo (Minutoli, 3). Quanto alla impugnabilità del parere negativo del comitato dei creditori, non è percorribile la strada del reclamo ex art. 26 l.fall. contro il decreto del giudice delegato, in quanto l'eventuale illegittimità del decreto del giudice deriva in effetti dalla condotta del comitato dei creditori e non da un vizio proprio (Fabiani, 978).

Dovrebbe, allora, applicarsi il meccanismo processuale del reclamo previsto dall'art. 36 l.fall., anche se quel gravame riguarda le autorizzazioni o i dinieghi del comitato dei creditori, non i pareri. Avuto peraltro riguardo alla circostanza che, con la prescrizione del parere favorevole, si è attribuito sostanzialmente al comitato dei creditori un diritto di veto all'inoltro della proposta ai creditori per il voto, si è condivisibilmente affermato che «non si può escludere che il parere possa essere qualificato al modo di una autorizzazione e come tale divenire reclamabile ai sensi dell'art. 36 l.fall.» (Jorio- Fabiani, 50), in caso di esercizio del diritto di veto al di fuori dei limiti entro i quali si deve considerare riconosciuto; Fabiani, 978).

Secondo Cass. n. 16738/2011, l'intervenuta approvazione del concordato da parte dei creditori (ai quali spetta ogni valutazione di convenienza della proposta) sana ogni irregolarità del parere reso dal comitato dei creditori, ivi compresa la mancanza di una succinta motivazione, che non ne comporta l'inesistenza, ma solo una nullità relativa.

Il ruolo degli organi giudiziari della procedura — Dopo l'assunzione del parere del curatore e del successivo parere favorevole del comitato dei creditori il giudice delegato «valutata la ritualità della proposta», ordina la comunicazione della proposta ai creditori per la votazione. Prima del decreto correttivo, in difetto di analoga previsione espressa, non era mancato chi aveva ritenuto di poter attribuire al giudice delegato il ruolo di mero passacarte (Bertacchini, sub art. 125, § 1), anche se per lo più in aderenza al sistema si riteneva spettante al giudice delegato un potere di controllo sui profili di legittimità della domanda (Minutoli, sub art. 125, 1758, anche in ordine alla possibilità di sindacare i pareri del curatore e del comitato dei creditori; Vitiello § 1). Con il decreto correttivo è stata espressamente affidato al giudice delegato un controllo di legittimità sulla proposta.

Dalla dizione letterale della norma parrebbe che detto controllo debba essere esperito dopo l'assunzione dei parere del curatore e del comitato dei creditori. Sennonché in via logica il controllo sulla ritualità della proposta ha carattere prioritario. In presenza di un ricorso presentato dal fallito prima del decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento o dopo due anni dal decreto di esecutività dello stato passivo oppure, ove fallita sia una società, in mancanza dell'approvazione della proposta e delle condizioni del concordato ai sensi dell'art. 152 o, ancora, in difetto della relazione giurata del professionista sulla capienza ove venga proposto il soddisfacimento non integrale dei creditori con prelazione, ecc., la previa acquisizione dei pareri del curatore e del comitato dei creditori si risolverebbe in un'inutile perdita di tempo.

Poiché la comunicazione della proposta ai creditori va disposta dopo l'acquisizione dei parere si deve poi ritenere che, nell'ambito del controllo di legittimità, al giudice delegato debba essere riconosciuto, oltre che un sindacato sulla ritualità della proposta, anche un sindacato di legittimità sui pareri, ad esempio sul rispetto, nell'assunzione del parere del comitato dei creditori, delle prescrizioni dell'art. 41, terzo comma, ovvero sull'esistenza di una motivazione che non sia meramente apparente e che consenta al parere di assolvere alla sua funzione informativa o, in caso di parere negativo del comitato dei creditori, a giustificare l'esercizio del diritto di veto.

Sul tema, Cass. n. 16738/2011 ha statuito che la valutazione dei cespiti costituenti l'attivo fallimentare, demandata al giudice in sede di omologazione, non ha ad oggetto l'accertamento della convenienza della proposta, ma il controllo in ordine alla legittimità della procedura, sotto il profilo dell'osservanza degli adempimenti prescritti e della correttezza dell'informazione fornita ai creditori attraverso la relazione giurata ed i pareri richiesti dall'art. 125, nonché la verifica delle condizioni approvate, nei limiti imposti dalla finalità di assicurare un ragionevole equilibrio tra la soddisfazione delle pretese dei creditori e la salvaguardia dei diritti del debitore.

Come accennato prima, la novella dell'art. 125 l.fall., ad opera dell'art. 17, d.l. n. 179/2012, convertito in l. n. 221/2012, ha previsto che quando il ricorso è proposto da un terzo, esso deve contenere l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni e che il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, valutata la ritualità della proposta, ordina che la stessa, unitamente al parere del comitato dei creditori e del curatore, venga comunicata a cura di quest'ultimo ai creditori a mezzo posta elettronica certificata dagli stessi indicato.

Il decreto correttivo n. 169/2007 aveva abrogato l'ultimo inciso del comma 3, introdotto dal d.lgs. n. 5 del 2006, il quale prevedeva che, nel caso di presentazione di più proposte, le stesse dovessero essere portate in votazione contemporaneamente. Si trattava di una disposizione che era quanto mai opportuna (almeno in astratto), perché finalizzata a consentire ai creditori di esprimersi comparativamente sulle diverse ipotesi di soluzione concordataria eventualmente depositate, e di fatto tra loro in competizione scegliendo quella ritenuta più favorevole o conveniente. Tuttavia, erano emerse varie criticità nella prassi circa la concreta attuazione di quella contestualità, nel caso in cui le diverse proposte fossero più di due o nell'ipotesi — con tutta evidenza assai ricorrente — in cui le stesse pervenissero in tempi diversi (e la seconda anche quando per la prima fosse stata già disposta la votazione). Sicché la l. n. 69/2009 (con previsione valevole per le procedure di concordato fallimentare iniziate successivamente al 4 luglio 2009) ha previsto che in caso di pluralità di proposte di concordato o qualora ne sopraggiunga una nuova, prima che il giudice delegato ordini la comunicazione, spetta al comitato dei creditori scegliere quella ritenuta idonea, da sottoporre all'approvazione dei creditori. Tuttavia, al fine di evitare il rischio di un potere incontrollabile in capo all'organo collegiale, è stato opportunamente previsto che, su richiesta del curatore, il giudice delegato possa ordinare (nel contesto di un potere discrezionale) la comunicazione ai creditori di una o di altre proposte, tra quelle non scelte, ritenute parimenti convenienti (su tali problemi, si rinvia a Minutoli, 1507 nonché a Frascaroli, 1273).

La riforma della crisi d'impresa e dell'insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

Per il commento v. sub art. 124.

I pareri necessari

Il giudice delegato, una volta presentato il ricorso del proponente, deve chiedere il parere: del curatore; del comitato dei creditori.

Tuttavia, coerentemente con il potere di controllo di legittimità e ritualità della proposta, che il legislatore affida al giudice, quest'ultimo può arrestare il procedimento anche prima dell'acquisizione del parere del comitato dei creditori, qualora tale ultimo passaggio si riveli del tutto inutile a causa della palese illegittimità della proposta stessa (Trib. Milano 5 marzo 2012). Le valutazioni del curatore devono riguardare, nello specifico: la convenienza della proposta, in termini di maggior soddisfazione dei creditori; la serietà e fattibilità della proposta, in termini di garanzie offerte per l'adempimento degli obblighi concordatari (Cass. n. 24359/2013).

Nel configurare detto parere come condizione per la sottoposizione al voto dei creditori della proposta concordataria, il legislatore ha certamente inteso attribuire al curatore il potere di effettuare una preventiva e necessaria valutazione di convenienza della proposta; un filtro necessario volto ad evitare che qualunque proposta di concordato, in astratto anche la più incongrua rispetto agli interessi che la procedura fallimentare deve tutelare, dovesse necessariamente essere sottoposta al voto dei creditori, con perdita di tempo e aggravio di spese. Se la funzione del parere del curatore è quella sopra delineata, ne consegue che: tanto il parere favorevole quanto il parere contrario devono essere motivati in coerenza con detti principi; è compito del giudice delegato verificare che il parere del curatore sulla convenienza del concordato non sia affetto da vizi logici o da carenza o contraddittorietà di motivazione; detto controllo — senza più entrare nel merito della convenienza della proposta — impedisce che un eventuale errore o travisamento di fatti da parte del curatore abbia come effetto la sottrazione del potere di scelta sulla proposta ai creditori in caso di parere negativo o, al contrario, l'avvio di una costosa e non agevole procedura di voto in caso di parere favorevole dato ad una proposta manifestamente lesiva degli interessi dei creditori. Il parere del curatore non deve essere necessariamente positivo, stante il tenore letterale dell'art. 125, comma 1, l.fall.; il parere deve esprimere esclusivamente una valutazione tecnica che contribuisca a formare il convincimento di coloro che sulla proposta si dovranno esprimere successivamente (Mascarello, 466).

Prima di procedere alla comunicazione della proposta ai creditori, il giudice delegato chiede, altresì, il parere del comitato dei creditori. Il parere favorevole del comitato dei creditori consente di dar luogo agli adempimenti di cui all'art. 125, e si pone quale condizione di procedibilità della proposta concordataria. In ogni caso, in tema di iter procedimentale, l'omessa richiesta dei pareri determina la nullità dei provvedimenti successivi e pertanto dell'intero procedimento, da far valere attraverso il reclamo ex art. 26, l.fall. La mancanza del parere del comitato dei creditori potrebbe tuttavia dipendere dall'inerzia di quest'organo. Sorge in tal caso il problema di individuare gli strumenti di sollecitazione del comitato e di reazione alla sua eventuale persistente inerzia.

Il giudice delegato può: in primis convocare il comitato dei creditori secondo quanto è previsto nell'art. 25, n. 3, l.fall., assegnando un termine (art. 36, l.fall.), per indurlo a rendere il parere sulla proposta di concordato; in caso di persistente inerzia il giudice potrà, avvalendosi della disposizione di cui all'art. 41, comma 4, l.fall., redigere egli stesso il parere (Trib. Roma 31 luglio 2008). In caso di presentazione di più proposte concordatarie o se, comunque, ne sopraggiunge una nuova prima che il giudice delegato ordini la comunicazione al ceto creditorio, il comitato dei creditori sceglie quella da sottoporre all'approvazione dei creditori.

È, comunque, fatto salvo il potere del curatore, qualora lo ritenga conveniente, di suggerire al giudice delegato la comunicazione ai creditori di una o altre proposte non scelte dal comitato dei creditori.

I poteri di verifica del Tribunale

Una volta acquisiti tutti i pareri, il giudice delegato deve procedere ad un esame preliminare della proposta, che si ritiene limitato alla ritualità o «legittimità formale» della proposta, in quanto la valutazione discrezionale della convenienza sia integralmente rimessa al parere del comitato dei creditori (Trib. Milano 5 marzo 2012 e Trib. Pordenone 9 dicembre 2010).

Si ritiene che l'intervento da parte del giudice delegato sia esteso alla facoltà di richiedere comprensibilità, logicità, completezza delle informazioni fornite ai creditori affinché esprimano il proprio voto. Conseguentemente, ove il giudice rinvenga carenze nel parere espresso dal curatore, ad esempio, lo stesso potrà chiederne l'integrazione (v. Trib. Mantova 3 aprile 2007, nel quale il Tribunale, avendo rinvenuto crediti ed altri elementi di utilità economica che il curatore aveva trascurato di considerare nel suo parere, ne ha richiesto l'integrazione al fine di migliorare il giudizio comparatistico).

Analoghe prerogative potranno essere riconosciute in relazione al parere del comitato dei creditori, sempre che non si tramutino in un'ingerenza nel merito (Minutoli, 2008, 213 ss.).

La norma non prevede quali conseguenze siano ricollegabili ad un giudizio negativo del Tribunale: deve ritenersi scontata, perché coerente con la funzione devoluta all'organo giurisdizionale e con le esigenze di economia e speditezza di cui la procedura concorsuale è permeata, la conclusione secondo cui il Tribunale debba dichiarare l'inammissibilità del ricorso, salvo poi l'eventuale reclamo dinanzi alla Corte d'appello ex art. 26, l.fall. (sul problema, parzialmente analogo, della permanente vigenza della possibilità, per il Tribunale, di dichiarare inammissibile la proposta di concordato preventivo cfr. Panzani, Il D.L. 35/2005, la legge 14 maggio 2005, n. 80 e la riforma della legge fallimentare, in ilfallimento.it, maggio 2005) (Federico-Vivaldi, 156); in ogni caso, il giudizio negativo non impedisce la presentazione di una nuova proposta contenente elementi significativamente diversi e migliorativi rispetto a quella in precedenza presentata, poiché il provvedimento manca del carattere della decisorietà.

La valutazione in caso di suddivisione in classi

Se la proposta di concordato fallimentare contiene la suddivisione di creditori in classi, il giudice delegato è chiamato a verificare, oltre alla legittimità formale della procedura sin lì adottata, anche la corretta applicazione dei criteri per la formazione delle classi, ossia: che la suddivisione dei creditori in classi sia stata effettuata secondo «posizione giuridica ed interessi economici omogenei» (art. 124, comma 2, lett. a), l.fall.; l'esistenza di «ragioni» che hanno comportato l'introduzione di trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse (art. 124, comma 2, lett. b), l.fall.; il rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione, nonché la mancanza di lesione dell'interesse del creditore privilegiato, nell'ipotesi in cui dalla vendita dei beni, o della cessione dei diritti, dovesse derivare una percentuale di soddisfazione più favorevole rispetto a quanto previsto dalla proposta concordataria (v. Trib. Milano 5 marzo 2012). Il giudice deve, quindi, tener conto della relazione giurata redatta da un esperto o da un revisore contabile o da una società di revisione che viene allegata alla proposta di concordato fallimentare, allorquando la stessa prevede che i creditori muniti di diritto di prelazione non sono soddisfatti integralmente (art. 124, comma 3, l.fall.).

La scelta di attribuire tale potere di controllo al Tribunale determina il recupero del principio della par condicio creditorum: la possibilità di introdurre trattamenti differenziati per classi di creditori diverse non può essere una scelta arbitraria.

La valutazione in caso di pluralità di proposte

In caso di pluralità di proposte, il curatore può chiedere al giudice delegato di sottoporre al voto una o altre proposte tra quelle non scelte dal comitato dei creditori.

Si ritiene che in questo caso il giudice delegato, oltre ad esercitare il controllo di legittimità, possa valutare anche la convenienza della proposta e, quindi, svolgere una valutazione di merito della proposta stessa. La valutazione del giudice è, comunque, soggetta ai seguenti limiti: il grado di convenienza dell'ulteriore proposta da sottoporre al voto dei creditori deve essere quanto meno pari a quello della proposta scelta dal comitato dei creditori; la decisione del giudice non può ricadere su proposte, su cui il comitato dei creditori ha espresso parere negativo, in quanto l'approvazione di tale organo è, comunque, condizione di procedibilità della proposta (Di Iulio-Farina, 535).

Modifiche alla proposta di concordato

Quanto alla modificabilità della proposta di concordato fallimentare, in assenza di una specifica previsione di legge, che il termine ultimo per la modifica della proposta, in senso peggiorativo, sia quello sancito dall'art. 125, l.fall. di emissione del provvedimento con cui il giudice delegato ordina la comunicazione ai creditori. Si ritiene però che le modifiche migliorative in senso puramente quantitativo (che lascino inalterata la struttura originaria della proposta di concordato) non incontrino tale limite.

Bibliografia

Bertacchini, Commento sub. art. 125, in Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013; Di Cecco, sub art. 125, in La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010; Di Iulio-Farina, Il concordato fallimentare, in Trattato di diritto delle procedure concorsuali, Torino, 2011; Fabiani, Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2010; Frascaroli Santi, Il Diritto fallimentare e le procedure concorsuali, Padova, 2012; Jorio-Farina, Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2007; Mascarello, Il concordato fallimentare: le novità del decreto «correttivo», in Le nuove procedure concorsuali, Bologna, 2008; Minutoli, Vincolatività del parere negativo nel concordato fallimentare e controllo giurisdizionale, in Fall. 2008; Minutoli, Commento all'art. 125, in La legge fallimentare commentario teorico-pratico, Padova, 2007; Nisivoccia, Il nuovo concordato fallimentare, in Riv. dir. proc. 2009; Perrino, Il concordato fallimentare, in Le soluzioni giudiziali e negoziate delle crisi d'impresa dopo le riforme, Torino, 2008; Penta, Il concordato preventivo con continuità aziendale, luci e ombre, in Riv. dir. fall. 2012; Valensise, Il procedimento di presentazione della proposta di concordato fallimentare, in Il concordato fallimentare, Torino, 2008; Vitiello, Art. 125 l.f., in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario sistematico, diretto da Jorio-Fabiani, Bologna, 2007.

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