Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 138 - Annullamento del concordato.

Domenica Capezzera

Annullamento del concordato.

Art. 138

Il concordato omologato puo' essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si scopre che e' stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo. Non e' ammessa alcuna altra azione di nullita'. Si procede a norma dell'articolo 137.

La sentenza che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed e' provvisoriamente esecutiva. Essa e' reclamabile ai sensi dell'articolo 18.

Il ricorso per l'annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato.

(1) Articolo modificato dall'articolo 125, comma 1, lettere a), b) e c) del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e, successivamente, sostituito dall'articolo 9, comma 11, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007.

Inquadramento

L'art. 138, l.fall. prevede la possibilità di richiedere al Tribunale l'annullamento del concordato fallimentare. In forza del comma 1 del medesimo articolo «non è ammessa alcuna altra azione di nullità» e, pertanto, tale rimedio è l'unico esperibile al fine di far valere vizi genetici della proposta legati alla condotta del debitore.

La riforma della crisi d'impresa e dell'insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

Per il commento v. sub art. 124.

Motivi di annullabilità

Tali vizi ricorrono quando: è stato dolosamente esagerato il passivo, ossia quando vi sia esposizione di debiti insussistenti o sussistenti in misura inferiore a quella indicata, ovvero un'alterazione idonea ad influenzare in modo rilevante i calcoli (Pajardi — Paluchowski, 1542); questa condotta può astrattamente integrare la fattispecie di bancarotta fraudolenta (propria o impropria) per avere «esposto passività inesistenti» (art. 216, comma 1, n. 1, 223, comma 1, l.fall.): comportamento che richiede la dimostrazione del dolo specifico, quello della finalità di recare pregiudizio ai creditori;

è stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo, ossia quando i beni siano stati materialmente distrutti o occultati ovvero quando rispetto agli stessi sia stata simulata una vendita a terzi o la presenza di garanzie e vincoli inesistenti (Pajardi, 1542). Ipotesi che in sé concreta la responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta (propria o impropria), senza necessità di dimostrare una specifica finalità a sostegno dell'azione che porta all'ingiustificato impoverimento dell'asse attivo.

La giurisprudenza di merito ha chiarito che la sottrazione o dissimulazione dell'attivo può consistere nel materiale occultamento di denaro o di qualsiasi altro bene destinato alla massa creditoria, ivi compresa l'intestazione fiduciaria o la vendita simulata (Trib. Ascoli Piceno 18 dicembre 2009).

Costituisce sottrazione e dissimulazione di attivo anche la mancata denuncia di crediti e diritti a favore del debitore (Pacchi, 1467).

Secondo un'impostazione giurisprudenziale, invece, non comporta dissimulazione: l'indicazione di un valore o di un prezzo inferiore (Trib. Grosseto 8 ottobre 1981); il caso di relazione di stima di un immobile per un valore inferiore, qualora l'immobile sia indicato nelle sue esatte caratteristiche (Cass. 396/1987).

A differenza che nel giudizio di risoluzione del concordato fallimentare di cui all'art. 137, l.fall., nel giudizio di annullamento: rileva la gravità del comportamento diretto all'alterazione della massa fallimentare [Sanzo, 2090], laddove, stando alla lettera della norma, un'alterazione non «esagerata» (nel senso di «inidonea» ad incidere sull'equilibrio complessivo del concordato) potrebbe condurre al rigetto della domanda di annullamento; rileva l'elemento soggettivo, in quanto il debitore deve aver agito dolosamente, con l'intento di alterare la volontà dei soggetti coinvolti nel concordato nel momento pattizio.

Legittimazione attiva e passiva

La legittimazione attiva è attribuita al curatore (quale tutore di un pubblico interesse) e a «qualunque creditore» che, secondo l'orientamento dominante, potrà essere anche non concorrente (Sanzo, 2090; Pajardi, 1543). Legittimato passivo è, invece, esclusivamente il fallito.

Termini e procedimento

Il termine di decadenza per far valere l'azione di annullamento è di sei mesi dalla scoperta del dolo e comunque di due anni dal termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato.

Quanto al procedimento, la norma richiama il disposto dell'art. 137, l.fall. alla cui disciplina, pertanto, si fa integrale rinvio, salvo segnalare che in caso di rigetto del ricorso per annullamento vi è chi sostiene che il provvedimento conclusivo debba essere emesso nella forma di sentenza, a differenza di quanto si ritiene per il giudizio di risoluzione (Pacchi, 1468).

Bibliografia

Pacchi, Il concordato fallimentare, in manuale di diritto fallimentare, Milano 2007; Pajardi, Le procedure concorsuali. Il fallimento, Torino 1997;

Pajardi – Palucosky, Manuale di diritto fallimentare, Milano 2008; Sanzo, la fase successiva all'omologazione, in Comm. Jorio-Fabiani, 2007.

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