Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 161 - Domanda di concordato 1 .Domanda di concordato1.
La domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale; il trasferimento della stessa intervenuto nell'anno antecedente al deposito del ricorso non rileva ai fini della individuazione della competenza. Il debitore deve presentare con il ricorso: a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa; b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalita' e dei tempi di adempimento della proposta; in ogni caso, la proposta deve indicare l'utilita' specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore 2. Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesti la veridicita' dei dati aziendali e la fattibilita' del piano medesimo. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano 3. Per la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell' articolo 152 . La domanda di concordato e' comunicata al pubblico ministero ed e' pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria. Al pubblico ministero e' trasmessa altresi' copia degli atti e documenti depositati a norma del secondo e del terzo comma, nonche' copia della relazione del commissario giudiziale prevista dall' articolo 172 4. L'imprenditore puo' depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore puo' depositare domanda ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma. In mancanza, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo. Con decreto motivato che fissa il termine di cui al primo periodo, il tribunale puo' nominare il commissario giudiziale di cui all'articolo 163, secondo comma, n. 3; si applica l'articolo 170, secondo comma. Il commissario giudiziale, quando accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste dall'articolo 173, deve riferirne immediatamente al tribunale che, nelle forme del procedimento di cui all' articolo 15 e verificata la sussistenza delle condotte stesse, puo', con decreto, dichiarare improcedibile la domanda e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 , dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza reclamabile a norma dell'articolo 18 56. Dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all'articolo 163 il debitore puo' compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale puo' assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore puo' altresi' compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 1117. Con il decreto che fissa il termine di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all'attivita' compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicita' almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, sino alla scadenza del termine fissato. Il debitore, con periodicita' mensile, deposita una situazione finanziaria dell'impresa che, entro il giorno successivo, e' pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo. Quando risulta che l'attivita' compiuta dal debitore e' manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d'ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale se nominato, abbrevia il termine fissato con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo. Il tribunale puo' in ogni momento sentire i creditori 8. La domanda di cui al sesto comma e' inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti 9. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 22, primo comma, quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento il termine di cui al sesto comma del presente articolo e' di sessanta giorni, prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni 1011.
[1] Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 1 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35. [2] Lettera aggiunta dall'articolo 33, comma 1, lettera b), numero 1), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012 e successivamente modificata dall'articolo 4, comma 1, lettera b), numero 1), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto. [3] Comma sostituito dall'articolo 12, comma 3, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007 e successivamente modificato dall'articolo 33, comma 1, lettera b), numero 2), lettere a) e b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012. [4] Comma aggiunto dall'articolo 12, comma 3, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007 e successivamente modificato dall'articolo 33, comma 1, lettera b), numero 3), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012 e, da ultimo, dall'articolo 4, comma 1, lettera b), numero 2), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83 , convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132. [5] Comma aggiunto dall'articolo 33, comma 1, lettera b), numero 4), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012 e successivamente modificato dall'articolo 82, comma 1, lettere a) e b) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98. [6] Per la proroga dei termini di cui al presente comma, vedi l'articolo 22, comma 1, lettera b), del D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 ottobre 2021, n. 147. [7] Comma aggiunto dall'articolo 33, comma 1, lettera b), numero 4), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012 e successivamente modificato dall'articolo 82, comma 2, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98. [8] Comma aggiunto dall'articolo 33, comma 1, lettera b), numero 4), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012 e successivamente sostituito dall'articolo 82, comma 3, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98. [9] Comma aggiunto dall'articolo 33, comma 1, lettera b), numero 4), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012. [10] Comma aggiunto dall'articolo 33, comma 1, lettera b), numero 4), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012. [11] A norma dell'articolo 9, comma 5-ter, del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla Legge 5 giugno 2020, n. 40, le disposizioni del presente comma, non si applicano ai ricorsi presentati ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, del medesimo regio decreto n. 267 del 1942 depositati entro il 31 dicembre 2020. InquadramentoLa norma in commento contiene la disciplina degli aspetti procedimentali salienti che contrassegnano la fase d'avvio, sia del concordato ordinario che del c.d. concordato con «riserva» (o «in bianco»), nel cui ambito il debitore si limita a chiedere un termine per la predisposizione della proposta da rivolgere ai creditori, beneficiando di uno spatium deliberandi protetto dal blocco delle azioni esecutive e cautelari di cui all'art. 168. Nell'art. 161 vengono regolati sia il criterio che radica la competenza del giudice, sia il contenuto della domanda di concordato, tanto nel contesto del concordato «senza riserva», quanto nel preconcordato. La norma contiene prescrizioni scarne ed essenziali sulla struttura formale, sulla necessaria sottoscrizione e sull'oggetto del ricorso, enucleando gli apparati documentali che devono indefettibilmente accompagnare il deposito del ricorso per l'accesso al concordato, anche nella forma del ricorso «in prevenzione», volto ad ottenere un termine per l'elaborazione della proposta e del piano annesso. L'art. 390 d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, dispone: sono definiti ancora con le norme del r.d. n. 267/1942 i ricorsi per l'apertura del concordato preventivo depositati prima dell'entrata in vigore del d.lgs. (15 luglio 2022); sono definite secondo le norme del r.d. n. 267/1942 le procedure di concordato preventivo pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. nonchè le procedure aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande di concordato preventivo. Concordato ordinario: profili generaliI commi da 1 a 5 dell'art. 161 sono dedicati alla disciplina della domanda di concordato ordinario, contendendo le disposizioni sulla competenza, sulla struttura e sul contenuto necessario dell'atto d'impulso del procedimento concordatario, sul corredo informativo di quella che si atteggia a vera e propria domanda processuale. Contrariamente a quanto era stato affermato prima della modifica dovuta al d.l. n. 83/2015, la Corte di cassazione ha chiarito che non spetta ai creditori, in sede di approvazione della proposta concordataria, valutarne l'idoneità ad assicurare il pagamento della soglia minima ai creditori chirografari. Compete invece al tribunale verificare che il piano preveda necessariamente il soddisfacimento dei creditori chirografari nella percentuale dovuta, nell'ambito del controllo demandatogli sulla fattibilità giuridica della proposta (Cass. ord. n. 13224/2021). Competenza Ai sensi dell'art. 161, comma 1, la domanda per l'ammissione al concordato va presentata presso il tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale, restando irrilevante l'eventuale trasferimento della stessa intervenuto entro l'anno che precede il deposito. In virtù di un orientamento sedimentato già sotto il vigore del concordato preventivo anteriore alla riforma del 2005, qualora sussista una discrasia tra la sede legale e quella effettiva sarà quest'ultima a costituire il riferimento per la determinazione della competenza territoriale (Cass. n. 4177/1982; Cass. n. 6552/1980). In tema di concordato preventivo del debitore che abbia i requisiti per l'ammissione all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, resta ferma la competenza del tribunale nel cui circondario si trova il suo centro degli interessi principali, poiché ai sensi dell'art. 27, comma 1, d.lgs n. 14 del 2019 (Codice della crisi d'impresa), la competenza dell'ufficio sede della sezione specializzata in materia di imprese è riservata ai soli procedimenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza delle imprese che siano già state ammesse all'amministrazione straordinaria (Cass. n. 19618/2021). Ricorso. Il comma 1, dell'art. 161 prevede che la domanda si propone con ricorso sottoscritto dal debitore. In ipotesi in cui la proponente sia una società, la sottoscrizione del ricorso verrà eseguita dal rappresentante legale della stessa. La domanda, in tal caso, dovrà, peraltro, essere approvata sulla base delle procedure previste dagli artt. 152, comma 2, e 161, comma 4. In tal senso, per le società di persone, sarà indispensabile l'approvazione dei soci che rappresentino la maggioranza assoluta del capitale; per le società di capitali occorrerà quella dell'organo amministrativo, salvo che l'atto costitutivo o lo statuto non stabiliscano la competenza assembleare. La decisione o la deliberazione assunte deve risultare, nell'uno come nell'altro caso, da verbale redatto da notaio e l’una e l’altra andranno depositate e iscritte nel registro delle imprese a mente dell'art. 2436 c.c. Qualora la deliberazione dell'organo competente faccia difetto o sia viziata, un primo orientamento reputa la carenza del potere rappresentativo regolarizzabile a posteriori, mediante ratifica, sino all'omologa (Lo Cascio). Segnatamente, qualora un amministratore sia sprovvisto di potere decisionale, la lacuna può essere colmata ai sensi dell'art. 182 c.p.c.. Secondo un diverso avviso il deficit va considerato non sanabile, venendo a mancare un elemento essenziale della domanda di concordato che, per ciò stesso, non potrebbe che essere ritenuta inammissibile (Ambrosini). Deve stimarsi imprescindibile la difesa tecnica in funzione della presentazione del ricorso. Del resto, il ricorso è atto che dà impulso ad un procedimento di connotazione senz'altro giudiziale, che, in quanto tale non si sottrae al principio della obbligatorietà del patrocinio di cui agli artt. 82 e 83 c.p.c. Allegazioni documentali Unitamente al ricorso, il debitore è tenuto a depositare, pena l'inammissibilità della domanda, la documentazione elencata dal comma 2 della norma in commento: innanzitutto, va versata in atti una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale economica e finanziaria dell'impresa (lett. a). La relazione è un documento mirato a rappresentare la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa; essa riprende il modello del bilancio di cui all'art. 2423 c.c., dovendo contenere la descrizione tanto delle attività, quanto delle passività dell'impresa e dell'andamento della gestione. Tendenzialmente la relazione deve compendiarsi in un bilancio straordinario esplicato e ragionato. La relazione conterrà il raffronto tra l'indebitamento e il patrimonio, tra la situazione economico-finanziaria attuale e quella cui l'impresa approderà in esito all'instaurando itinerario di ristrutturazione, con evidenziazione. Non mancherà, pertanto, né un'analisi dettagliata dei costi e dei ricavi odierni e di quelli prognostici, né una disamina dei beni, delle utilità, delle partecipazioni sia nel contesto corrente e del loro impiego nel contesto del piano concordatario. Inoltre, dovrà darsi conto delle ragioni che hanno determinato la condizione attuale dell'impresa e degli elementi che possono giustificare un'evoluzione positiva dell'assetto attuale dei dati economici. Non è fornita dalla norma alcuna indicazione cronologica temporale, sicché la connotazione aggiornata o meno della relazione rimane un concetto relativo rimesso al vaglio del tribunale, che potrà stimare la relazione attendibile sul piano cronologico, oppure richiederne un'attualizzazione. In secondo luogo, il debitore deve depositare uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco dei creditori dell'impresa in crisi, con indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione (lett. b). Lo stato analitico ed estimativo equivale ad un inventario degli assets e, in generale, dei beni dell'impresa. L'elenco dei creditori è teso a tratteggiare, sin da subito, l'ammontare complessivo del fabbisogno concordatario e dev'essere inclusivo anche dei debiti potenziali, legati a giudizi pendenti o ad accertamenti fiscali. La relazione ex art. 160, comma 2, l.fall., deve contenere le valutazioni in ordine alla possibilità di esperire eventuali azioni risarcitorie o revocatorie, risultando le stesse necessarie per la corretta quantificazione e valutazione del possibile attivo ricavabile in sede di liquidazione e riguardando il profilo dell'adeguatezza delle informazioni fornite ai creditori al fine di consentire loro di decidere con cognizione di causa quale posizione assumere nei confronti della proposta concordataria, con la conseguenza che l'indicazione di dati incompleti o parziali, che potrebbero indurre a ritenere l'inesistenza di alternative o di migliori possibilità di realizzo, danno luogo ad una violazione dei presupposti giuridici della procedura (Cass. I, ord. n. 17106/2023). Nel caso vi siano privilegiati generali o speciali, il debitore deve indicare la norma di legge che prevede la causa di prelazione (se non indicata, la norma dev'essere resa perlomeno identificabile: v. Trib. Roma, 2 agosto 2010). In ipotesi in cui sussistano crediti contestati, il debitore deve precisarne, tanto l'ammontare, quanto le ragioni di eventuale svalutazione. In terzo luogo, il proponente è obbligato a depositare l'elenco dei titolari di diritti reali o personali su beni di proprietà del debitore (lett. c), il che è utile a dar conto, fin dall'esordio, della reale composizione anche qualitativa del patrimonio dell'impresa che invoca l'accesso al concordato. In quarto luogo, il debitore deve precisare, poi, il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili, il che consente al ceto creditorio di confrontare l'ipotesi concordataria con l'alternativa liquidatoria fallimentare sul piano della convenienza. Cass. ord. n. 10982/2021 ha affermato che il contratto preliminare d'acquisto stipulato dall'imprenditore istante non costituisce di per sé una componente dell'attivo concordatario sia per la non attualità dell'effetto traslativo del contratto e sia per il rischio correlato alla possibile alienazione a terzi da parte del promittente venditore. In quinto luogo, il proponente depositerà un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta concordataria nonché l'indicazione dell'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il debitore si obbliga ad assicurare a ciascun creditore (lett. e). L'esposizione dei contenuti e delle tempistiche di adempimento della proposta giova a permettere ai creditori di maturare la propria valutazione sull'adeguatezza dell'ipotesi concordataria e sulla sua effettiva attitudine a soddisfare i crediti secondo proposta. Per Cass. ord. n. 21190/2021, l'art. 161, secondo comma, nel prescrivere al debitore di presentare un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, gli impone di esplicitare i passaggi per mezzo dei quali la prestazione può divenire concretamente fattibile ed i modi con cui egli intende raggiungere concretamente il risultato che la proposta consegna ai creditori: per questa ragione la proposta è sempre sindacabile dal tribunale nella verifica di sussistenza di una ragionevole chance di successo. La relazione ex art. 160, comma 2, l.fall., deve contenere le valutazioni in ordine alla possibilità di esperire eventuali azioni risarcitorie o revocatorie, risultando le stesse necessarie per la corretta quantificazione e valutazione del possibile attivo ricavabile in sede di liquidazione e riguardando il profilo dell'adeguatezza delle informazioni fornite ai creditori al fine di consentire loro di decidere con cognizione di causa quale posizione assumere nei confronti della proposta concordataria, con la conseguenza che l'indicazione di dati incompleti o parziali, che potrebbero indurre a ritenere l'inesistenza di alternative o di migliori possibilità di realizzo, danno luogo ad una violazione dei presupposti giuridici della procedura (Cass. I, ord. n. 17106/2023). Il d.l. n. 83/2015 ha inserito il riferimento all'utilità economicamente valutabile che il debitore si obbliga ad assicurare al creditore. La lettura più plausibile di detto inciso induce a ritenere che il proponente sia tenuto ad assumere una specifica obbligazione nei confronti di ciascuno dei creditori, avente ad oggetto la natura e la misura della prestazione che deve essere garantita al creditore. Il piano, in tal senso, non potrà dirsi completo ove si limiti ad indicare sommariamente i beni appannaggio della soddisfazione dei creditori; esso, piuttosto, dovrà precisare come, quando e in che dimensione verrà soddisfatto ciascun creditore. Qualora la documentazione si palesi incompleta, nulla osta a che essa sia regolarizzata prima che il tribunale si pronunci sull'ammissibilità del concordato (Trib. Milano, 7 novembre 2005, in Fall., 2006, 51; Trib. Pescara, 23 marzo 2005, in Fall., 2006, 705). La proposta concordataria, pur lasciata alle valutazioni dei creditori quanto a convenienza, rispetto all'alternativa fallimentare, e a realizzabilità della singola percentuale di soddisfazione per ciascuno prospettata, è sindacabile dal Tribunale sotto il profilo economico nei limiti in cui appaia implausibile, in quanto il piano si mostri "prima facie" irrealizzabile (Cass. I, ord. n. 17103/2023). Relazione di attestazione Insieme alla documentazione enucleata, il debitore deve depositare una relazione di un professionista, da lui designato, che sia in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d), e che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano concordatario. La norma richiamata prevede che l'attestatore sia un professionista iscritto nel registro dei revisori (contabili) e in possesso dei requisiti previsti dall'art. 28, lett. a) e b), l.fall., quindi iscritto all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, ovvero degli avvocati, ovvero ancora appartenente ad un'associazione professionale o a una società di professionisti i cui soci siano iscritti ai predetti albi. Benché nominato da una parte interessata – il debitore – egli è, per previsione di legge, un soggetto «indipendente». La crucialità del ruolo dell'attestazione nell'ambito concordatario si coglie nella sua vocazione accertativa della «veridicità dei dati aziendali» e della «fattibilità del piano». La relazione de qua non può essere circoscritta ad una verifica afferente la corrispondenza formale dei dati contabili con quelli rappresentati nella proposta concordataria, dovendo, piuttosto, atteggiarsi a giudizio «critico» di asseverazione delle risultanze della contabilità dell'impresa. In tal senso, l'attestazione non può connotarsi come un affidamento asettico ai dati contabili unilateralmente provenienti dal debitore, dovendo piuttosto sottendere l'esecuzione di un controllo sostanziale sulla reale affidabilità di quei dati, con la specificazione dei criteri utilizzati nell'espletamento di detto controllo. Nel dettaglio, l'attestazione deve contenere l'adeguata motivazione delle verifiche svolte, con il chiarimento dei profili afferenti la metodologia usata oltre che l'iter logico seguito nello svolgimento dei controlli. La relazione contemplerà, altresì, tutti i riscontri effettuati, la documentazione esaminata e i parametri professionali adoperati per pervenire alle conclusioni esposte. Per quanto concerne l'attivo del debitore, occorrerà appurare minuziosamente se i beni materiali ed immateriali siano esistenti e se siano stati correttamente valorizzati; all'uopo l'attestazione implicherà una presa di visione diretta dei cespiti e, in linea di principio, per i casi complessi si poggerà su apposite stime. L'attestazione comprenderà una verifica a monte dell'esistenza e dell'esigibilità dei crediti vantati, mediante l'effettuazione di opportune analisi in tal senso. La relazione contemplerà il controllo del valore effettivo delle partecipazioni societarie. Con riferimento al passivo, l'attestazione dovrà appurare se le passività esposte siano effettivamente risultanti dalla contabilità e dagli altri documenti aziendali, incrociando le risultanze contabili con le informazioni acquisibili presso clienti, banche e fornitori. La relazione dovrà soppesare i contenziosi pendenti, stimandone i rischi. I criteri che ispireranno la relazione attestativa saranno di prudenza, con l'assunzione, nel dubbio, dell'attivo al valore più basso e del passivo a quello più alto. L'analisi sarà improntata ai principi di revisione, con l'effettuazione di controlli autonomi, seppur a campione. L'analisi contabile si soffermerà sulle poste critiche di natura valutativa. Il professionista assume la responsabilità per i risultati delle verifiche, proprio al fine di consentire ai creditori sociali di ritenere i dati aziendali del debitore idonei a rappresentare l'effettiva situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa in crisi. Solo in esito alle descritte verifiche, la certificazione di veridicità dei dati è attendibile e suscettibile di sorreggere il giudizio sulla fattibilità del piano, quindi una vera e propria valutazione prognostica «sul futuro» del piano, cioè sulla concreta realizzabilità degli obiettivi di soluzione della crisi enucleati dal debitore. La valutazione prognostica in ordine alla fattibilità del piano è il presupposto indispensabile del giudizio di convenienza economica affidato esclusivamente ai creditori, sicché la relazione che la giustifica deve mostrarsi completa, coerente, motivata e idonea a dare conto delle previsioni conclusive. E in tal senso, occorrendo una rappresentazione obiettiva della praticabilità della soluzione della crisi di impresa, è necessario che il giudizio di fattibilità non sia di «possibilità» o di «probabilità», ma di «concreta verosimiglianza», secondo le logiche di esperienza e i dettami delle discipline economiche finanziari. Ovviamente, maggiore è il lasso temporale oggetto di analisi, minore potrà essere il grado di analiticità e verosimiglianza dell'attestazione e del relativo giudizio prognostico, posto che fatti e circostanze destinati a verificarsi a distanza di anni sono maggiormente esposti a variabili poco suscettibili di incisivo controllo. La relazione ex art. 160, comma 2, l.fall., deve contenere le valutazioni in ordine alla possibilità di esperire eventuali azioni risarcitorie o revocatorie, risultando le stesse necessarie per la corretta quantificazione e valutazione del possibile attivo ricavabile in sede di liquidazione e riguardando il profilo dell'adeguatezza delle informazioni fornite ai creditori al fine di consentire loro di decidere con cognizione di causa quale posizione assumere nei confronti della proposta concordataria, con la conseguenza che l'indicazione di dati incompleti o parziali, che potrebbero indurre a ritenere l'inesistenza di alternative o di migliori possibilità di realizzo, danno luogo ad una violazione dei presupposti giuridici della procedura (Cass. I, ord. n. 17106/2023). La giurisprudenza di merito ha, per esempio, puntualizzato che nell'ambito di un concordato preventivo, per assolvere allo scopo di consentire una valutazione prognostica favorevole di fattibilità del piano, l'attestazione deve muovere da un oggettivo riscontro di veridicità e correttezza dei dati aziendali, e il giudizio rimesso all'attestatore non può prescindere da adeguati riscontri esterni (Trib. Rovigo, 20 marzo 2015). È stato, inoltre, rimarcato che nell'ambito della disciplina attuale, la relazione del professionista ex art. 161 comma 3 l.fall. sostituisce l'attività istruttoria del Tribunale e deve garantire una informazione adeguata e corretta dei creditori. Pertanto, la attestazione della veridicità dei dati aziendali non può ridursi a un «atto di fede» ricollegabile alla esistenza di documenti formali e a un mero rinvio agli stessi. Al contrario, la attestazione deve dare conto della verifica capillare di tutti i dati aziendali ovvero, qualora ciò sia impossibile per i tempi e gli oneri correlati alle dimensioni aziendali, la attestazione deve essere supportata da un loro controllo a campione; inoltre deve permettere la ricostruzione dell'iter logico posto alla base delle valutazioni dell'attestatore (Trib. Novara, 14 giugno 2013). È stato, ancora, evidenziato che nel concordato preventivo, con specifico riguardo all'attestazione di veridicità dei dati aziendali, il giudizio dell'attestatore non può limitarsi a una mera dichiarazione di conformità, ovvero di corrispondenza formale dei dati utilizzati per la predisposizione del piano a quelli risultanti dalla contabilità, ma, al contrario, tale giudizio comporta che il professionista accerti e attesti che i dati in questione siano «effettivamente reali». Il concetto di «veridicità» dei dati aziendali di cui all'art. 161, comma 3, l.fall. deve essere ricondotto a quello di «rappresentazione veritiera e corretta» ex art. 2423 c.c., e deve, quindi, essere inteso in termini di «corrispondenza al vero». In questa prospettiva, il professionista attestatore è tenuto ad esaminare e verificare i singoli elementi contabili ed extracontabili su cui il piano concordatario si fonda, vale a dire tutti i dati di natura contabile, aziendalistica e giuridica rilevanti ai fini dell'attuabilità del piano, con la precisazione che particolare attenzione l'attestatore deve prestare agli elementi di maggiore importanza in termini quantitativi (ad esempio, crediti rilevanti), alle componenti del capitale circolante che generano flussi di cassa (ad esempio, scorte, crediti, debiti, ecc.), ed agli elementi con profili di rischio elevato ai fini dell'attestazione (ad esempio, avviamenti di assets da dismettere, fondi di rischio ed oneri (Trib. Santa Maria Capua Vetere, 12 giugno 2013). La disposizione che prescrive al debitore di presentare un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta di concordato gli impone di esplicitare i passaggi per mezzo dei quali la prestazione può diventare concretamente fattibile e i modi con i quali egli intende raggiungere concretamente il risultato proposto ai creditori (Cass. I, ord. n. 21190/2021). Cass. I, ord. n. 6922/2019 ha ricordato che, in presenza di rapporti professionali o personali dell'attestatore con l'impresa proponente o con coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento, ai fini dell'ammissibilità della proposta di concordato il giudice deve sempre verificare che detti rapporti non siano tali da compromettere in concreto l'indipendenza del suo giudizio. In ogni caso il credito del professionista incaricato dal debitore per l'accesso alla procedura è prededucibile, anche nell'eventuale e successivo fallimento (Cass. S.U. n. 42093/2021). Contenuto eventuale della domanda Il contenuto non necessario, ma eventuale, della domanda di concordato è declinato in funzione della tipologia della soluzione concordataria perseguita. In tal senso, il debitore, potrà richiedere l'autorizzazione ad accedere, ove gli necessitino, a nuovi finanziamenti ai sensi dell'art. 182-quinquies, comma 1 e a costituire all'uopo garanzie ai sensi del successivo comma 4; potrà invocare l'autorizzazione a pagare creditori «strategici» anteriori al deposito della domanda di concordato ex art. 182-quinquies, comma 5; potrà prospettare la sospensione o lo scioglimento dei contratti pendenti alla data del deposito del ricorso, facendo leva sull'art. 169-bis. Ai sensi del comma 5 della norma in commento, la domanda di concordato preventivo è comunicata al pubblico ministero ed è pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito. Dal deposito del ricorso e dalla successiva pubblicazione dello stesso nel predetto registro discende l'applicazione degli artt. 168 e 169 (v. commento), che si atteggiano a norme speciali, idonee a limitare e a condizionare le posizioni giuridiche soggettive, sia sostanziali che processuali, del debitore e dei creditori concorsuali e ad incidere sugli effetti degli atti compiuti dall'uno e dagli altri. Concordato in bianco: profili generaliNell'ottica di incentivare l'emersione precoce della crisi d'impresa, attraverso la sua tempestiva denuncia, il d.l. 22 giugno 2012, n. 83 ha introdotto nell'ordinamento il concordato c.d. «con riserva». L'art. 161, comma 6, prevede ora la possibilità per il debitore in stato di crisi di presentare al tribunale competente territorialmente un ricorso per l'ammissione alla procedura concordataria preventiva, con «riserva» di presentare la proposta, il piano e la documentazione di supporto entro un termine fissato dal giudice, comunque compreso fra 60 e 120 giorni, prorogabili di ulteriori 60 giorni in presenza di giustificati motivi (ovvero, in caso di pendenza di istanze di fallimento, per un periodo di 60 giorni, prorogabili di ulteriori 60 giorni sempre in presenza di giustificati motivi: ma il d.l. 24 agosto 2021, n. 118, ha stabilito che detto termine, dalla data di entrata in vigore del decreto e fino alla scadenza del termine previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, e' compreso fra sessanta e centoventi giorni anche quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento ed e' prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni). Avverso il provvedimento che concede il termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione è ammesso il reclamo alla corte d’appello; il decreto della corte d’appello che decide il reclamo non è ricorribile per cassazione, difettando il carattere della decisorietà (Cass. I, ord. n. 25445/2020). Il concordato con «riserva» trae ispirazione dall'automatic stay disciplinato dal Chapter XI del Bankruptcy Code statunitense (section 362), istituto teso a permettere al debitore di beneficiare di una temporanea protezione dalle azioni esecutive, dunque dalle pressioni del ceto creditorio, depositando un atto nel quale si limita a palesare la propria intenzione di addivenire a una reorganization, ossia ad una ristrutturazione, del proprio indebitamento. Nel contesto del concordato «in bianco», analogamente, il debitore viene a godere – dalla pubblicazione nel Registro delle Imprese del ricorso contenente la «riserva» fino allo spirare del termine concesso dal tribunale – di un'«anticipazione» del blocco delle azioni esecutive e cautelari e delle iscrizioni ipotecarie di cui all'art. 168 (v. commento), potendo in tal guisa fruire di uno statium deliberandi «protetto», utile a scegliere in concreto e a dare contenuto alle prospettive concorsuali di recupero e mantenimento della propria attività o di sua cessione, nell'un caso e nell'altro in funzione esdebitatoria. Nel termine assegnatogli dal giudice, il debitore può, alternativamente, depositare, o la proposta con l'annesso piano concordatario preventivo, o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis. Nell'un caso e nell'altro, il termine torna utile ad evitare che, nelle more dell'elaborazione di una adeguata soluzione della crisi, i singoli creditori free riders compromettano, con le loro aggressioni patrimoniali, l'integrità dell'azienda o dei suoi singoli assets. Il tempo concesso ai sensi del comma 6 dell'art. 161 può essere adoperato anche per raggiungere accordi con i creditori volti ad agevolare l'esito proficuo della procedura concorsuale di ristrutturazione dei debiti (si immaginino gli accordi aventi ad oggetto la rinuncia al privilegio da parte di alcuni creditori). Il concordato con riserva ha natura di vera e propria procedura concorsuale, posto che, non casualmente, coinvolge l'intero patrimonio del debitore e tutti i suoi creditori ed è sottoposto al controllo dell'autorità giudiziaria e del commissario giudiziale (ove nominato), con conseguente limitazione del potere di gestione dell'impresa, sia in punto di compimento di atti di straordinaria amministrazione, che di pagamento di debiti (c.d. spossessamento attenuato). Per la natura anzidetta depone anche la dizione letterale del comma 6 ora in commento, il quale prevede che il relativo ricorso «contiene la domanda di concordato», con una chiara evocazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 161, comma 1. Nel ricorso con riserva vi è già la domanda di ammissione alla procedura concorsuale sicché non farà seguito altra domanda, ma soltanto la «proposta», con il piano e la documentazione prescritta dalla legge. Che la domanda contemplata nel ricorso «in prevenzione» sia quella di ammissione lo si evince anche da altri addentellati testuali: gli artt. 182-quinquies, commi 1 e 5 e 182-sexies recano, infatti, un letterale e inequivoco riferimento in tal senso. In definitiva, già tramite il deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, il debitore chiede l'ammissione alla procedura di concordato preventivo (Trib. Mantova, 14 marzo 2013). Il concordato con «riserva» è, dunque, a tutti gli effetti una procedura di concordato preventivo, coerentemente inserito nel contesto dell'art. 161, che della procedura concordataria è la norma essenziale. Presupposti. I presupposti soggettivi e oggettivi di accesso al concordato con riserva sono identici a quelli necessari all'ammissione alla procedura ordinaria, salvo il requisito ulteriore, prescritto dal comma 9 dell'art. 161, in forza del quale occorre che il debitore non abbia presentato nei due anni precedenti una domanda di concordato preventivo «in bianco» cui non sia seguita l'ammissione alla procedura concordataria (o l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti). La reiterazione delle domande «in prevenzione», poi non proficuamente coltivate, è stata guardata con sfavore, finendo quasi sempre per sottendere finalità essenzialmente dilatorie (Trib. Milano, 4 ottobre 2012), a detrimento dei diritti dei creditori, sin da subito fortemente incisi ai sensi e per gli effetti dell'art. 168. Il comma in esame è, segnatamente, espressivo del principio generale in base al quale, in un'ottica di bilanciamento con gli interessi del ceto creditorio a non subire pregiudizievoli ritardi, il debitore non può disporre arbitrariamente dei tempi di composizione della propria crisi (Arato). Secondo un avviso interpretativo rimasto isolato la disposizione andrebbe applicata estensivamente per sanzionare i comportamenti del debitore che si mostrino meramente strumentali o disvelino, comunque, finalità eccentriche rispetto a quella di elaborare una ristrutturazione dei debiti, nella parallela salvaguardia dei valori aziendali (Macrì). Si tratta dei casi di deposito di una domanda di concordato preventivo con «riserva» effettuato a ridosso di una domanda di concordato «piena» ineluttabilmente esposta ad una pronuncia di inammissibilità, se non addirittura dopo l'esito sfavorevole di una precedente procedura di concordato ordinario. In detti casi, peraltro, la giurisprudenza di merito adopera, a fini sanzionatori, la figura dell'abuso del diritto (Trib. Milano, 12 giugno 2014; Trib. Prato, 24 aprile 2013; Trib. Messina, 30 gennaio 2013; Trib. Monza, 15 gennaio 2013; Trib. Milano, 4 ottobre 2012, peraltro riformata da App. Milano, 21 febbraio 2013). Nello stesso senso si è espressa la Corte di cassazione: “La domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell'impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento li ha predisposti ( Cass. I, ord. n. 13997/2023: nella specie, la S.C., pur ribadendo il principio, ha cassato la decisione della Corte d'appello che aveva fatto discendere l'asserita condotta abusiva del debitore dalla mera rinuncia ad una prima domanda di concordato, seguita dalla riproposizione della domanda di ammissione alla procedura concordataria a distanza di quindi mesi, senza rilevare che nel caso concreto alcuna richiesta di fallimento era stata avanzata dai creditori e senza motivare sul perché la seconda domanda avesse pregiudicato un credito bancario che nella proposta concordataria figurava tra i creditori privilegiati, categoria cui era stato promesso l'integrale pagamento). Conforme Cass. I, n. 5677/2017. Ricorso e allegati Con previsione asciutta, il comma 6 dell'art. 161 si limita a disporre che il debitore è legittimato a depositare «ricorso contenente la domanda di concordato», al pari di quanto farebbe nel caso di proposta di concordato ai sensi del comma 1 della norma. A seguito del deposito del ricorso e dell'iscrizione nel Registro delle imprese della domanda di concordato preventivo con riserva si dispiegano rilevanti effetti. Innanzitutto, il debitore soggiace al regime autorizzatorio di cui all'art. 161, comma 7, dovendo conseguire, per ciascun atto di straordinaria amministrazione, l'autorizzazione del tribunale, che viene emessa sul presupposto dell'«urgenza». Gli altri effetti del deposito e della pubblicazione della domanda di concordato combaciano con quelli scaturenti dal deposito e dalla pubblicazione della domanda di concordato preventivo «piena» Sul piano del contenuto del ricorso, la norma non contiene nessuna precisazione ulteriore. La domanda di preconcordato può essere, dunque, formulata nel modo più semplice, secondo un contenuto elementare che contempli espressamente la richiesta di concessione del termine di cui al comma 6, senza ulteriori rappresentazioni di profili ed elementi che, d'altronde, sono oggetto attuale di approfondimento nell'ottica di elaborare una proposta di ristrutturazione dell'indebitamento da sottoporre ai creditori. Alcun dubbio sussiste sull'ascrivibilità della competenza al giudice del luogo ove l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa. Non constano perplessità sul fatto che il ricorso debba essere sottoscritto personalmente dal debitore o legale rappresentante della società, in ipotesi in cui a proporlo sia quest'ultima. Ovviamente, il sottoscrittore documenterà a richiesta, in quest'ultimo caso, i propri poteri di rappresentanza (Trib. Ancona, 15 ottobre 2012, in Fall., 2013, 79, ha ritenuto «sanabile» ai sensi dell'art. 182 c.p.c. il difetto di rappresentanza processuale del soggetto che aveva sottoscritto per conto di una società la domanda di concordato preventivo con riserva). Un avviso presente nella giurisprudenza di merito esclude l'applicabilità alla fase del concordato in bianco degli artt. 152, comma 2, e 161, comma 4, ritenendo assorbente la circostanza per la quale detto requisito non è richiesto nell'ipotesi in cui il debitore opti per una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, come pure può alternativamente fare (v. le Linee Guida del Tribunale di Milano-Plenum del 18 ottobre 2012, secondo le quali «i verbali previsti dall'art. 152 possono essere prodotti insieme alla proposta, quando essa verrà presentata; v. anche Trib. Milano, 21 febbraio 2013Trib. Lecce, 17 dicembre 2012). Altro orientamento pretende il rispetto delle procedure di cui agli artt. 152, comma 2, e 161, comma 4, già all'atto del deposito del ricorso in «prevenzione», evidenziando che già nel ricorso con riserva è presente in nuce una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo «piena» (v. Trib. Mantova, 14 marzo 2013), sicché la menzione, nell'art. 152, comma 2, della proposta e delle condizioni del concordato (che pure fanno difetto nel periodo del concordato «in bianco»), è letta come il prodotto di un semplice difetto di coordinamento legislativo (Trib. Pisa, 21 febbraio 2013), tenuto conto che anche a seguito del ricorso con riserva vengono in rilievo le finalità correlate alle specifiche deliberazioni previste dalle norme appena richiamate (Trib. Modena, 28 novembre 2012). Alla domanda di concordato con «riserva» vanno allegati, a pena di inammissibilità, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, il che è funzionale a consentire la verifica immediata della sussistenza delle soglie di fallibilità dell'impresa e dello stato di crisi o di insolvenza. Cass. ord. n. 33594/2021 ha affermato che anche l'imprenditore persona fisica deve depositare documenti contabili relativi agli ultimi tre esercizi da lui redatti secondo struttura e caratteristiche assimilabili a quelle dei bilanci delle società di capitali, in particolare con riferimento all'osservanza dei principi generali dettati dagli artt. 2423 e 2423 bis c.c. La messa a disposizione del tribunale e del commissario giudiziale, eventualmente nominato, delle scritture contabili che l'imprenditore è obbligato per legge a tenere deve avvenire solo dopo l'assegnazione giudiziale del termine per il deposito della proposta di concordato, del piano e dei documenti, di cui al secondo e al terzo comma dell'art. 161 l. fall. La domanda con riserva può essere dichiarata inammissibile all'esito del procedimento camerale previsto dall'art. 162, secondo comma, prima dell'assegnazione del termine previsto dal decimo comma dell'art. 161, quando il ricorrente non abbia depositato, prima della decisione di inammissibilità, i documenti qualificabili come bilanci relativi agli ultimi tre esercizi (Cass. ord. n. 33594/2021). Se il debitore non è obbligato a redigere i bilanci di esercizio, si limiterà ad allegare le scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c., nonché una situazione economico-patrimoniale aggiornata. Qualora, viceversa, l'imprenditore abbia versato in atti i bilanci, non può pretendersi, in questa fase, che egli produca anche la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa prevista dal comma 2, lett. e), dell'art. 161, sia in quanto detto incombente non è previsto, sia in quanto la sua esecuzione non si rivelerebbe strumentale alle verifiche sommarie che il tribunale è tenuto a compiere in funzione della concessione del termine ex art. 161, comma 6 (contra App. Napoli, 25 giugno 2014). Una situazione economico-patrimoniale aggiornata è, dunque, congruamente pretesa qualora il ricorrente non abbia ancora approvato il bilancio relativo all'ultimo esercizio (v. Trib. Bolzano, 25 dicembre 2012, in ilfallimentarista.it, che ne richiede l'approvazione assembleare), anche se deve registrarsi, in giurisprudenza, un diverso orientamento che reputa sufficiente la produzione degli ultimi tre bilanci approvati, con l'ostensione del bilancio relativo all'ultimo esercizio, a mero titolo informativo, una volta approvato dall'assemblea e depositato presso il registro delle imprese (Trib. Cassino, 31 luglio 2014; Trib. Velletri, 18 settembre 2012, in ilfallimentarista.it). A pena di inammissibilità deve essere depositato anche l'elenco nominativo dei creditori, che nel periodo del concordato con «riserva» non riveste alcuna utilità reale, risolvendosi in un mero contributo di serietà alla domanda, teso a responsabilizzare ab initio il debitore nella genuina e attendibile indicazione delle passività da soddisfare. Viceversa, Cass. ord. n. 22454/2021 ha affermato che il deposito dell'elenco nominativo dei crediti e dei creditori costituisce, ai sensi del comma 6 dell'art. 161, un requisito di ammissibilità della domanda di concordato con riserva, la cui mancanza, ai fini della dichiarazione di improcedibilità della domanda, può essere rilevata anche dopo la concessione del termine per il deposito del piano, della proposta e della documentazione: così come l'art. 173, comma 3, consente al commissario giudiziale, con riguardo alla domanda di concordato piena, di rilevare la mancanza dei requisiti di ammissibilità della domanda anche dopo l'apertura della procedura e fino all'omologazione, con conseguente revoca dell'ammissione. Non è escluso che il tribunale possa esigere la produzione di altra documentazione non espressamente prevista dall'art. 161, comma 6, in funzione dell'accertamento dei presupposti di accesso allo strumento del concordato «in bianco». Talvolta può esser ritenuta imprescindibile l'ostensione di un certificato camerale aggiornato nell'ottica di acclarare la competenza del giudice adito (v. Linee Guida del Tribunale di Milano-Plenum del 18 ottobre 2012 cit.), talaltra, si può essere portati ad esigere il versamento di dichiarazioni fiscali IVA e di dichiarazioni dei redditi, in funzione dell'accertamento dei requisiti dimensionali di cui all'art. 1. Nulla osta a che si pretenda l'allegazione di una dichiarazione che certifichi il mancato deposito di analoga domanda con «riserva» nel biennio precedente. Il ricorso assume un contenuto più esteso, rispetto allo stretto indispensabile, solo qualora il debitore intenda compiere, nel termine assegnatogli, taluni atti rilevanti, essenzialmente urgenti e di straordinaria amministrazione, ai sensi dell'art. 161, comma 7, ovvero ritenga utile sospendere o sciogliere contratti pendenti ex art. 169-bis, oppure reputi necessario pagare i creditori c.d. strategici, ai sensi dell'art. 182-quinquies, comma 5, o, ancora, ambisca ad ottenere nuovi finanziamenti ex art. 182-quinquies, commi 1 e 3, se del caso con la costituzione di garanzie, o a conservare in vita le linee di credito autoliquidanti. Procedimento A seguito del deposito del ricorso, il tribunale necessariamente stabilirà il termine entro cui il debitore dovrà presentare la proposta e il piano concordatario (o il ricorso per l'omologa dell'accordo di ristrutturazione). Il tenore letterale dell'art. 161, comma 6, che richiama un termine «fissato» – e non «concesso» – dal giudice depone per l'assenza di discrezionalità da parte del tribunale sull'an dell'adozione del provvedimento. Il dies a quo ai fini della decorrenza del termine va individuato, secondo un primo orientamento, nella data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese (Trib. Nocera Inferiore, 28 ottobre 2014; Trib. Venezia, 18 settembre 2014); secondo altro avviso rileva il giorno del deposito del provvedimento collegiale (Trib. Bolzano, 25 settembre 2012; Trib. Modena, 29 marzo 2013). Qualora il debitore aspiri ad ottenere un termine superiore al minimo, dovrà curarsi di presentare un'istanza particolarmente motivata con riguardo alla complessità della ristrutturazione aziendale e debitoria e della proposta in «gestazione» (v. Trib. Perugia, 4 ottobre 2012; Trib. Modena, 29 maggio 2013; Trib. Vicenza, 10 ottobre 2012, in ilfallimentarista.it; Trib. Treviso, 21 settembre 2012, in ilfallimentarista.it). La proroga è ammessa solo per «giustificati motivi» e non può superare i sessanta giorni (v. art. 161, commi 6 e 10). Il debitore potrà ottenere una seconda proroga, ove la prima proroga fosse stata concessa in un termine inferiore a sessanta giorni (Trib. Pordenone, 3 maggio 2013). La somma delle due proroghe non dovrà superare detto numero complessivo di giorni. La richiesta di proroga dovrà necessariamente contenere l'indicazione dei motivi per cui il debitore non è in grado di depositare la proposta e il piano di concordato (Trib. Terni, 28 gennaio 2013; Trib. Novara, 18 marzo 2013). Il termine di preconcordato fissato dal tribunale soggiace alla sospensione feriale di cui alla legge n. 742/1969, attesane la natura «processuale», in quanto fissato nell'ambito di un procedimento giurisdizionale e avente ad oggetto il compimento di un'attività processuale (Trib. Varese, 12 settembre 2014; Trib. Terni, 31 luglio 2013; Trib. Catania, 25 luglio 2013; Trib. Roma, 3 luglio 2013). Si registra, peraltro, in giurisprudenza un diverso orientamento che ritiene l'inapplicabilità della sospensione feriale, escludendo la natura processuale del termine (Trib. Perugia, 29 luglio 2013; Trib. Monza, 6 agosto 2013). In tema di ammissione al concordato preventivo in pendenza del giudizio per la dichiarazione di fallimento, ove sia avviato il subprocedimento per la revoca di tale ammissione e venga concesso il termine per la presentazione di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell'art. 9, comma 2, d.l. n. 23 del 2020, conv. con modif. in l. n. 40 del 2020 (recante misure per contenere gli effetti dell'emergenza epidemiologica da COVID-19), tale termine non è soggetto alla sospensione feriale, dovendosi applicare l'art. 3 l. n. 742 del 1969 che, richiamando l'art. 92 r.d. n. 12 del 1941, esclude la sospensione feriale nel procedimento relativo alla dichiarazione di fallimento, nel corso del quale il menzionato subprocedimento è comunque instaurato (Cass. I, n. 17145/2022). Il giudice adito col ricorso, non si limiterà a verificare la propria competenza, la legittimazione attiva, la regolarità formale della domanda (ossia l'idoneità della sua sottoscrizione e la mancata proposizione di analoga istanza nel biennio anteriore), la ritualità delle allegazioni documentali e la sussistenza dei presupposti d'accesso al concordato «in bianco», ma esprimerà un vaglio teso ad appurare (quindi essenzialmente ad escludere) la strumentalità della domanda medesima (Trib. Napoli, 31 ottobre 2012, in Fall. 2013, 73; Trib. Siena, 23 ottobre 2012, in Fall., 2013, 78; Trib. Perugia, 4 ottobre 2012, in Fall., 2013, 80; Trib. Mantova, 27 settembre 2012; Trib. Benevento, 26 settembre 2012). L'impiego dell'istituto del concordato con «riserva» apparirà abusivo ogni qualvolta, dalla disamina dei fatti, emerga che il debitore ha rinunciato alla domanda di concordato piena, per «virare» sul ricorso «in bianco» nell'imminenza di una revoca dell'ammissione, se del caso in concomitanza con l'udienza calendarizzata per la relativa discussione, oppure laddove il debitore abbia già scontato l'inammissibilità della domanda di concordato ai sensi degli artt. 162 e 179 (Trib. Milano, 4 ottobre 2012). In altri termini, la connotazione strumentale verrà in evidenza anche qualora la domanda «in prevenzione» sia depositata dal debitore dopo l'esito infruttuoso della procedura di concordato preventivo ordinario precedentemente intrapresa, quindi nell'imminenza di una sua declaratoria di inammissibilità (Trib. Monza, 15 gennaio 2013 ha ritenuto sintomatica dell'abuso del diritto la vicinanza temporale fra la domanda di concordato con riserva e l'udienza fissata ex artt. 162 e 179; nel medesimo senso v. Trib. Messina, 30 gennaio 2013). Cass. I, ord. n. 17164/2022 ha affermato che qualora l'inidoneità della documentazione prodotta dal debitore faccia emergere "prima facie" l'intento dilatorio perseguito attraverso la presentazione della domanda di concordato, il tribunale può dichiararne l'inammissibilità senza concedere il termine di cui all'art. 161, comma 6, l.fall., procedendo senz'altro all'esame dell'istanza di fallimento, in modo tale da evitare che la produzione di documenti assolutamente inidonei allo scopo possa costituire un espediente per ritardare artificiosamente la definizione del procedimento in pregiudizio degli interessi dei creditori. Una declinazione abusiva del ricorso si coglierà anche laddove il debitore abbia omesso di modificare la domanda anteriormente alla votazione, per poi «rifugiarsi» nella domanda con «riserva» in considerazione dell'esito negativo di detta votazione e nel tentativo di far pesare uno ius poenitendi intempestivo (Trib. Monza, 15 gennaio 2013) e di riattivare l'ombrello protettivo dell'automatic stay (Trib. Milano, 4 ottobre 2012, cit.). In ipotesi in cui il vaglio del tribunale riscontri la carenza di presupposti per l'ammissione, conseguirà una declaratoria di inammissibilità ai sensi dell'art. 161, comma 9. Qualora dalla documentazione versata in atti dal debitore in uno al ricorso non sia dato scrutinare efficacemente la sussistenza dei presupposti d'accesso al preconcordato, è senz'altro ipotizzabile la convocazione del debitore al fine di ottenerne chiarimenti o integrazioni allegatorie (Trib. Velletri, 18 settembre 2012, ilcaso.it; Trib. Ravenna, 6 marzo 2013). Se, nel momento in cui viene dichiarata l'inammissibilità del preconcordato, pendono istanze di fallimento, il tribunale sarà chiamato a definirle. In ipotesi in cui non constino istanze di fallimento, l'automatic stay perderà efficacia ex tunc, talché i beni del debitore si esporranno nuovamente alle azioni esecutive o cautelari dei creditori, le ipoteche iscritte nei novanta giorni successivi alla data di pubblicazione della domanda di preconcordato nel registro delle imprese assumeranno piena efficacia nei riguardi dei creditori anteriori alla domanda di concordato preventivo con riserva, le disposizioni del codice civile in tema di riduzione del capitale per perdite e di scioglimento della società per perdita del capitale torneranno integralmente applicabili. In linea con quanto previsto dall'art. 162, comma 2, il provvedimento di inammissibilità del preconcordato non è reclamabile e si palesa ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. solo nel caso in cui la dichiarazione di inammissibilità abbia intrinseco carattere decisorio per essere dipesa da ragioni che escludono la consequenziale dichiarazione di fallimento (Cass.S.U. n. 9743/2008). Nondimeno, avuto riguardo al comma 3 dell'art. 162, gli aspetti concernenti la ritenuta inammissibilità della domanda potranno essere contrastati con il reclamo avverso la sentenza (eventualmente) dichiarativa di fallimento. A tenore del comma 10 dell'art. 161 «fermo quanto disposto dall'art. 22, comma 1, quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento il termine di cui al sesto comma è di sessanta giorni, prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni». Un primo avviso interpretativo ritiene che il tribunale abbia la possibilità di assegnare un termine superiore a sessanta giorni ove respinga l'istanza di fallimento pendente nei confronti del debitore (Trib. Terni, 7 novembre 2013). Come si è già accennato, però, l'art. 22 del d.l. 24 agosto 2021, n. 118 (in attesa di conversione) ha stabilito che dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, il termine suddetto e' compreso fra sessanta e centoventi giorni anche quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento ed e' prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Un condivisibile orientamento afferma che la disposizione postuli che il tribunale deve stabilire il termine di sessanta giorni anche nel caso in cui al momento del deposito della domanda di concordato preventivo con riserva l'istanza di fallimento sia già stata respinta ma penda il termine per la sua impugnazione (Lamanna). La Suprema Corte ha puntualizzato che l'art. 161, decimo comma, legge fall. consente la concessione di un termine per il deposito del piano e della documentazione richiesti per l'ammissione al concordato preventivo «quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento», requisito che non ricorre quando sia in corso il giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, che presuppone la già avvenuta dichiarazione del fallimento (Cass. n. 13505/2014). Nomina del commissario giudiziale Con il decreto che scandisce il termine, il tribunale è facoltizzato a nominare il commissario giudiziale di cui all'art. 163, comma 1, n. 3; sempre nel decreto verranno fissati, secondo una cadenza perlomeno mensile, gli obblighi informativi periodici, in relazione, tanto alla conduzione dell'impresa, quanto all'attività funzionale alla predisposizione della proposta e del piano. La disposizione tiene dietro alla prassi di diversi uffici giudiziari, i quali, a fronte del deposito di ricorsi in «prevenzione» avevano nominato ausiliari deputati alla vigilanza, applicando l'art. 68 c.p.c. (v. ex multis Trib. Pisa, 19 dicembre 2012, in ilfallimentarista.it; Trib. La Spezia, 25 settembre 2012, in ilfallimentarista.it). La prassi in tal senso è stata dichiarata legittima e consentita da Cass. n. 976/2021, in presenza di peculiari esigenze che si presentino nel corso della procedura. Non è comunque precluso all'organo giudicante di fare applicazione del generale disposto dell'art. 68 c.p.c. per sopperire a peculiari esigenze che si presentino nel corso della procedura onde assicurarne il migliore sviluppo (Cass. I, n. 976/2021). In virtù della citata disposizione la nomina del commissario giudiziale di cui all'art. 163, comma 2, n. 3), viene facoltizzata già nella fase del preconcordato. Invero, risolvendosi in un costo per il debitore, l'organo concorsuale verrà designato, tendenzialmente, solo nelle procedure più articolate e complesse o relative ad imprese di notevoli dimensioni. Il riferimento all'art. 163, comma 2, n. 3) chiarisce la «cifra» dei poteri del commissario nella fase del concordato con «riserva»: essi attengono al controllo e alla vigilanza, ossia a quelle medesime incombenze cui il commissario istituzionalmente assolve dopo l'ammissione alla procedura concordataria. Egli, pertanto, vigilerà sull'amministrazione dei beni e sull'esercizio dell'impresa da parte del debitore ex art. 167, comma 1. Inoltre, l'organo commissariale formulerà il proprio parere sulle richieste di autorizzazione al compimento, da parte del debitore, di atti di straordinaria amministrazione connotati dall'urgenza, a tenore dell'art. 161, comma 7. Ed ancora, in virtù dell'ultimo periodo del comma 6 della norma in commento, appurerà, se del caso, il compimento di condotte od omissioni riconducibili entro le fattispecie di cui all'art. 173, riferendone senza indugio al tribunale, affinché dichiari l'improcedibilità della domanda di concordato e il fallimento del debitore, nel concorso dei relativi presupposti. Inoltre, sorveglierà sull'adempimento degli obblighi informativi periodici e sull'attività del debitore di elaborazione della proposta e di predisposizione del piano, riferendo al tribunale ogni qualvolta detta attività gli appaia manifestamente inidonea o inadeguata, nel qual caso, ai sensi dell'art. 161, comma 8, il tribunale potrà decidere di abbreviare i termini per il deposito del piano e della proposta definitivi di concordato (o dell'accordo di ristrutturazione). Il compenso del commissario per il lavoro compiuto nel segmento preconcordatario non potrà essere calcolato – attesa la peculiarità dei suoi compiti – in base alle tariffe professionali relative all'attività di commissario giudiziale in costanza di procedura concordataria già ammessa. Sembra congruo ragguagliare detto compenso al solo passivo concordatario, determinato dal ricorrente ed evincibile dall'elenco nominativo dei creditori già depositato; convincente appare, in parallelo, il criterio equitativo del «quinto», potendosi stimare che l'incarico commissariale correlato alla fase del concordato «in bianco» postula una misura di compenso pari al venti per cento di quanto spetterebbe applicando i criteri di cui al d.m. n. 30/2012 (Trib. Roma, 9 ottobre 2014). La questione ovviamente si affievolisce ove al preconcordato segua il deposito della proposta e del piano e l'ammissione alla procedura, poiché in tal caso si procederà ad una liquidazione unica e finale, in quanto tale inclusiva, sul piano dei compensi, delle attività svolte in fase di concordato con «riserva». D'altronde, nulla osta a che il soggetto designato per la fase del preconcordato, mantenga l'incarico in seguito all'ammissione. Obblighi informativi A mente del comma 8 dell'art. 161, il tribunale dispone, nel decreto di fissazione del termine preconcordatario, che, con frequenza almeno mensile, il debitore adempia a specifici obblighi informativi Con ogni evidenza, i termini di adempimento di detti obblighi non hanno indole processuale, sicché si sottraggono alla sospensione feriale (App. Bologna, 18 dicembre 2013). Le incombenze informative periodiche vengono assolte «sotto la vigilanza del commissario giudiziale, se nominato»; il loro contenuto è prescritto dal tribunale, cui è discrezionalmente rimesso. Ovviamente, gli obblighi vanno declinati pur sempre come «finestre» di aggiornamento, sia sul percorso di elaborazione della proposta e del piano, sia sull'attualità della conduzione e dell'andamento dell'impresa. In tal senso, solitamente il debitore sarà tenuto a versare in atti una relazione informativa sulle iniziative intraprese nella prospettiva dell'ipotesi di affronto della crisi da sottoporre, di lì a poco, ai creditori nonché sulla gestione finanziaria e patrimoniale dell'impresa, con l'indicazione in dettaglio delle operazioni attive e passive poste in essere. Rimane inteso che, perché gli obblighi informativi possano ritenersi assolti, non rileva il solo dato formale rappresentato dalla trasmissione di una qualsivoglia relazione al commissario, dovendo, piuttosto, la relazione palesarsi idonea a consentire un monitoraggio puntuale, sia dello stato delle iniziative intraprese ai fini della predisposizione della domanda di concordato, sia della gestione d'impresa, che dev'esser coerente, del resto, con lo stato di crisi e con la salvaguardia della par condicio creditorum (Trib. Milano, 16 luglio 2014). Il che si ricava dalla previsione in forza della quale, ove il tribunale rilevi l'attività del debitore sia manifestamente inidonea alla predisposizione del piano e della proposta, ha il potere – previa audizione del debitore, del commissario giudiziale, se nominato, e dei creditori – di abbreviare il termine originariamente fissato La rilevanza delle informazioni emerge, peraltro, dalla sanzione prefigurata l'omesso adempimento degli obblighi: a mente del comma 8, dovrà, infatti, farsi applicazione dell'art. 162, commi 2 e 3, con conseguente declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo con riserva e pronuncia del fallimento, nel ricorso dei relativi presupposti Il comma 8 dell'art. 161 dispone anche l'obbligo per il debitore di depositare, ancora una volta mensilmente, una situazione finanziaria, che deve essere pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. Si tratta, con ogni evidenza, di una adeguata rappresentazione contabile delle attività finanziarie. Sempre il comma 8 anzidetto attribuisce al tribunale la possibilità di sentire in ogni momento i creditori, il che si spiega con l'esigenza, da parte del giudice, di attingere da costoro elementi esplicativi utili a svolgere una lettura anche in «controluce» delle relazioni fornitegli dal debitore. Ordinaria e straordinaria amministrazione In seguito alla fissazione del termine si innescano ope legis limitazioni in capo al debitore nell'esercizio dell'impresa. Il debitore conserva la gestione sociale, rimanendo ferma la possibilità di compiere liberamente gli atti di ordinaria amministrazione, salva la soggezione al controllo del commissario giudiziale. Per quanto concerne, per converso, gli atti di straordinaria amministrazione diviene imprescindibile ottenere specifica autorizzazione giudiziale. Il comma 7 dell'art. 161 prevede, in particolare, che detta autorizzazione sarà resa dal tribunale, previa l'assunzione di sommarie informazioni e l'acquisizione, in ipotesi di relativa nomina, del parere del commissario giudiziale, avente carattere obbligatorio e non vincolante. L'urgenza assurge a condizione per il compimento dell'atto; essa è ravvisabile qualora il mancato compimento dell'atto comporti un danno o una mancata utilità per la massa dei creditori (Trib. Torino, 3 gennaio 2013). Talvolta la giurisprudenza tende a ravvisare anche una condizione implicita consistente nella convenienza dell'atto per i creditori, ossia di rispondenza al loro precipuo interesse (Trib. Monza, 18 luglio 2014). Certamente, l'atto di straordinaria amministrazione può essere autorizzato qualora tenga insieme la tutela del ceto creditorio e la salvaguardia della continuità aziendale, ove sia quest'ultima la via prescelta. Senz'altro l'atto è autorizzabile nella sola misura in cui appaia utile ai fini del percorso di ristrutturazione. Del resto, il requisito dell'urgenza è correlato alla necessità di assicurare, tanto la realizzabilità del concordato in preparazione, quanto la tutela degli interessi dei creditori, che non possono essere esposti ai rischi connessi al rinvio dell'atto nelle more del deposito del piano. Il debitore dovrà motivare in istanza le ragioni per cui il compimento dell'atto si palesa necessario e indifferibile in funzione della prospettiva di ristrutturazione avviata; in tal senso, non potrà astenersi dal fornire specifiche indicazioni su quest'ultima, svolgendo una significativa disclosure prodromica e anticipata dell'ipotesi in via di elaborazione. L'istanza può essere coeva al ricorso, quindi in esso acclusa, oppure successiva e separata, qualora la contingenza che rende impellente l'atto venga a maturare solo in seguito al deposito dell'atto d'impulso iniziale del preconcordato. In linea di principio, è di ordinaria amministrazione l'atto di comune gestione dell'azienda, di valore non elevato, intrinsecamente inerente alle finalità evincibili dal suo oggetto sociale oltre che parametrato alle dimensioni del suo patrimonio (Trib. Monza, 10 giugno 2014, ha considerato di ordinaria amministrazione il pagamento di crediti maturati successivamente all'inizio della procedura in relazione a contratti a prestazioni continuative; Trib. Verona, 21 luglio 2014, ha ricondotto alla medesima natura il mantenimento di linee di credito c.d. autoliquidanti destinate allo smobilizzo dei crediti commerciali dell'impresa). Viceversa, si inscriverà nel paradigma della straordinaria amministrazione l'atto suscettibile di incidere negativamente sul patrimonio del debitore pregiudicandone la consistenza e compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, vuoi perché ne determina la riduzione, vuoi perché lo grava di vincoli e di pesi cui non corrisponde l'acquisizione di utilità reali prevalenti (v. App. Venezia, 29 maggio 2014; Trib. Crotone, 17 luglio 2014). La casistica degli atti di straordinaria amministrazione è variegata. In un caso è stata autorizzata la stipula di un contratto definitivo di compravendita in esecuzione di un preliminare con il quale il debitore si era impegnato a vendere un'immobile, sul rilievo che detto immobile non era funzionale alla prosecuzione dell'attività di impresa e che la mancata stipula del definitivo avrebbe comportato l'obbligo di pagamento di un'ingente caparra confirmatoria (Trib. Torino, 3 gennaio 2013, ilcaso.it). In un altro caso è stata autorizzata una transazione, posto che il pagamento che ne sarebbe derivato a carico dell'imprenditore si palesava inferiore a quanto costui avrebbe dovuto pagare ove la causa pendente si fosse conclusa per lui sfavorevolmente (Trib. Novara, 27 marzo 2013). È stata, poi, reputata di straordinaria amministrazione la stipula di un contratto di locazione commerciale (Trib. Padova, 24 febbraio 2014). Al pari del compimento di condotte sussumibili tra quelle annoverate nell'art. 173, anche l'esecuzione di atti di straordinaria amministrazione non autorizzati è rigorosamente sanzionata, sol che si consideri che, a tenore del comma 6 dell'art. 161, il commissario giudiziale, quando accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste dell'art. 173, deve riferirne immediatamente al tribunale che, nelle forme del procedimento di cui all'art. 15 e verificata la sussistenza delle condotte stesse, dichiara improcedibile la domanda e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli arti 1 e 5, dichiara, altresì, il fallimento del debitore con contestuale sentenza reclamabile a norma dell'articolo 18 (sulla revoca del concordato per il compimento di atti di straordinaria amministrazione non supportati dall'autorizzazione v. Trib. Chieti, 15 ottobre 2013, in Dir. fall., 2014, II, 670 ss., con nota di Romualdi; Trib. Reggio Emilia, 14 marzo 2013; Trib. Bologna, 27 febbraio 2013, in ilfallimentarista.it; Trib. Pinerolo, 7 gennaio 2013). La disposizione sanzionatoria è fisiologicamente applicabile, per coerenza di sistema, anche laddove non consti la nomina del commissario e, nondimeno, il tribunale abbia motu proprio appurato la sussistenza di condotte riconducibili nell'ambito dell'art. 173. In ogni caso, i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111, dunque, tali da allargare il passivo debitorio in pregiudizio dei creditori in concorso. Mancato rispetto del termine Qualora entro il termine fissato dal tribunale il debitore ometta di depositare la proposta rivolta ai creditori e il piano di concordato, l'art. 161, comma 6, prevede l'applicazione dell'art. 162, commi secondo e terzo. Dunque, il tribunale dichiarerà inammissibile la domanda di concordato «in bianco» e potrà dichiarare il fallimento del debitore ove siano presenti istanze di fallimento (proposte da creditori o dal pubblico ministero) e sussistano i presupposti di cui agli artt. 1 e 5. In ipotesi in cui facciano difetto istanze per la dichiarazione di fallimento, il tribunale, nel fermarsi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso «in prevenzione», potrà, peraltro, indirizzare al p.m. la segnalazione dell'insolvenza ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 (v. Cass. S.U. n. 9409/2013) Al mancato deposito deve essere assimilata la rinuncia alla domanda di concordato con «riserva» avanzata nell'imminenza del decorso del termine assegnato dal tribunale (Trib. Asti, 10 marzo 2014), venendo in rilievo un attrito con i principi di correttezza e buona fede (Trib. Roma, 17 luglio 2014) e, in ultima analisi, un'ipotesi di abuso del diritto (Trib. Napoli Nord, 25 febbraio 2015). In esito alla declaratoria di inammissibilità, riprenderà vigore la legittimazione dei creditori in rapporto alle azioni esecutive e cautelari; inoltre le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data di pubblicazione del ricorso in «prevenzione» nel registro delle imprese riacquisiranno efficacia nei confronti di tutti i creditori. In forza del comma 9 dell'art. 161 al debitore che subisce la declaratoria di inammissibilità è inibita, per il biennio successivo, la possibilità di depositare un nuovo ricorso per l'accesso al preconcordato. Rapporti tra concordato preventivo e fallimentoIn tema soccorrono risolutivamente i principi di diritto enucleati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U. n. 9936/2015). Segnatamente, in pendenza di un procedimento di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, il fallimento dell'imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere dichiarato soltanto quando ricorrono gli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 e cioè, rispettivamente, quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, quando sia stata revocata l'ammissione alla procedura, quando la proposta di concordato non sia stata approvata e quando, all'esito del giudizio di omologazione, sia stato respinto il concordato; la dichiarazione di fallimento, peraltro, non sussistendo un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica tra le procedure, non è esclusa durante le eventuali fasi di impugnazione dell'esito negativo del concordato preventivo. La pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, non rende improcedibile il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, né ne consente la sospensione, ma impedisce temporaneamente soltanto la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dalle norme appena evocate; il procedimento, pertanto, può essere istruito e può concludersi con un decreto di rigetto. Tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza o la richiesta di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi, un rapporto di continenza. Ne consegue la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell'art. 273 c.p.c., se pendenti innanzi allo stesso giudice, ovvero l'applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 39, comma 2, c.p.c. in tema di continenza e competenza, se pendenti innanzi a giudici diversi. Inoltre, la domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, presentata dal debitore non per regolare la crisi dell'impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento li ha predisposti (Cass. VI, n. 8982/2021). Infine, in tema di concordato preventivo, quando in conseguenza della ritenuta inammissibilità della domanda il tribunale dichiara il fallimento dell'imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere impugnata con reclamo solo la sentenza dichiarativa di fallimento e l'impugnazione può essere proposta anche formulando soltanto censure avverso la dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo. BibliografiaAiello, nota a Cass. sez. un., 18 aprile 2013, n. 9409, in Giur. it., 2013, 2529; Alessi, Il nuovo concordato preventivo, in Dir. fall., 2005, I, 1135; Amatore, Il giudizio di ammissibilità della domanda di concordato preventivo, in www.ilfallimentarista.it; Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Tratt. 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