Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 169 bis - (Contratti pendenti) 1 2 . (A)

Salvo Leuzzi

(Contratti pendenti)1 2. (A)

 

Il debitore con il ricorso di cui all'articolo 161 o successivamente puo' chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato con decreto motivato sentito l'altro contraente, assunte, ove occorra, sommarie informazioni, lo autorizzi a sciogliersi dai contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore puo' essere autorizzata la sospensione del contratto per non piu' di sessanta giorni, prorogabili una sola volta. Lo scioglimento o la sospensione del contratto hanno effetto dalla comunicazione del provvedimento autorizzativo all'altro contraente 3.

In tali casi, il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito e' soddisfatto come credito anteriore al concordato, ferma restando la prededuzione del credito conseguente ad eventuali prestazioni eseguite legalmente e in conformita' agli accordi o agli usi negoziali, dopo la pubblicazione della domanda ai sensi dell'articolo 161 4.

Lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai rapporti di lavoro subordinato nonche' ai contratti di cui agli articoli 72, ottavo comma, 72-ter e 80, primo comma.

In caso di scioglimento del contratto di locazione finanziaria, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed e' tenuto a versare al debitore l'eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale. La somma versata al debitore a norma del periodo precedente e' acquisita alla procedura. Il concedente ha diritto di far valere verso il debitore un credito determinato nella differenza tra il credito vantato alla data del deposito della domanda e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Tale credito e' soddisfatto come credito anteriore al concordato 5.

 

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(A) In riferimento all'IVA - Note di variazione in ipotesi di scioglimento dei contratti di cui al presente articolo, vedi: Risposta Agenzia delle Entrate 29 marzo 2023, n. 268

[1] Articolo aggiunto dall'articolo 33, comma 1, lettera d), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, con la decorrenza indicata dal comma 3 del medesimo articolo 33 del suddetto D.L. n. 83 del 2012.

[2] Rubrica modificata dall'articolo 8, comma 1, lettere a), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 8, del medesimo decreto.

[3] Comma sostituito dall'articolo 8, comma 1, lettere b), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 8, del medesimo decreto.

[4] Comma modificato dall'articolo 8, comma 1, lettere c), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 8, del medesimo decreto.

[5] Comma aggiunto dall'articolo 8, comma 1, lettere d), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 8, del medesimo decreto.

Inquadramento

L'art. 169-bis l.fall. introdotto dal d.l. n. 83/2012, conv. in l. n. 134/2012 fa fulcro su un principio di base: quello per cui i contratti preesistenti alla vicenda concordataria rimangono ad essa insensibili, dipendendo l'innescarsi di una qualche ripercussione sui medesimi dall'iniziativa che il proponente o la sua controparte intendano assumere.

Il recente d.l. 83/2015, convertito in l. 6 agosto 2015 n. 132, ha, peraltro, significativamente modificato l'articolo in commento con riferimento alla rubrica, ove l'espressione «rapporti in corso di esecuzione» è stata sostituita dall'espressione «contratti pendenti», assecondando un'esigenza di parallelismo, di terminologia e di regole, con l'intitolazione dell'art. 72 l.fall., che, nel contesto della procedura concorsuale maggiore, da sempre disciplina il fenomeno dei rapporti negoziali anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Prima dell'introduzione dell'art. 169-bis, benché si ragionasse sull'applicabilità al concordato della sezione IV del capo III, dedicata agli effetti del fallimento, rilevava, in senso ostativo, l'assenza di un esplicito rinvio all'art. 72. La Suprema Corte aveva, pertanto, negato che la mentovata disciplina trovasse applicazione con riferimento al concordato (v. Cass. n. 968/1997, in tema di somministrazione; Cass. n. 9758/1993, in tema di assicurazione).

Quest'evidenza consolidata deponeva già allora per una regola «d'ambito»: i rapporti giuridici germinati dai contratti pendenti non subivano mutazione alcuna (v. ex multis Cass. n. 3022/2002). In altri termini, il contratto preesistente al concordato doveva trovare normale esecuzione, risaltando, nell'assenza di disposizioni ad hoc, la finalità peculiare del procedimento concordatario, teso alla conservazione dell'impresa, mediante il mantenimento «in sella» dell'imprenditore, chiamato a proseguire nell'amministrazione dei propri beni, sia pure sotto il controllo del commissario giudiziale.

L'art. 169-bis consolida normativamente la regola e la arricchisce, ad appannaggio del debitore, di una dirompente facoltà: il proponente il concordato, nel ricorso introduttivo o «successivamente», è abilitato a chiedere al tribunale o – dopo il decreto di ammissione – al giudice delegato l'autorizzazione a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione «alla data della presentazione del ricorso».

In alternativa, la richiesta del debitore può essere volta ad ottenere la mera sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.

La radicale discrasia rispetto alla disciplina fallimentare si coglie allora in ciò, che, se nel fallimento alla relativa declaratoria consegue ope legis uno stato di sospensione dei rapporti (salve le eccezioni) che si apre alla possibilità di subentro del curatore, come a quella contrapposta dello scioglimento del vincolo, nel concordato è il debitore a dover richiedere la soluzione di continuità dei rapporti medesimi, formulando apposita richiesta ai sensi dell'art. 169-bis e accedendo ad uno dei due strumenti ivi declinati.

Sia lo scioglimento che la sospensione del contratto hanno effetto dalla comunicazione all'altro contraente del provvedimento autorizzativo, reso in tal modo atto recettizio dunque con effetti ex nunc.

La disciplina può trovare applicazione ovviamente solo con riferimento alle prestazioni future e non alle pregresse, poiché, diversamente opinando, si consentirebbe all'imprenditore un beneficio indiscriminato e privo di ragionevolezza, soprattutto avuto riguardo all'interesse di una controparte che ha già adempiuto agli obblighi derivanti dal rapporto contrattuale (App. Venezia, 26 novembre 2014).

A fronte dello scioglimento o della sospensione, il contraente che li subisce è titolare del diritto ad un indennizzo, equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento; detto indennizzo viene soddisfatto come credito anteriore al concordato.

Il secondo periodo del secondo comma della norma in commento si incarica, peraltro, di precisare che, in ogni caso, resta ferma la prededuzione del credito conseguente ad eventuali prestazioni eseguite legalmente e in conformità agli accordi o agli usi negoziali dopo la pubblicazione della domanda di concordato.

La norma prevede, peraltro, alcune eccezioni, posto che lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria che in esso figuri (comma 3), né si applica al novero dei contratti di cui ai richiamati artt. 72, ottavo comma, 72-ter e 80 l.fall., ossia, nell'ordine, ai rapporti di lavoro subordinato, ai preliminari di vendita trascritti ai sensi dell'art. 2645-bis c.c. aventi ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività d'impresa dell'acquirente, ai finanziamenti destinati ad uno specifico affare e al contratto di locazione di immobili ove il debitore sia locatore.

L'ultimo comma dell'art. 169-bis è specificamente dedicato al contratto di locazione finanziaria, disponendo che, in ipotesi di suo scioglimento, il concedente ha diritto alla restituzione del bene, essendo tenuto a corrispondere al debitore l'eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale; detta somma è acquisita alla procedura. Il concedente ha, peraltro, diritto di far valere verso il debitore un credito determinato nella differenza tra il credito vantato alla data del deposito della domanda e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene, soddisfatto come credito anteriore al concordato.

Il tenore della norma lascia sotto traccia la sussistenza o meno della facoltà di invocare lo scioglimento anche dopo l'ammissione, anziché imprescindibilmente insieme al ricorso. Il dato testuale parrebbe escludere detta facoltà. Tuttavia, a ben guardare, l'esclusione, da un lato, precluderebbe incongruamente l'opportunità di «governare» mediante gli strumenti dell'art. 169-bis le esigenze di scioglimento del rapporto che dovessero venire in essere in pendenza del concordato, dall'altro, non considererebbe la facoltà – pur concessa al debitore – di modificare la domanda anche in seguito all'ammissione.

Applicabilità della norma al concordato con riserva

L'art. 169-bis deve ritenersi applicabile anche al concordato preventivo «in bianco», posto che la norma in commento non distingue tra la domanda di cui all'art. 161, comma 1, l.fall. e la domanda di concordato preventivo con riserva (in giurisprudenza Trib. Piacenza, 16 aprile 2013; Trib. Modena, 30 novembre 2012; in dottrina Censoni, Patti).

Un elemento in certo senso ostativo si trae dall'art. 186-bis, che, pur prevedendo la salvezza della disciplina dell'art. 169-bis, omette di ripetere, come invece fanno gli artt. 182-quinquies e 182-sexies, qualunque richiamo al preconcordato.

Si registra in giurisprudenza un'opzione interpretativa che asserisce l'inapplicabilità della norma al concordato preventivo con riserva (Trib. Verona 31 ottobre 2012 in Foro it. 2013, I, 1338, con nota di Fabiani, App. Brescia, 19 giugno 2013, in ilcaso, Trib. Rovigo, 6 marzo 2014, Trib. Biella, 13 novembre 2013; in dottrina, Cavallini), evidenziando l'incompatibilità tra l'art. 169-bis e l'art. 161, comma 6 che sarebbe correlata all'atteggiarsi necessario dello scioglimento del contratto ad aspetto integrante del piano concordatario, piano che nel contesto del concordato «in bianco» è ancora di là da venire.

In una prospettiva rigorosa si pongono altre significative pronunce, che hanno, rispettivamente, reputato inammissibile l'istanza di scioglimento o, in subordine, di sospensione ex art. 169-bis dei contratti bancari di conto corrente e anticipazione bancaria pendenti (Trib. Milano 19 marzo 2013, in Riv. dott. comm. 2013, 679, con nota di Arlenghi), e denegato l'autorizzazione a fronte della richiesta del debitore di sospendere i contratti di locazione finanziaria, non essendo stato delineato il tipo di concordato e l'incidenza dei canoni nella gestione dell'impresa (Trib. Mantova 1 ottobre 2012, in Fall. 2013, 101, con nota di Balestra).

In realtà, per l'applicabilità della norma di nuovo conio al concordato con riserva sembrano deporre, per un verso, il riferimento generico ed unitario da essa recato al «ricorso di cui all'art. 161», per altro verso, specularmente, l'assenza di distinguo testuali.

Nè si pone quale intralcio sistemico all'applicazione della norma ai ricorsi concordatari «in prevenzione» la circostanza dell'indisponibilità in capo al tribunale di elementi certi e definitivi attraverso i quali vagliare la compatibilità dello scioglimento o della sospensione al contenuto del piano concordatario e la funzionalità del provvedimento caldeggiato alla migliore soddisfazione dei creditori. In effetti, l'imprenditore ben può effettuare, al fine di consentire quel vaglio che altrimenti sarebbe offuscato, una idonea disclosure sul piano concordatario in gestazione, in guisa da somministrare (motivatamente) al giudice la somma degli elementi indispensabili affinché possa esercitare il proprio sindacato e possa farlo proficuamente.

Non va, poi, trascurato che lo scioglimento o la sospensione di determinati vincoli contrattuali potrebbe risultare coessenziale proprio all'elaborazione del piano definitivo (Trib. Catanzaro, 23 gennaio 2013, in ilfallimentarista.it).

È rimessa al debitore, in definitiva, l'opportunità di «convincere» il tribunale, attraverso un'idonea indicazione del piano e della proposta, benché ancora in fase di predisposizione e sedimentazione, che giovi a disvelare la collocazione centrale dello scioglimento o della sospensione nell'impianto del concordato. Ed appare evidente che il debitore che avanzi una richiesta ai sensi della norma in commento durante il decorso del termine di cui al comma 6 dell'art. 161, al fine di consentire l'esercizio della valutazione giudiziale, si occupi di illustrare anche gli oneri che conseguirebbero dalla prosecuzione del contratto e li ponga in rapporto a quelli che verranno in rilievo in seguito alla sospensione o dallo scioglimento dello stesso. Si è di recente osservato che la domanda di sospensione dei contratti in corso di esecuzione di cui all'articolo 169-bis l.fall. può essere formulata anche durante la fase di concordato con riserva in quanto, così come per gli effetti protettivi stabiliti dall'articolo 168, la stessa è volta ad anticipare la salvaguardia dell'integrità del patrimonio del debitore ed a consentirgli di strutturare nel modo ritenuto più conveniente, anche nell'interesse del ceto creditorio, un piano diretto a superare la crisi di impresa (Trib. Treviso 24 febbraio 2015).

A favore dell'applicabilità al concordato con riserva militano – ad avviso di un altro recente arresto — la ratio della norma, la quale consiste nel favore per l'accesso al concordato e nella protezione della fase preparatoria del piano, anche con sacrificio degli interessi dei singoli creditori concordatari, ratio, questa, comune agli istituti delle autorizzazioni al compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione di cui all'articolo 161, comma 7, l.fall., ai finanziamenti di cui all'articolo 182-quinquies, comma 1, l.fall. e, nel concordato con continuità aziendale, ai pagamenti di crediti anteriori di cui al successivo comma 4 (Trib. Venezia 20 gennaio 2015).

Deve darsi conto di un terzo orientamento «mediano» che, nel reputare compatibile la disciplina ex art. 169- bis con la procedura di concordato preventivo con riserva, ne circoscrive l'applicabilità ai casi di sospensione del contratto, escludendo che in tale fase l'imprenditore sia legittimato a chiedere lo scioglimento, ritenuto inadattabile, per la definitività dei suoi effetti, al contesto di provvisorietà che contrassegna il procedimento di concordato «in bianco» (Trib. Vercelli, 19 settembre 2013; nel medesimo senso v. anche Trib. Teramo 11 gennaio 2013, quest'ultimo sulla sospensione di un affitto di azienda, nonché Trib. Modena, 30 novembre 2012, sulla sospensione di contratti di appalto). Si è anche osservato che è possibile autorizzare il debitore a sciogliersi o a sospendere i contratti pendenti anche nella fase immediatamente successiva alla presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo «in bianco» e, tuttavia, sino a che resta incerta la tipologia della proposta di concordato il giudizio di utilità dello richiesto scioglimento non può essere svolto, con la conseguenza che la misura della sospensione costituisce un valido contemperamento degli interessi contrapposti (Trib. Monza 16 gennaio 2013, in Foro it., 2013, I, 1338, con nota di Fabiani)

In una prospettiva in certo senso contigua si osserva che l'eventuale provvedimento di autorizzazione allo scioglimento, ove emesso in costanza di decorso del termine ex art. 161, comma 6, non produrrebbe effetti sostanziali immediati, ma effetti meramente processuali prenotativi, talché la cesura del rapporto avverrebbe solo in epoca successiva al deposito della domanda di concordato vera e propria e in esito ad audizione del terzo rimandata a detta fase (così Trib. Pistoia, 9 luglio 2013). In altri termini, l'autorizzazione allo scioglimento, se del caso resa, comporterebbe solo l'effetto processuale per il proponente di poter presentare ai creditori una proposta e un piano che detto scioglimento preveda (Trib. Pistoia, 27 gennaio 2014; la pronuncia è condivisa da Stanghellini). L'ottica riassunta contrasta con l'avviso cristallizzato in dottrina e giurisprudenza e dottrina, secondo cui, a prescindere dalla diversità dei punti di vista, lo scioglimento del contratto ex art. 169-bis l.fall. determina effetti sempre irreversibili (Trib. Piacenza, 5 aprile 2013, Trib. Ravenna, 24 dicembre 2012; in dottrina v. Fabiani.

Nozione di rapporto pendente

L'analogia linguistica tra art. 72 e art. 169-bis l.fall. comporta la sussumibilità nel paradigma di rapporto pendente, anche nel concordato preventivo, dei soli contratti bilaterali a prestazioni corrispettive non ancora compiutamente eseguiti da entrambe le parti.

Segnatamente sono da reputarsi pendenti quei rapporti che alla data di presentazione del ricorso per l'accesso al concordato (anche con riserva), per un verso sono già perfezionati, per altro verso non si palesano ancora compiutamente eseguiti né dall'uno né dall'altro contraente, non diversamente – mutatis mutandis – da quanto preveduto in tema di fallimento dall'art. 72, che evoca i «rapporti pendenti» alla data di dichiarazione di fallimento.

Il requisito della bilaterale inesecuzione riguarda solo le prestazioni principali e non anche quelle accessorie

Per converso, laddove un contratto si presenti ormai eseguito da una delle parti, la pendenza propriamente detta difetta in radice, rinvenendosi soltanto un credito ad una prestazione in capo ad una parte contrattuale e nei confronti dell'altra.

A seguito dell'intervento normativo attuato con d.l. n. 83/2015 appare, in buona sostanza, ormai recessiva la tesi, affacciatasi nella giurisprudenza di merito anteriormente all'allineamento anche «letterale» fra la norma in commento e l'art. 72, che perorava l'applicabilità dell'art. 169-bis a tutti i «contratti in corso di esecuzione» alla data della presentazione del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo, escludendo che detta (oramai soppiantata) locuzione potesse essere circoscritta ai soli contratti sinallagmatici con prestazioni non eseguite da entrambe le parti (come previsto dall'art. 72), ma dovendosi, per converso, intendere riferita a tutti i contratti in corso di esecuzione, inclusi quelli in cui una parte avesse già eseguito la propria prestazione (Trib. Genova 4 novembre 2013, in Fall., 2014, 114; v. anche App. Genova 10 febbraio 2014, in Fall., 2014, 793, con nota di Cederle, che, relativamente ai contratti di anticipazione di crediti nei quali la banca aveva già eseguito la propria prestazione di erogazione del credito, ha reputato nondimeno autorizzabile lo scioglimento dei medesimi).

Si è reputata la riconducibilità nell'ambito applicativo della norma dei contratti di trasporto di cui viene richiesta la sospensione (Trib. Massa 1 febbraio 2016).

L'ampiezza del ventaglio applicativo della norma è significativamente evincibile dalla pronunce giurisprudenziali di merito: può essere autorizzato lo scioglimento del contratto di consorzio costituito in forma societaria ai sensi dell'art. 169-bis comma 1 l.fall. (Trib. Modena 18 gennaio 2006).

Il contratto preliminare di compravendita rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 169-bis anche in pendenza di domanda ex art. 2932 c.c. già trascritta, poiché la domanda in oggetto ha natura costitutiva e il preliminare non esaurisce i suoi effetti fino al passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento (Trib. Treviso II, 24 febbraio 2015).

Possono essere sospesi i contratti di locazione finanziaria in corso di esecuzione anche in fase di concordato con riserva (Trib. Treviso II, 24 febbraio 2015 cit.).

Può essere autorizzato lo scioglimento di un contratto di affitto di azienda pendente quando il piano concordatario sia strutturato in forma liquidatoria compatibile con tale scelta, senza che in senso contrario rilevi l'inapplicabile principio di «cristallizzazione» delle masse attive e passive (Trib. Rovigo, 6 marzo 2014).

In assenza di una norma analoga eguale all'art. 72, comma 4, si profilano legittime le clausole negoziali che fanno derivare la risoluzione del contratto dall'ammissione al concordato preventivo di uno dei contraenti. Segnatamente sono valide ed efficaci la clausola risolutiva espressa, la clausola penale o la condizione risolutiva, qualora l'evento dedotto sia costituito dall'ammissione alla procedura di concordato preventivo della controparte. Allo stesso modo è da ritenersi per il caso in cui il contratto sia sottoposto alla condizione sospensiva della mancata ammissione alla procedura entro un determinato termine, visto che, anche in questo caso, il contratto non produce effetti.

In tema di concordato in continuità, l'art. 186-bis, comma 3 l.fall. prevede che «i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso [...] non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari». Nel contesto della continuità è, dunque, espressamente escluso che il concordato possa assurgere a causa di risoluzione dei contratti pendenti, dal che consegue che lo scioglimento del vincolo è di stretta competenza dell'organo giurisdizionale.

Valutazione del giudice

Il potere autorizzatorio del tribunale si risolve in un sindacato di merito molto incisivo, mirando a comparare, in termini di convenienza, la misura dell'indennizzo dovuto con l'impatto delle obbligazioni negoziali che, tenute in vita, andrebbero eseguite.

È stato recentemente osservato che il tribunale, allo scopo di decidere se concedere o meno l'autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dei contratti pendenti ai sensi dell'articolo 169-bis l.fall. dovrà scrutinare le condizioni di legittimità, ossia la qualificazione del rapporto da sospendere in termini di contratto in corso di esecuzione e la coerenza della misura protettiva richiesta con il piano di concordato prospettato. Con riguardo a quest'ultimo profilo, l'indagine dovrà essere condotta avendo riguardo alla finalità, individuata secundum rationem legis, che l'istituto della sospensione/ scioglimento dei contratti pendenti persegue, ovvero conseguire ad un tempo la riduzione del fabbisogno concordatario derivante da contratti ineseguiti o non compiutamente eseguiti e l'incremento dei margini di attivo realizzabili da destinare ad una più ampia comunità di creditori entro cui redistribuire il rischio dell'insolvenza, in attuazione della par condicio creditorum (Trib. Massa, 1 febbraio 2016).

Una delle finalità perseguite dalla norma di cui all'articolo 169-bis è quella di garantire la par condicio creditorum laddove il mantenimento del contratto e la sua conseguente esecuzione potrebbe favorire solo uno dei creditori a scapito degli altri (Trib. Milano 11 settembre 2014). La ratio sottesa alla disciplina introdotta dall'articolo 169-bis l.fall. appare comune a quella che caratterizza le autorizzazioni al compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione di cui all'articolo 161, comma 7, e, nel concordato con continuità aziendale, dei pagamenti di crediti anteriori, ratio, la quale consiste nel favore per l'accesso al concordato e nella protezione della fase preparatoria del piano, anche con sacrificio degli interessi dei singoli creditori concordatari. La prospettiva del nuovo strumento introdotto dal legislatore non appartiene, infatti, alla sfera della tutela del contraente in bonis dall'inadempimento del debitore in crisi, bensì a quella della sua funzionalità e strumentalità al modulo concordatario prescelto da quest'ultimo ed è questo il criterio guida cui deve essere improntata l'attività del tribunale nell'esercizio del potere autorizzatorio.

 I provvedimenti di autorizzazione emessi dal giudice delegato o dal tribunale sono atti di volontaria giurisdizione, strumentali all'espletamento delle rispettive funzioni tutorie, di controllo e direzione della procedura e, pertanto, intrinsecamente privi di portata e contenuto decisori tali da incidere su diritti soggettivi degli eventuali interessati. In particolare, non sono pertanto impugnabili i provvedimenti assunti a norma dell'art. 169 bis o l'omessa pronuncia su essi, in quanto assorbiti dalla pronuncia di inammissibilità del concordato, alla luce dell'interesse, prevalente, a verificare prima e a porre fine poi a un iter concordatario divenuto inutile per il difetto dei presupposti ex artt. 160 e 161 della proposta stessa (Cass. ord. n. 14361/2021).

Istanza del debitore e audizione dell'altro contraente

L'istanza del debitore concordatario di sciogliersi è inammissibile se formulata in modo generico (Trib. Biella 13 novembre 2012, in Foro it. 2013, 4, 1338, con nota di Fabiani), non può riguardare indistintamente tutti i contratti in corso, ma deve palesarsi specifica, con l'indicazione analitica dei contratti oggetto di autorizzazione e delle ragioni che giustificano il provvedimento in relazione al contenuto del piano e in rapporto alla comparazione tra il vantaggio che dallo scioglimento o dalla sospensione deriva alla massa dei creditori (con la considerazione e la stima dell'incidenza che la continuazione dei contratti avrebbe sul piano concordatario) ed il danno che subisce il contraente per effetto dello scioglimento.

Di essenziale rilevo è la previsione, introdotta dall'art. 8 d.l. n. 83/2015 dell'obbligo di «sentire» l'altro contraente nel caso in cui il debitore faccia istanza di scioglimento dal contratto pendente.

L'audizione suggerisce, ma non postula la celebrazione di un'udienza. Sufficiente si mostra l'assegnazione, da parte del giudice, al terzo contraente di un termine utile alla produzione di memorie e documenti in relazione al contenuto della richiesta debitoria.

Una simile lettura ben si raccorda con la previsione del potere del giudice di assumere sommarie informazioni, attingendole, peraltro, se del caso anche presso terzi estranei, quali – esemplificativamente – le pubbliche amministrazioni ex articolo 213 c.p.c..

Quanto all'ambito di incidenza dell'obbligo di preventiva audizione, esso sembrerebbe venire in rilievo soltanto in ipotesi di invocato scioglimento dal contratto, non anche qualora del contratto medesimo si chieda la sospensione. Invero, nel secondo periodo del primo comma dell'art. 169-bis sono menzionate soltanto la richiesta e l'autorizzazione, non la l'obbligo di «sentire» il contraente.

Benché un rapido «ascolto» delle ragioni di quest'ultimo sia pur sempre consigliata dalla connotazione forte del provvedimento sospensivo, è pure evidente che l'incidenza di quest'ultimo sugli interessi del terzo contraente è più debole dello scioglimento, che, invero, veicola un evento definitivo. In buona sostanza, nella prospettiva di scongiurare una lesione della sfera giuridico-economica del terzo contraente, il tribunale provvederà a sentirlo in contraddittorio, nelle forme che riterrà, volta per volta, più opportune.

Indennizzo e tutela «ordinaria» del terzo contraente

Il comma 2 della norma in commento esordisce disponendo che «in tali casi», dunque sia in ipotesi di scioglimento che di sospensione, al terzo contraente va riconosciuto un indennizzo parametrato per equivalente sul risarcimento del danno.

Se nel fallimento la soluzione unilaterale del rapporto non assurge a fonte di danno risarcibile, in ambito concordatario la cesura del vincolo non è scevra da conseguenze economiche.

Il riconoscimento al terzo contraente di un indennizzo – da collocarsi quale credito anteriore alla apertura della procedura – finalizzato a ristorare la controparte contrattuale del danno conseguente al venir meno del rapporto contrattuale, costituisce una forma di bilanciamento dei contrapposti interessi giustificato dallo scopo di favorire la formulazione della proposta concordataria e dalla considerazione che l'incapacità da parte dell'impresa in crisi di far fronte agli impegni assunti non potrebbe che tradursi, sul piano strettamente civilistico, in una risoluzione del contratto per inadempimento con diritto al risarcimento del danno corrispondente, nella sostanza, alla predetta indennità (Trib. Cassino 29 ottobre 2014).

L'indennizzo sarà soddisfatto come credito anteriore al concordato, quindi si considererà sorto prima della pubblicazione della domanda nel registro delle imprese. La conseguenza più rilevante di detta classificazione sta, in ciò, che il debitore può sottoporlo a falcidia, nei termini previsti per i creditori del medesimo rango, di regola chirografario, che, se del caso, verranno appostati in un'unica classe (Trib. La Spezia 24 ottobre 2012, in Fall. 2013, 77).

È stato di recente opportunamente osservato in giurisprudenza che l'offerta dell'indennizzo ex art. 169-bis l.fall. non costituisce presupposto per lo scioglimento e/o sospensione del contratto in corso di esecuzione del concordato preventivo. Ove non vi sia un accordo tra la società proponente ed il terzo contraente «in bonis» sia in ordine all'«an» che al «quantum» di tale indennizzo, il contraente «in bonis» potrà promuovere un giudizio di cognizione ordinaria finalizzato all'accertamento dell'indennizzo ma ciò non può influire sullo scioglimento e/o sospensione del contratto in esecuzione. In ogni caso la società proponente è tenuta a indicare l'indennizzo che intende eventualmente riconoscere al contraente in bonis al momento del deposito del piano e non prima (Trib. Venezia 20 gennaio 2015).

In buona sostanza, laddove vi sia dissidio tra il debitore e il terzo sulla misura dell'indennizzo, la somma appannaggio di quest'ultimo sarà liquidata e quantificata dal giudice secondo le regole ordinarie. E segnatamente laddove il contraente non sia soddisfatto dall'importo indicato dal debitore, non potendo invocare una verifica endoconcorsuale del proprio credito – che strutturalmente non è prevista nella procedura concordataria – potrà adire il giudice ordinario competente al fine di ottenere la giusta determinazione dell'ammontare che gli spetta.

Nelle more dell'ottenimento di una pronuncia di merito sul quantum, il giudice delegato quantificherà il credito del terzo ai fini del voto e del calcolo delle maggioranze (art. 176, comma 1).

In altri termini, la determinazione dell'indennizzo, compiuta in via transitoria dal giudice del concordato preventivo, troverà – qualora il terzo non accondiscenda al computo appostato nel concordato – la sua definitiva consacrazione nell'ambito di un giudizio ordinario che egli si curerà di intraprendere.

Ovviamente, la determinazione che, ai fini del voto, il giudice del concordato opererà, implica l'instaurazione del contraddittorio, affinché il terzo esponga le proprie posizioni.

Benché il legislatore non fornisca specifiche indicazioni ai fini del calcolo dell'indennizzo, è reso evidente che quest'ultimo debba valere a reintegrare il patrimonio del terzo contraente, escludendo l'impatto del mancato adempimento, quindi collocandolo nella situazione in cui egli si sarebbe trovato se il mancato adempimento non si fosse verificato. Esso dovrà comprendere, pertanto, tanto il danno emergente, quanto il lucro cessante.

Si è osservato che il metodo di quantificazione della misura dell'indennizzo di un contratto di leasing da sciogliersi ai sensi dell'art. 169-bis l.fall. deve basarsi sulla differenza tra il valore (presunto) del bene e il valore finanziario dell'operazione (Trib. Roma 16 febbraio 2015).

In ipotesi in cui il debitore proponente si determini nel senso della prosecuzione del contratto, il contraente in bonis che ne registri un inadempimento, può agire con azione di adempimento (in applicazione degli ordinari principi di diritto comune).

Ancorché il debitore sia in concordato egli conserva detta opportunità, come pure quella di tutelarsi ricorrendo ai normali mezzi di «autotutela» previsti in generale dal codice civile e funzionali alla conservazione del rapporto e dell'equilibrio di interessi tra le parti: l'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c., nonché la facoltà di sospensione della propria prestazione ai sensi dell'art. 1461 c.c..

Ovviamente, l'eccezione di inadempimento esigerà la sussistenza del presupposto della corrispettività tra le prestazioni ed implicherà le condizioni dell'inadempimento (o della mancata offerta della prestazione) della controparte, della contemporaneità delle prestazioni e della buona fede dell'eccipiente, potendo essere interposta solo a fronte di un comportamento attuale della controparte medesima, che già comprometta la regolare attuazione del rapporto obbligatorio. In altri termini l'exceptio in questione pare essere opponibile dal contraente in bonis nel caso di rifiuto del contraente in procedura di pagare regolarmente le prestazioni anteriori ineseguite derivanti da contratti a esecuzione istantanea (in cui la prestazione è unitaria, come la compravendita), senza violazione del principio di concorsualità. Viceversa, altrettanto non sembra possibile nel caso di inadempimento di prestazioni anteriori nei contratti di durata (come la somministrazione), atteso che le prestazioni derivanti da tali contratti sono scindibili e quelle ineseguite anteriori al ricorso ricadono nella falcidia concordataria, con supremazia del vincolo della concorsualità. Nell'ambito del concordato preventivo, ai crediti del contraente in bonis per le consegne già avvenute o per i servizi già erogati (nell'ambito di contratti di durata) va, in altri termini, attribuita natura concorsuale, non essendo, d'altronde, prevista una norma equivalente all'art. 74 l.fall. in tema di fallimento («Se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati»).

Quanto alla facoltà di sospendere l'esecuzione della propria obbligazione prevista dall'art. 1461 c.c., essa costituisce l'esercizio di una reazione a un peggioramento delle condizioni patrimoniali del contraente tale da porre in pericolo il conseguimento della controprestazione. Tale strumento può sicuramente essere utilizzato dal contraente in bonis nei confronti del contraente in procedura; quest'ultimo in tal caso – ove ritenga opportuna la conservazione del rapporto – può eseguire in anticipo la propria prestazione o offrire adeguata garanzia.

L'azione di risoluzione è certamente ammissibile nel caso in cui sia promossa prima della pubblicazione del ricorso per concordato nel Registro delle imprese (analogamente a quanto già previsto per il fallimento ai sensi dell'art. 72, comma 5 l.fall.). Infatti, la risoluzione retroagisce alla data della domanda e prescinde dall'assoggettamento alla procedura concorsuale.

L'ammissibilità della domanda di risoluzione promossa anche dopo la pubblicazione del ricorso, pur a fronte di un inadempimento preesistente sembra plausibile, posto che le norme sul concordato preventivo (a differenza di quanto accade nel fallimento) non distinguono tra domande avanzate prima o dopo l'avvio della procedura e, in generale e non si rinvengono norme all'uopo preclusive. Le relative conseguenze risarcitorie e restitutorie devono poi essere regolate al di fuori del concorso, per via della formazione del titolo in epoca successiva all'apertura del concordato preventivo, con possibilità di compensazione (ricorrendone i presupposti) delle reciproche partite.

Reclamabilità dei provvedimenti di diniego e di accoglimento

Il terzo contraente deve ritenersi certamente legittimato ad diritto di impugnare il decreto del tribunale (o quello successivo del giudice delegato) che abbia reso l'autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione del rapporto.

Non sembra, per converso, immaginabile un ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. costituzione, posto che il provvedimento in questione assume una declinazione prettamente tutoria, oltre che integrativa dei poteri negoziali del debitore; non si ravvisa, in altri termini, una connotazione decisoria del decreto.

Anche il diniego dell'autorizzazione si apre alla reclamabilità, sulla base della norma fondamentale di cui all'art. 26 l.fall.

Pure con riferimento al provvedimento negativo, la rispondenza di esso ad una funzione di controllo pare escludere l'ipotizzabilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.

Rapporti espressamente esclusi dall'ambito di applicazione della norma

La clausola compromissoria contemplata nel contratto conserva i propri effetti nonostante lo scioglimento del contratto, con la peculiare conseguenza che, pure a seguito del rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 169-bis, il procedimento arbitrale può essere avviato, ovvero proseguire ove fosse stato già intrapreso. In buona sostanza, la clausola compromissioria si smarca dal contratto cui accede, tanto da resistere allo scioglimento del relativo vincolo.

L'art. 169-bis non si applica nemmeno ai rapporti di lavoro subordinato, espressamente esclusi dal suo ambito di applicazione. Detti rapporti seguono il regime ordinario, per esigenze correlate alla meritevolezza di maggior tutela della parte debole del rapporto, ossia i lavoratori. In definitiva, il sopravvenire della procedura di concordato preventivo non marca riflesso alcuno sulla continuazione dei rapporti di lavoro, fino al recesso di una della parti, intimabile, tuttavia, in base alle normali regole.

Altra esclusione dall'alveo applicativo dell'art. 169-bis riguarda i contratti preliminari, per i quali è delineata una disciplina analoga a quella prevista per il contratto preliminare in caso di fallimento. Il potere di scelta del debitore attiene a tutti i preliminari trascritti (art. 72-bis) e a quelli relativi ad immobili da costruire (purché in questo caso il promissario acquirente non opti per l'escussione preventiva della fideiussione); fanno eccezione i contratti aventi ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado (se trascritti in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento). Quest'ultimo contratto, che prosegue automaticamente, non può essere sciolto né sospeso su istanza del debitore.

Fuori dall'ambito di incidenza applicativa dell'art. 169-bis si collocano anche i finanziamenti destinati ad uno specifico affare di cui all'art. 72-ter. Il concordato preventivo della società non rileva, dunque, come ostacolo alla realizzazione o prosecuzione dell'operazione.

Estranee alla sfera di applicazione dell'art. 169-bis sono anche le locazioni. Il locatore che acceda al concordato non può sciogliersi dal rapporto in forza della predetta norma, posto che il contratto prosegue ope legis.

Rapporti bancari

L'art. 169-bis è inapplicabile ai contratti di mutuo e di anticipazione bancaria (e di factoring), mancando la reciprocità sinallagmatica delle prestazioni ineseguite (Trib. Vicenza 25 giugno 2013).

Del pari, l'avvenuta escussione della garanzia comporta che il rapporto di fideiussione non possa considerarsi contratto pendente atteso che, ai fini dell'applicazione dell'art. 169-bis, è necessario che le prestazioni del contratto (o l'esecuzione della garanzia) non siano ancora eseguite (Trib. Milano, II, 28 settembre 2015).

Ed inoltre, deve ritenersi inammissibile la richiesta di scioglimento ex art. 169-bis del contratto bancario di cessione pro-solvendo di crediti laddove la banca, una delle parti contrattuali, abbia già interamente esaurito la propria prestazione negoziale (Trib. Bergamo 11 marzo 2015).

Ed ancora, qualora la banca abbia eseguito la propria prestazione mediante una cessione del credito, che a differenza del mandato all'incasso integra un negozio traslativo i cui effetti si esauriscono al momento del perfezionamento dell'accordo, il rapporto negoziale in essere con una società in concordato preventivo non può definirsi pendente e non trova, pertanto, applicazione, la disciplina di cui all'art. 169-bis (App. Venezia I, 11 marzo 2015).

Le operazioni di anticipo o sconto fatture/ricevute bancarie, con sottostante eventuale cessione dei crediti anticipati, sembrano rappresentare atti di ordinaria amministrazione e sono legalmente compiuti dalle società ai fini e per gli effetti di cui all'art. 161, comma 7, se ricadenti in periodo successivo alla domanda (Trib. Milano 19 marzo 2013, Riv. dott. comm. 2013, 3, 679, con nota di Arlenghi).

In giurisprudenza si è affermato che, a fronte di domanda di concordato preventivo, il tribunale, su richiesta del debitore, può autorizzare lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione con gli istituti di credito al fine di evitare il pregiudizio che dalla loro prosecuzione deriverebbe in capo ai creditori sociali, qualora le somme incassate dalla banca successivamente alla data di pubblicazione del ricorso per concordato fossero dalla stessa definitivamente trattenute in violazione della par condicio creditorum (Trib. Como 5 novembre 2012, Trib. Busto Arsizio 11 febbraio 2013, Trib. Piacenza 1 marzo 2013).

Minoritario sembra l'avviso giurisprudenziale secondo cui, nell'ambito di un concordato preventivo, devono essere escluse dalla nozione di rapporto pendente, rilevante ai sensi dell'art. 169-bis, le situazioni in cui residui unicamente un debito o credito, essendosi già verificati tutti gli effetti del contratto, ad eccezione della prestazione di uno dei due contraenti. Di conseguenza non possono essere concessi la sospensione o lo scioglimento di contratti bancari inerenti linee di credito cd. autoliquidanti, trattandosi di rapporti in cui la Banca ha esaurito la propria prestazione, mediante anticipazione dei crediti su fatture, così che l'unica prestazione residua concerne il pagamento da parte del debitore (App. Venezia I, 23 dicembre 2014).

Secondo altro recente arresto giurisprudenziale di merito, i contratti autoliquidanti, muniti di patto di compensazione e mandato all'incasso, possono essere soggetti alla disciplina ex art. 169-bis, qualora sia già stata eseguita l'anticipazione in favore dell'imprenditore ma residui l'esecuzione da parte della banca del mandato all'incasso e del patto di compensazione, dato che, ai sensi di tale norma, s'intendono per «pendenti» sia i contratti non ancora eseguiti che quelli non compiutamente eseguiti. Infatti, i «negozi complessi» come quelli in esame non si possono ritenere esauriti unilateralmente con la mera messa a disposizione del denaro e, conseguentemente, rientrano nel novero dell'art. 169-bis l.fall. sia il contratto principale di servizio sia i patti accessori, quali il mandato in rem propriam ed il patto di compensazione (Trib. Como, 3 ottobre 2016).

La giurisprudenza di merito si è, talvolta, pronunciata per la «sospensione» dei contratti di anticipazione bancaria allo scopo di evitare che gli istituti di credito possano opporre in compensazione i crediti maturati (Trib. Verona 30 gennaio 2013, in Fall. 2013, 624).

Altra pronuncia giurisprudenziale di merito, muovendo dal dato consolidato per cui la mancata inclusione dei contratti bancari tra quelli cui, ai sensi del comma 4 dell'art. 169-bis, non si applica il predetto articolo, comporta la piena applicabilità di quest'ultimo, ha, dal canto suo, evidenziato che, qualora una società, in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo in continuità, venga autorizzata allo scioglimento, ex art. 169-bis l.fall., di alcuni contratti bancari assicuranti linee di credito autoliquidanti, allo scioglimento del rapporto principale consegue anche quello di tutti i patti accessori, incluso il patto di compensazione (App. Brescia I, 1 giugno 2016). In altri termini, lo scioglimento del contratto principale comporta lo scioglimento di tutti i patti ad esso accessori, come il patto di compensazione, a nulla rilevando il fatto che l'erogazione delle anticipazioni da parte dell'istituto bancario sia avvenuta prima della presentazione del ricorso ex art. 161, comma 4, l.fall.

I contratti bancari autoliquidanti sono, del resto, frutto di un complesso di negozi tra loro strettamente connessi e collegati, per cui non si può ritenere esaurito unilateralmente il rapporto con la mera messa a disposizione del denaro. Da ciò consegue che non solo il contratto principale di servizio di conto corrente rientri nel perimetro dell'art. 169-bis l.fall. (e sia quindi soggetto a sospensione), bensì anche i rapporti giuridici con esso strettamente connessi, quali il mandato in rem propriam ed il patto di compensazione (Trib. Bolzano 5 aprile 2016)

Con riferimento ai contratti bancari di anticipazione di fatture con annesso patto di compensazione si è anche evidenziato come l'accertamento demandato al tribunale, in caso di richiesta di scioglimento ai sensi della norma in commento, si risolve nella verifica della funzionalità della richiesta rispetto alla realizzazione del piano concordatario ed all'interesse della massa dei creditori alla tenuta del piano stesso (Trib. Bergamo II, 28 gennaio 2016).

Secondo altra pronuncia il patto di compensazione espressamente previsto nella convenzione di affidamento relativa ai contratti di anticipazione su fatture stipulati con gli istituti di credito è legittima e produce i suoi effetti anche in pendenza di concordato preventivo. Qualora vi sia richiesta di scioglimento ex art. 169-bis, in quanto contratti in corso di esecuzione alla data di presentazione del ricorso, l'accertamento del tribunale si risolve, in ragione della limitata estensione dello scrutinio di legittimità che gli è demandato, nella verifica della funzionalità dello scioglimento rispetto alla realizzazione del piano concordatario e della previsione di un indennizzo in favore del contraente in bonis ai sensi del secondo comma dell'art. 169-bis (Trib. Cuneo, 14 novembre 2013).

Bibliografia

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