Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 182 septies - (Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa).1(Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa).1 La disciplina di cui all'articolo 182-bis si applica, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, al caso in cui gli effetti dell'accordo siano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell'omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici. Ai fini di cui al primo comma occorre che: a) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative, siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull'accordo e sui suoi effetti; b) l'accordo preveda la prosecuzione dell'attività d'impresa in via diretta o indiretta; c) i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria rappresentino il 75 per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria; d) i creditori della medesima categoria non aderenti ai quali sono estesi gli effetti dell'accordo possano risultare soddisfatti in base all'accordo stesso in misura non inferiore rispetto all'alternativa liquidatoria; e) il debitore abbia notificato l'accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell'accordo. Per i creditori della medesima categoria non aderenti ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell'accordo il termine per proporre opposizione decorre dalla data della notifica di cui al secondo comma. In nessun caso, per effetto dell'accordo di ristrutturazione, ai creditori ai quali è stato esteso l'accordo possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati. Quando un'impresa ha debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell'indebitamento complessivo, l'accordo di ristrutturazione dei debiti può individuare una o più categorie tra tali tipologie di creditori che abbiano fra loro posizione giuridica ed interessi economici omogenei. In tal caso il debitore, con la domanda di cui all'articolo 182-bis, può chiedere, anche se non ricorre la condizione prevista dal secondo comma, lettera b), del presente articolo, che gli effetti dell'accordo siano estesi anche ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria. Restano fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari. Ai fini dell'accordo non si tiene conto delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese" [1] Articolo aggiunto dall'articolo 9, comma 1, del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 e successivamente sostituito dall'articolo 20, comma 1, lettera e), del D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 ottobre 2021, n. 147. InquadramentoIl d.l. n. 83/2015, convertito dalla l. n. 132/2015, aveva introdotto l'art. 182-septies l.fall. avente un duplice oggetto: la particolare figura dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, per lo specifico caso in cui l'imprenditore avesse «debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell'indebitamento complessivo»; e la convenzione di moratoria temporanea dei crediti nei confronti di una o più banche o intermediari finanziari. Si trattava, in sostanza, di accordi con ben definite categorie di creditori che, a determinate condizioni, potevano diventare validi ed efficaci anche nei confronti dei creditori estranei agli accordi, se appartenenti a quelle stesse categorie. Proprio l'effetto di stensione a terzi rappresentava l'elemento maggiormente innovativo rispetto ai tradizionali principi della contrattualistica, in quanto era previsto espressamente che tali accordi potevano diventare operativi, «in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile», anche verso le banche e gli intermediari che ad essi non avessero aderito. Il d.l. 24 agosto 2021, n. 118, con. con modif. il l. 147/2021, ha proseguito sulla via così intrapresa dal legislatore e ne ha ampliato la portata. L'art. 182-septies è stato integralmente sostituito con una disciplina che non ha per presupposto debiti verso banche e intermediari finanziari ma è rivolta a tutti i casi in cui la disciplina degli accordi di ristrutturazione dettata dall'art. 182-bis possa essere estesa ai creditori non aderenti sul solo presupposto dell'appartenenza alla medesima categoria. Il criterio per superare il disposto degli artt. 1372 e 1411 c.c. è dunque divenuto la semplice condivisione di una stessa situazione di rilievo determinata dall'omogeneità della posizione giuridica e dalla condivisione degli stessi interessi economici. La ragione che ha motivato l'innovazione è in parte desumibile dalla relazione al decreto governativo che l'ha introdotta. Si legge, infatti, che il provvedimento ha risposto alla straordinaria urgenza e necessità: di fornire supporto alle imprese per consentir loro di contenere e superare gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da SARS-Cov-2; di mettere a disposizione, allo scopo, nuovi strumenti che incentivino le imprese a individuare alternative percorribili per la ristrutturazione o il risanamento delle aziende; nonché di intervenire sugli istituti di risoluzione concordata della crisi mediante l'agevolazione dell'accesso alle procedure alternative al fallimento già esistenti. Perdura, come è facile notare, un percorso che vede allontanarsi nel tempo l'entrata in vigore del codice della crisi d'impresa e aumentare le modifiche alla risalente legge fallimentare: mentre il codice avrebbe dovuto procurare una disciplina attuale e finalmente satisfattiva delle attese degli operatori, con la contestuale e conseguente scomparsa del regio decreto. Nonostante i suoi ottant'anni quasi compiuti esso dimostra invece una persistente energia. L'art. 182-septies l.fall. e lo schema del contratto a favore di terziIl d.l. ha confermato l'aspetto della precedente disciplina costituito dall'estensione dell'efficacia di quanto pattuito tra il debitore e i creditori ai terzi non aderenti «in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile», ossia alle norme generali che segnano i limiti di efficacia soggettiva del contratto. Come è noto, l'art. 182-bis l.fall. applica norme di fonte legale ad un contratto di diritto privato e dunque a norme di fonte convenzionale: gli effetti nei confronti dei creditori terzi (su tutti l'inesigibilità per centoventi giorni del pagamento) derivano dalle previsioni di legge e non dal negozio. Di talché rimane certamente salvo il principio per cui il contratto ha effetto solo tra le parti e tanto meno si potrebbe in tal caso configurare un contratto a favore di terzi, dato che, come detto, i terzi subiscono effetti legali e non negoziali. Negli accordi di ristrutturazione, invece, si prevede a favore del debitore la facoltà di chiedere l'estensione dell'efficacia ai creditori non aderenti — e dunque terzi — di quanto stabilito nell'accordo: in questo caso gli effetti verso i creditori terzi che si produrranno in seguito all'omologa giudiziale conseguono ad una richiesta precisa di parte. La fattispecie prevista dà luogo alla produzione di effetti che si riverberano nella sfera giuridica di creditori che non hanno partecipato al contratto, come avviene nel caso dell'inserzione ope legis di norme imperative. Si è in presenza di uno di quei casi che il legislatore, all'art. 1372, comma 2, c.c. pone come eccezione al principio alteri stipulari nemo potest. Invero, lo stesso art. 1372 c.c. al comma 2 stabilisce che «nei casi previsti dalla legge» il contratto possa produrre effetti rispetto ai terzi. Nell'accordo ex art. 182-septies l.fall. può essere ravvisabile un contratto a favore di terzi là dove il promittente, ossia il soggetto dal quale il terzo acquista il diritto, è l'imprenditore in crisi, e lo stipulante è il creditore aderente. È evidente che nella fattispecie il creditore aderente abbia un indubbio interesse a che il creditore non aderente sia destinatario degli effetti contrattuali: non tanto perché intende far acquisire al terzo la prestazione dovutagli dall'impresa in esecuzione dell'accordo di ristrutturazione, ma in quanto dal buon esito dell'operazione di ristrutturazione il creditore aderente stesso potrà ottenere l'adempimento della propria prestazione. Nella figura di cui all'art. 182-septies l.fall. l'interesse dello stipulante deve ritenersi quindi realizzato dallo scambio del consenso direttamente attributivo del diritto al terzo. In dottrina si era affermato che gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari non sono una nuova e distinta categoria di accordi di ristrutturazione, bensì un subgenus degli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l.fall. (Inzitari 2015, 3). Ciò si desumeva sia per interpretazione sistematica sia per interpretazione letterale, e segnatamente dalla previsione (contenuta nel comma 1 dell'art. 182-septies l.fall.) secondo cui «la disciplina di cui all'art. 182-bis....è integrata dalle disposizioni contenute nei commi secondo, terzo e quarto», ricorrendo le condizioni particolari richieste dalla disposizione (Trentini 2016, 468). Le considerazioni così proposte possono dirsi accettabili pur dopo l'integrale sostituzione dell'art. 182-septies che ha eliminato quell'inciso sostituendolo con un ampio richiamo alla disciplina di cui al detto art. 182-bis. Il superamento del modello consensualistico, e del principio di non vincolatività degli accordi nei confronti dei terzi, opera una decisa contaminazione degli accordi di ristrutturazione con il modello concordatario, che potrebbe anche avere incidenza sull'eventuale applicazione analogica delle norme sul concordato preventivo, in relazione a questioni non disciplinate dall'art. 182-septies l.fall. La ratio dell'istituto, comunque, appare abbastanza chiara, e va ricercata nella volontà di far sì che vengano superate le resistenze di quei creditori (spesso minori) che, approfittando del fatto di poter condizionare la realizzazione degli accordi presi dagli altri, costringono il debitore (e talora gli stessi altri creditori) all'adempimento integrale (Bombardelli 2015, 305). La condizione soggettiva per l’estensione dell’accordoL'art. 182-septies ha perduto la destinazione a regolare i rapporti verso banche e intermediari finanziari. Esso ha per destinatari i creditori non aderenti ad un accordo di ristrutturazione di debiti, come disciplinato dall'art. 182-bis, ma nei cui confronti l'accordo può essere esteso in quanto essi appartengono alla medesima categoria dei creditori contraenti. Sotto il profilo dell'individuazione dei soggetti potenzialmente coinvolgibili nell'accordo, quella dell'appartenenza è l'unica condizione richiesta e dunque sufficiente. La nozione di categoria era già utilizzata nel testo dell'art. 182-septies prima della sua sostituzione ad opera del d.l. n. 118/2021. L'appartenenza ad una categoria da ritenere “medesima” rispetto a quella dei soggetti-parte di un accordo si individua in base all'omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici. Il criterio era facilmente adoperabile quando era da riferire a banche o ad intermediari finanziari, come era disposto nel dettato originario della norma citata: era sufficiente accertare la qualifica soggettiva e imprenditoriale del creditore non aderente per avere la risposta cercata. Nel nuovo testo l'identificazione può esporsi ad incertezze, non essendo più legata ad un esercizio di attività precise ma lasciata all'apprezzamento delle circostanze. Con riferimento all'omogeneità di posizione giuridica, può farsi riferimento al rango del credito (privilegiato o chirografario), ovvero al titolo (crediti accertati da un provvedimento giurisdizionale definitivo, crediti portati da un titolo esecutivo, crediti illiquidi, ecc.). Per quel che riguarda, invece, l'omogeneità di interessi economici, potrebbe farsi riferimento all'esistenza di aspettative di soddisfazione in forza di garanzie di terzi, ovvero alla prospettiva di prosecuzione dei rapporti, ovvero all'entità dei crediti (Trentini 2016, 477). In giurisprudenza è stato evidenziato che non è possibile valutare le scelte di merito e di convenienza attraverso le quali il proponente abbia inteso perseguire il risanamento — con particolare riferimento nel caso di specie alla scelta di procedere a una vendita del compendio immobiliare inizialmente a valori di mercato, nell' auspicio di un' inversione di tendenza dell' attuale andamento economico — a meno che queste scelte incidano sulla idoneità del piano ad assicurare il pagamento dei creditori estranei e, più in generale, a superare la situazione di crisi e di insolvenza (condizione che non ricorreva nel caso di specie deciso da Trib. Bologna 17 novembre 2011). Ed ancora, in altro precedente, il Tribunale di Forlì del 5 maggio 2016, in merito alla nuova norma in commento, ha evidenziato che l' art. 182-septies l.fall. nel prevedere un controllo dei criteri di formazione delle categorie, richiede che le stesse siano omogenee per posizione giuridica e interesse economico, dovendosi intendere per posizione giuridica la tipologia dell' operazione creditizia da cui il debito trae origine e per interesse economico la tipologia della garanzia di soddisfazione per il creditore, con la conseguente necessità di tenere conto di eventuali garanzie collaterali detenute da alcuni creditori facenti parte della categoria. Quindi, si è nell'occasione affermato, benché l'art. 182-septies secondo comma l.fall. preveda la mera possibilità di formazione di categorie («l'accordo può individuare una o più categorie fra i creditori.»), è evidente che una simile ripartizione è imprescindibile nel caso in cui si chieda l'estensione ai dissenzienti, stante l'obbligo di accertamento delle condizioni previste alla lettera a) del successivo quarto comma del medesimo art. 182-septies l.fall. Pertanto, si è in allora osservato, l' imprenditore che solleciti l'omologa dell' accordo di ristrutturazione raggiunto con i propri creditori finanziari con estensione ai soggetti non aderenti, deve suddividere i propri creditori finanziari in categorie omogenee per posizione giuridica e interessi economici e raggiungere un unico accordo con tutti i componenti della categoria, rimanendo preclusa la possibilità di regolare diversamente i singoli rapporti, come invece può avvenire con i creditori non finanziari convenzionati. Inoltre, a parere del Tribunale di Forlì, deve ritenersi erroneamente formata la categoria dei creditori bancari chirografari non assistiti da garanzia considerando le sole garanzie ipotecarie e trascurando le garanzie fideiussorie prestate. Detto errore però non preclude l'omologa dell'accordo, dal momento che il Tribunale deve effettuare la verifica prevista dall'art. 182-septies quarto comma lett. a), l.fall. ponendo attenzione alla reale consistenza dell'indebitamento dell'impresa ed eventualmente operando una riclassificazione delle categorie malamente formate. I presupposti in fattoI presupposti per la richiesta di estensione e perché questa si applichi sono elencati nel secondo comma dell'art. 182-septies, dopo l'indicazione letterale: “occorre per”. Essi sono, sinteticamente, i seguenti. Occorre in primo luogo che ai creditori potenzialmente coinvolti nell'accordo e nella sua estensione sia fornita una precisa conoscenza della situazione. In proposito tutti i creditori appartenenti alla categoria devono sin dall'inizio delle trattative finalizzate a raggiungere l'accordo essere messi in condizioni di parteciparvi in buona fede e devono avere ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore; se le trattative sono giunte ad una fase di delineazione dell'accordo, essi devono essere avvertiti del contenuto di questo e dei suoi effetti. Un onere di contenuto analogo era già disposto dal testo dell'art. 182-septies anteriore alla sua sostituzione ed è previsto dall'art. 182-octies per la convenzione di moratoria. La comunicazione così dovuta risponde ad intuitive esigenze di informazione che consenta non soltanto la tutela degli altrui diritti ma anche l'eventuale adesione spontanea all'accordo o il suo adattamento utile a raggiungere il maggior numero possibile di consensi. Una adeguata informazione circa l'avvio delle trattative e le condizioni dell'accordo, con un atteggiamento da parte del debitore improntato a correttezza precontrattuale, rispettosa dell'obbligo di fornire tutte le informazioni necessarie per la libera formazione del consenso e di non tacere circostanze rilevanti ai fini della conclusione dell'accordo o della sua esecuzione, può giustificare la forzatura al principio di cui all'art. 1372 c.c., per la quale l'utilità dei molti può prevalere sul difetto del consenso di pochi (Trentini, 2016, 476; Bombardelli, 2015, 306). L'accordo deve prevedere la prosecuzione dell'attività d'impresa, in via diretta o indiretta. L'estensione ai creditori non aderenti è dunque limitata alla fattispecie del concordato con continuità. Si veda per le nozioni della continuazione diretta e indiretta sub art. 186-bis. I crediti dei creditori aderenti all'accordo debbono rappresentare il settantacinque per cento di tutti i crediti appartenenti alla categoria. Nel testo, poi sostituito, l'art. 182-septies riferiva la percentuale ai crediti delle banche e degli intermediari finanziari; il riferimento è stato poi rivolto alla categoria, con indicazione più comprensiva e generale. Inoltre, deve risultare che i creditori non aderenti, ai quali debbono essere estesi gli effetti dell'accordo, possono essere soddisfatti, in base all'accordo stesso, in misura non inferiore rispetto all'alternativa liquidatoria. La condizione era già presente nella antevigente disposizione e concorre a fornire una ragionevole giustificazione alla possibilità che la mancata adesione e persino una manifestazione di volontà contraria all'estensione di pattuizioni intercorse tra soggetti terzi non abbiano alcun rilievo di produzione di effetti nei confronti di chi a quelle pattuizioni è rimasto estraneo. La sola informativa, sia pure dettagliata e tempestiva, non è considerata sufficiente a consentire l'estensione. E' infatti disposto che il debitore deve notificare l'accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori che non hanno aderito e nei cui confronti si chiede di estendere gli effetti dell'accordo. Ne segue che le comunicazioni dovute dal debitore possono essere più d'una, se è vero che la notizia è dovuta sin dall'avvio delle trattative. Una volta definito il contenuto dell'accordo, questo deve essere formalmente portato a conoscenza di coloro che non lo hanno sottoscritto. La sanzione per l'inosservanza è costituita dal diritto che il soggetto pregiudicato ha di proporre opposizione. La tutela dei creditori nei cui confronti è chiesta l’estensioneNella posizione dei creditori rimasti estranei all'accordo non è riscontrabile una situazione di soggezione completa e irrimediabile. La normativa prevede, a loro tutela, sia limitazioni specifiche all'ambito degli effetti dell'estensione e sia uno strumento processuale apposito, utilizzabile in funzione difensiva. Le limitazioni operano di diritto; lo strumento processuale presuppone l'adeguata conoscenza delle reciproche situazioni ed a tanto provvedono gli oneri di informativa di cui al paragrafo che precede. Alla principale delle cennate limitazioni si è fatto riferimento poco sopra, a proposito della necessità che i creditori non aderenti cui vengono estesi gli effetti risultino dall'accordo soddisfatti in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Non sarebbe, infatti, oggettivamente né giusto né praticabile che gli estranei agli accordi tra terzi vedano da pattuizioni cui sono estranei pregiudicati i loro interessi. Il quarto comma dell'art. 182-septies vieta, poi, che con l'accordo possano essere imposti al creditore cui è stato esteso l'accordo l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Il divieto risponde al principio generale in forza del quale nessuno può assumere a proprio carico obbligazioni negoziali senza il concorso della propria volontà. A solo titolo di chiarimento è precisato che non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione di godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati. In questi casi la manifestazione di volontà dell'interessato è già avvenuta quando temporalmente ad essa sopravviene l'altrui accordo. Come accennato, lo strumento processuale apprestato a disposizione del creditore non aderente è costituito dall'opposizione al tribunale. L'opposizioneL'art. 182-septies si riferisce all'opposizione proponibile dal creditore terzo rispetto all'accordo di ristrutturazione del debito soltanto per stabilire che il termine per farne proposizione decorre dalla data della notifica dell'accordo, dei documenti allegati e della domanda di omologazione. La disciplina di questa opposizione va desunta da altre disposizioni e, segnatamente, dall'art. 182-bis, quarto comma, che il testo precedente dell'art. 182-septies espressamente richiamava. Il necessario rinvio ad altra normativa comporta l'ammissibilità del reclamo alla corte di appello avverso il decreto del tribunale, misura necessaria ad assicurare la completezza della tutela giurisdizionale. Con l'opposizione il creditore estraneo all'accordo può denunciarne il contenuto per lui lesivo, far presente di non essere stato messo in condizione di partecipare alle trattative e di non potere essere soddisfatto in misura non deteriore rispetto alle concrete alternative. Mediante l'opposizione, i creditori non aderenti possono (per fare degli esempi) contestare l'omogeneità della propria posizione giuridica e dei propri interessi; l'inadeguato soddisfacimento delle loro pretese; la mancanza di adeguata informazione preventiva; il raggiungimento della soglia del settantacinque per cento (Inzitari, Gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari e la convenzione di moratoria: deroga al principio di relatività del contratto ed effetti sui creditori estranei, in fallimentiesocietà.it, 2015). In questo contesto, il vaglio richiesto al tribunale, volto a verificare se i creditori non aderenti «possano risultare soddisfatti, in base all'accordo, in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili», è finalizzato a saggiare la vantaggiosità degli effetti mediati, ossia di quelli ritraibili dall'accordo di ristrutturazione, alla produzione dei quali quelli interinali prodotti dall'accordo sono funzionali. Per quel che riguarda il giudizio del Tribunale, questo, oltre alle normali valutazioni da effettuare per le richieste di omologazione di accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis l.fall., al fine di riconoscere l'estensione degli effetti deve verificare che le trattative si siano svolte in buona fede e che il creditore al quale si chiede di estendere gli effetti dell'accordo abbia posizione giuridica e interessi economici omogenei rispetto a quelli di coloro che sono parti dell'accordo. Uno specifico controllo deve riguardare l'osservanza della regola per cui il creditore non aderente possa risulta soddisfatto, in base all'accordo, in misura non inferiore a quanto potrebbe ottenere dalle alternative concretamente praticabili. La complessità delle valutazioni che il Tribunale deve effettuare può rendere necessaria la nomina di un ausiliario, come prevedeva esplicitamente l'art. 182-septies, comma 4, nel testo previgente. L'accertamento delle condizioni per l'estensione dell'efficacia degli accordi deve, comunque, essere operata d'ufficio. Con l'opposizione il terzo espone le ragioni del suo mancato consenso a partecipare all'accordo. Nessuno gli impone di accettarlo; e il suo rifiuto, ovviamente, è libero. La mancata adesione costituisce oggetto di esame da parte del giudice dell'opposizione finalizzato ad accertarne le ragioni e il fondamento. Si ritiene in proposito che il rifiuto possa incontrare un limite, costituito dalla sua sostanziale irragionevolezza. Tenuto conto della disposizione che vincola l'estensione dell'accordo ad assicurare al creditore terzo una misura di soddisfacimento non inferiore a quella che comunque egli potrebbe conseguire con alternative praticabili, l'opposizione potrebbe rivelarsi strumentale sino a costituire un vero e proprio abuso del diritto. Il richiamo dell’art. 182-bisL'art. 182-septies si limita ad ampliare la sfera di applicazione dell'art. 182-bis, in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti. In questo senso esso non ha una propria autonomia ma presuppone la sussistenza di una disciplina normativa completa, contenuta nella norma richiamata, alla quale aggiunge alcune disposizioni che ne dilatano gli effetti. Ne risulta pertanto la complementarità e la reciproca continuità tra le due disposizioni citate, che si completano a vicenda. La precisazione da farsi è la seguente. Le regole di cui all'art. 182-septies si applicano quando l'accordo oggetto di estensione prevede la prosecuzione dell'attività dell'impresa, sia nella forma diretta che in quella indiretta. Il richiamo vale a far intendere che: può essere chiesto il divieto di prosecuzione delle azioni cautelari ed esecutive; una volta depositato l'accordo, si applicano i commi 3, 4 e 5 dell'art. 182-bis; possono essere apportate modifiche alla proposta di accordo ed all'accordo stesso; procedimento di omologa della richiesta di estensione si svolge dinanzi al tribunale nelle forme della camera di consiglio; l'opposizione va presentata entro trenta giorni dalla pubblicazione nel registro delle imprese; se viene presentata una domanda di concordato, si applicano i commi 6 e 7 dell'art. 182-bis. I debiti verso banche e intermediari finanziariLa fattispecie dei debiti dell’impresa verso banche e intermediari finanziari costituiva l’unico oggetto dell’art. 182-septies. Il testo subentrato la considera come un caso particolare che si iscrive in una situazione più ampia, dalla quale si differenzia unicamente per alcuni aspetti della disciplina normativa. Della precedente disposizione è stato conservato il nucleo centrale: l’esistenza di debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo; l’individuazione di una o più categorie di creditori (banche e intermediari finanziari) aventi posizione giuridica ed interessi economici omogenei; e la richiesta di estensione a creditori appartenenti alla stessa categoria. L’estensione opera anche nel caso in cui l’accordo non sia finalizzato alla prosecuzione dell’attività d’impresa (secondo comma, lett.b) e non pregiudica i diritti dei creditori diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari. In sostanza, il caso così regolato riguarda i rapporti tra creditori che esercitano le medesime tipologie di impresa o di professione nell’ambito del risparmio e degli investimenti finanziari. Valgono le norme dettate dal citato art. 182-septies a proposito dei presupposti, delle condizioni e dello strumento processuale di difesa da esso previsti con ambito di applicazione generalizzato. Le ipoteche giudizialiLa legge di conversione ha aggiunto alla norma in esame un ultimo comma che ne amplia l'ambito di applicazione. Ai fini dell'accordo, essa dispone, non si tiene conto delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese. Essa non precisa che l'irrilevanza delle ipoteche vale nel solo caso in cui il debitore abbia chiesto che gli effetti dell'accordo vengano estesi a creditori non aderenti costituiti da banche o da intermediari finanziari, come era chiarito nel testo precedente alle modifiche di cui al d.l. n. 118/2021 ed alla legge di sua conversione. L'art. 182-septies si rivolge attualmente ai rapporti, in genere, tra più creditori e imprenditore in debito. Inoltre, poiché negli accordi di ristrutturazione dei debiti non assumono rilevanza le cause di prelazione o i privilegi né l'anteriorità o meno del credito rispetto alla determinazione dell'accordo (a differenza dal concordato preventivo, per il quale l'art. 168, comma 3, l. fall. stabilisce l'inefficacia delle ipoteche nei confronti dei creditori anteriori al concordato), la norma deve interpretarsi nel senso dell'inopponibilità di tali garanzie ai fini della formazione delle categorie. Pertanto, il creditore che ha iscritto ipoteca giudiziale nei novanta giorni che precedono la pubblicazione del ricorso può essere inserito in una categoria di creditori chirografari e, qualora aderiscano all'accodo creditori in rappresentanza del settantacinque per cento dei crediti della categoria, egli viene a sopportare lo stesso trattamento previsto dall'accordo per i chirografari, a prescindere dalla garanzia fornita dall'ipoteca giudiziale. In altre parole, ai fini dell'individuazione delle categorie occorrenti a rendere operativa l'estensione degli effetti ai terzi non aderenti, l'ipoteca in questione iscritta nei novanta giorni precedenti alla data di pubblicazione del ricorso è tamquam non esset, con conseguente beneficio in termini di più agevole adempimento per il debitore e di maggior possibilità di soddisfacimento per gli altri creditori. |