Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 185 - Esecuzione del concordato.Esecuzione del concordato.
Dopo l'omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l'adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione. Egli deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori. Si applica il secondo comma dell' art. 136. Il debitore e' tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato presentata da uno o piu' creditori, qualora sia stata approvata e omologata1. Nel caso in cui il commissario giudiziale rilevi che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla suddetta proposta o ne sta ritardando il compimento, deve senza indugio riferirne al tribunale. Il tribunale, sentito il debitore, puo' attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti2. Il soggetto che ha presentato la proposta di concordato approvata e omologata dai creditori puo' denunziare al tribunale i ritardi o le omissioni da parte del debitore, mediante ricorso al tribunale notificato al debitore e al commissario giudiziale, con il quale puo' chiedere al tribunale di attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti3. Fermo restando il disposto dell'articolo 173, il tribunale, sentiti in camera di consiglio il debitore e il commissario giudiziale, puo' revocare l'organo amministrativo, se si tratta di societa', e nominare un amministratore giudiziario stabilendo la durata del suo incarico e attribuendogli il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla suddetta proposta, ivi inclusi, qualora tale proposta preveda un aumento del capitale sociale del debitore, la convocazione dell'assemblea straordinaria dei soci avente ad oggetto la delibera di tale aumento di capitale e l'esercizio del voto nella stessa. Quando e' stato nominato il liquidatore a norma dell'articolo 182, i compiti di amministratore giudiziario possono essere a lui attribuiti4. [1] Comma aggiunto dall'articolo 3, comma 6, del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto. [2] Comma aggiunto dall'articolo 3, comma 6, del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto. [3] Comma aggiunto dall'articolo 3, comma 6, del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto. [4] Comma aggiunto dall'articolo 3, comma 6, del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto. InquadramentoLa pubblicazione del decreto di omologazione determina l'esaurimento della procedura di concordato preventivo, alla quale fa seguito l'apertura di una fase meramente esecutiva, disciplinata dagli artt. 185 e 186 l.fall. Durante tale fase il commissario giudiziale deve sorvegliare l'adempimento del concordato, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione, e deve, se del caso, adottare le iniziative per provocare l'intervento del tribunale, ai fini dei provvedimenti di cui agli artt. 137 e 138 l.fall., richiamati dall'art. 186, comma 5, l.fall., mentre spetta al giudice delegato la determinazione delle modalità per il versamento delle somme dovute alle scadenze in esecuzione del concordato, ove tale determinazione gli sia stata rimessa nella sentenza di omologazione (Trib. Monza 13 febbraio 2015). Quindi, nel momento in cui il concordato preventivo viene omologato, si apre una successiva fase che riguarda l'esecuzione della proposta stessa e che coinvolge una serie di soggetti. Difatti, in questa fase, una volta chiusa la procedura, ai detti organi residuerà un potere di controllo (diretto del commissario giudiziale ed indiretto del tribunale) finalizzato a garantire l'interesse dei creditori al rispetto degli impegni assunti dal debitore proponente; quanto alle modalità stabilite nel decreto di omologazione, richiamate dall'art. 185 L.F., si evidenzia che queste non possono essere inerenti all'adempimento della proposta ma soltanto al controllo spettante al commissario giudiziale (Villanacci, 307). Invero, il commissario giudiziale, deve svolgere tutta una serie di attività dopo l'omologazione del concordato preventivo. Sul punto, giova ricordare che anche prima della riforma (d.l. n. 83/2015), a concludere la procedura era il provvedimento di omologazione (emanato nelle forme della sentenza), provvisoriamente esecutivo e, quindi, da subito idoneo ad introdurre la fase esecutiva, caratterizzata da un potere di mera sorveglianza del commissario giudiziale e da un ruolo defilato del giudice delegato, semplice destinatario dell'obbligo del commissario di riferire ogni fatto dal quale potesse derivare pregiudizio per i creditori, ma privo di competenza alcuna su ogni eventuale controversia sorta durante l'esecuzione ed inerente alla sussistenza, entità e rango dei crediti. (In tal senso Cass. I, n. 16598/2008 e Cass. I, n. 523/1999). Il commissario giudiziale e i compiti del tribunaleNella fase esecutiva del concordato le funzioni degli organi della procedura si limitano ad un'attività di supervisione e controllo e trovano sostegno nelle specifiche istruzioni dettate dal decreto di omologazione. L'articolo 185 l.fall. attribuisce un generico potere di sorveglianza dell'esecuzione del concordato esclusivamente in capo al commissario giudiziale. Pertanto, l'art. 185, comma 1, l.fall. si limita a disciplinare il ruolo che residua al commissario giudiziale in seguito al decreto di omologa stabilendo che, in capo a questi, resta l'attività di sorveglianza e vigilanza sull'adempimento della proposta concordataria; il tutto, secondo quanto disciplinato dal tribunale nel provvedimento di omologazione. Certamente l'attività di vigilanza può essere molto più impegnativa rispetto al passato per effetto «dell'atipicità contenutistica del piano concordatario» (Villanacci, 309). Infatti, visto l'ampliarsi delle proposte che possono essere formulate dal debitore, potrebbe non trattarsi di un'attività di sorveglianza diretta a vigilare sul corretto pagamento di somme di denaro ai creditori o di sorvegliare sulla liquidazione giudiziale ma di vigilare su complesse operazioni economiche finanziarie. Resta pertanto in capo al commissario il dovere di sorveglianza, a garanzia di tutti i creditori, sul rispetto degli impegni presi con questi ultimi dal debitore; viene stabilito, inoltre, che, nel caso in cui il commissario rilevi dei fatti dai quali possa derivare pregiudizio ai diritti dei creditori, dovrà riferire al giudice delegato. Con tale inciso, la norma fa riferimento a tutti quegli elementi che, ai sensi dell'art. 138 l.fall. possono portare all'annullamento del concordato quali l'esagerazione del passivo, la sottrazione o dissimulazione dell'attivo. Resta escluso che il commissario giudiziale si sostituisca al debitore quanto alla legittimazione sia attiva che passiva per le liti che hanno ad oggetto i crediti vantati verso l'imprenditore, mentre le liti attive competono, in caso di cessio bonorum, al liquidatore giudiziale o, altrimenti, allo stesso debitore. Il commissario giudiziale, inoltre, potrà segnalare al g.d. ed ai creditori gli eventuali inadempimenti alla proposta, per consentire l'esercizio dell'azione di risoluzione. In definitiva, come precisato in premessa, i due organi della procedura assumono quindi un potere di controllo: diretto in relazione al commissario; indiretto in riferimento al giudice delegato, strumentale a garantire, nell'interesse dei creditori, ma anche di tutti gli altri interessati all'adempimento del concordato, il rispetto degli impegni assunti dal debitore con la sua proposta. Ed ancora, per quanto attiene ai compiti del tribunale, si evidenzia che questo resta il destinatario delle segnalazioni del commissario finalizzate ad ottenere l'annullamento del concordato, nonché dell'iniziativa dei creditori, o anche del singolo creditore, dirette a provocare la risoluzione del concordato. Sicché, una volta omologato il concordato, tutte le questioni che hanno ad oggetto diritti pretesi da singoli creditori o dal debitore e che attengono all'esecuzione del concordato, danno luogo a controversie sottratte al potere decisionale del giudice delegato e che costituiscono materia di un ordinario giudizio di cognizione. Deposito delle somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibiliAl secondo comma, l'art. 185 l.fall., con il riferimento al secondo comma dell'art. 136 l.fall. (dettato in tema di concordato fallimentare), che affida al giudice delegato la determinazione delle modalità di deposito in favore di creditori contestati, condizionali ed irreperibili. Sul punto in esame, è stato osservato che tale disposizione, «in maniera implicita», deve ritenersi abrogata dal comma 6 dell'art. 180 l.fall., che individua nel tribunale l'organo competente a tale incombenza e, ciò anche con riferimento allo svincolo delle somme predette (Fauceglia, 1761). Nel nuovo sistema, dunque, l'art. 185, comma 2, l.fall., dovrebbe ritenersi tacitamente abrogato, per incompatibilità con il nuovo art. 180, comma 6, l.fall., a meno che non si voglia riconoscere al g.d. un autonomo potere di determinare, anche nel quantum, accantonamenti giustificati da contestazioni (o irreperibilità di creditori) successive all'omologazione (in giurisprudenza, in tal senso. v. Trib. Messina 11 gennaio 2007, secondo la quale nella fase esecutiva del concordato il potere di disporre gli accantonamenti per crediti contestati spettano al giudice delegato e non al tribunale). La conclusione della fase esecutivaAnteriormente alla riforma, era pacifica l'applicazione analogica dell'art. 136, comma 3, l.fall., concernente il concordato fallimentare e non modificata dalla riforma, secondo cui al giudice delegato spettava l'adozione di un decreto di chiusura della procedura con l'ordine di svincolo delle cauzioni e delle cancellazioni delle ipoteche che permetteva al debitore di veder sancito l'adempimento della proposta (Villanacci, 312). Invero, anche oggi, è pacifica in giurisprudenza (Cass. I, n. 23271/2006) e in dottrina (Fabiani, Nardecchia, 1858) l'interpretazione secondo cui il decreto che autorizza la chiusura della procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, escludendo, altresì l'accantonamento di somme a favore di alcuni creditori proposta dal commissario, è privo dei connotati della decisorietà e della definitività e non può essere oggetto di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. Tale provvedimento ha carattere soprattutto burocratico, consentendo alla cancelleria di archiviare il fascicolo. Risponde inoltre all'interesse: del debitore a veder sancito l'adempimento della proposta; dell'eventuale garante a vedersi liberato dalle proprie obbligazioni; dei creditori per titolo successivo alla presentazione della domanda di concordato. Il controllo sul rispetto degli impegni assunti nel pianoAttualmente, con le nuove modifiche introdotte dal d.l. n. 83/2015, convertito con modificazioni dalla l. n. 132/2015, il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato presentata da uno o più creditori, qualora sia stata approvata e omologata. Il problema si pone, essenzialmente, per le proposte concorrenti approvate ed omologate, in quanto non provenienti dal debitore, che sarà pertanto poco incline a dare esecuzione ad un programma concordatario presentato al di fuori della propria volontà. Il legislatore si è quindi preoccupato di prevedere una serie di possibili interventi, proprio volti a garantire comunque l'esecuzione della proposta concorrente, nell'ottica del migliore soddisfacimento dei creditori, al fine di evitare eventuali comportamenti ostruzionistici del debitore. Tali poteri, di natura graduale per quel che riguarda l'invasività dell'intervento, possono essere così sintetizzati: i) obbligo di debitore di compiere ogni atto necessario per dare esecuzione alla proposta di concordato presentata da uno o più creditori, qualora sia approvata ed omologata; ii) possibilità per il tribunale, su segnalazione del commissario giudiziale, di assegnare allo commissario giudiziale i poteri necessari per compiere gli atti necessari per dare esecuzione alla proposta; iii) denunzia al tribunale, da parte del creditore che ha presentato la proposta, dei ritardi ed omissioni nell'esecuzione del concordato, con possibilità per il tribunale di assegnare al commissario giudiziale i poteri per il compimento degli atti richiesti; iv) possibilità di revoca dell'organo amministrativo, e di nomina di un amministratore giudiziario, al quale attribuire i poteri necessari per il compimento degli atti funzionali all'esecuzione del concordato, «ivi inclusi, qualora tale proposta preveda un aumento del capitale sociale del debitore, la convocazione dell'assemblea straordinaria dei soci avente ad oggetto la delibera di tale aumento di capitale e l'esercizio del voto nella stessa». Quando è stato nominato il liquidatore a norma dell'articolo 182 l.fall., i compiti di amministratore giudiziario possono essere a lui attribuiti. Come si vede, dunque, tali previsioni cambiano profondamente il ruolo del commissario giudiziale (ma anche del liquidatore, quando è nominato), posto che egli, da mero «vigilante» sull'esecuzione della proposta, potrebbe divenire assegnatario anche di veri e propri poteri gestori qualora sia stata approvata ed omologata una proposta concorrente (Usai, 3770). Non risultano, al momento, applicazioni pratiche di tali disposizioni, che peraltro scontano il contrasto evidente tra la volontà del debitore e la proposta approvata contro detta volontà. È chiaro che, se si ritengono ammissibili proposte di concordato preventivo provenienti da terzi, occorre anche predisporre uno «strumentario» finalizzato a dare concreta attuazione a tali proposte. Rimangono comunque evidenti le criticità derivanti dalla previsione di obbligazioni attribuite al debitore contro la sua volontà, pur nell'ambito di una procedura volta alla predisposizione di una soluzione concordata della crisi d'impresa. Gli interventi in questione, tuttavia, non coprono tutte le possibili criticità derivanti dalla necessità di dar esecuzione ad una proposta proveniente da terzi, in quanto essi non riguardano le attività che devono essere compiute prima dell'omologazione, sempre nell'ottica dell'esecuzione del piano: si pensi al trasferimento dell'azienda, oppure a determinate operazioni societarie straordinarie, che è opportuno che siano deliberate nelle sedi opportune prima dell'omologazione (Galletti, 11). Appare quindi condivisibile, sul punto, l'opinione di chi ritiene che la mancanza di collaborazione del debitore nella fase pre-omologa andrebbe sanzionata ai sensi dell'art. 173 l.fall., la cui area applicativa così così estesa a profili non direttamente attinenti alla sfera informativa dei creditori (Lamanna). Questa sarebbe, peraltro, l'unica spiegazione possibile dell'altrimenti incomprensibile riferimento all'art. 173 l.fall. contenuto nell'art. 185, comma 6, l.fall., posto che dopo l'omologazione il procedimento di revoca dell'ammissione non ha alcuna possibilità pratica di operare (Galletti, 11). Nel caso di nomina dell'amministratore giudiziario, sussistono inoltre ulteriori criticità, quali l'individuazione dei soggetti legittimati, l'indicazione dei requisiti necessari per la nomina, la prorogabilità della durata dell'incarico, il compenso, il rendiconto e la responsabilità, il coordinamento con la disciplina societaria nei caso in cui la proposta concorrente preveda un aumento del capitale sociale (Usai, 3772). In particolare, si ritiene che i soggetti legittimati ad attivare il rimedio previsto dall'art. 185, comma 6, l.fall. siano gli stessi autorizzati ad attivare i rimedi previsti dagli artt. 185, commi 4 e 5, l.fall., e cioè il commissario giudiziale ed il creditore (od i creditori) proponenti la proposta che è risultata approvata ed omologata. Si ritiene altresì che per la nomina ad amministratore giudiziario siano necessari unicamente i requisiti per la nomina ad amministratore di società, e che l'incarico sia prorogabile. Con riferimento, inoltre, ai profili del compenso, del rendiconto, della responsabilità e della revoca dell'amministratore giudiziario, dovrebbero potersi applicare analogicamente gli artt. 2409, comma 6, c.c., 92, comma 5 e 94 disp. att. c.c., trattandosi di figura assimilabile all'amministratore giudiziario nominato ex art. 2409, comma 4, c.c. (Usai, 3774). Va osservato, infine, che non è chiaro se i rimedi in questione siano esperibili nel caso in cui il debitore non adempia alla proposta da lui stesso presentata. Dal tenore letterale dei commi 3, 4, 5 e 6 dell'art. 185 l.fall. sembrerebbe che tali rimedi siano limitati all'ipotesi di proposte concorrenti, anche se tale disparità di trattamento appare priva di giustificazioni, in quanto l'interesse dei creditori al corretto adempimento della proposta è il medesimo (Usai, 3776). 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