Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 225 - Ricorso abusivo al credito.Ricorso abusivo al credito.
Si applicano le pene stabilite nell'art. 218 agli amministratori ed ai direttori generali di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso il fatto in esso previsto. InquadramentoCome affermato in relazione al commento dell'art. 218 l.fall., la ratio della norma è quella di impedire all'imprenditore in stato di dissesto di continuare ad operare mascherando agli eventuali creditori il proprio dissesto o la propria insolvenza, allo scopo di salvaguardare il patrimonio dal pericolo di inadempimento. Le modifiche introdotte dall'art. 32 l. 28 dicembre 2005, n. 262 non hanno inciso significativamente sulla struttura del reato, limitandosi a precisare aspetti già affermati dalla giurisprudenza sulla struttura del reato. La funzione della sentenza dichiarativa di fallimentoLa dichiarazione di fallimento è elemento costitutivo del reato, cosicché la consumazione dello stesso coincide con la data della sentenza dichiarativa, senza che si debba aver riguardo né all'epoca in cui fatti sono stati commessi, né alla sussistenza, al momento della commissione dei fatti, dello stato di insolvenza (Cass. pen. 22 giugno, 1961). Il reato di ricorso abusivo al credito richiede che il soggetto al quale viene addebitato sia successivamente dichiarato fallito. Ne consegue che il termine di prescrizione decorre dalla data della dichiarazione di fallimento (Cass. pen. V, n. 44857/2014) In materia di fallimento, deve ritenersi che i momenti consumativi delle ipotesi criminose previste dagli artt. 216, 219, 223 e 225 l.fall. coincidono con il momento della sentenza dichiarativa dell'insolvenza e non con quello, precedente, in cui è decretata l'apertura della liquidazione coatta amministrativa. Ciò in forza della disposizione di cui all'art. 203 l.fall. secondo la quale l'applicabilità delle norme penali di cui ai citati articoli della Legge fallimentare non subiscono alcuna retrodatazione rispetto all'individuato momento consumativo: l'atto giudiziario, infatti non è una condizione oggettiva di punibilità, ma è elemento costitutivo del reato e come tale non può essere surrogato o sostituito con atti amministrativi ad esso precedenti (Cass. pen. V, n. 2136/1999). Bibliografiav. sub. art. 218. |