Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 227 - Reati dell'institore.

Roberto Amatore

Reati dell'institore.

 

All'institore dell'imprenditore, dichiarato fallito, il quale nella gestione affidatagli si è reso colpevole dei fatti preveduti negli artt. 216, 217, 218 e 220 si applicano le pene in questi stabilite.

Inquadramento

La responsabilità dell'institore per gli atti di bancarotta patrimoniale e documentale posti in essere durante la gestione affidatagli è subordinata alla sola condizione che l'imprenditore da cui egli abbia ricevuto la preposizione sia dichiarato fallito, non essendo invece necessario anche il fallimento personale dello stesso institore, atteso il disposto di cui all'art. 227 l.fall.

In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta l'affermazione di responsabilità per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale pronunciata nei confronti dell'institore nonostante la revoca del fallimento dichiarato a carico di quest'ultimo (Cass. pen. V, n. 29585/2014).

L'intervenuto assoggettamento di una cooperativa alla procedura fallimentare rende incontestabile che essa avesse ad oggetto un'attività commerciale, o «anche» un'attività commerciale, secondo la previsione dell'art. 2540, secondo comma, c.c. Consegue l'applicabilità delle disposizioni che disciplinano le imprese commerciali soggette a registrazione ai sensi degli artt. 2195 e ss. c.c. (nel caso in esame, un'impresa avente ad oggetto una trasformazione di beni ed una attività intermediaria nella loro circolazione), ivi comprese le disposizioni sulla preposizione institoria di cui agli artt. 2203 e ss. stesso codice. (Nella specie la S.C. ha ritenuto non fondato l'assunto che la qualifica di institore si porrebbe in contrasto con le norme che regolano l'attività delle cooperative, volta a finalità mutualistiche e non di profitto) (Cass. pen. V, n. 8705/1992).

L'art. 227 legge fallimentare, nel prevedere i reati fallimentari dell'institore, non fa distinzione alcuna tra institore preposto all'esercizio di tutta l'impresa commerciale, di cui al primo comma dell'art. 2203 c.c., e institore la cui preposizione sia limitata all'esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare dell'impresa, di cui al secondo comma del medesimo articolo. Anche questa più circoscritta preposizione institoria può quindi, per il principio che dove la legge non distingue non può distinguere l'interprete, dar luogo a responsabilità ai sensi dell'art. 227 l.fall. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, l'imputato aveva dedotto che l'institore potrebbe rispondere di reati fallimentari solo quando fosse titolare di un potere generale di disposizione e di amministrazione) (Cass. pen. V, n. 8705/1992).

La Mancanza di iscrizione della procura institoria nel registro delle imprese non conduce alla inesistenza del correlativo rapporto, ma provoca soltanto le conseguenze descritte nell'art 2206 c.c., senza che la irregolarità formale possa incidere sulla responsabilità penale a titolo di bancarotta (nella specie, fraudolenta), escludendola (Cass. pen. V, n. 932/1967).

Oggetto materiale del reato va individuato nei beni dell'imprenditore dichiarato fallito e non in quelli propri dell'istitore. L'attività illecita dell'istitore assume rilevanza penale autonoma soltanto nei limiti della gestione affidatagli (Antolisei, 143).

Limiti di applicabilità della norma

Non ha determinato il sorgere di particolari problematiche la riferibilità all'institore delle varie ipotesi di bancarotta fraudolenta, sia patrimoniale che documentale.

La prevalente dottrina si è espressa nel senso dell'ipotizzabilità anche dei fatti di bancarotta post-fallimentare e di bancarotta preferenziale, in considerazione del carattere generale ed onnicomprensivo del rinvio operato dall'art. 227 all'art. 216 (Conti, 228).

Quanto alla bancarotta semplice, va esclusa la configurabilità della fattispecie dell'art. 217, n. 1, in quanto l'institore non può far ricadere sul patrimonio sociale spese personali o per la famiglia eccessive; analogamente è esclusa l'applicabilità della fattispecie di cui all'art. 217, n. 4, prima parte, incombendo unicamente all'imprenditore preponente l'obbligo di richiedere il proprio fallimento; anche la fattispecie dell'art. 217 n. 5 non è applicabile perché l'institore non può rispondere delle obbligazioni assunte dal fallito in un precedente concordato; la fattispecie criminosa di cui all'art. 217, comma 2, è invece configurabile, ma soltanto in ordine alla omessa ed irregolare tenuta delle scritture relative alla gestione affidatagli al momento della preposizione institoria (Antolisei, 144; Conti, 306).

Relativamente al ricorso abusivo al credito, in caso di fallimento dell'imprenditore preponente, in caso di fallimento dell'imprenditore preponente, l'institore può rispondere delle operazioni a credito da lui stesso compiute (La Monica, 491).

Quanto alle ipotesi di cui all'art. 220, è stata esclusa la responsabilità in ordine all'inosservanza dell'obbligo di residenza (ora abrogato) e di comparizione, mentre è stata ammessa negli altri casi (Conti, 382).

Bibliografia

Antolisei, Manuale di diritto penale, Leggi complementari, Milano, 2001, 143; Conti, Diritto penale commerciale. I reati fallimentari, Torino, 1991, 228; La Monica, I reati fallimentari, Milano, 1972, 491.

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