Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 228 - Interesse privato del curatore negli atti del fallimento.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Maria Bartolini

Interesse privato del curatore negli atti del fallimento.

 

Salvo che al fatto non siano applicabili gli artt. 315, 317, 318, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato in qualsiasi atto del fallimento direttamente o per interposta persona o con atti simulati è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a euro 2061.

La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.

[1] L'importo di cui al presente comma è stato elevato dall'articolo 3 della legge 12 luglio 1961, n. 603 e successivamente dall'articolo 113, comma 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Inquadramento

La nozione di interesse privato in atti del fallimento, rilevante ai sensi dell'art. 228 l.fall., non comprende solo l'ipotesi della mera coincidenza tra i vantaggi privati e gli interessi dell'ufficio ovvero il caso in cui l'interesse privato del curatore non risulti in concreto rivolto a perseguire un beneficio personale o di terzi, contrastante con le finalità della procedura concorsuale. (Fattispecie in cui la Corte ha ravvisato la presa di interesse del curatore il quale, acquisita la disponibilità dell'acquirente di un bene fallimentare a corrispondere all'amministratore della società fallita un prezzo notevolmente superiore a quello versato in sede di aggiudicazione, non abbia rappresentato il fatto al giudice delegato chiedendo la sospensione della vendita ed abbia invece consentito la conclusione di tale «affare privato») (Cass. pen. V, n. 19818/2003).

Ai fini della sussistenza del reato di cui all'art. 228 della legge fallimentare, che sanziona la condotta del curatore il quale — avvantaggiando consapevolmente se stesso o un terzo — privilegia interessi privati contrastanti con la finalità della procedura, è sufficiente che si determini tale situazione di conflitto, indipendentemente dal fatto che si verifichino anche effetti in concreto pregiudizievoli per i creditori. (In applicazione del principio la Corte, sulla base dell'accertamento compiuto nella sentenza di merito circa alcuni privilegi concessi dal curatore ad uno dei creditori, ha respinto il ricorso di quest'ultimo fondato sulla circostanza che il Tribunale fallimentare aveva escluso sue particolari responsabilità verso la massa dei creditori) (Cass. pen. V, n. 4680/2004)

Il reato di interesse privato del curatore negli atti del fallimento concorre con quello di corruzione propria, non sussistendo alcun rapporto di specialità tra l'art. 228 l.fall. e l'art. 319 c.p. (Cass. pen. VI, n. 38986/2010).

Integra il delitto di cui all'art. 322, comma quarto, c.p. (istigazione alla corruzione attiva propria) — e non quello di cui all'art. 228 l.fall. (interesse privato del curatore negli atti del fallimento) — la condotta del pubblico ufficiale (nella specie curatore) che induca l'«extraneus» (nella specie il fallito) a promettergli somme di denaro per sottrarre beni dalla massa dell'attivo fallimentare e, pertanto, per compiere un atto contrario ai doveri del proprio ufficio, mentre ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 228 l.fall. è necessario un concreto comportamento del curatore posto in essere con la consapevolezza di associare un interesse privato ad un atto del fallimento ovvero di realizzare, attraverso l'ufficio della curatela fallimentare, un interesse non ricollegabile alla finalità propria ed esclusiva dell'amministrazione fallimentare (Cass. pen. V, n. 41339/2006).

L'art. 228 l.fall., che prevede l'interesse privato del curatore negli atti del fallimento, conferisce rilevanza all'interesse preso in qualsiasi atto della procedura fallimentare, sicché il reato può configurarsi anche in relazione allo svolgimento di un'asta. Questa, infatti, attiene alla vendita di beni mobili o immobili che, pur non essendo direttamente collegata con le funzioni proprie del curatore, costituisce comunque il momento strumentale alla liquidazione dell'attivo fallimentare, funzione specificamente demandata al curatore dall'art. 104 l.fall. (Cass. pen. V, n. 4173/1994).

La eventuale revoca della dichiarazione di fallimento non determina il venir meno, «ex tunc» della qualità di pubblico ufficiale attribuita dall'art. 30 l.fall. al curatore del fallimento, e non incide, pertanto, sulla configurabilità dei reati che in detta qualità siano stati commessi.

Il curatore

Ai sensi dell'art. 30 l.fall. il curatore è pubblico ufficiale per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni. Anche senza voler richiamare tale norma, dallo stesso art. 228 in commento emerge la conferma dell'esatta qualifica del curatore come pubblico ufficiale, atteso che la fattispecie che prevede il suo interesse privato in un atto della procedura si colloca indubbiamente nel quadro dei reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.

Il delitto di interesse privato del curatore in atti del fallimento può essere integrato anche da un  comportamento acquiescente ad iniziative illecite di terzi o dalla volontaria abdicazione all’esercizio delle prerogative funzionali in favore di soggetti che versano in una situazione di conflitto di interessi rispetto alle finalità della procedura e non richiede che si verifichino effetti in concreto pregiudizievoli per i creditori (Cass. pen. V, n, 28032/2019, fattispecie di “supina acquiescenza” ad una proposta di concordato nell’esclusivo interesse del fallito).

Natura del reato

Il reato in questione rientra tra i così detti reati di pericolo. Secondo l'Antolisei, trattasi di reato di pericolo presunto, non potendosi escludere che al privato interesse si accompagni il vantaggio dell'Ufficio a cui l'agente è preposto. La legge mira a garantire, cioè, anche la semplice correttezza formale. Essa esige una gestione limpida e cristallina e perciò colpisce ogni atto che possa gettare sospetto sulla gestione medesima e nuocere al prestigio dell'organo (Antolisei, 194).

L'elemento oggettivo

L'interesse tutelato dalla norma viene comunemente individuato nella salvaguardia della genuità e del regolare ed ordinato svolgimento della procedura (Paiardi, Paluchowski), e in particolare nel prestigio dell'amministrazione della giustizia e della pubblica amministrazione (Antolisei, 193).

In tema di reati fallimentari, il fallito, non essendo parte offesa nel procedimento contro il curatore nell'ipotesi di violazione dell'art. 228 l.fall., non può presentare opposizione alla richiesta di archiviazione del P.m. (Cass. pen. V, n. 20558/2006). È inammissibile l'opposizione alla richiesta di archiviazione proposta — nel procedimento per il reato di interesse privato del curatore del fallimento negli atti della procedura concorsuale — da colui che rivesta la qualità di socio di maggioranza e amministratore unico della società fallita nonché di creditore ammesso al passivo, considerato che la legittimazione all'opposizione alla richiesta di archiviazione compete solo alla persona titolare del bene giuridico immediatamente leso dal reato e che il bene tutelato dall'art. 228 l.fall. è la salvaguardia della genuinità e del regolare svolgimento della procedura fallimentare, con la conseguenza che il denunziante, ancorché in concreto danneggiato dalla condotta di cui all'art. 228 suddetto, non è legittimato alla proposizione dell'opposizione e del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di archiviazione (Cass. pen. V, n. 35049/2007).

L'elemento oggettivo si sostanzia nell'interesse privato in uno qualsiasi degli atti connessi alle funzioni tipiche del curatore. È interesse privato ogni interesse, anche se non personale, ma di terzi, non ricollegabile alle finalità proprie dell'amministrazione fallimentare, purché realizzato in un atto del fallimento; non ha rilevanza che tale atto sia o meno legittimo, o attuato con mezzi illeciti, o che abbia attitudine a recare un danno (Conti, 378).

La condotta penalmente rilevante può consistere dunque sia in un'azione diretta del curatore sia in un azione realizzata per interposta persona; ed è indifferente che la condotta si manifesti in atti palesi o simulati, che si tratti di simulazione assoluta o relativa, che si tratti di un atto del curatore o di altro organo della procedura fallimentare provocato dal curatore (Antolisei, 195).

L'elemento soggettivo

L'elemento psicologico necessario per l'integrazione del reato è il dolo, consistente nella volontà di realizzare il privato interesse con la coscienza che l'atto si ricollega alla procedura concorsuale (Conti, 379).

Bibliografia

Antolisei, Manuale di diritto penale, Leggi complementari, Milano, 2001, 194; Conti, Diritto penale commerciale. I reati fallimentari, Torino, 1991; Pajardi - Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1040.

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