Rapporti tra il ricorso per gravi irregolarità ex art. 2409 c.c. e il procedimento di liquidazione della società

Giulia Terranova
13 Marzo 2017

L'art. 2409 c.c. presuppone il fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano commesso, anche senza dolo o colpa, irregolarità nella gestione, le quali devono essere gravi, attuali nel momento in cui si richiede l'intervento del tribunale, e tali da poter recar danno alla società o a una o più società controllate.
Massima

L'art. 2409 c.c. presuppone il fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano commesso, anche senza dolo o colpa, irregolarità nella gestione, le quali devono essere gravi, attuali nel momento in cui si richiede l'intervento del tribunale, e tali da poter recar danno alla società o a una o più società controllate.

Lo stato di liquidazione della società, o la messa in liquidazione della società nelle more dell'instaurazione del contradditorio, non è di per sé ostativa all'esercizio dell'azione prevista dall'art. 2409 c.c. e all'adozione dei provvedimenti da essa contemplati, potendo anche in tal caso sussistere, o persistere, l'esigenza che la norma è intesa a soddisfare, e, cioè, di ripristinare la regolare gestione.

Il caso

Il Tribunale di Trento, con la sentenza in commento, si è pronunciato in merito ad un ricorso ex art. 2409 c.c. proposto dai componenti effettivi del Collegio Sindacale di una holding di un gruppo di imprese, di cui faceva parte una società ammessa alla procedura di concordato preventivo e nei cui confronti pendeva procedimento ex art. 173 l. fall.

Gli attori, in particolare, elencavano, quali irregolarità commesse dagli amministratori della predetta holding, la totale inadeguatezza o la assoluta mancanza della gestione della crisi economico-finanziaria della società; la mancata adozione dei provvedimenti richiesti dagli artt. 2446 e 2447 c.c., in presenza di perdite che, inizialmente, avevano eroso il capitale sociale oltre un terzo e, poi, in via totalitaria; la ritardata predisposizione dei bilanci di due esercizi sociali e, infine il mancato versamento di imposte e tasse per importi tali da rendere configurabile il reato di cui all'art. 10-ter D. Lgs. n. 74/2000.

I convenuti, si costituivano in giudizio sostenendo l'inammissibilità o l'improcedibilità del giudizio perché la società era stata messa in liquidazione e, eccependo, in ogni caso, la mancanza dei presupposti dell'azione ex art. 2409 c.c., nonché l'insussistenza delle irregolarità denunciate dagli attori.

Le questioni e le soluzioni giuridiche

La questione giuridica sottesa al caso qui in esame consiste nel definire i rapporti tra il ricorso ex art. 2409 c.c. per gravi irregolarità commesse dagli amministratori e la sottoposizione a procedimento di liquidazione della società che potrebbe subire danno dalle predette irregolarità.

Si tratta, in particolare, di stabilire se il ricorso ex art. 2409 c.c. proposto prima della messa in liquidazione della società debba essere dichiarato improcedibile proprio a causa dell'instaurazione del procedimento di liquidazione.

Il Tribunale a tal proposito precisa che i presupposti per la proposizione del ricorso ex art. 2409 c.c. sono la sussistenza del fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano commesso, anche senza dolo o colpa, irregolarità nella gestione, le quali devono essere gravi, attuali e tali da poter recar danno alla società o a una o più società controllate. Tali presupposti, in particolare, non vengono necessariamente meno con la messa in liquidazione della società, essendo necessario, piuttosto, verificare tale eventualità caso per caso.

Il Tribunale, nel caso in esame, sulla base di queste premesse, opera quindi un distinguo tra le diverse irregolarità denunciate nei confronti degli amministratori. Con riferimento, infatti, alla mancata adozione dei provvedimenti previsti dagli artt. 2446 e 2447 c.c. a seguito dell'erosione e, successivamente, dell'azzeramento del capitale sociale e al mancato pagamento delle imposte, il Tribunale osserva che il procedimento di liquidazione farebbe venir meno uno dei requisiti del ricorso ex art. 2409 c.c. e, in particolare, quello dell'attualità del grave danno che potrebbe conseguire dalle irregolarità stesse.

Il procedimento di liquidazione, infatti, richiedendo la predisposizione del bilancio iniziale di liquidazione e la dismissione degli assets, nonché il rispetto della par condicio creditorum e delle cause di prelazione, garantisce di per sé il soddisfacimento dei creditori sociali, facendo venire meno, così, il grave danno che potrebbe subire la società e, di conseguenza, uno dei presupposti del ricorso ex art. 2409 c.c.

Conclusioni differenti, invece, sono raggiunte dal Tribunale con riferimento alla mancata predisposizione dei bilanci degli ultimi due esercizi e la totale inadeguatezza o la assoluta mancanza della gestione della crisi economico-finanziaria della società.

Lo stato di liquidazione, infatti, da un lato, non fa venire meno l'esigenza che siano redatti i bilanci di esercizio, ma, al contrario, richiede proprio quale suo presupposto la redazione di un bilancio iniziale di liquidazione e, dall'altro, non estingue la necessità che la crisi sia gestita in modo diligente. La mancata adozione degli opportuni provvedimenti gestori, infatti, può portare ad un aggravamento del dissesto, come nel caso, ad esempio, del decorso degli interessi o delle azioni giudiziali che possono essere intraprese dai creditori sociali.

Conclusioni

La pronuncia del Tribunale di Trento prende posizione in relazione ad un dibattito che ha visto diversi precedenti giurisprudenziali, i quali si sono espressi anche in senso opposto (cfr., ad esempio, Tribunale di Venezia, 27 gennaio 2004; Tribunale di Ragusa, 26 ottobre 2001; Corte d'Appello di Salerno, 12 febbraio 1993. Si sono pronunciati in senso conforme alla pronuncia qui in commento, invece: Tribunale di Milano, 7 ottobre 2004; Tribunale di Lecco, 11 novembre 2003; Tribunale di Bergamo, 3 aprile 2001).

La soluzione offerta dalla sentenza in esame deve ritenersi condivisibile. La liquidazione di una società, infatti, non comporta la cessazione dell'attività d'impresa, ma, al contrario, essa stessa ne rappresenta una differente modalità di svolgimento (Cass. Civ., 12 giugno 1997, n. 5275), così come può desumersi anche dall'analisi di alcune disposizioni normative (come, ad esempio, gli artt. 2487, comma 1, lett. c) e 2490, comma 5, c.c.), e, quindi, non è di per sé incompatibile con il ricorso per gravi irregolarità nella gestione ex art. 2409 c.c., con la precisazione che ove vi sia identità tra il liquidatore e l'ex amministratore sarà possibile proseguire il medesimo giudizio iniziato ex art. 2409 c.c.

Laddove, invece, i due soggetti non coincidano, l'eventuale denuncia contro il liquidatore (non ex amministratore) dovrà essere proposto con un nuovo ricorso ad hoc.

Come correttamente statuito dal Tribunale di Trento, quindi, sarà l'analisi del caso concreto, piuttosto, a determinare di volta in volta la compatibilità del procedimento di liquidazione con la denuncia ex art. 2409 c.c. in relazione alle singole gravi irregolarità denunciate.

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